Cass. Sez. III n. 29824 del 10 luglio 2023 (CC 7 mar 2023)
Pres. Liberati Rel. Macrì Ric. Cincotti
Caccia e animali.Tarpatura delle ali
Il piumaggio, diversamente dal pelo che copre i mammiferi, costituisce parte non solo integrante ma altresì funzionale del volatile, fornendo il sostegno aerodinamico necessario al volo (penne remiganti), nonché il controllo e la regolazione del volo stesso (penne timoniere), per cui la tarpatura delle ali costituisce a tutti gli effetti una lesione compromettente la stessa libertà di movimento dei volatili. E non si può obiettare che le penne ricrescano, perché comunque si è agito violando il naturale periodico ricambio e alterando l’etologia dell’animale
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 5 dicembre 2022 il Tribunale del riesame di Salerno ha rigettato l’istanza di riesame presentata da Daniele Cincotti, indagato per il reato dell’art. 544 ter cod. pen. per aver tarpato le ali a undici fenicotteri e a tre pellicani, avverso il decreto di convalida del sequestro preventivo emesso in data 19 settembre 2022 dal GIP del Tribunale di Salerno e avente a oggetto i suddetti volatili.
2. Ricorre per cassazione l’indagato sulla base di quattro motivi.
Con il primo deduce la violazione di legge in merito alla qualificazione del fatto perché si trattava di uccelli custoditi in area recintata e non destinati alla migrazione.
Con il secondo lamenta la violazione di legge per difetto di periculum in mora.
Con il terzo denuncia la violazione dell’art. 321, comma 3-ter, cod. proc. pen., perché la notifica del sequestro non era avvenuta immediatamente dopo la convalida ma a distanza di quaranta giorni.
Con il quarto eccepisce la violazione di legge perché la tarpatura delle ali era operazione assimilabile al taglio delle unghie del gatto, non era né dolorosa né dannosa per l’animale, trattandosi di zone cheratiniche non vascolarizzate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
4. L’art. 321, comma 3-ter, cod. proc. pen. stabilisce che copia dell’ordinanza di convalida del sequestro è notificata “immediatamente” alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Il ritardo non è tuttavia sanzionato dal codice e in giurisprudenza è pacifico che addirittura la mancata esecuzione o la mancata notifica del decreto di sequestro preventivo disposto dal giudice delle indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, non determini alcuna nullità, né comporti l'inefficacia del decreto stesso, producendo soltanto l'effetto di ritardare la decorrenza del termine d'impugnazione da parte dell'interessato. L'inefficacia consegue infatti alla sola ipotesi di sequestro d'urgenza, in caso di mancata osservanza dei termini previsti dall'art. 321, comma 3-bis, cod. proc. pen. per la trasmissione del verbale al pubblico ministero del luogo in cui il provvedimento è stato eseguito o in caso di mancata convalida del giudice nei dieci giorni dalla ricezione della richiesta, ai sensi dell'art. 321, comma 3-ter cod. proc. pen. (tra le più recenti, Sez. 3, n. 4885 del 04/12/2018, dep. 2019, Salamita, Rv. 274851-01). D’altra parte, il ricorrente non ha eccepito alcuna violazione o pregiudizio delle sue prerogative, per cui, anche sotto tale profilo l’eccezione processuale contenuta nel terzo motivo, non ha alcuna consistenza.
5. Il primo e il quarto motivo attengono al fumus del reato contestato.
L’art. 544-ter cod. pen., relativo al maltrattamento di animali, punisce chiunque cagioni una lesione all’animale o lo sottoponga a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche (primo comma), ovvero gli somministri sostanze stupefacenti o vietate o li sottoponga a trattamenti che gli procurino danni alla salute (secondo comma).
