Allevamento amatoriale di cavalli. Una conduzione in contrasto con norme in materia igienico sanitaria e ambientale.

a cura di Arnaldo PIERANTONI

 

ALLEVAMENTO DI CAVALLI

Allevamento amatoriale di cavalli. Una conduzione in contrasto con norme in materia igienico sanitaria e ambientale. A cura di Arnaldo Pierantoni - Tecnico ambientale.

"Il cavallo da oltre 6000 anni ha accompagnato l’evoluzione dell’uomo. E’ stato utilizzato come alimento; ha servito l'uomo per il lavoro nei campi, per il trasporto di persone e cose, per la guerra e la conquista; oggi è utilizzato per uso sportivo come animale da competizione, o come animale da compagnia ed ancora come da animale da carne".

Il presente articolo riguarda allevamenti di cavalli da affezione e compagnia per i quali spesso la passione, l’amore per gli stessi, la brama di possederne uno o più, porta ad ignorare i problemi connessi e a sottovalutare la necessità di osservare la normativa vigente in materia igienico sanitaria e ambientale. Il problema è complesso e riguarda norme e regolamenti che devono comunque essere osservati.

Per una più agevole esposizione riguardante l'argomento, di seguito, a titolo esemplificativo, si riporta il caso di un allevamento amatoriale di equini, con due stalloni. Trattasi di un allevamento all'aperto, realizzato su una limitata superficie di terreno, recintata con steccato in legno, priva di stalla. L’abbeveraggio ed il foraggiamento giornaliero per gli animali è assicurato in prossimità di una tenda in teli di plastica che funge da riparo per gli stessi.

L’area dell'allevamento trovasi al di fuori del centro abitato, ma a distanza inferiore a 20-25 metri da abitazioni sparse; quivi gli animali stazionano in continuazione per 365 giorni l’anno e, ovviamente, su tale appezzamento riversano le loro feci e urine. Il terreno di detta area non è impermeabilizzato ed è privo di sistemi per la captazione ed il convogliamento delle deiezioni e delle acque meteoriche ricadenti sull’area medesima.

Ne derivano principalmente problematiche che riguardano:

- la gestione degli effluenti degli animali e la salvaguardia ambientale;

- gli effetti derivanti dal riversamento delle deiezioni sul terreno nell’area dell’allevamento di cavalli;

A) La gestione degli effluenti di allevamento e la salvaguardia ambientale

Nel caso in esame:

- il letame viene asportato saltuariamente, sul posto permane a cielo aperto per molti giorni; è accumulato in altro sito al di fuori di ogni precauzione (assenza di platea impermeabilizzata per lo stoccaggio) in prossimità di un piccolo corso d’acqua superficiale e di un pozzo artesiano;
- le urine sono naturalmente riversate sul terreno dagli animali. Queste, a seconda delle condizioni meteorologiche, vengono assorbite dal terreno medesimo o si miscelano sulla sua superficie con le acque meteoriche, mancando sistemi di drenaggio e/o canalizzazioni.

