Consiglio di Stato Sez. III n, 3585 del 22 aprile 2024
Caccia e animali.Revoca del porto d'armi

La revoca del porto d’armi - in quanto atto con finalità di prevenzione di fatti lesivi della pubblica sicurezza - può essere sufficientemente sorretta da valutazioni della capacità di abuso fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus, rispetto alle quali l’espansione della sfera di libertà dell’individuo è destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva, dovendo l’interessato essere una persona esente da mende e al di sopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei confronti della quale esiste l’assoluta sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività. 

Pubblicato il 22/04/2024

N. 03585/2024REG.PROV.COLL.

N. 09481/2023 REG.RIC.

N. 09492/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

1) sul ricorso numero di registro generale 9481 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Romana Perin ed Emanuela Ghisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Varese - Prefettura di Varese, la Questura di Varese e il Ministero della difesa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
il Ministero della difesa - Comando Provinciale dei Carabinieri di Varese, in persona del Comandante pro tempore, il Ministero della difesa - Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS-, in persona del Comandante pro tempore, la Provincia di Varese, in persona del legale rappresentante pro tempore, e il Commissariato di Pubblica Sicurezza di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti non costituiti in giudizio;


2) sul ricorso numero di registro generale n. 9492 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Romana Perin ed Emanuela Ghisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Varese - Prefettura di Varese e la Questura di Varese, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
il Commissariato di Pubblica Sicurezza di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti non costituiti in giudizio,

per la riforma

a) in relazione al ricorso n. 9481 del 2023, per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano, sez. I, 3 aprile 2023, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del decreto del Prefetto di Varese di divieto di detenzione armi e munizioni datato 11 ottobre 2021, prot. -OMISSIS-;

b) in relazione al ricorso n. 9492 del 2023, per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano, sez. I, 3 aprile 2023, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del decreto del Questore della Provincia di Varese del 21 febbraio 2022 di revoca della licenza porto di fucile.


Visti il ricorso in appello n. 9481 del 2023 e n. 9492 del 2023 e i relativi allegati;

Vista la memoria depositata, in relazione all’appello n. 9481 del 2023, dal signor -OMISSIS- in data 28 marzo 2024;

Vista la memoria depositata, in relazione all’appello n. 9492 del 2023, dal signor -OMISSIS- in data 28 marzo 2024;

Visti tutti gli atti delle cause n. 9481 del 2023 e n. 9492 del 2023;

Relatrice nella udienza pubblica del giorno 18 aprile 2024 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con decreto del Prefetto di Varese 11 ottobre 2021, prot. -OMISSIS- è stato fatto divieto al signor -OMISSIS- - abilitato alla caccia agli ungulati e alla caccia collettiva, nonché a svolgere le funzioni di capocaccia - di detenere armi e munizioni.

Tale provvedimento è stato adottato a seguito di una segnalazione della Polizia Provinciale Settore Faunistica al Commissariato di Pubblica sicurezza di -OMISSIS-, secondo cui in data -OMISSIS- 2019, nel corso di una braccata al cinghiale in località “-OMISSIS-”, nel Comune di -OMISSIS-, e dopo la chiusura della battuta (alle ore 12,20 circa), il signor -OMISSIS-, verso le ore 12,30, avrebbe sparato senza autorizzazione ad un cinghiale già abbattuto precedentemente, uccidendo un cane da caccia. Con nota del 5 ottobre 2021 il Comando Provinciale dei Carabinieri di Varese ha rilevato l’opportunità di adottare nei confronti del signor -OMISSIS- il provvedimento interdittivo, in ragione della ritenuta gravità delle circostanze e delle modalità che hanno portato alla segnalazione della Provincia di Varese, le stesse “(influendo) negativamente sul possesso dei requisiti soggettivi e sull’affidabilità dell’oggettivato alla detenzione di armi e munizioni”.

2. Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al Tar Lombardia, sede di Milano, affermando che lo stesso era stato adottato dopo due anni dal verificarsi dell’evento senza una ulteriore istruttoria e deducendone l’erroneità anche in punto di fatto, atteso che la Provincia aveva segnalato l’uccisione “involontaria” del cane. Aggiunge che, in effetti, all’atto di andare a recuperare il cinghiale morto, eseguendo un ordine del caposquadra signor -OMISSIS-, ha scambiato il cane, che era vicino al cinghiale, per un altro cinghiale vivo sopraggiunto e, temendo per la propria incolumità, sbloccata la sicura, ha sparato in direzione dell’animale in movimento. Solo giunto vicino al cinghiale si è avveduto che l’animale visto poc’anzi era il cane del cacciatore, e suo amico, signor -OMISSIS- (successivamente risarcito).

