TAR Veneto Sez. II sent. 452 del 11 febbraio 2010
Beni Ambientali. Termine di efficacia dell'autorizzazione paesaggistica

La durata del nulla osta paesaggistico è quinquennale e tale nulla osta condiziona l’effettiva possibilità edificazione. Sebbene l’art.166 del T.U. approvato con d.lgs. n.490 del 1999 abbia abrogato la legge n.1497 del 1939, l’art. 161 del medesimo decreto legislativo ha sancito la perdurante vigenza delle disposizioni del regolamento “in quanto applicabili” e che non può essere revocato in dubbio che l'art. 16 del regolamento approvato con il regio decreto del 1940 rientri tra le disposizioni compatibili . Lo stesso art. 158 del d.lgs. n.42 del 2004 prevede che restano in vigore, in quanto applicabili, sino all’emanazione di apposita disposizioni regionali di attuazione del codice dei beni culturali e del paesaggio, le disposizioni del regolamento approvato con regio decreto n.1357 del 1940 mentre nell’art. 146 del medesimo decreto legislativo, comma 4, nella versione risultante dalla modifiche apportate dal legislatore nel 2008, ha espressamente e direttamente previsto il termine quinquennale di efficacia dell’autorizzazione.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



N. 00452/2010 REG.SEN.
N. 00496/1996 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 496 del 1996 proposto dal Club Alpino Italiano - C.A.I., sezione di Treviso, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Borella, Marina Perona e Franco Stivanello Gussoni, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, Dorsoduro, 3593;

contro

il Comune di Cortina D'Ampezzo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pierangelo Conte ed Aldo Ghezzo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia-Mestre, via Einaudi, 62;
le Regole D'Ampezzo, in persona del Presidente pro tempore, in qualità di ente gestore del Parco Naturale Dolomiti D’Ampezzo, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- dell’ordinanza n. 214 del 29 novembre 1995 con la quale il Sindaco del Comune di Cortina d’Ampezzo ha ingiunto il ripristino in relazione ad opere realizzate in variante alla concessione per la ricostruzione di un fabbricato sito in località Alpe De Fosses, Croda del Becco, denominato bivacco invernale del rifugio Biella e di ogni altro atto presupposto e conseguente;


nonché, con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 9 giugno 2009,

- per l’annullamento del provvedimento prot. n. 8110/2009 con il quale il responsabile del servizio edilizia privata ed urbanistica ha comunicato che “non è possibile procedere alla sanatoria richiesta in data 28 novembre 2008 (rectius 2002) prot.n. 24140 in quanto l’autorizzazione ambientale del 6 giugno 2003 (valida 5 anni) risulta scaduta” e di ogni altro atto presupposto o conseguente.


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cortina D'Ampezzo, in persona del Sindaco pro tempore;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2009 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso iscritto al n. 214 del 29 novembre 1995 il Club Alpino Italiano (C.A.I.), sezione di Treviso, - concessionario del rifugio Biella alla Croda del Brecco – ha agito in giudizio per l’annullamento dell’ordinanza n. 214 del 29 novembre 1995 con la quale il Sindaco del Comune di Cortina d’Ampezzo ha ingiunto il ripristino delle opere realizzate in variante alla concessione per la ricostruzione del bivacco invernale del rifugio Biella e di ogni altro atto presupposto e conseguente.

Più in particolare, il C.A.I. ha rappresentato di aver ottenuto, in data 21 giugno 1990, la concessione gratuita n.34/90 per la sistemazione esterna e la ricostruzione del suddetto bivacco presso il rifugio di Biella; in base alla l.r. n.52 del 1986, infatti, ogni rifugio deve avere anche un locale idoneo a fungere da ricovero o bivacco per il periodo invernale nel quale il rifugio vero e proprio resta chiuso e ne viene a mancare la gestione.

