Cass. Civile Sez. 1, Sentenza n. 1067 del 29/01/2002
Presidente: Carbone V. Estensore: Benini S. P.M. Gambardella V. (Conf.)
Davanzo (Manzi) contro Min. Finanze (Avv. Gen. Stato)
(Rigetta, App. Venezia, 6 luglio 1999).
DEMANIO - LIMITI ED OBBLIGHI - OBBLIGHI - RISARCIMENTO DEI DANNI - IN GENERE - Acquisto di immobile per effetto di prelazione artistica - Persistente detenzione del bene già oggetto di locazione - Carattere abusivo - Sussistenza - Risarcimento - Determinazione - Decorrenza.

Il protrarsi della detenzione di un immobile già oggetto di contratto di locazione estinto per effetto dell'acquisto al demanio statale a seguito dell'esercizio della prelazione artistica, obbliga l'occupante al risarcimento del danno, correttamente determinato dal giudice alla stregua di indennità mensile di occupazione, e perciò eventualmente superiore al canone di locazione precedentemente corrisposto, e decorrente dalla data dell'acquisto suddetto.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo CARBONE - Presidente -
Dott. Alessandro CRISCUOLO - Consigliere -
Dott. Vincenzo PROTO - Consigliere -
Dott. Mario Rosario MORELLI - Consigliere -
Dott. Stefano BENINI - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
DAVANZO MAURIZIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA F. CONFALONIERI 5, presso l'avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato LUDOVICO MARCO BENVENUTI, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLE FINANZE, MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 935/99 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 06/07/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2001 dal Consigliere Dott. Stefano BENINI;
udito per il ricorrente, l'Avvocato Coglitore, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo GAMBARDELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 18.2.1993, D'Avanzo Maurizio conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Venezia il Ministro delle finanze ed il Ministro per i beni culturali e ambientali, chiedendo accertarsi l'inesistenza di qualsiasi obbligo a suo carico nei confronti dello Stato, con disapplicazione dell'atto di intimazione 30.1.1993 al pagamento di L. 10.255.000, per l'occupazione di un magazzino di Palazzo Cappello in Venezia. Il fondo era stato condotto in locazione dall'attore, fino all'acquisto, da parte dello Stato, in data 17.3.1989, per esercizio della prelazione artistica. Successivamente a tale data il D'Avanzo aveva continuato a corrispondere, allo Stato, il canone precedentemente pagato, di L. 70.000 mensili. Solo nel 1991 l'amministrazione aveva richiesto un prezzo diverso, con decorrenza retroattiva, e con ingiunzione in data 30.1.1993, aveva ricalcolato definitivamente il preteso credito.
Si costituiva in giudizio il Ministero delle Finanze, che chiedeva il rigetto della domanda, e spiegava riconvenzionale diretta al rilascio dell'immobile ed alla condanna al pagamento dell'indennità di occupazione del fondo, dalla data dell'acquisizione. Avverso la sentenza di primo grado, che pur disapplicando l'intimazione di pagamento, condannava l'attore al rilascio dell'immobile e al pagamento dell'indennità di occupazione nella misura di L. 264.000 mensili dal 17.3.1989 all'effettivo rilascio, proponeva appello il D'Avanzo, il quale insisteva di nulla dovere all'amministrazione erariale, avendo già corrisposto il prezzo a suo tempo convenuto con il locatore, e che comunque la somma pretesa da controparte era da considerare sproporzionata rispetto al prezzo di mercato delle locazioni di immobili simili. L'amministrazione proponeva appello incidentale per interessi e rivalutazione sulle somme dovute.
Con sentenza depositata il 6.7.1999, la Corte d'Appello di Venezia rigettava il gravame. Premesso che oggetto del contendere non è stato il titolo a detenere l'immobile già locato e acquisito al demanio, non essendosi mai l'occupante opposto al rilascio, bensì il quantum e la decorrenza dell'indennità di occupazione, la somma di L. 264.000 mensili, accettata in causa dalle parti, le quali vi hanno fatto acquiescenza, deve esser fatta decorrere - secondo la Corte territoriale - dal 17.3.1989, sul presupposto dell'assoggettamento del bene al regime pubblicistico, sottratto alle private pattuizioni. Su tale somma dovevano liquidarsi gli interessi legali a far data dalla domanda.