3. Con sentenza 3 aprile 2023, -OMISSIS- la sez. I del Tar Milano ha respinto il gravame per avere il ricorrente dimostrato il non corretto uso delle armi. Ed invero, successivamente alla chiusura della battuta di caccia, ha sparato senza autorizzazione, uccidendo un cane da caccia, in un contesto che non palesava una situazione di oggettivo pericolo. Né, ad avviso del Tar Milano, assume rilievo il fatto che egli avesse apposto la sicura al fucile prima di esplodere il colpo, trattandosi di un comportamento compreso tra le ordinarie regole di gestione dell’arma. Anzi, proprio il contesto della vicenda rende ragionevole la considerazione sviluppata dalle Forze dell’Ordine, laddove evidenziano che, nel caso di specie, la condotta del ricorrente avrebbe potuto “nuocere a persone”.

4. Con appello n. 9481 del 2023, notificato in data 3 novembre 2023 e depositato il successivo 1° dicembre 2023, il signor -OMISSIS- ha impugnato la citata sentenza 3 aprile 2023, -OMISSIS-, deducendone l’erroneità per essersi il giudice sostituito, nel motivare il provvedimento impugnato, all’Amministrazione.

5. Con successivo provvedimento, adottato in data 22 gennaio 2022, è stato fatto divieto al signor -OMISSIS- di detenere armi e materiali esplodenti ex art. 39, Tulps n. 773 del 1931. Il provvedimento è stato adottato in conseguenza della revoca del porto d’armi.

6. Il divieto è stato impugnato dinanzi al Tar Milano che, con sentenza della sez. I, 3 aprile 2023, -OMISSIS-, lo ha respinto.

7. Con appello n. 9492 del 2023, notificato in data 3 novembre 2023 e depositato il successivo 1° dicembre 2023, il signor -OMISSIS- ha impugnato la citata sentenza 3 aprile 2023, -OMISSIS-, riproponendo in chiave critica i motivi dedotti in primo grado.

8. Si sono costituiti, nel giudizio n. 9481 del 2023, il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Varese - Prefettura di Varese, la Questura di Varese e il Ministero della difesa, senza espletare difese scritte.

9. Nel giudizio n. 9481 del 2023 il Ministero della difesa - Comando Provinciale dei Carabinieri di Varese, il Ministero della difesa - Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS-, la Provincia di Varese e il Commissariato di Pubblica Sicurezza di -OMISSIS- non si sono costituiti.

10. Si sono costituiti, nel giudizio n. 9492 del 2023, il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Varese - Prefettura di Varese e la Questura di Varese, senza espletare difese scritte.

11. Nel giudizio n. 9492 del 2023 il Commissariato di Pubblica Sicurezza di -OMISSIS- non si è costituito in giudizio.

12. Alla pubblica udienza del 18 aprile 2024 le cause n. 9481 del 2023 e n. 9492 del 2023 sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio dispone la riunione degli appelli n. 9481 del 2023 e n. 9492 del 2023, stante l’evidente connessione soggettiva ed oggettiva.

2. Principiando dall’esame dell’appello n. 9481 del 2023, il signor -OMISSIS- ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano, sez. I, 3 aprile 2023, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del decreto del Prefetto di Varese di divieto di detenzione armi e munizioni datato 11 ottobre 2021.

Ad avviso del signor -OMISSIS- la sentenza è viziata innanzi tutto perché ha integrato la motivazione del provvedimento impugnato.

Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

Ed invero il Tar ha argomentato le ragioni per cui l’impugnato divieto di detenzione armi e munizioni datato 11 ottobre 2021 non appariva affetto dai vizi dedotti con l’atto introduttivo del giudizio e nella via dei motivi aggiunti, rappresentando il contesto in cui era avvenuto l’incidente. Le argomentazioni addotte, dunque, non avevano lo scopo di integrare una motivazione lacunosa quanto, piuttosto, di chiarire perché era corretto il giudizio di non affidabilità nell’uso delle armi al quale era pervenuta l’Amministrazione. Il contesto ambientale in cui si è verificato l’episodio (spazio aperto e orario diurno), la mancanza di un oggettivo stato di pericolo che potesse giustificare la legittima difesa, la posizione del cane, sono tutti elementi che il Tar pone a dimostrazione della correttezza della conclusione alla quale era pervenuta la Prefettura.

