I vincoli di tutela indiretta dei beni culturali immobili

di Davide GAMBETTA

SOMMARIO 1. Il vincolo indiretto di tutela dei beni culturali immobili ai sensi dell’art. 45 del Codice dei Beni Culturali 2. Il concetto di “ integrità” del bene culturale ai fini del vincolo indiretto 3. Il caso del Castello del Catajo (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza n. 4923 del 30 giugno 2021) 4. Rapporti tra verbale della Commissione regionale per il patrimonio culturale e provvedimento di apposizione del vincolo di tutela indiretta 5. Le criticità “tipiche” dei vincoli indiretti di tutela su vasta area 6. Natura del vincolo indiretto a tutela del bene culturale immobile 7. Oggetto del vincolo: la cornice naturale e il contesto spaziale 8. Limiti al sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecnico scientifiche presupposte al vincolo 9. L’incerta tutela dei “coni visuali invertiti” 10. Tutelabilità degli scorci visuali e delle prospettive “dal” bene immobile 11. La differenza ontologica tra vincoli di tutela indiretta di beni culturali e vincoli paesaggistici 12. Ancora sulla “compromissione antropica” del territorio soggetto a vincolo: il caso del Castello del Catajo 13. Il vincolo indiretto come misura atipica: il sindacato sull’entità delle prescrizioni 14. Rapporti tra vincoli di tutela che comportino compressione dell’edificabilità e pianificazione urbanistica

La tutela dei beni culturali immobili ha subito – nella cornice della produzione pretoria degli ultimi anni - una progressiva evoluzione sotto molteplici differenti profili. Come tendenza generale, è andata maturando una particolare attenzione per l’interesse pubblico alla tutela, che ha assunto un ruolo decisivo nel complesso bilanciamento con le opposte esigenze privatistiche potenzialmente in conflitto. In tal solco si inserisce un nutrito insieme di pronunce del giudice amministrativo che, in particolare nel corso dell’ultimo anno, hanno rinsaldato la posizione delle amministrazioni pubbliche preposte alla tutela, rimarcando l’assoluto rilievo dell’interesse pubblicistico anche quando implichi il sacrificio dei diritti dominicali e delle iniziative economiche.

In questo contesto, è andato maturando anche un concetto più ampio e complesso di tutela, che non riguarda in modo puntiforme - e forse limitativo - il bene culturale in sé considerato, ma che involge sempre più significativamente anche il contesto nel quale esso si inserisce e, più in generale, l’insieme delle altre risorse collegate alla sua dimensione di culturalità.

Proprio a quest’ultimo proposito, tra le più recenti pronunce in materia di protezione dei beni culturali immobili e della relativa “cornice” ambientale mediante vincolo indiretto, particolare interesse riveste la sentenza del Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 4923 del 30 giugno 2021.

1. Il vincolo indiretto di tutela dei beni culturali immobili ai sensi dell’art. 45 del Codice dei Beni Culturali

Ai sensi dell’art. 45 del Codice dei Beni Culturali « Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro ». Tale norma disciplina il c.d. “vincolo indiretto”, una forma plastica ed elastica di protezione 1 che non riguarda il bene culturale in sé e per sé considerato, bensì mira a proteggerne l’integrità anche in relazione al contesto naturale, morfologico e antropologico con cui il bene stesso interagisce. Proprio per questa ragione la norma non prevede misure di tutela standardizzate 2 bensì rimette all’amministrazione la determinazione in concreto delle prescrizioni funzionali a garantire l’ottimale tutela dell’interesse pubblico3, potendo anche prevedersi l’inedificabilità assoluta 4.

