TAR Campania (NA), Sez. VII n. 4125 del 15 ottobre 2012
Beni Ambientali. Ricostruzione del patrimonio edilizio danneggiato dal sisma e vincolo paesisitco.
Non si può sostenere che la legge n. 219/1981, attesa la sua natura speciale, debba prevalere sulle esigenze di tutela paesaggistica. Infatti, non è ravvisabile alcuna ragione valida per ritenere che l’opera di ricostruzione del patrimonio edilizio danneggiato dal sisma debba avvenire con sacrificio della tutela paesaggistica, che, per giurisprudenza costante della Corte Costituzionale, è valore primario che a nessun altro può essere subordinato . (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 04125/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02799/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2799 dell’anno 2011, proposto da:
Di Maio Antonio, nella qualità di Amministratore del Condominio di via Principe Amedeo n. 10 di C /Mare di Stabia, rappresentato e difeso dall'avv. Leopoldo Villani, con il quale è elettivamente domiciliato in Napoli, al viale A. Gramsci n. 19, presso lo studio dell’avv. Antonio Messina;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali – Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Napoli e provincia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede è domiciliato per legge, in Napoli, via Diaz n. 11;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- del provvedimento prot. 05 del 15.02.2011 con il quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Napoli e provincia ha espresso parere negativo sul progetto di ricostruzione ex lege 219/81 dell'edificio in condominio di via Principe Amedeo n.10 di C/mare di Stabia;
- di ogni altro provvedimento preordinato, connesso e conseguenziale, comunque lesivo degli interessi del ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli per il Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2012 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso, notificato a mezzo posta in data 5 maggio 2011 e depositato il successivo 19 maggio, Di Maio Antonio, quale amministratore del condominio di via Principe Amedeo n. 10 di Castellammare di Stabia, ha esposto:
- che il fabbricato in condominio di via Principe Amedeo n. 10 era costituito da un immobile con piano terra e quattro piani in elevazione, catastalmente individuato al foglio 8, p.lla 299, ricadente in zona 2 del P.U.T. di cui alla L. Reg. Campania 35/1987, e in zona A1 (2) di P.R.G.;
- che tale fabbricato era risultato fortemente lesionato a seguito degli eventi sismici del novembre 1980, al punto da essersi reso necessario abbattere illo tempore il terzo ed il quarto piano, mentre sulla parte non demolita erano stati eseguiti –medio tempore, a seguito di diffida dell’Autorità comunale – interventi provvisori di messa in sicurezza a tutela della privata e pubblica incolumità;
- che il condominio aveva inoltrato al Comune di Castellammare di Stabia un progetto di demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato ai sensi della L. 219/1981, previa valutazione e approvazione da parte della C.T.C. ex art. 14 L. 219/1981 e della Commissione comunale BB.AA. del superamento del limite di convenienza economica per la riparazione;
- che il progetto prevedeva la ricostruzione dell’immobile condominiale nel rispetto della sagoma approvata dal Consiglio Comunale con l’atto n. 26 dell’11.4.2001, mantenendosi inalterate le superfici preesistenti e la cortina stradale;
- che, su una prima proposta progettuale, la Soprintendenza B.A.P.S.A.E., con decreto prot. n. 3775 del 3.4.2009, aveva annullato il nulla osta paesaggistico rilasciato dal Comune di Castellammare di Stabia (poiché erano state rilevate macroscopiche discordanze tra i grafici di progetto e il rendering, ed il progetto era stato giudicato connotato da caratteri compositivi estranei alla tipologia dell’architettura del centro urbano, caratterizzata da rigida simmetria, regolarità delle aperture, allineamenti delle bucature delle facciate), con la precisazione, però, che avrebbe potuto essere preso in considerazione un nuovo progetto di ricostruzione attenentesi ai rilievi svolti;