Ciò posto si fa rilevare che:
1) l'allegato D alla Parte Quarta del D.Lv. 152/06, Norme in materia ambientale, indica tra i rifiuti, con il codice CER 02 01 06, le "feci animali, urine e letame, effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito". In via generale ed in presenza delle condizioni richieste dalla vigente disciplina, dette sostanze sono pertanto rifiuti;
2) il letame è esonerato dalla qualifica di “rifiuto” e dalla relativa disciplina soltanto:
- se viene realmente riutilizzato per la normale produzione agricola; laddove tale reimpiego sia solo fittizio o non esistente tale letame resta perfettamente un rifiuto a tutti i effetti;
- se il suo utilizzo avviene nel rispetto delle prescrizioni regionali adottate a norma dell’art. 112, c. 2 del D.Lgs. n. 152/06 già menzionato.
Allorquando viene a mancare il presupposto per l’applicazione della disciplina in tema di utilizzazione agronomica, si configura lo “smaltimento illecito di rifiuti”.
La Corte di Cassazione Penale, Sez. III, con sentenza del 3 ottobre 2008, n. 37560), tra le altre, afferma: «Va anzitutto chiarito che, a norma dell’art. 185, comma 1 lett. c) del D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, la esclusione delle materie fecali dalla disciplina sui rifiuti, contenuta nella parte quarta dello stesso decreto legislativo, opera a condizione che dette materie provengano da attività agricola e che siano riutilizzate nella stessa attività agricola».
3) le urine, effluenti di allevamento non palabili sono materia liquida non derogata dalla disciplina sui rifiuti (articolo 185, comma 1, lett. f, D.Lvo 152/2006). Gli “effluenti” rimangono vincolati alla definizione giuridica di rifiuto liquido costituito da acque reflue.
Così come stabilito all’art. 74 del D.Lgs 152/06 e come esplicitato dalla Cassazione Penale con sentenza n° 5039 del 20/02/2012 "...la deroga all'ordinaria disciplina dei rifiuti è condizionata alla sola effettiva utilizzazione agronomica degli effluenti, in qualunque modo questa avvenga come si ricava dalla nozione stessa di utilizzazione agronomica, definita dalla lett. p) del menzionato D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 74, come "la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute" (la precedente lettera o) definisce l'applicazione al terreno come "l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento".
Allorquando sia da escludere che l’attività svolta possa essere qualificabile come utilizzazione agronomica, in quanto manca una reale finalità di utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli effluenti, ma si tratta di una pratica di smaltimento degli effluenti stessi viene a decadere il presupposto per l’applicazione della disciplina in tema di utilizzazione agronomica e si verte conseguentemente in tema di smaltimento illecito di rifiuti.
Sanzioni previste:
- per la inosservanza della norma comporta le sanzioni di cui agli artt. 192, comma 1, e 256, comma 2, D.Lgs. 152/2006 - abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo
- arresto da 3 mesi a 1 anno con ammenda da 2600 a 26.000 Euro;
- per l’inosservanza delle disposizioni regionali vigenti di cui al comma 7 dell'art. 170 che non consistano nell’esercizio della utilizzazione agronomica fuori dei casi e delle procedure previste, o nell’inizio della attività senza previa comunicazione all’autorità competente. - sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro, salvo che il fatto non costituisca reato (Rif.to Sentenza Cassazione Sez. 3^ n.38411, 9/10/2008)

Nel caso dell'allevamento di cavalli in esame occorre inoltre aggiungere quanto segue in merito alla mancata osservanza delle disposizioni regionali in tema di utilizzazione agronomica:
- mancanza di contenitori (concimaia) per lo stoccaggio aventi platea impermeabilizzata, dimensionati secondo le esigenze colturali e di capacità sufficiente a contenere gli effluenti prodotti nei periodi in cui l’impiego agricolo è limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative, ecc.; - mancata corretta applicazione al suolo dei letami osservando le indicazioni di cui al CBPA (Codice Buona Pratica Agricola). In particolare il reinterro del letame allorquando non maturato opportunamente;
- riversamento continuato delle urine sulla medesima porzione di terreno destinato all'allevamento di cavalli, per 365 giorni l'anno, senza che venga effettuata alcuna pratica agricola;
- formazione e diffusione, per deriva, di aerosol verso aree non interessate da attività agricola, comprese le abitazioni isolate e le vie pubbliche di traffico veicolare;
- abbandono di letame a distanza inferiore: a 50 m. dalle abitazioni di terzi (case sparse); a 50 m da pozzi (punti di attingimento di acqua ad uso potabile); a 5 m da strade pubbliche; a 10 m dai confini di altre proprietà.
(In numerosi comuni d'Italia sono stabilite distanze diverse, in genere: da m 50 a m 300 da attingimenti privati ad uso potabile, da m 50 a m 150 da abitazioni isolate se non di proprietà dell'Azienda; da m 10 a m 30 da confini di proprietà; ecc.).
E da rilevare che nei casi in cui i regolamenti comunali non prevedano valori specifici per le distanze di cui sopra da osservare, occorre comunque fare riferimento alle Norme Regionali in materia di Utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, laddove sono stabilite in modo specifico distanze da rispettare per la effettuazione della fertirrigazione.
- proliferazione di insetti quali mosche, zanzare, ecc., in violazione delle più elementari norme di igiene pubblica (tra queste quanto all’art 217 del T.U.L.S), nonché della potenziale proliferazione di roditori nocivi quali topi, ratti, ecc;