Quello di tutela indiretta è un concetto evidentemente complesso, che esorbita dalle tassonomie classiche in materia di tutela del bene culturale e testimonia una prospettiva nuova e matura del legislatore, attento a considerare “il contesto5. Ciò dimostra che la dimensione culturale del bene non si esaurisce in una caratteristica intrinseca, fisicamente riducibile “all’interno” del bene medesimo, ma involge un complesso sistema di relazioni anche con l’ambiente circostante. Dunque, le risorse della culturalità di un bene, che contribuiscono a mantenerne l’integrità, possono collocarsi esternamente al medesimo e consistere tra l’altro in “prospettiva”, “ luce” e decoro ambientale, come espressamente riconosce lo stesso legislatore o comunque più in generale nella collocazione spaziale.

2. Il concetto di “ integrità” del bene culturale ai fini del vincolo indiretto

In definitiva, il vincolo indiretto protegge le risorse della culturalità o meglio mira a preservare e « creare le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi »6. Il vincolo indiretto tutela dunque quel complesso di presupposti anche ambientali che consentono di comprendere l’importanza del bene tutelato in sé e dei luoghi nel quale si inserisce, anche nelle loro interrelazioni reciproche7. Si tratta, in termini pratici, della cornice ambientale e territoriale in cui si inserisce il bene, quando questa abbia un rilievo coessenziale al bene medesimo e un rapporto di intrinseca contiguità con la sua dimensione culturale.

È in questa particolare prospettiva che si rinviene il carattere di integrità del bene culturale immobile alla cui protezione mira l’art. 45: infatti, la tutela del bene in sé potrebbe rivelarsi riduttiva e parzializzante in talune ipotesi 8. L’integrità del valore del bene culturale potrebbe dipendere infatti anche dai luoghi nel quale esso si inserisce, tanto da richiedere che pure questi ultimi siano sottoposti a tutela.

3. Il caso del Castello del Catajo (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza n. 4923 del 30 giugno 2021)

Il giudizio sotteso alla pronuncia della sezione sesta del Consiglio di Stato n. 4923 del 30 giugno 2021 ha riguardato proprio i vincoli di tutela indiretta relativi a una importante opera monumentale veneta: il Castello del Catajo, costruito nel XVI secolo da Pio Enea I Obizzi, già reggia ducale dalla famiglia Asburgo-Este e residenza di villeggiatura degli Asburgo, imperatori d'Austria. Il castello è localizzato a Battaglia Terme, in provincia di Padova, in prossimità della A13 Padova-Bologna, e attualmente è di proprietà privata ma adibito a museo e aperto al pubblico.

La struttura, come bene monumentale, è in sé oggetto di tutela diretta sin da tempi assai remoti 9: il perimetro di questa tutela “diretta” involge però non soltanto l’edificio ma alcune dirette adiacenze: in particolare i parchi e i terreni direttamente annessi.

Per quanto ai fini della presente indagine particolarmente rileva, a completamento di tale vincolo diretto, le competenti articolazioni ministeriali 10 hanno avviato nel 2017 un procedimento ai sensi dell’art. 45 del Codice del Beni Culturali (D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) e con provvedimento della Commissione regionale per il patrimonio culturale del Veneto è stato infine apposto un vincolo indiretto anche su una vasta area circostante l’edificio 11, con sterilizzazione dei diritti edificatori 12.

Il ricorso è stato azionato contro tale vincolo proprio da una società interessata allo sfruttamento edificatorio per la realizzazione di una struttura commerciale di un’area investita dal vincolo.

4. Rapporti tra verbale della Commissione regionale per il patrimonio culturale e provvedimento di apposizione del vincolo di tutela indiretta

Preliminarmente la sentenza affronta un delicato tema procedimentale relativo alla formazione del provvedimento di apposizione del vincolo. Parte ricorrente, poi appellante eccepiva infatti che alla data di adozione dell’atto formale di attivazione del vincolo non fosse stato ancora formato il verbale della seduta della Commissione regionale competente.