3. Non è suscettibile di positiva valutazione neanche la seconda censura, anch’essa dedotta con il primo motivo, con la quale l’appellante contesta la correttezza del giudizio di non affidabilità nell’uso delle armi.

Preliminarmente il Collegio ritiene di dover richiamare brevemente i principi che sono alla base della materia relativa alla detenzione di armi, perchè utili al fine del decidere.

Una oramai univoca giurisprudenza del giudice delle leggi e del giudice amministrativo ha accertato l’insussistenza di una posizione di diritto soggettivo assoluto in relazione all’ottenimento ed alla conservazione del permesso di detenzione e porto di armi in deroga al generale divieto di cui agli artt. 699 c.p. e 4, comma 1, l. 18 aprile 1970, n. 110 (Corte cost. n. 440 del 1993; Cons. Stato, sez. III, n. 2974 del 2018; n. 3502 del 2018).

E’ stato in particolare chiarito che ai sensi degli artt. 11, 39 e 43, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (c.d. T.U.L.P.S.), l’Amministrazione può legittimamente fondare il giudizio di “non affidabilità” del titolare del porto d’armi valorizzando il verificarsi di situazioni genericamente non ascrivibili alla “buona condotta” dell’interessato, non rendendosi necessario al riguardo né un giudizio di pericolosità sociale del soggetto né un comprovato abuso nell’utilizzo delle armi (Cons. Stato, sez. III, n. 2987 del 2014; n. 4121 del 2014; n. 4518 del 2016; sez. VI, n. 107 del 2017; sez. III, n. 2404 del 2017; n. 4955 del 2018; n. 6812 del 2018) in quanto, ai fini della revoca della licenza, l’Autorità di pubblica sicurezza può apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità di abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell’interessato, purché l’apprezzamento non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo (Cons. Stato, sez. VI, n. 107 del 2017; sez. III, n. 2974 del 2018; n. 3502 del 2018), trattandosi di un provvedimento, privo di intento sanzionatorio o punitivo, avente natura cautelare al fine di prevenire possibili abusi nell’uso delle armi a tutela delle esigenze di incolumità di tutti i consociati (Cons. Stato, sez. III, n. 2974 del 2018).

Proprio la natura cautelare del provvedimento fa sì che lo stesso si fondi su considerazioni probabilistiche, basate su circostanze di fatto assistite da sufficiente fumus al momento della loro adozione (Cons. Stato, sez. III, n. 3979 del 2013; n. 5398 del 2014; n. 2404 del 2017; n. 6812 del 2018).

Sussiste, infatti, in capo all'Amministrazione l'obbligo di valutare, con la discrezionalità tipica sottesa al rilascio delle autorizzazioni di polizia, la specchiatezza del richiedente, non in termini assoluti e lato sensu etici, bensì con un approccio finalistico, in funzione proprio dei contenuti specifici della richiesta avanzata.

Ed invero, la revoca del porto d’armi - in quanto atto con finalità di prevenzione di fatti lesivi della pubblica sicurezza - può essere sufficientemente sorretta da valutazioni della capacità di abuso fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus, rispetto alle quali l’espansione della sfera di libertà dell’individuo è destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva, dovendo l’interessato essere una persona esente da mende e al di sopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei confronti della quale esiste l’assoluta sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività (Cons. Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604);

Secondo la giurisprudenza di questa Sezione, ai sensi dell'art. 39, t.u. n. 773 del 1931, è ragionevole, e comunque insindacabile in sede di giurisdizione di legittimità, la scelta dell'Amministrazione di prevenire che determinate situazioni possano degenerare, vietando la detenzione di armi e munizioni a chi ha formulato minacce nel corso di litigi, anche se in assenza di un contestuale uso di armi (Cons. Stato, sez. III, n. 3693 del 2016).