- che, sulla scorta delle prescrizioni date dalla Soprintendenza, il progetto era stato modificato e riproposto al Comune di Castellammare di Stabia, il quale aveva di nuovo autorizzato l’intervento (la Commissione comunale ex art. 14 L. 219/1981 aveva reso parere favorevole nella seduta del 15.12.2009; mentre la Commissione BB.AA. si era espressa favorevolmente nella seduta del 16.11.2010);
- che tuttavia la Soprintendenza B.A.P.S.A.E. per Napoli e provincia, in contraddizione con la posizione precedentemente presa, aveva, con provvedimento prot. 05 del 15.02.2011, espresso parere negativo, assumendo che l’intervento non fosse “compatibile con la normativa P.U.T., che per la zona 2 non prevede la sostituzione edilizia”;
- che in tale occasione l’Amministrazione statale non aveva considerato che il progetto, già modificato secondo le prescrizioni date con il precedente provvedimento prot. n. 3775 del 9.2.2009, era comunque conforme alla scheda di lottizzazione convenzionata di cui alla delibera di Consiglio Comunale n. 26 dell’11.4.2001, e quindi conforme al Piano di Recupero e successiva variante adottata con l’atto consiliare n. 97 del 7.12.2002, integralmente recepito dal vigente P.R.G. adeguato al P.U.T. (le cui N.T.A., all’art. 12, fanno salvi, per la zona interessata, gli interventi previsti dal predetto Piano di Recupero);
- che quello proposto sarebbe un intervento non di sostituzione edilizia nel senso di nuova costruzione esclusa dalla normativa P.U.T. ex art. 17 per la zona d’intervento, ma della ricostruzione di una preesistente consistenza immobiliare fortemente rovinata da un evento imprevisto ed imprevedibile.
Tanto esposto, parte ricorrente ha impugnato il parere negativo da ultimo espresso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Napoli e provincia sul progetto di ricostruzione ex lege 219/81 dell'edificio del condominio di via Principe Amedeo n.10 di C/mare di Stabia, censurandolo per “violazione della L. 219/1981 e del Decr. Leg.vo 76/1990 – violazione del Piano di Recupero – violazione del P.R.G. e dell’art. 12 della relative N.T.A. – violazione e falsa applicazione dell’art. 146 Decr. Leg.vo 42/2004 – violazione e falsa applicazione dell’art.17 L. Reg. Campania 35/1987 – violazione dell’art. 3 L. 241/1990 – violazione degli artt. 42 e 97 della Costituzione – eccesso di potere per violazione del giusto procedimento – difetto di istruttoria – contraddittorietà – illogicità – irragionevolezza”: il parere negativo sarebbe conseguenza di un’azione amministrativa svolta in modo contraddittorio rispetto a quella precedente, atteso che il nuovo progetto sarebbe stato elaborato nel rispetto delle indicazioni già date dalla Soprintendenza; l’intervento sarebbe conforme al Piano di Recupero e successiva variante adottata con l’atto consiliare n. 97 del 7.12.2002, integralmente recepito dal vigente P.R.G. adeguato al P.U.T., le cui N.T.A., all’art. 12, per la zona “A” (ovvero quella dell’intervento) farebbero salvi gli interventi previsti dal Piano di Recupero e successive varianti, redatto ai sensi della L. 219/1981; sarebbe abnorme e irragionevole non consentire la ricostruzione del fabbricato condominiale secondo il presentato progetto, trattandosi di intervento non di sostituzione edilizia nel senso di nuova costruzione (esclusa dalla normativa P.U.T., ex art. 17, per la zona d’intervento), ma della ricostruzione della preesistente consistenza immobiliare fortemente rovinata da un evento imprevisto ed imprevedibile, ben integrata con il contesto paesaggistico; a voler seguire l’indirizzo della Soprintendenza, si perverrebbe all’assurdo dell’impossibilità di ricostruire i piani già demoliti, posto che le tecniche di restauro indicate nel provvedimento impugnato non contemplerebbero quelle di “ricostruzione”.
In data 3 giugno 2011 si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli per l’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali, onde resistere al proposto ricorso.
All’udienza camerale all’uopo fissata, la trattazione dell’istanza cautelare avanzata da parte ricorrente è stata cancella dal ruolo su richiesta di quest’ultima.
Il 7 maggio 2012 parte ricorrente ha depositato una memoria.