A tale proposito, il Consiglio di Stato sottolinea come il verbale sia documento amministrativo avente carattere meramente certificativo, la cui formazione non deve necessariamente avvenire in concomitanza alla seduta ove si adotta la deliberazione e, quindi, può seguirla. Il verbale medesimo in sé, come documento, non costituisce presupposto giuridico dell’adozione del provvedimento di apposizione del vincolo, dovendone semmai rinvenirsi la radice procedimentale di quest’ultimo nella deliberazione dell’organo collegiale (Commissione Regionale). Tale deliberazione si colloca ontologicamente nella cornice della seduta, della quale il verbale costituisce un atto ricognitivo che ben può essere formato in un momento successivo, funzionalizzato anche a farne prova. In altri termini se la redazione del verbale costituisce attività di certificazione di quanto avvenuto nel corso della seduta, è la votazione nel corso di quest’ultima l’unica fonte presupposta del provvedimento e non la sua verbalizzazione in sé.

Il verbale medesimo costituisce dunque un atto procedimentale che semmai può contener ulteriori elementi motivazionali a sostegno del provvedimento e può dar conto di ulteriori e diverse circostanze, ma nessuna norma prevede che debba formarsi prima dell’apposizione del vincolo.

5. Le criticità “tipiche” dei vincoli indiretti di tutela su vasta area

Alcuni temi nodali collegati alla natura del vincolo indiretto apposto ai sensi dell’art. 45 del Codice dei beni culturali sono poi sviluppati nel corpo centrale della sentenza.

In effetti, il ricorrente poi appellante deduceva che nel vincolo indiretto fossero state illegittimamente ricomprese anche aree prive di una effettiva relazione con il Castello di Catajo (dunque con il bene immobile oggetto di tutela diretta), ciò anche in ragione dell’ampiezza dei coni visuali “invertita” (ossia nell’intento di tutelare la vista da e verso il monumento). In ogni caso, stigmatizzava una presunta insufficienza motivazionale e funzionale dell’accertamento di una effettiva relazione tra bene tutelato e area sottoposta a vincolo indiretto. Evidenziava poi la vicinanza geografica di antropizzazioni già esistenti (come un casello stradale e il relativo braccio di strada intensamente trafficato ma anche altre costruzioni spontanee) e programmate (una complanare autostradale), tali da determinare una compromissione della zona e l’impossibilità della tutela.

Il vincolo si sarebbe dunque appalesato improprio e sproporzionato, tanto in ragione della sua ampiezza quanto dell’insussistenza effettiva dell’integrità del bene: ciò in ragione delle preesistenze anzi citate di altri agglomerati edilizi e strutture ivi collocate.

Tali censure sono particolarmente rilevanti perché sintetizzano evidentemente criticità tipiche dei vincoli indiretti che, a completamento della tutela su beni immobili puntiformi, involgono talvolta aree geograficamente molto estese: proprio per tali ragioni il percorso argomentativo della sentenza finisce per affrontare e risolvere molte questioni ricorrenti della materia.

6.Natura del vincolo indiretto a tutela del bene culturale immobile

Il vincolo indiretto previsto dall’art. 45 del Codice dei Beni Culturali, nel far riferimento alla tutela dell’integrità del bene, intende – anche in ragione dei profili enucleati espressamente dalla norma – tutelarne prioritariamente la “ cornice ambientale” 13 .

Si tratta di un vincolo che, per la sua plasticità ed elasticità anche ontologiche si presta a una modellazione amministrativa particolarmente ampia, filtrata dalla discrezionalità tecnica 14.

Proprio per tale atipicità intrinseca, la giurisprudenza ha costantemente sottolineato la necessità che il vincolo sia effettivamente limitato secondo principi di congruità e proporzionalità: è dunque necessario per l’amministrazione attestarsi sul « punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell’esercizio del potere di vincolo: perciò il potere che si manifesta con l’atto amministrativo deve essere esercitato in modo che sia effettivamente congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto »15.