B) Gli effetti derivanti dal riversamento delle deiezioni sul terreno nell’area dell’allevamento La corretta gestione dei reflui rappresenta un problema molto importante sotto l’aspetto igienico sanitario, problema che è strettamente connesso con quello dell’inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua. Il riversamento delle deiezioni sul terreno nell’area dell’allevamento di cavalli richiederebbe una trattazione più approfondita per chiarire in modo completo soprattutto gli aspetti igienico-sanitari che la presenza dell’allevamento determina.
Per quantificare il problema, riferendoci all’allevamento di cavalli preso in esame, si può affermare che i 2 stalloni presenti riversano sul terreno mediamente, ogni giorno, circa 55 litri di urina e 45 Kg di sterco. Detti reflui, in un anno, sono circa 20075 litri di urina (cioè 20 m3) e circa 16425 Kg di letame (circa 20,25 m3). Di seguito si evidenziano alcuni degli argomenti più significavi.
- quantità di azoto applicata al suolo nelle zone vulnerabili a seguito dell’utilizzo degli effluenti da allevamento.
- le emissioni in atmosfera;
- la contaminazione di suolo, acque di falda e superficie;
- la diffusione di infestanti;

B/1) La quantità di azoto applicata al suolo nelle zone vulnerabili a seguito dell’utilizzo degli effluenti da allevamento - Direttiva comunitaria 91/676/CEE L'attuazione della direttiva nitrati stabilisce precise limitazioni all'utilizzo degli effluenti di allevamento.
La pratica della fertilizzazione azotata dei terreni agricoli, in particolare quella organica effettuata attraverso l'utilizzo agronomico degli effluenti di allevamento, è oggetto di una specifica regolamentazione volta a salvaguardare le acque sotterranee e superficiali dall’inquinamento causato, in primo luogo, dai nitrati di origine agricola e dagli allevamenti di animali.
La direttiva Nitrati (91/676/CEE) ha stabilito i principi fondamentali a cui si è uniformata la successiva normativa nazionale, in particolare il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e il Decreto Ministeriale 7 aprile 2006.
La direttiva comunitaria ha previsto:
- la designazione di “Zone Vulnerabili da Nitrati di origine agricola (ZVN)”, nelle quali vi è il divieto di spargimento degli effluenti di allevamento e di quelli provenienti dalle piccole aziende agroalimentari, fino ad un limite massimo annuo di 170 kg di azoto per ettaro;
- la regolamentazione dell’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, con definizione dei “Programmi d’Azione”, che stabiliscono le modalità con cui può essere effettuata tale utilizzazione nelle ZVN.

Ogni regione ha deliberato in proposito attenendosi ai criteri generali e alle norme tecniche di cui al DM 7.4.2006 definendo i “Programmi d’Azione” per le Zone Vulnerabili ai Nitrati.
Nel caso in esame la quantità di azoto riversata sulla superficie del terreno dell'allevamento di cavalli è di 75,9 Kg.
Essa è determinata considerando:
- peso vivo/capo della categoria allevata: categoria equini (stalloni): di 550 Kg;
- numero dei capi allevati: n° 2;
- quantità di azoto prodotto per ogni singolo capo allevato, per anno: 69 Kg/t p.v./anno (v. tabella 2 di cui al D.M.7/4/2006- categoria equini).
- quantità di letame prodotto per ogni ton di p.v.: 24,4 m3;
La produzione totale di letame è: 1,1 t * 24,4 m3 = 27 m3;
L’Azoto prodotto al campo è: 69 kg * 1,1 Kg p.v. = 75,9 Kg.
Il valore calcolato deve essere rapportato alla superficie di 1 ettaro (10.000 m2) per verificare l’osservanza del limite di 170 Kg di azoto per ettaro e per anno stabilità dalla normativa vigente (D.Lgs. 3/04/2006, D.M. 7/04/2006, Delibere Regionali) per i terreni ubicati in zona vulnerabile ai nitrati.