In data 12 dicembre 1994 le Regole d’Ampezzo hanno comunicato al C.A.I. la rilevazione, a seguito di sopralluogo effettuato presso il bivacco, di difformità tra il progetto assentito e quello concretamente eseguito. Nella specie le Regole hanno rilevato il “sottodimensionamento della pianta dell’edificio, mentre l’altezza effettiva dell’edificio risulta essere superiore ai valori previsti nel progetto (….). E’ stata rilevata inoltre una diversa disposizione dei fori e delle tramezzature interne, precisando che risulta esservi una finestra in più del previsto e che all’interno la disposizione dei locali è stata alterata rispetto al progetto con destinazione di alcuni locali a magazzino e centro studi”.

Il C.A.I. ha, quindi, presentato, in data 6 febbraio 1995, una richiesta di variante al progetto di ricostruzione del bivacco invernale evidenziando, nella documentazione allegata all’istanza, le ragioni tecniche giustificative delle modifiche apportate in sede di esecuzione rispetto al progetto originario. Nello specifico, nella suddetta documentazione, è stata evidenziata, tra l’altro, la realizzazione di un soppalco da adibire a magazzino all’interno del bivacco, resa necessaria al fine di assicurare la prescrizione contenuta nel titolo edilizio rilasciato dall’Amministrazione comunale con la quale è stata imposta una pendenza del tetto non inferiore al 45% sicché modificazione della collocazione di alcuni fori esterni si era resa necessaria a motivo della maggiore altezza interna dell’edificio.

In data 2 marzo 1995 l’Amministrazione ha richiesto una integrazione documentale, regolarmente e tempestivamente evasa dal C.A.I. e, successivamente, in data 12 maggio 1995 è stata comunicata all’odierno ricorrente la sospensione del procedimento avente ad oggetto la domanda di variante a motivo della necessità di eseguire un sopralluogo allorquando le condizioni climatiche lo avessero reso possibile.

A tale comunicazione ha fatto seguito l’ordinanza n.94 dell’8 agosto 1995 con la quale il Sindaco ha ingiunto la sospensione dei lavori nonché l’ordinanza n. 214 del 29 novembre 1995 con la quale è stato ingiunto il ripristino delle opere abusive.

Avverso la suddetta ordinanza di demolizione il C.A.I. ha proposto il presente gravame.

Con ordinanza n.409/1996 del 6 marzo 1996 questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, in considerazione del carattere ripristinatorio dello stesso.

Successivamente il C.A.I. ha presentato al Comune di Cortina d’Ampezzo, in data 28 novembre 2002, una domanda sanatoria in deroga, ai sensi dell’art. 80 della l.r. n.61 del 1985 per i lavori eseguiti in difformità rispetto al progetto assentito.

La suddetta istanza è stata sottoposta all’esame della commissione edilizia integrata che ha espresso parere favorevole con la nota del 6 giugno 2003 per la sola parte relativa alle opere realizzate in difformità dalla concessione n.34/90 ed a condizione che la destinazione sia esclusivamente a bivacco.

In data 3 dicembre 2003 anche il Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo – attraverso le Regole d’Ampezzo (ente gestore del Parco stesso) – ha espresso il proprio “nulla – osta”.

Il procedimento, tuttavia, non si è concluso con l’adozione di alcun provvedimento ed il C.A.I., a seguito di accesso agli atti del procedimento, ha constatato che, in data 6 giugno 2003, il Consiglio Comunale aveva autorizzato il rilascio della concessione in deroga per interesse pubblico in relazione ai lavori eseguiti sul bivacco alpino, deliberazione che, tuttavia, non è stata mai comunicata al C.A.I..

Il C.A.I. ha, quindi, provveduto, in data 3 aprile 2009, a diffidare l’Amministrazione a concludere il procedimento ed a rilasciare la concessione in sanatoria richiesta.

A riscontro della suddetta diffida l’Amministrazione intimata ha adottato il provvedimento, prot. n. 8110/2009, con il quale ha comunicato che “non è possibile procedere alla sanatoria richiesta in data 28 novembre 2008 (rectius 2002) prot.n. 24140 in quanto l’autorizzazione ambientale del 6 giugno 2003 (valida 5 anni) risulta scaduta” e che “ a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 42/04 e seguenti, dovrà essere depositata istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167, IV comma”.