Il sindacato del giudice amministrativo sull’effettività di tale equilibrio è operato mediante tre canoni principali: congruenza, ragionevolezza e proporzionalità, da impiegarsi unitariamente. È poi immediatamente evidente come i tre criteri, pur avendo una certa individuale autonomia, siano tra di loro strettamente connessi, contigui e coessenziali, tanto da poter essere utilmente impiegati soltanto congiuntamente.

7. Oggetto del vincolo: la cornice naturale e il contesto spaziale

Perché possa operarsi una verifica sostanziale di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità del vincolo è tuttavia preliminare individuare con sufficiente livello di dettaglio l’oggetto – a livello astratto di previsione normativa - del vincolo medesimo.

Al fine di poter effettivamente determinare l’ampiezza potenziale di siffatta tipologia di vincolo, è infatti imprescindibile individuarne il contenuto effettivo della tutela, che è chiaramente individuato proprio nella sentenza del Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 4923 del 30 giugno 2021 come « l’intero ambiente potenzialmente interagente con il valore culturale, che può richiedere una conservazione particolare ». Il vincolo attiene quindi al “contesto” nel quale si inserisce il bene quando tra i due sussista un tale rapporto di compenetrazione ontologica da rendere il primo una naturale estensione concettuale del secondo.

Si tratta di una definizione evidentemente sfumata che, in via potenziale, potrebbe prestarsi a interpretazioni particolarmente estensive, tali da far ricadere il vincolo su un complesso sistema di beni immobili e aree territoriali circostanti il bene culturale in sé, attingendo aree potenzialmente vaste.

8. Limiti al sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecnico scientifiche presupposte al vincolo

È appena il caso di osservare che l’apposizione del vincolo indiretto è preceduta da una valutazione dell’amministrazione competente avente natura eminentemente tecnica 16. In effetti, anche da un punto di vista procedimentale, la votazione della Commissione regionale per il patrimonio culturale è preceduta da una relazione tecnico-scientifica 17 dei competenti uffici che opera una ricognizione del valore dei luoghi e svolge considerazioni non di mera opportunità, bensì di natura specialistica 18.

Proprio per questa ragione il vincolo non può essere sindacato nel merito tecnico delle valutazioni che lo sorreggono, se non con i noti limiti enucleati nel tempo dalla giurisprudenza.

In generale il sindacato sulla valutazione dell’amministrazione in tale ambito e in tale prospettiva è sostanzialmente limitata ai casi di incongruenza o illogicità della motivazione, ovvero errore di fatto.

9. L’incerta tutela dei “coni visuali invertiti”

La sentenza del Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 4923 del 30 giugno 2021, relativa al Castello del Catajo, si apprezza in particolare per l’attenzione al tema dei coni visuali. L’art. 45 del Codice dei beni culturali, nell’enucleare l’oggetto della tutela indiretta fa esplicito riferimento a “prospettiva” e “luce”, ma resta evidentemente rimessa alla valutazione (anche tecnica) dell’amministrazione la determinazione delle modalità effettive di tutela della fruizione anche visiva del bene.

Nel giudizio deciso con la sentenza pocanzi richiamata, il ricorrente poi appellante contestava in sostanza che un eccesso di tutela, in violazione dei principi di congruità e proporzionalità, per l’ampiezza del vincolo, in particolare quanto alla dichiarata necessità di preservare la visuale “da” e “per” il bene. Lamentava che la norma intende tutelare la luce, la cornice e del decoro « soltanto verso l’immobile oggetto di tutela diretta, ma non la salvaguardia degli scorci, degli equilibri prospettici e delle visuali godibili anche dall’immobile stesso »19.

A tal proposito, emerge il concetto di “cono visuale invertito” per indicare proprio la vista “dal” bene, che a parere del ricorrente poi appellante non sarebbe tutelabile.

10. Tutelabilità degli scorci visuali e delle prospettive “dal” bene immobile

Il Consiglio di Stato ritiene che proprio in ragione della particolare collocazione anche spaziale del castello i molteplici coni visivi godibili dai punti di vista privilegiati del complesso architettonico »20 fossero certamente tutelabili. La tutela riguarda dunque sia i coni visuali “del” castello, che “dal castello”.