Considerando, a titolo di esempio, superfici di diversa entità per l'allevamento di cavalli in esame, da 2000 a 4500 m2, risulta che:

per superfici in m2 di:

la quantità di azoto al campo è di:

Kg/ettaro/anno

2.000

380

superiore a 170 Kg/ettaro/anno

2.500

304

superiore a 170 Kg/ettaro/anno

3.000

253

superiore a 170 Kg/ettaro/anno

3.500

217

superiore a 170 Kg/ettaro/anno

4.000

190

superiore a 170 Kg/ettaro/anno

4.500

168

inferiore a 170 Kg/ettaro/anno

per superfici di allevamento inferiori a 4500 m2, con un numero di capi pari a 2 equini, la quantità di azoto è superiore al limite ammesso di 170 Kg per ettaro e per anno stabilito dalla normativa vigente per le zone vulnerabili da nitrati. Nel merito si rimanda a quanto riportato al punto C seguente.
Sanzioni previste:
- per l'inosservanza delle disposizioni regionali vigenti di cui al comma 7 dell'art. 170 che non consistano nell'esercizio della utilizzazione agronomica fuori dei casi e delle procedure previste, o nell'inizio della attività senza previa comunicazione all'autorità competente. - sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro, salvo che il fatto non costituisca reato (Rif.to Sentenza Cassazione Sez. 3^ n.38411, 9/10/2008).

B/2) Le emissioni in atmosfera

La presenza e la permanenza per giorni, a cielo aperto, dei letami nell’area dell’allevamento ed il riversamento continuato per tutti i giorni dell’anno delle urine nella stessa area, comportano la formazione e la diffusione, per deriva, di aerosol verso aree viciniore, comprendenti abitazioni isolate e vie pubbliche di traffico veicolare. Le emissioni in atmosfera prodotte dagli animali sono costituite principalmente da gas semplici, Composti Organici Volatili, odori, bioaerosol (batteri, virus, endotossine, allergeni, ecc.).
Tali sostanze derivano dal metabolismo animale, dai processi di degradazione biologica delle sostanze organiche contenute nelle deiezioni.
Le sostanze odorigene associate alla zootecnia appartengono a diverse classi di composti chimici, in particolare: acidi grassi volatili, composti dell’azoto, composti dello zolfo, composti aromatici, aldeidi. La concentrazione rilevata nell’aria di tali sostanze molto bassa, con l’esclusione dell’ammoniaca per la quale le concentrazioni risultano nell’ordine delle unità o decine di mg/m3.
In base alla letteratura specializzata risulta che con l’esposizione ad odori provenienti da insediamenti zootecnici si registra un aumento di sintomatologie ed una diminuzione nella qualità della vita nelle popolazioni residenti nelle aree limitrofe; secondo alcuni autori la componente psicologica è una delle principali cause di tale occorrenza. In merito alle emissioni in atmosfera di odori sgradevoli a seguito dello smaltimento di deiezioni di animali, la Cassazione Penale con sentenza n° 6097 del 19/12/2007 afferma: "...Nella fattispecie non è stata seguita una corretta tecnica per la fertilizzazione del terreno dal momento che i liquami non venivano interrati come una comune regola agricola impone, giustificando la conclusione che le emissioni esorbitassero dal limite della stretta tollerabilità configurando così l’ipotesi di reato prevista all’art 674 c.p.".
Sanzioni previste:
- arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a 206 Euro.

Nel complesso l’allontanamento e lo smaltimento dei liquami rappresenta quindi un problema molto importante per l’igiene di tutto l’abitato interessato. Esso costituisce una condizione di disagio per chi vive e lavora in prossimità dell’allevamento di cavalli descritto (a non più di 20 -25 m. si trovano abitazioni di altri proprietari) e si ricollega in modo evidente a quello dell’inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua, ma anche a quello della proliferazione di insetti quali mosche, zanzare, ecc., nonché della potenziale proliferazione di roditori nocivi quali topi, ratti, ecc.