Il Tribunale del riesame ha accertato, nei limiti della cognizione sommaria della cautela e sulla base delle dichiarazioni dei medici veterinari, che il taglio delle penne remiganti era stato eseguito in taluni soggetti in prossimità delle penne copritrici primarie, in altri soggetti a un terzo o a metà del rachide della penna, esponendo gli uccelli all’insorgenza di eventuali lesioni epidermiche alla regione della groppa. Le modalità di recisione delle ali avevano inoltre cagionato un impedimento totale del volo e avevano comportato uno sbilanciamento nella deambulazione nonché la predisposizione a patologie dell’apparato muscolo-scheletrico, del sistema cardiocircolatorio e respiratorio. Inoltre, l’inibizione del volo generava un forte stress e una profonda frustrazione perché impediva la fuga in caso di predazione e mortificava l’istinto naturale alla migrazione. La tarpatura costituiva pertanto una disabilità forzata atteso che le penne remiganti costituivano la parte più importante del piumaggio degli uccelli in quanto indispensabili per volare. Infine, il Ministero della Salute con nota del 25 marzo 2019 aveva affermato che le alterazioni delle piume non erano accettabili come misura atta a impedire la fuga degli esemplari. L’indagato non ha opposto alle considerazioni dei veterinari e alla nota del Ministero della Salute una propria consulenza compendiante gli studi scientifici di segno opposto, come invece richiesto dalla giurisprudenza (Sez. 3, n. 41114 del 05/10/2022, K., non mass. che richiama Sez. 2, n. 10968 del 18/12/2018, dep. 2019, Picchiottino, Rv. 275769-01), ma si è limitato a propugnare una tesi alternativa, e cioè che, trattandosi di uccelli custoditi in un’area privata, non erano destinati al volo, perché anzi il volo li avrebbe esposti a pericolo, e che comunque la tarpatura delle ali era una pratica non dannosa.
Sotto questo profilo, la doglianza attiene alla motivazione, per giunta in termini valutativi del fatto, e quindi per ciò solo inammissibile, in quanto esorbitante dalla cognizione del giudice di legittimità, per giunta rispetto a una cautela reale che ammette come unico vizio del ricorso per cassazione la violazione di legge (Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 246415-01).
Nel merito della vicenda, va ricordato che già in altre occasioni questa Corte si è occupata del maltrattamento dei volatili.
Per esempio, tutte le volte in cui gli uccelli sono stati trovati in gabbia in condizioni inappropriate, la giurisprudenza ha ravvisato il delitto dell’art. 544-ter cod. pen. e non la contravvenzione dell’art. 727 cod. pen. che punisce al secondo comma chi detiene gli animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze (Sez. 5, n. 20221 del 11/04/2022, Rizzardini, Rv. 283079-01; Sez. 6, n. 17677 del 22/03/2016, Borghesi, Rv. 267313; Sez. 3, n. 6656 del 12/01/2010, Calvaruso, Rv. 246185, ma si vedano più diffusamente sul tema Sez. 3, n. 46784 del 05/12/2005, Bovanti, non mass.; n. 46365 del 30/01/2017, Lanatà, non mass.; n. 43164 del 09/05/2018, Di Giovanni, non mass.; n. 52837 del 06/07/2018, Greco, non mass.).
Più recentemente, con sentenza n. 29510 del 17/04/2019, Caggioli, non mass., questa Sezione ha specificato che il piumaggio, diversamente dal pelo che copre i mammiferi, costituisce parte non solo integrante ma altresì funzionale del volatile, fornendo il sostegno aerodinamico necessario al volo (penne remiganti), nonché il controllo e la regolazione del volo stesso (penne timoniere), per cui la tarpatura delle ali costituisce a tutti gli effetti una lesione compromettente la stessa libertà di movimento dei volatili. E non si può obiettare che le penne ricrescano, perché comunque si è agito violando il naturale periodico ricambio e alterando l’etologia dell’animale. La decisione impugnata è dunque in linea con i precedenti di legittimità.
6. Il secondo motivo attiene invece al periculum che ha trovato del pari compiuta motivazione nell’ordinanza impugnata. Premesso che l’indagato deteneva i volatili in un’area privata recintata che apriva al pubblico tre volte l’anno per una mostra avifaunistica, i Giudici hanno svolto una prognosi negativa sull’astensione dell’indagato dalla ripetizione della condotta illecita, osservando che, siccome le piume ricrescono, non vi sono garanzie che gli uccelli non siano sottoposti nuovamente a pratiche di tarpatura delle ali. D’altra parte, va ricordato, come già considerato nell’ordinanza impugnata, che l’art. 544-sexies cod. pen. prevede un’ipotesi di confisca obbligatoria nel caso del reato dell’art. 544-ter, a cui è quindi finalizzato il sequestro. Va infine osservato che, anche rispetto al periculum, l’indagato ha solo apparentemente articolato una censura per violazione di legge, perché in realtà ha attaccato la motivazione.
7. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso, il 7 marzo 2023