Questo provvedimento è stato impugnato dalla ricorrete con ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 9 giugno 2009.

Con ordinanza n.643/09 del 24 giugno 2009 questa Sezione ha accolto la domanda cautelare del ricorrente, ordinando all’Amministrazione di procedere al riesame della questione alla luce delle censure dedotte, entro il termine di quindici giorni decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa dell’ordinanza medesima o dalla notifica a cura della parte se più tempestiva.

Il Comune di Cortina d’Ampezzo si è costituito in giudizio per resistere al gravame.

La suddetta ordinanza n.649/09 del 24 giugno 2009 non è stata eseguita dall’Amministrazione intimata.

All’udienza del 29 ottobre 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.


DIRITTO


1.Il Collegio ritiene di dover procedere direttamente all’esame dei motivi di ricorso dedotti avverso l’ordinanza n. 214 del 29 novembre 1995 con la quale il Sindaco del Comune di Cortina d’Ampezzo ha ingiunto il ripristino delle opere realizzate in variante alla concessione n.34/90, relativa alla ricostruzione del bivacco invernale del rifugio Biella.

1.1 Prioritaria ed assorbente risulta l’analisi della prima censura dedotta con la quale la difesa del ricorrente lamenta l’eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e dell’illogicità, nella specie evidenziando l’illegittimità del provvedimento assunto dall’Amministrazione comunale che, prima di procedere all’esame dell’istanza di variante al progetto di ricostruzione del bivacco invernale, presentata in data 6 febbraio 1995, ha disposto dapprima la sospensione dei lavori e poi il ripristino delle opere abusive.

La censura si palesa fondata e meritevole di accoglimento.

Per orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in materia, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, le misure repressive degli abusi edilizi devono essere precedute dalla valutazione dell'entità e della qualità degli abusi stessi e determinate in base al raffronto tra il progetto assentito e l'attività in concreto realizzata; pertanto, è illegittimo l'ordine di demolizione adottato prima dell'esame dell'istanza di variante (cfr., ex multis, T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 09 novembre 2007, n. 3401; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 6 novembre 2003, n. 932).

Nel caso in esame, è incontestato che il ricorrente abbia presentato, prima dell'ordine di demolizione, apposita istanza per il rilascio della concessione in variante e che detta istanza abbia ad oggetto le stesse opere considerate dal provvedimento ripristinatorio impugnato.

Il Comune di Cortina d’Ampezzo, pertanto, avrebbe dovuto prima pronunciarsi definitivamente su tale istanza e solo in seguito, ove del caso, ordinare la demolizione.

Ciò anche in considerazione della comunicazione, in data 12 maggio 1995, al C.A.I. della sospensione del procedimento avente ad oggetto la domanda di variante, a motivo della necessità dell’Amministrazione di eseguire un sopralluogo allorquando le condizioni climatiche lo avessero reso possibile. Tale circostanza, infatti, palesa l’assenza di una adeguata istruttoria tesa a far emergere la stessa consistenza degli interventi eseguiti in difformità dal titolo edilizio assentito; valutazione, questa, ritenuta essenziale dalla stessa Amministrazione che, come evidenziato, ha ritenuto di dover sospendere il procedimento avviato con la domanda di variante in attesa della possibilità di eseguire il sopralluogo.

Ciò appare particolarmente significativo nella fattispecie oggetto del presente giudizio sia in considerazione della sussistenza della suddetta comunicazione che, associata alla mancanza di ulteriori comunicazioni o avvisi in ordine ad una valutazione negativa dell’istanza evidenzia una contraddittorietà degli atti posti in essere dall’Amministrazione sia dell’entità delle modifiche apportate.

In relazione alle ulteriori censure dedotte avverso l’ordinanza di ripristino il Collegio ritiene di procedere ad assorbimento, non potendo derivare al ricorrente alcuna utilità ulteriore rispetto a quella già conseguita in esito alle considerazioni sopra svolte.