B/3) La contaminazione di suolo, acque di falda e superficie In linea generale, la contaminazione di acqua e suolo può essere causata dai reflui zootecnici, se non correttamente gestiti.
I contaminanti che si possono trovare nei reflui zootecnici sono sostanzialmente: nitrati e fosfati, agenti patogeni.
Questi possono determinare una contaminazione di acqua e suolo attraverso l’applicazione agronomica non corretta (eccesso della quantità di reflui, fenomeni di ruscellamento, percolazione, ecc.) con interessamento delle falde acquifere ed conseguente inquinamento dei pozzi di attingimento delle acque per uso domestico.
Il contatto con tali contaminanti principalmente può avvenire a seguito di ingestione accidentale o contatto dermico durante l’utilizzo ricreativo delle acque, ingestione di acque sotterranee provenienti da pozzi artesiani, ecc.
Particolare attenzione è attualmente rivolta al problema della contaminazione delle acque da nitrati. I Regolamenti Regionali sulla base delle Disposizioni Legislative definiscono le aree vulnerabili da nitrati di origine agricola presenti nei territori regionali.
Dal punto di vista sanitario, la tossicità del nitrato è legata alla sua riduzione in nitrito che si verifica all’interno dell’organismo. Il consumo di acqua contenente elevate quantità di nitrati può provocare, per reazione dei nitriti a livello dello stomaco con ammine secondarie ed ammidi provenienti dalla dieta, possono formarsi le nitrosammine, sostanze cancerogene che hanno come bersaglio il sistema gastrointestinale.
Tuttavia, studi epidemiologici non hanno dimostrato una relazione inequivocabile tra assunzione di nitrati attraverso l'acqua e rischio di cancro.

B/4) La diffusione di infestanti

Le attività zootecniche, per la loro natura, rappresentano situazioni altamente adatte alla proliferazione di insetti. Fra gli insetti più importanti in ambito zootecnico è necessario ricordare i ditteri afferenti alla famiglia dei muscidi, tra cui Musca domestica che è la specie più prolifera e le blatte (Blatta orientalis).
Le deiezioni prodotte dagli animali fungono da substrato di sviluppo, crea in genere condizioni favorevoli alla moltiplicazione delle mosche. La presenza di questi insetti è una fonte continua di disturbo sia per gli animali, sia per la popolazione che risiede nelle vicinanze delle aziende.
- Le mosche sono importanti vettori meccanici in grado di diffondere microrganismi patogeni attraverso l’adesione alla superficie del corpo, in particolare alle zampe, o attraverso l’ingestione.
Le strategie di lotta contro le mosche negli allevamenti devono basarsi principalmente sul corretto stoccaggio dei reflui e su specifiche tecniche di prevenzione. - Le blatte sono insetti che sono attivi unicamente di notte. Dal punto di vista igienico-sanitario le blatte rappresentano dei vettori meccanici di agenti patogeni. Le infestazioni degli allevamenti possono con discreta frequenza estendersi anche alle abitazioni residenziali vicine ai siti di allevamento, in particolare nei casi in cui non siano state mantenute adeguate distanze di rispetto fra attività zootecniche e aree residenziali.
In ambito zootecnico non va poi sottovalutata l’importanza delle zanzare che all’interno dell’azienda possono trovare una grande quantità di siti di sviluppo (microfocolai) rappresentati da piccole raccolte d’acqua.

C) Considerazioni in merito alla "effettiva utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento" e "utilizzo nel rispetto delle prescrizioni regionali riguardanti la disciplina della utilizzazione agronomica emanate a norma dell’art. 112, comma 2 del D.Lgs. n. 152/06":

Posto che "l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento è finalizzata al recupero delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli stessi effluenti", nel caso dell’allevamento di cui sopra, è evidente che se gli animali in allevamento permangono sempre sulla stessa porzione di terreno, di modesta estensione, per 365 giorni l’anno con il conseguente riversamento sullo stesso delle urine e di ogni altra materia fecale, è praticamente impossibile poter destinare il terreno medesimo anche per una qualsivoglia produzione agricola (in genere colture da rinnovo quali granoturco, sorgo, girasole, etc., ed a colture arboree specializzate).
Per l’osservanza delle normative sopra richiamate e per fare in modo che il terreno non sia il mezzo tramite il quale eliminare il rifiuto liquido occorre adottare soluzioni alternative. Tra queste:
a) predisposizione di almeno due aree di pari superficie la cui estensione sia compatibile con la “direttiva nitrati”, da destinarsi alternativamente a pratica agricola e ad allevamento.
Nel caso in esame, ogni singola area deve avere una superficie che risulti compatibile con la “direttiva nitrati” ed è pari ad almeno 4500 m2, calcolata con i dati precedentemente esposti. Complessivamente quindi l’allevamento deve avere a disposizione almeno 9000 m2
b) impermeabilizzazione del terreno destinato all’allevamento ed adozione di idonei sistemi per la captazione ed il convogliamento delle deiezioni e delle acque meteoriche ricadenti sull’area.
In tale modo oltre alla rimozione del materiale palabile, da stoccarsi in apposita concimaia, verrebbero raccolti in appositi contenitori i “reflui” e le acque meteoriche. Vedasi per esempio la L.R. 40/98 della Regione Piemonte per le “Aree scoperte destinate alla stabulazione”.
"Le aree di esercizio scoperte destinate alla stabulazione degli animali dovranno essere opportunamente impermeabilizzate e dotate di idonei sistemi per la captazione ed il convogliamento delle deiezioni e delle acque meteoriche ricadenti su di esse. ... (omissis)". "Si deroga dall’impermeabilizzazione quando venga garantito sull’area in questione un carico di bestiame, calcolato in funzione dei tempi di permanenza, corrispondente ad una produzione di azoto inferiore o uguale ai limiti stabiliti dalle carte delle classi tessiturali del suolo e dalla normativa in materia di zone vulnerabili".