Alla pubblica udienza del 21 giugno 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Oggetto del giudizio instaurato con il presente ricorso è il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per Napoli e provincia con cui è stato reso parere negativo, in ordine agli aspetti paesaggistici, nell’ambito del procedimento edilizio attivato presso il Comune di Castellammare di Stabia da Di Maio Antonio, nella qualità di amministratore del condominio di via Principe Amedeo n. 10, finalizzato ad ottenere l’assenso alla completa demolizione e successiva ricostruzione, ai sensi della L. 219/1981 (oggi trasfusa nel Decr. Leg.vo 76/1990), del fabbricato amministrato, gravemente danneggiato dal sisma del novembre 1980 e già in parte abbattuto (quanto al terzo ed al quarto piano) per ragioni di salvaguardia di pubblica e privata incolumità.
Detto parere negativo, che ha fatto seguito ad una relazione illustrativa favorevole predisposta, ai sensi dell’art. 146 co. 7 Decr. Leg.vo 42/2004, dal Responsabile del procedimento del Settore Lavori Pubblici e Ambiente – Ufficio Commissione Paesaggio del Comune di Castellammare di Stabia (datata 15.12.2010 e resa su conforme parere della Commissione comunale per i Beni Ambientali del 16.11.2010, nonché dopo parere favorevole reso anche dalla Commissione ex art. 14 L. 219/1981 nella seduta del 15.12.2009), è stato così giustificato dall’organo statale: “questa Soprintendenza ritiene che l’intervento di sostituzione edilizia non è compatibile con la normativa del P.U.T., che per la zona 2 non prevede la sostituzione edilizia. Dalle relazioni e dagli altri allegati al progetto non emergono aspetti strutturali tali da non essere risolvibili mediante tecniche di restauro. Parere negativo”.
Allo stato, non risulta che sia intervenuto alcun definitivo provvedimento comunale atto a chiudere il procedimento, anche se l’ente locale ha, con nota prot. n. 11854 dell’1.3.2011, proceduto a trasmettere al Di Maio copia del negativo provvedimento soprintendentizio.
Così sommariamente delineata la situazione che ha dato origine al presente giudizio, osserva in primo luogo il Tribunale che il gravame risulta ammissibile, ancorché diretto contro un atto consultivo ed endoprocedimentale. Infatti, a questo è attribuita, dal co. 5 dell’art. 146 Decr. Leg.vo 42/2004, valenza vincolante in riferimento al successivo provvedimento comunale conclusivo del subprocedimento finalizzato, nell’ambito dell’iter per il rilascio di un titolo edilizio relativo ad un intervento di ricostruzione ai sensi della legge 219/1981, all’emissione di una autorizzazione paesaggistica; la quale presenta quindi carattere meramente riproduttivo della precedente valutazione effettuata dall’organo statale: perciò, è appunto all’atto dell’emanazione del parere negativo che va ricondotto il determinarsi della prima lesione dell’interesse legittimo del privato interessato (cfr. Cons. di Stato sez. V, n. 1587 del 19.10.1999; T.A.R. Campania-Napoli n. 7596 del 19.6.2003; T.A.R. Emilia Romagna-Bologna n. 511 del 5.5.2003).
Invero, va chiarito che, a differenza dal regime transitorio in precedenza vigente (disciplinato dall’art. 159 Decr. Leg.vo 42/2004, alla stregua del quale spettavano all’Autorità regionale, o ad altra da questa delegata, i compiti di amministrazione attiva in materia di gestione dei vincoli paesaggistici, rimanendo alle Soprintendenze solo funzioni di controllo sui provvedimenti autorizzatori, consistenti nella possibilità di procedere al loro annullamento entro il termine perentorio di gg. 60 dal rilascio, qualora fosse stata ravvisata la sussistenza di vizi di legittimità), quello attuale, di cui all’art. 146 dello stesso decreto, delinea una situazione di co-gestione del vincolo, in sede di amministrazione attiva, da parte dell’Autorità regionale (o di quella delegata) e dell’Autorità statale periferica, con una chiara prevalenza, però, delle valutazioni fatte da quest’ultima, sebbene effettuate in sede consultiva (atteso che il parere reso in tale procedimento è definito “vincolante” per l’Autorità deputata al rilascio del provvedimento finale).