Avverso la sentenza, notificatagli il 1.12.1999, ricorre per cassazione D'Avanzo Maurizio affidandosi a due motivi, al cui accoglimento si oppone con controricorso l'Avvocatura generale dello Stato per conto dei Ministeri delle finanze e dei beni culturali. Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, D'Avanzo Maurizio, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 823 e 1148 c.c., insufficiente motivazione circa un punto decisivo, ed ancora violazione degli artt. 1173, 1175, 1176, 1206, 1219 e 1220 c.c., censura la sentenza impugnata per aver retrodatato al 1989 il nuovo prezzo, mentre lo Stato, successivamente all'acquisizione del bene, non aveva assunto alcuna iniziativa per regolare il rapporto conformemente alla demanialità del suo oggetto. Non si può peraltro rinvenire alcun diverso fatto idoneo a produrre una nuova e diversa obbligazione. Il ricorrente, d'altro canto, ha ispirato il proprio comportamento ai dettami della correttezza, continuando a corrispondere al nuovo proprietario l'importo del vecchio canone, contrariamente allo Stato, che non pose in essere quanto necessario affinché il debitore potesse adempiere l'obbligazione, omettendo anche di costituire in mora il debitore, ne' la mora è altrimenti configurabile.
Con il secondo motivo di ricorso, il D'Avanzo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1124 e 1227 c.c., censura la sentenza impugnata per aver liquidato sulla somma dovuta gli interessi, a decorrere dalla domanda, mentre nessun ritardo colpevole è configurabile in capo al debitore, o al più vi sarebbe il concorso di colpa del creditore.
Il ricorso è infondato.
Giova premettere che nella specie non può utilmente invocarsi alcuna disciplina riconducibile all'uso e al godimento dei beni demaniali, dalla quale sia consentito derivare una qualsivoglia tutela a favore del privato che con il bene si trovi in un rapporto di detenzione. Per effetto ed al momento dell'acquisto al demanio statale del bene (art. 822, secondo comma, c.c.), già di proprietà privata, esso viene automaticamente assoggettato alle norme di contabilità pubblica, con corrispondente cessazione del titolo di detenzione qualificata, scaturente dal precedente rapporto obbligatorio che intercorreva con il proprietario-possessore.
Ogni pretesa privata concernente il bene potrebbe giustificarsi unicamente nella logica di una concessione amministrativa (art. 823 c.c.), che è provvedimento della pubblica amministrazione, ed il corrispettivo può essere definito unicamente quale canone imposto autoritativamente, anche qualora sia contemplato in una convenzione accessoria.
Ne consegue che dal momento dell'acquisto della qualità demaniale, risultano inapplicabili non solo le norme del contratto di locazione (Cass. 21.6.1995, n. 7020, rv. 492981), ma anche i principi che ispirano i rapporti interprivatistici, quali quelli, invocati dal ricorrente, inerenti l'esecuzione dei rapporti obbligatori. Per effetto dell'estinzione del contratto privatistico, la detenzione del bene da parte del privato, non supportata da alcun titolo, concreta un danno per l'amministrazione, che è in re ipsa nella mancata fruizione dell'immobile per il quale lo Stato ha ritenuto di esercitare il diritto di prelazione previsto dalla legislazione in materia di beni culturali.
Da ciò deriva una responsabilità del detentore per la mancata restituzione, la cui natura, si riconduca all'ambito dei fatti illeciti, o, in carenza di antigiuridicità, ai principi dell'ingiustificato arricchimento, pare indifferente ai fini della decorrenza dell'obbligazione risarcitoria, alla quale non sono in alcun modo applicabili i criteri fissati dall'ordinamento positivo per la concessione dei beni demaniali o per le locazioni degli immobili urbani (Cass. 28.8.1993, n. 9156, rv. 483617):
l'obbligazione per l'abusiva detenzione del bene demaniale, connessa alla responsabilità del detentore, integra obbligazione di valore, e giustifica l'attribuzione degli interessi sulla somma liquidata dal giudice di merito a titolo d'indennità. Peraltro, gli interessi sono stati fatti decorrere dal giudice di merito dal giorno della domanda: da qui l'infondatezza del secondo motivo.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Roma 15 ottobre 2001.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2002