Cass. Sez. III n. 29543 del 22 luglio 2011 (Ud. 9 giu 2011)
Pres. De Maio Est. Lombardi Ric. P.G. in proc. Capozzi.
Caccia e animali. Uccisione di animali e condotta omissiva

Il reato di uccisione di animali può essere integrato anche da una condotta omissiva. (Nella specie il soggetto agente, dopo avere accidentalmente investito un gatto all'interno della sua proprietà, aveva impedito, senza necessità e giustificazione alcuna, alle proprietarie di recuperare l'animale al fine di prestargli le dovute cure).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 09/06/2011
Dott. LOMBARDI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 1327
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 42428/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Milano;
avverso la sentenza in data 18/6/2010-16/7/2010 del G.I.P. del Tribunale di Busto Arsizio, con la quale è stata emessa pronuncia di non doversi procedere nei confronti di Capozzi Maria Rosaria, n. a Caserta il 25.11.1968, in ordine al reato di cui all'art. 544 ter c.p., commi 1 e 2, perché il fatto non sussiste.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. DELEHAYE Enrico, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza;
Udito il difensore dell'imputata, Avv. Cetroni Circolo Maria Gabriella, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il G.I.P. del Tribunale di Busto Arsizio ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Capozzi Maria Rosaria in ordine al reato di cui all'art. 544 ter c.p., commi 1 e 2, perché il fatto non sussiste.
Nei confronti della Capozzi era stato richiesta dal P.M. l'emissione di un decreto penale di condanna in relazione alla fattispecie criminosa di cui all'articolo citato, a lei ascritta, perché, dopo avere investito accidentalmente un gatto nel corso di una manovra alla guida di un'autovettura Ford Mondeo, senza necessità e giustificazione alcuna, ometteva di prestare all'animale le dovute cure, impedendo altresì a Veronese Claudia e Veronese Luciana di accedere all'interno del cortile ove si era verificato l'evento al fine di recuperare il gatto e trasportarlo presso un veterinario, così cagionandone la morte che sopravveniva dopo due giorni di agonia.
Il G.I.P. ha osservato che le lesioni riportate dal gatto non furono conseguenza di sevizie o di atto emulativo e che il comportamento omissivo tenuto successivamente dalla imputata, concretatosi nel rifiuto di trasportare o lasciar trasportare l'animale da un veterinario, non integra la fattispecie criminosa ascrittale. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte territoriale, che la denuncia per violazione di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La pubblica accusa ricorrente ha premesso un'ampia disamina della questione relativa al mezzo di impugnazione esperibile contro la sentenza di proscioglimento emessa, ai sensi dell'art. 459, comma 3, in relazione all'art. 129 c.p.p., dal G.I.P. richiesto dal P.M. di emettere un decreto penale di condanna; questione che viene risolta nel senso della ricorribilità per cassazione di tale pronuncia. Nel merito, in sintesi, il ricorrente osserva che effettivamente la condotta omissiva ascritta all'imputata risulta difficilmente riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 544 ter c.p. che è caratterizzata da un comportamento commissivo del reo. Si fa rilevare, però, che il fatto ascritto alla Capozzi ben poteva farsi rientrare nella diversa ipotesi della uccisione di animali di cui all'art. 544 bis c.p.. Si osserva che detta fattispecie non individua una condotta o una serie di condotte specifiche ma punisce qualsivoglia comportamento che, per crudeltà o senza necessità, cagioni la morte di un animale, sicché l'evento può essere realizzato anche con una condotta omissiva. La condotta attribuita all'imputata, concretatasi in particolare nell'avere impedito alle due Veronese di accedere nel cortile per recuperare il gatto, con il suo conseguente abbandono dell'animale ad un'inevitabile morte, integra oggettivamente e soggettivamente, anche per quel che concerne il requisito della crudeltà, il fatto previsto e punito dall'alt. 544 bis c.p..
Il G.I.P., pertanto, rilevando che al fatto doveva essere attribuita una diversa qualificazione giuridica, avrebbe dovuto disporre la restituzione degli atti al P.M. e non emettere pronuncia di proscioglimento per l'imputazione contestata. Il ricorso è fondato. Preliminarmente, in relazione al mezzo di impugnazione proposto, si osserva che secondo quanto definitivamente affermato sul punto da questa Suprema Corte "La sentenza di proscioglimento, emessa dal giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di decreto penale di condanna, può essere impugnata solo con ricorso per cassazione" (sez. un. 30.9.2010 n. 43055, Dalla Serra, RV 248378).
Sicché correttamente la pubblica accusa ha investito questa Corte delle censure formulate avverso la sentenza impugnata. Va ancora rilevato in via preliminare che, ai sensi dell'art. 459 c.p.p., comma 3, il giudice, in caso di mancato accoglimento della richiesta di decreto penale, salvo che non debba pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., restituisce gli atti al pubblico ministero. Dall'interpretazione di tale disposto, in relazione a quanto previsto dall'art. 649 c.p.p., deriva che, nel caso in cui il mancato accoglimento dipenda da una diversa qualificazione giuridica del fatto, il s giudice deve limitarsi a disporre la restituzione degli atti al P.M., senza poter pronunciare sentenza di proscioglimento in ordine alla diversa fattispecie di reato oggetto dell'imputazione, onde evitare che si verifichi l'effetto preclusivo del giudicato con riferimento al fatto materiale che è stato contestato (cfr. sez. 1^, 29.10.2003 n. 47515, P.M. in proc. Cerasa, RV 226468).
Nel merito del ricorso, effettivamente il fatto descritto in imputazione non appare sussumibile nell'ipotesi di reato di cui all'art. 544 ter c.p., che punisce la condotta di chi, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero sottopone un animale a sevizie o a comportamenti o fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. Nel caso concreto di cui alla contestazione sussiste, però, l'evento morte dell'animale previsto dall'art. 544 bis c.p.; evento che, come osservato dalla pubblica accusa, può essere conseguenza sia di una condotta commissiva che omissiva, mentre la norma non ne specifica le modalità. Pertanto, poiché nel caso in esame sussiste l'evento previsto dalla fattispecie criminosa citata ed appare inoltre configurarle l'elemento psicologico del reato, si palesa necessario rimettere gli atti al P.M. perché valuti, in relazione alle circostanze di fatto emerse dalle indagini, se sussiste un nesso di causalità tra la condotta della Capozzi e l'evento e se tale condotta, concretatasi nell'avere impedito ad altre persone di soccorrere l'animale, può concretamente qualificarsi come commissiva ovvero omissiva e giuridicamente rilevante ai sensi dell'art. 40 c.p., comma 2. La sentenza impugnata deve essere, perciò, annullata senza rinvio e va disposta la trasmissione degli atti al P.M. presso il Tribunale di Busto Arsizio per le sue determinazioni in relazione a quanto osservato da questa Corte.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al P.M. presso il Tribunale di Busto Arsizio. Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 8 giugno 2011. Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2011