Peraltro, le valutazioni operate nel citato ambito costituiscono espressione di discrezionalità tecnica, per cui sono sindacabili per eccesso di potere, in sede di legittimità, esclusivamente per difetto di motivazione, illogicità manifesta, ed errore di fatto (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, n. 4823 del 7.10.2008; Cons. di Stato sez. V, n. 177 del 12.1.2000; T.A.R. Valle d’Aosta n. 41 del 13.1.2009; T.A.R. Valle d’Aosta n- 97 del 24.9.2004).
Ciò posto, ritiene il Collegio che la sussistenza di tali vizi, appunto dedotti dal ricorrente in questa sede unitamente a quello di violazione di legge, non è però ravvisabile nella fattispecie sottoposta qui a giudizio.
In proposito, va premesso che, ai sensi della legge n. 219/1981, il proprietario di un immobile distrutto dal sisma del 1980 ha il diritto di ricostruirlo, con pari volumetria, e, se necessario, con possibilità di localizzazione in altro sito.
Nel caso di specie, tuttavia, l’immobile di via Principe di Piemonte n. 10 non è stato distrutto dall’evento calamitoso (anche se è stato necessario abbattere il terzo ed il quarto piano per ragioni di sicurezza); e invece, assumendosi l’antieconomicità di un suo recupero, ne è stata chiesta la completa demolizione con successiva riedificazione; altresì affermandosi che il progetto è stato presentato in modo conforme al Piano di Recupero, posto che la ricostruzione sarebbe prevista “come da sagoma approvata dal Consiglio Comunale in data 2 aprile 2001” (ancorché, come si evince dalla relazione tecnica prodotta, non in modo fedele rispetto al preesistente): in definitiva, sostiene parte ricorrente che il parere negativo della Soprintendenza sarebbe errato, in quanto l’intervento proposto rispetterebbe le prescrizioni del P.R.G. vigente, adeguato al P.U.T., atteso che appunto il Piano di Recupero sarebbe stato integralmente recepito nella variante di adeguamento, e che l’art. 12 delle N.T.A. espressamente prevede per la zona “A” d’intervento che “Restano salvi gli interventi previsti dal Piano di Recupero e succ. varianti, redatto ai sensi della Legge 14.5.1981, n. 219”.
Sennonché, l’art. 17 del P.U.T. di cui alla L. Reg. Campania 35/1987, per la Zona Territoriale 2 trasfusa in zona omogenea “A” di P.R.G. (quale è, incontestatamente, quella che qui interessa), non riconosce la facoltà di demolire una struttura preesistente per poi riedificarla (intervento, giusta previsione dell’art. 3 D.P.R. 380/2001, da ascriversi alla tipologia della ristrutturazione edilizia nel solo caso di ricostruzione con medesima volumetria e sagoma; dovendosi altrimenti qualificare come di nuova costruzione), ma, al più, assicura la possibilità di procedere al suo recupero mediante interventi di restauro e risanamento conservativo.
Vi è allora una discrepanza tra quanto consente il Piano di Recupero, integralmente assunto nella variante di adeguamento del PRG al PUT, ed il PUT. In altri termini, il PRG (che dovrebbe essere adeguato al PUT) consente un intervento che il PUT stesso preclude.
Orbene, non può essere accolta la prospettazione di parte ricorrente, secondo cui dovrebbe essere senz’altro applicato il PRG, ostandovi il principio di gerarchia tra le fonti del diritto: il PUT è stato approvato con una legge (ancorché regionale), sicché le prescrizioni dello stesso devono ritenersi prevalenti su quelle del Piano di Recupero e del PRG. In caso di contrasto tra Piano di Recupero e PRG ed il PUT, è quest’ultimo che deve prevalere, essendo stato approvato con legge; sicché è il piano di recupero, nella parte in cui si pone in contrasto con il PUT, ad essere illegittimo e a dover essere quindi disapplicato. Tale conclusione risulta confortata anche dal Codice per i beni culturali e paesaggistici: i piani regolatori generali e gli altri strumenti urbanistici si devono conformare alla pianificazione paesistica (art. 145 co. 3); il d.lgs. 63/08, modificando tale articolo ha aggiunto che le previsioni dei piani paesaggistici non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, e modificando altresì il precedente art. 143, ha, al co. 9, stabilito che “A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali e urbanistici”.