4. Nella specie non è in discussione che l’appellante non fosse stato protagonista di altri episodi di non corretto uso delle armi. È certo, però, che il giorno -OMISSIS- 2019, a termine di una battuta di caccia ai cinghiali, il signor -OMISSIS- ha sparato, uccidendolo, ad un cane da caccia, munito di collare fluorescente di colore verde con le barre rifrangenti.

Non ha rilievo determinante – e dunque non occorre fare approfondimenti istruttori – se l’uccisione del cane sia avvenuta perché scambiato per un cinghiale (come risulta dal verbale della dichiarazione resa in data -OMISSIS- 2021 dal caposquadra signor -OMISSIS-, riportando quanto detto dallo stesso signor -OMISSIS- subito dopo l’incidente) o perché il -OMISSIS- volesse sparare nuovamente al cinghiale già ucciso o ad altro animale credendolo un secondo cinghiale. Rileva solo che con un uso improprio del fucile da caccia abbia cagionato la morte di altro animale, non oggetto della battuta di caccia. Aggiungasi che l’impugnato provvedimento prefettizio – che afferma che -OMISSIS- “sparava senza autorizzazione ad un cinghiale già abbattuto precedentemente” – richiama poi la nota della Questura di Varese – Commissariato di -OMISSIS- del 21 settembre 2021 che, a sua volta, richiama la relazione della Polizia provinciale di Varese che fa riferimento all’uccisione involontaria del cane; dunque, attraverso la motivazione per relationem la Prefettura dimostra di ben sapere come si sono svolti i fatti e di ritenere comunque il -OMISSIS- soggetto non affidabile nell’uso delle armi.

Non rileva neanche che l’appellante – come egli stesso afferma in ricorso, quasi a voler addossare su altri la responsabilità dell’accaduto – non potesse sapere che il cane fosse quello del proprio compagno (e amico) di caccia, non essendosi quest’ultimo “premurato di avvertire via radio la squadra che il proprio animale d’affezione vagasse ancora per l’ambito oggetto di battuta di caccia”; è assorbente, infatti, la circostanza che ha puntato, per uccidere, un animale a battuta di caccia già chiusa, senza un dimostrato stato di pericolo di essere aggredito da un animale pericoloso per la propria incolumità personale, pericolo peraltro di cui è lecito dubitare essendo in zona anche altro cacciatore (il signor -OMISSIS-) che, nei pressi del cinghiale morto, si accingeva a recuperarlo e vedeva il -OMISSIS- che imbracciava il fucile e sparava a terra (dichiarazione resa dallo stesso signor -OMISSIS- e verbalizzata in data -OMISSIS- 2019).

A differenza di quanto assume l’appellante la Prefettura prima ed il Tar Milano poi, richiamando gli avvenimenti di causa, hanno ben tenuto conto di tutti tali fattori, ritenendoli non sufficienti a giustificare il comportamento del cacciatore.

5. Anche il secondo motivo non è suscettibile di positiva valutazione per le ragioni in fatto esplicitate sub 4 e in diritto riportate sub 3, che comprovano la proporzionalità tra i fatti occorsi e il provvedimento adottato. Giova aggiungere che anche assumere di trovarsi in uno stato di pericolo che effettivamente non c’è (come chiarito sub 4) e, quindi, di ritenersi giustificato ad utilizzare le armi costituisce prova di poter abusare delle stesse, e ciò a prescindere dall’essere o meno un soggetto “emotivamente instabile”.

6. Come correttamente affermato dal giudice di primo grado, la condotta tenuta dal signor -OMISSIS- giustifica l’adozione del provvedimento di divieto di detenzione di armi e non la previa sospensione della licenza. Il Collegio esclude altresì che il divieto dovesse essere preceduto da una visita psichiatrica dell’appellante perché la capacità di abuso dell’uso delle armi non è necessariamente connessa ad uno stato emotivo alterato del soggetto.

7. Passando all’esame dell’appello n. 9492 del 2023, il signor -OMISSIS- ha impugnato la sentenza 3 aprile 2023, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del decreto del Questore della Provincia di Varese del 21 febbraio 2022 di revoca della licenza porto di fucile.

Con il primo motivo il signore -OMISSIS- afferma che erroneamente la sentenza si fonda su un “rapporto di presupposizione e di conseguenzialità immediata, diretta e necessaria” tra il divieto di detenzione di armi e la revoca del relativo titolo, presupposizione che invece sarebbe esclusa.