2.Il Collegio deve, a questo punto, procedere all’esame delle censure dedotte con il ricorso per motivi aggiunti, depositato in data depositato in data 9 giugno 2009, avverso il provvedimento, prot. n. 8110/2009, con il quale il responsabile del servizio edilizia privata ed urbanistica ha comunicato l’impossibilità di “procedere alla sanatoria richiesta in data 28 novembre 2008 (rectius 2002) prot.n. 24140 in quanto l’autorizzazione ambientale del 6 giugno 2003 (valida 5 anni) risulta scaduta”.

Con unico ed articolato motivo di ricorso la difesa del ricorrente ha fatto valere la violazione dell’art. 16 r.d. 3 giugno 1940, n.1357 nonché l’eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e mancanza dei presupposti di fatto e diritto.

Nello specifico, la difesa del ricorrente lamenta che erroneamente l’Amministrazione comunale ha proceduto all’adozione del suddetto provvedimento in quanto l’autorizzazione ambientale del 6 giugno 2003 non è mai scaduta, non essendo configurabile nella fattispecie in esame alcun termine di efficacia. L’istanza di concessione in sanatoria in deroga presentata ai sensi dell’art. 80 della l.r. n.61 del 1985 dal C.A.I. in data 28 novembre 2002 ha, infatti, ottenuto il parere favorevole della commissione edilizia integrata e quello del Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo. La determinazione dell’Amministrazione si palesa, ad avviso del ricorrente, viepiù illegittima in considerazione della sussistenza – rilevata dal C.A.I. in sede di accesso agli atti del procedimento nel febbraio 2009 – della deliberazione n.40 del 6 giugno 2003 con la quale il Consiglio Comunale ha autorizzato il rilascio della concessione in deroga per interesse pubblico, deliberazione alla quale, tuttavia, non ha fatto seguito il rilascio della concessione edilizia in sanatoria in deroga.

La censura è fondata.

Meritano di essere condivise, infatti, le argomentazioni sviluppate dalla difesa del ricorrente tese a sostenere la non applicabilità, nella fattispecie in esame, del termine quinquennale di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica.

Come noto e come in più occasioni ribadito dai consolidati orientamenti giurisprudenziali, ai sensi dell’art. 16 del r.d. 3 giugno 1940, n. 1357, la durata del nulla osta paesaggistico è quinquennale e tale nulla osta condiziona l’effettiva possibilità edificazione (Cons. St., sez. VI, 31 gennaio 2007, n.371). La giurisprudenza ha anche chiarito che, sebbene l’art.166 del T.U. approvato con d.lgs. n.490 del 1999 abbia abrogato la legge n.1497 del 1939, l’art. 161 del medesimo decreto legislativo ha sancito la perdurante vigenza delle disposizioni del regolamento “in quanto applicabili” e che non può essere revocato in dubbio che il sopra richiamato art. 16 del regolamento approvato con il regio decreto del 1940 rientri tra le disposizioni compatibili (Cass. Sez. III, 4 agosto 2005, n.29495). Lo stesso art. 158 del d.lgs. n.42 del 2004 prevede che restano in vigore, in quanto applicabili, sino all’emanazione di apposita disposizioni regionali di attuazione del codice dei beni culturali e del paesaggio, le disposizioni del regolamento approvato con regio decreto n.1357 del 1940 mentre nell’art. 146 del medesimo decreto legislativo, comma 4, nella versione risultante dalla modifiche apportate dal legislatore nel 2008, ha espressamente e direttamente previsto il termine quinquennale di efficacia dell’autorizzazione.

Ciò non di meno il Collegio non può non rilevare che la previsione di quel termine di efficacia ha la sua ratio nella necessità di consentire all’amministrazione di compiere, alla scadenza dei cinque anni, nuovi accertamenti e valutazioni al fine di stabilire se l’opera risulti incompatibile con gli interessi pubblici in tema di bellezze naturali che si intendono salvaguardare. La funzione della disposizione è, dunque, quella di precludere l’esecuzione dei progettati lavori ove sia ormai decorso il suddetto periodo di tempo.