Ne risulta il principio per cui anche le visuali prospettiche in uscita da un determinato bene culturale, quando siano collegate al suo valore intrinseco, possono essere tutelate per tal guisa mediante il vincolo indiretto 21. Il che apre alla possibilità di apposizione di vincoli di area anche notevoli per estensione, considerata l’ampiezza della vista da beni monumentali. Resta il limite della tutelabilità nei soli casi in cui la veduta sia effettivamente coessenziale alla natura culturale del bene: in relazione ai coni visuali, è dunque richiesta particolare attenzione al bilanciamento tra gli opposti interessi e alla valutazione della congruità del vincolo, dato che la tutela delle vedute avviene di norma mediante la preservazione dello status quo ante del territorio attuato mediante il divieto di edificazione 22 e può involgere vaste aree.

11. La differenza ontologica tra vincoli di tutela indiretta di beni culturali e vincoli paesaggistici

La sentenza, su sollecitazione del privato, affronta anche il tema della differenza ontologica tra vincoli di tutela indiretta di beni culturali e vincoli paesaggistici. In effetti, la società ricorrente poi appellante, al cospetto di un vincolo motivato anche e soprattutto per ragioni di tutela di coni visuali, aveva evidenziato un possibile sviamento di potere per essere stato utilizzato uno strumento tipico della tutela culturale (e dunque di valori storici-artistici) per esigenze sostanzialmente paesaggistiche.

In reazione a questi rilievi, può evidenziarsi come il vincolo paesaggistico miri a tutelare il paesaggio in sé, mentre il vincolo culturale indiretto previsto dall’art. 45 del Codice dei Beni Culturali sia pur sempre funzionalizzato alla tutela di un bene culturale, seppur di “completamento” e ricucitura del suo contorno, proteggendo la cornice ambientale e il contesto spaziale nel quale tale bene si colloca.

È pur vero che, nella sostanza pratica, il vincolo finisce per tutelare anche aspetti del paesaggio, ma mai in sé considerati quali aventi autonomo valore23, bensì per la loro relazione con il bene culturale.

12. Ancora sulla “compromissione antropica” del territorio soggetto a vincolo: il caso del Castello del Catajo

Il Consiglio di Stato, nel caso specifico relativo al Castello del Catajo, ha riscontrato congruenza e ragionevolezza del vincolo, riconoscendo come il significato storico, artistico e architettonico dell’opera monumentale fossero anche legati al « rapporto inscindibile con il territorio circostante», il che a parere del giudice amministrativo giustifica l’apposizione del vincolo, nonostante la sua estensione particolarmente significativa. Tra l’altro, nella specie si trattava di un vincolo indiretto “di completamento” a un vincolo diretto già particolarmente ampio, stante l’imponenza monumentale del castello.

Il giudice ha anche escluso che i manufatti nell’area interessata dal vincolo e nelle immediate prossimità, in ragione della loro quantità, distribuzione ed entità, potessero indicare una irreversibile compromissione antropica del territorio 24. A tal proposto, vale il consolidato orientamento 25 per cui la parziale, non definitiva e non irreversibile compromissione di un’area, anche mediante edificazione, non costituisce ragione per recedere dall’intento di proteggere i valori estetici o paesaggistici ad essa legati, in quanto l’imposizione del vincolo consente invece di proteggere la componente residua del valore dell’area e di rigenerarne le qualità intrinseche, impedendo la definitiva dispersione della culturalità.

13. Il vincolo indiretto come misura atipica: il sindacato sull’entità delle prescrizioni

Un ulteriore profilo di interesse sempre oggetto della sentenza del Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 4923 del 30 giugno 2021 riguarda la sindacabilità in giudizio della proporzionalità delle prescrizioni apposte sulle aree oggetto del vincolo di tutela indiretta previsto dall’art. 45 del Codice dei Beni Culturali.