Pertanto, correttamente l’Amministrazione ha negativamente valutato l’intervento, in applicazione della disciplina di cui alla legge in parola.
Si può osservare che, evidentemente, quando il PRG è stato adeguato al PUT, non sono stati adeguatamente considerati i limiti riguardanti la tipologia degli interventi, posti dalla legge regionale n. 35/1987.
Né si può sostenere che la legge n. 219/1981, attesa la sua natura speciale, debba prevalere sulle esigenze di tutela paesaggistica. Infatti, come già ritenuto da questo Tribunale, non è ravvisabile alcuna ragione valida per ritenere che l’opera di ricostruzione del patrimonio edilizio danneggiato dal sisma debba avvenire con sacrificio della tutela paesaggistica, che, per giurisprudenza costante della Corte Costituzionale, è valore primario che a nessun altro può essere subordinato (Tar Campania, Napoli, sez. VII, n. 163/2011; sez. IV, n. 9570/2004; sez. II, n. 7164/2006). Come precisato in quest’ultima pronunzia, “Le opposte esigenze, quella di agevolare la ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma, e quella di garantire una trasformazione del territorio coerente con la salvaguardia dei valori ambientali, trovano composizione nella disposizione in argomento, che presuppone, giustappunto, la previa approvazione di strumenti urbanistici, ancorché settoriali ed attuativi, conformi al P.U.T.. Di contro, non risulta richiamata la diversa fattispecie regolata al comma 15 dell’art. 28 della legge 219/1981, vale a dire quella che prevede la diretta assentibilità di interventi ricostruttivi nel caso di edifici isolati o case sparse da ritenersi, pertanto, implicitamente esclusa dalla portata operativa della suddetta disposizione regionale. Orbene, la previsione normativa in argomento, anzitutto, vale a sconfessare, in via definitiva, l’assunto secondo cui l’intero impianto normativo di cui alla l. n. 219/1981, in ragione della logica emergenziale che lo connota, sarebbe impermeabile alla sopravvenuta disciplina regionale”.
Alla luce di quanto fin qui esposto, allora, va evidenziato che la possibilità di procedere ad una ricostruzione sulla scorta della peculiare normativa emergenziale avrebbe potuto profilarsi soltanto se la struttura immobiliare fosse crollata in conseguenza degli eventi sismici, o anche qualora un recupero di essa fosse impedito da non superabili ragioni tecniche (e non certo da ragioni meramente economiche); il ché però nel caso di specie non risulta (e, infatti, il provvedimento della soprintendenza precisa che “Dalle relazioni e dagli altri allegati al progetto non emergono aspetti strutturali tali da non essere risolvibili mediante tecniche di restauro”; circostanza questa non smentita dal ricorrente condominio).
Peraltro, va aggiunto che, nell’ambito del consentito recupero, ben sono suscettibili di essere riedificate le parti dell’edificio demolite per preservare la pubblica e privata incolumità, onde riportare la struttura nella sua consistenza originaria.
Da ultimo, va soltanto evidenziato che non è ravvisabile alcuna contraddittorietà dell’azione amministrativa svolta nell’occasione (rispetto ad un precedente provvedimento della Soprintendenza, con cui sarebbe stata comunque adombrata la possibilità di consentire una demolizione e successiva ricostruzione dell’immobile), atteso che, come evidenziato, la posizione della Soprintendenza è stata determinata sulla base di un parametro prettamente legale, e perciò non derogabile.
La peculiarità della controversia rende opportuno compensare le spese di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da Di Maio Antonio, nella qualità di amministratore del condominio di via Principe di Piemonte n. 10 – Castellammare di Stabia, lo respinge. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Primo Referendario
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)