La previsione è destinata ad operare, quindi, in relazione alla generalità delle ipotesi nelle quali l’autorizzazione precede l’esecuzione dei lavori.

Nei casi in cui, invece, come nella fattispecie in esame, l’autorizzazione paesaggistica è stata rilasciata in sanatoria e, dunque, in relazione ad opere già eseguite è di evidenza immediata la inapplicabilità del termine quinquennale di efficacia, posto che la valutazione di compatibilità concerne opere ormai ultimate (opere che, è opportuno ribadire, sono esattamente quelle realizzate in difformità dalla concessione ed in relazione alle quali l’Amministrazione comunale ha illegittimamente adottato il provvedimento ripristinatorio ), sicché la rilevanza delle stesse, sotto il profilo paesaggistico, può ritenersi senz’altro superata con la valutazione positiva dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

L’efficacia dell’autorizzazione rilasciata in data 6 giugno 2003 (all. 12 delle produzioni documentali di parte ricorrente), in mancanza di un provvedimento di annullamento della competente Soprintendenza alla quale il nulla osta è stato regolarmente trasmesso nella stessa data della sua adozione (allegato 13 delle produzioni documentali di parte ricorrente), non può essere messa in discussione.

L’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione risulta altresì evidente dall’esame della deliberazione del Consiglio Comunale n. 40 del 6 giugno 2003 (adottata all’unanimità dai consiglieri presenti) con la quale si riconosce l’interesse pubblico che l’immobile riveste in quanto situato in una delle zone maggiormente frequentate dagli escursionisti in ogni stagione dell’anno e – preso atto, tra l’altro, del parere della commissione edilizia integrata – si autorizza il rilascio della concessione in deroga.

Alla luce di tale deliberazione, che non risulta, peraltro, essere mai stata revocata, non condivisibili né comprensibili appaiono le difese del Comune resistente con specifico riferimento al tentativo di dimostrare la persistenza di un ambito di discrezionalità in capo all’Amministrazione in ordine alla valutazione circa la sussistenza dell’interesse pubblico ex art. 80 della l.r. n.61 del 1985; la pretesa discrezionalità risulta, infatti, insussistente per effetto proprio della sopra richiamata deliberazione, vincolante per la stessa Amministrazione.

In considerazione delle argomentazioni sopra sviluppate, prive di pregio risultano le difese di parte resistente con le quali, a sostegno della legittimità dell’operato dell’Amministrazione, viene addotto il divieto di autorizzazione postuma, di cui all’art. 146, comma 4 del d. lgs. n.42 del 2004. Come, peraltro, sottolineato anche di recente dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, la modifica all'art. 159, d.lg. n. 42 del 2004, introdotta dal d.lg. n. 157 del 2006, ancorando la durata del regime transitorio ad una data certa (art. 156 comma 1) e disponendo espressamente che anche nel periodo transitorio si applica l'art. 146 comma 12, recante il divieto di autorizzazione postuma, deve essere ritenuta di natura innovativa e non di interpretazione autentica con effetti retroattivi (Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3140). Alla luce di ciò ma, soprattutto, in considerazione della circostanza che l’autorizzazione paesaggistica è stata rilasciata nel giugno del 2003, nella vigenza, dunque, di un quadro normativo che consentiva la sanatoria degli interventi eseguiti senza la prescritta autorizzazione (ovvero in sua difformità) in esito ad una valutazione di compatibilità paesaggistica, la previsione normativa richiamata dalla difesa dell’amministrazione resistente non può trovare applicazione nel caso di specie.

3.Le spese – tenuto anche conto del contegno dell’Amministrazione che, peraltro, non ha dato esecuzione all’ordinanza con la quale questa Sezione ha accolto la domanda cautelare del ricorrente, ordinando il riesame della questione – seguono la soccombenza è vengono determinate nella misura di cui al dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune di Cortina d’Ampezzo alla rifusione delle spese di giudizio a favore del ricorrente, liquidandole in € 7.000,00 (settemila) di cui € 400,00 per spese anticipate ed il residuo per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Italo Franco, Consigliere

Brunella Bruno, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/02/2010