Si è infatti anticipato che trattasi di una formula di tutela atipica, in relazione alla quale il legislatore non ha affatto predeterminato il contenuto delle limitazioni incombenti sulle aree interessate: ciò con ogni probabilità in ragione della varietà fenomenica che tali vincoli possono effettivamente attingere, al cospetto della quale la possibilità di misure atipiche si rivela in effetti particolarmente appropriata, consentendo all’amministrazione di modellare la protezione case by case 26 .

In tale frangente si documentano due tesi ricostruttive, la prima delle quali ritiene che la valutazione di proporzionalità delle prescrizioni relative al vincolo apposto debba avere una prospettiva solo interna, cioè misurarsi unicamente sull’entità dell’interesse pubblico protetto. Soltanto secondo un’altra prospettiva, che nemmeno è esplicitamente accolta nella sentenza pocanzi richiamata, nella determinazione delle misure vengono in rilievo anche gli interessi dei privati coinvolti 27.

In ogni caso, quanto al Castello del Catajo, il giudice amministrativo ha rilevato la certa congruenza delle misure prescrittive adottate in relazione alle caratteristiche proprie del bene (in particolare la sua monumentalità).

14. Rapporti tra vincoli di tutela che comportino compressione dell’edificabilità e pianificazione urbanistica

Da ultimo, la sentenza sul Castello del Catajo ritorna sul complesso tema dei rapporti tra l’apposizione di vincoli di tutela che comportino inedificabilità assoluta e la programmazione urbanistica locale.

In generale, i rapporti tra vincoli che compromettano l’edificabilità e pianificazione sono oggetto di ciclico interesse in giurisprudenza e sono risolti con pronunce di segno costante a favore della tutela dell’interesse primario culturale, sovraordinato e conformativo. Ciò in quanto il potere di protezione e tutela previsto in capo al Ministero, sia per i vincoli diretti che per quelli indiretti, non ha affatto funzione urbanistica e non deve quindi raccordarsi né armonizzarsi con il potere originario di pianificazioni degli enti locali.

I vincoli sono espressione di un potere di salvaguardia che ha una propria diversa fonte autonoma e che è funzionale alla tutela dei beni culturali: essi operano quindi « su di un piano differente, esterno e sovraordinato rispetto a quello urbanistico, come si desume chiaramente dall’art. 45 comma 2 del D.lgs. 22 gennaio 2004, secondo il quale gli enti pubblici territoriali recepiscono le prescrizioni nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici »28.

È quindi ribadito il principio della sostanziale prevalenza delle prescrizioni di tutela culturale e paesaggistica sui poteri di pianificazione degli enti locali.

1 In quanto « non ha contenuto prescrittivo tipico, per essere rimessa all'autonomo apprezzamento dell' amministrazione la determinazione delle disposizioni utili all'ottimale protezione del bene principale », così Cons. St., sez. IV, 10 maggio 2021, n. 3663, ove si rimarca che il vincolo può anche prevedere l’inedificabilità assoluta.

2 Come rilevato a più riprese in giurisprudenza, cfr. T.A.R. Emilia Romagna, Sez. I, 3 febbraio 2015, n. 91.

3 L’esercizio di tale discrezionalità potrebbe anche tener conto del miglior e più equilibrato bilanciamento possibile con gli altri interessi coinvolti, al fine di evitare una concezione totalizzante dell’interesse pubblico che travolga ogni altra e diversa utilità.

4 Come appunto nel caso del vincolo indiretto di contorno al Castello del Catajo.

5 Si tratta di un’attenzione che, seppur cristallizzata dall’art. 45 cit. con particolare vigore, innerva la disciplina nazionale già da tempi remoti e si rinviene, con diverse intensità e sensibilità, fin nella legge Bottai (1º luglio 1939, n. 899).