Il motivo è privo di pregio non essendo configurabile la detenzione del porto d’armi da parte di un soggetto al quale è stato fatto divieto di detenerle. Sussiste, infatti, un rapporto di presupposizione tra il divieto di detenere armi e la licenza di porto d'armi, sicché, a fronte del provvedimento di divieto di detenzione ex art. 39 cit. assunto dal Prefetto, la revoca della licenza di porto d'armi da parte del Questore costituisce una conseguenza naturale e praticamente vincolata (Cons. Stato, sez. III, 4 marzo 2013, n. 1292). Nella specie il divieto di porto d’armi – impugnato e non sospeso e, dunque, efficace - ha superato il vaglio del giudice amministrativo, con la conseguenza che costituisce legittimo presupposto del provvedimento del Questore.

8. Con il secondo motivo l’appellante ripropone le censure dedotte in primo grado e non esaminate dal giudice.

Giova premettere che l'omessa pronuncia su una o più censure proposte con il ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo, tale da comportare l'annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado ex art. 105, comma 1, c.p.a., ma solo un vizio dell'impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare, integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo sul merito della causa (Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5711; id. 17 ottobre 2017, n. 4796). Non rientrando l’omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado su un motivo del ricorso, nei casi tassativi di annullamento con rinvio, ne consegue che, in forza del principio devolutivo (art. 101, comma 2, c.p.a.), il Consiglio di Stato decide, nei limiti della domanda riproposta, anche sui motivi di ricorso non affrontati dal giudice di prime cure (Cons. St., sez. V, 29 dicembre 2017, n. 6158).

9. I motivi riproposti, che possono essere esaminati congiuntamente, sono privi di pregio per le ragioni già argomentare sub 3 e 4, nonché per l’esistenza, nel mondo giuridico, di un provvedimento di divieto di detenzione d’armi legittimo che, come chiarito sub 7, ne costituisce valido presupposto.

10. In conclusione, per i suesposti motivi, gli appelli n. 9481 del 2023 e n. 9492 del 2023 devono essere respinti e vanno, dunque, confermate le sentenze del Tar della Lombardia, sede di Milano, sez. I, 3 aprile 2023, -OMISSIS-, che hanno respinto i ricorsi di primo grado.

11. Quanto alle spese di entrambi i giudizi n. 9481 del 2023 e n. 9492 del 2023; a) compensa le spese del giudizio n. 9481 del 2023 nei confronti del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Varese - Prefettura di Varese, della Questura di Varese e del Ministero della difesa; b) compensa le spese del giudizio n. 9492 del 2023 nei confronti del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Varese - Prefettura di Varese e della Questura di Varese; c) nulla per le spese del giudizio n. 9481 del 2023 nei confronti del Ministero della difesa - Comando Provinciale dei Carabinieri di Varese, del Ministero della difesa - Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS-, della Provincia di Varese e del Commissariato di Pubblica Sicurezza di -OMISSIS-, non costituiti in giudizio; d) nulla per le spese del giudizio n. 9492 del 2023 nei confronti del Commissariato di Pubblica Sicurezza di -OMISSIS-, non costituito in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sugli appelli n. 9481 del 2023 e n. 9492 del 2023: a) li riunisce; b) li respinge.

Quanto alle spese di entrambi i giudizi n. 9481 del 2023 e n. 9492 del 2023; a) compensa le spese del giudizio n. 9481 del 2023 nei confronti del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Varese - Prefettura di Varese, della Questura di Varese e del Ministero della difesa; b) compensa le spese del giudizio n. 9492 del 2023 nei confronti del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Varese - Prefettura di Varese e della Questura di Varese; c) nulla per le spese del giudizio n. 9481 del 2023 nei confronti del Ministero della difesa - Comando Provinciale dei Carabinieri di Varese, del Ministero della difesa - Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS-, della Provincia di Varese e del Commissariato di Pubblica Sicurezza di -OMISSIS-; d) nulla per le spese del giudizio n. 9492 del 2023 nei confronti del Commissariato di Pubblica Sicurezza di -OMISSIS-.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:

Giulia Ferrari, Presidente FF, Estensore

Ezio Fedullo, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Antonio Massimo Marra, Consigliere

Raffaello Scarpato, Consigliere