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Sez. 3, Sentenzan. 19554 del 28/04/2004 (Ud. 17/03/2004 n.00512 ) Rv. 228886
Presidente: Savignano G. Estensore: Piccialli L. Imputato: Zanchi. P.M. Meloni VD. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Bergamo, 8 giugno 2001).
CACCIA - UCCELLAGIONE - Predisposizione dei mezzi idonei alla cattura - Integrazione del reato di cui all'art. 30 della legge n. 157 del 1992 - Sussistenza - Effettiva cattura di animali - Irrilevanza.

CON MOTIVAZIONE

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Massima (Fonte CED Cassazione)
Il reato previsto dall'art. 30, comma primo lett. e), della legge 11 febbraio 1992 n. 157, esercizio di uccellagione, non richiede la effettiva cattura di animali, essendo sufficiente la semplice predisposizione delle reti o di analoghi mezzi idonei alla cattura della fauna selvatica per ritenere consumato il reato de quo.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 17/03/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 512
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 41533/2001
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZANCHI Giacomo, n. il 10.6.1945 a Zogno, rapp. e dif. dell'avv. Andrea Pezzotta, del foro di Bergamo;
avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo, in comp. Monocratica, dell'8.6.2001;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. PICCIALLI;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sost. P.G. Dott. MELONI V. che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Giacomo Zanchi ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza in epigrafe, con la quale, all'esito di giudizio di opposizione a decreto penale, è stato dichiarato colpevole della contravvenzione di cui all'art. 30 lett. e) L. 11/2/1992 n. 157, per aver esercitato l'uccellagione, mediante il posizionamento di una rete (fatto accertato il 26/10/99).
Il ricorso deduce violazione della legge penale e connessa illogicità della motivazione, per avere il giudice di merito erroneamente ravvisato gli estremi della suddetta contravvenzione, anziché di quella, meno grave, di cui all'art. 30 lett. h) L. 157/92, di esercizio della caccia con mezzi vietati, che nella specie sarebbe stata configurabile per le caratteristiche "selettive" del mezzo impiegato, una rete di ridotte dimensioni diretta unicamente alla cattura di uccelli, da usare quale richiamo vivo. Al riguardo, nonostante le prospettazioni difensive in tale senso, il giudice avrebbe formulato una prognosi di uccisione delle probabili prede, svincolata dalle risultanze processuali e traducetesi in un "processo alle intenzioni", ricorrendo peraltro ad un giudizio valutativo basato su queste ultime e non invece sull'oggettiva idoneità del mezzo utilizzato a produrre il danno ambientale che la norma penale intende evitare.
L'impugnazione è infondata.
La costante e copiosa giurisprudenza in materia, che la stessa ricorrente difesa dimostra di non ignorare (pur non traendone le debite conclusioni nella fattispecie) ha evidenziato i caratteri differenziali tra le due ipotesi contravvenzionali, l'uccellagione, p. e p. dagli artt. 3 e 30 lett. e), e l'esercizio del fatti vita venatoria con mezzi vietati, p.e p. dagli artt. 13 co. 5 e 30 lett. h), con precipuo riferimento alle caratteristiche del mezzo adoperato, che nella prima ipotesi deve essere oggettivamente idoneo alla cattura indiscriminata e di massa dell'avifauna, quale che ne sia lo scopo, mentre nella seconda il mezzo, non ammesso dalla legge, deve essere di portata limitata ed idoneo a catture mirate o selettive (v., tra le altre, Cass. 3^ n. 1713/96, n. 2111/96, n. 4918/96, n. 8689/96, n. 2423/97).
Non rilevano, invece, le finalità ulteriori della cattura (se di soppressione, a scopo di commercio, di consumo personale, o di detenzione amatoriale o, ancora, ad uso di richiamo venatorio), tutte astrattamente compatibili con runa e con l'altra ipotesi contravvenzionale.
Il reato, di natura contravvenzionale, è consumato e non semplicemente tentato, anche nei casi in cui le catture non si siano ancora verificate (v. Cass. 3^ n. 3090/96), essendo sufficiente anche la semplice predisposizione delle reti o mezzi analoghi idonei alla cattura della fauna selvatica (v. art. 12 co. 2 e 3 L .cit.). Nel caso di specie il giudice di merito ha fatto buon governo dei suesposti principi e criteri distintivi, rilevando che, in punto di fatto, era stata predisposta una rete, corredata da pasturatone, oggettivamente idonea all'apprensione non solo dello sperato unico "tordo" da usare come richiamo vivo (come ammesso dal contravventore), ma anche di altri eventuali volatili che vi fossero incappati, come era presumibile che sarebbe avvenuto, tenuto conto delle caratteristiche del mezzo di cattura impiegato, accertate con incensurabile valutazione, sulla scorta delle risultanze d'indagine confermate in dibattimento.
Evidente è, dunque, che esulava l'ipotesi di un mero e singolo, sia pur sperato, aucupium, essendosi invece in cospetto della predisposizione di un mezzo insidioso e collettivo di cattura, oggettivamente riconducibile alla previsione di cui all'art. 3 della legge citata, quali che fossero le intenzioni dell'agente, comunque tenuto a rispondere, quanto meno a titolo di colpa, della condotta contravvenzionale posta in essere, tale da porre in pericolo la conservazione dell'avifauna locale.
Si respinge, conclusivamente, il ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 17 marzo 2004. Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2004