6 Cons. St., sez. IV, 10 maggio 2021, n. 3663.

7 Cons. St., sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2493.

8 Ad esempio, quelle in cui il bene ha una particolare morfologia e identità tale da renderlo baricentro concettuale e culturale di un’area geografica.

9 Provvedimenti del 19 aprile 1925, del 15 gennaio 1930 e del 13 aprile 1964.

10 In particolare la competente Soprintendenza.

11 Per una superficie complessiva di circa 3 km quadrati, ricadente in tre diversi comuni. In realtà, come riportato nella sentenza del Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 4923 del 30 giugno 2021, non mancano vincoli su aree altrettanto e financo più vaste: il decreto del 16 luglio 2013 relativo all’area di rispetto di Villa Cornaro di 18 Ha; il decreto del 21 febbraio 2011 nel Comune di Teolo a tutela dell’area circostante l’Abbazia di Praglia per circa 150 Ha; il vincolo apposto con provvedimento del 2 luglio 2015, a tutela dell’area circostante l’Abbazia di Maguzzano per una superficie di oltre 1250 Ha.

12 Dunque la misura pressoché massima di incidenza sul diritto dominicale che può essere prevista per siffatta tipologia di vincolo.

13 Cons. St., sez. VI, 10 maggio 2021, n. 3663, id., 13 ottobre 2020, n. 6164, ma già T.A.R. Umbria, sez. I, 20 gennaio 2011, n. 16.

14 Di cui il vincolo costituisce espressione, T.A.R. Emilia Romagna, Sez. I, 3 febbraio 2015, n. 91.

15 Cons. St., sez. IV, 10 maggio 2021, n. 3663, ma già Cons. St., sez. VI, 3 luglio 2012 n. 3893.

16 Come rilevato tra gli altri in T.A.R. Emilia Romagna, Sez. I, 3 febbraio 2015, n. 91.

17 In modo non dissimile da quanto avviene per i vincoli diretti.

18 Sulla sindacabilità del parere espresso dalla Soprintendenza e posto a fondamento di un vincolo, da ultimo, T.A.R. Roma, sez. II, 9 marzo 2021, n. 2841.

19 Così la sentenza Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 4923 del 30 giugno 2021.

20 Così la sentenza Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 4923 del 30 giugno 2021.

21 È infatti appena il caso di osservare come anche le vedute “da” un castello possono avere un valore culturale autonomo particolarmente significativo, al pari di quelle “di” un castello. L’opera monumentale può infatti presentare particolari punti di veduta che, nel corso del tempo, hanno acquisito una importanza storica e cultuale propria e che finirebbero irrimediabilmente dispersi nel caso di compromissione del territorio circostante.

22 Che costituisce in sostanza la misura massima del vincolo indiretto.

23 Come invece avviene, fisiologicamente, con i vincoli paesaggistici.

24 Si ricordi che l’avvenuta edificazione di un’area non costituisce, per costante giurisprudenza, di per sé ragione per recedere dalla tutela, così come lo stato di degrado, cfr. T.A.R. Roma sez. II, 5 dicembre 2019, n. 13974

25 È la giurisprudenza sulla tutelabilità del bene degradato, in cui si annoverano di recente ex multis le sentenze: T.A.R. Bari, sez. III, 2 aprile 2021, n. 565, T.A.R. Cagliari, sez. II, 8 gennaio 2019, n. 11.

26 Nel caso del Castello del Catajo, la ricorrente poi appellante rilevava la sproporzione della misura dell’inedificabilità assoluta e l’interesse pubblico sotteso alla tutela, eccependo l’utile applicabilità di prescrizioni meno gravose, anche ai fini di un equo contemperamento con gli interessi privati.

27 Più in generale, determina l’illegittimità del vincolo il non aver considerato gli interessi coinvolti, Cons. St., sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5986.

28 Così la sentenza Consiglio di Stato sezione sesta, n. 4923 del 30 giugno 2021.