D) NOTE RIGUARDANTI L’ATTIVAZIONE DI ALLEVAMENTI ZOOTECNICI

D/1) Definizione dell’azienda zootecnica; attribuzione del numero identificativo aziendale e registrazione degli equidi

In base all'art. 1 del D.P.R. 317/1996 - Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 92/102/CEE relativa all'identificazione e alla registrazione degli animali è definita ”azienda zootecnica” qualsiasi stabilimento agricolo, costruzione o allevamento all_aria aperta o altro luogo in cui gli animali sono tenuti, allevati o commercializzati, ivi comprese le stalle di sosta e mercati.
Più propriamente, per gli equidi, il Decreto Interministeriale 5 maggio 2006, determina le modalità e le procedure operative per la gestione dell_anagrafe degli equidi e, tenuto conto di quanto al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996 n. 317, sopra richiamato, ed in particolare di quanto all'art. 1, comma 2, lettera a) che dispone la possibilita' di procedere all'identificazione e registrazione di specie animali diverse dai suini, ovini e caprini, stabilendo tra l’altro: all’art 7 - “Registrazione aziende e allevamenti equidi”:
Ciascuna azienda in cui è presente anche un solo equide deve essere registrata presso il Servizio Veterinario competente; per azienda si intende qualsiasi stabilimento, costruzione e, nel caso di fattorie all'aperto, qualsiasi luogo in cui sono tenuti, allevati o governati equidi.
L’assegnazione del codice aziendale rappresenta l’attività propedeutica ad ogni comunicazione di eventi legati all’anagrafe degli equidi.
Il titolare dell’azienda è tenuto a richiedere al Servizio Veterinario competente per territorio, entro venti giorni dall’inizio dell’attività, l’assegnazione di un codice aziendale univoco su tutto il territorio nazionale. Ciascuna azienda viene univocamente identificata dal prefisso IT, seguito da un codice di 8 caratteri composto da: " codice ISTAT del Comune in cui è ubicata (tre caratteri);
" sigla automobilistica della Provincia (due caratteri);
" numero progressivo dell’azienda all’interno del comune di ubicazione della stessa (tre caratteri).
Il codice aziendale individua il luogo geografico dove vengono detenuti gli animali e qualifica la struttura come unità epidemiologica.
Qualora l_azienda richiedente sia già stata codificata nell’ambito di altre anagrafi zootecniche, essa viene identificata in BDE con lo stesso codice già assegnato, integrato con la codifica degli equidi.
Il titolare dell’azienda è tenuto a comunicare, entro sette giorni, al Servizio Veterinario competente, ogni variazione relativa ai propri dati anagrafici.
Ogni azienda è tenuta a conservare un autonomo registro di carico e scarico (v. all. 1 al Decreto) degli equidi detenuti nell’azienda medesima, sul quale vengono riportati, separatamente per ogni proprietario, tutti gli avvenimenti che si verificano (nascite, acquisti, vendite, morti, ecc.). Tale registro può essere tenuto sia su supporto cartaceo, che in formato elettronico.
Vanno iscritti all’Anagrafe degli equidi tutti i cavalli, asini, muli e bardotti presenti sul territorio nazionale nati dopo l’01/01/2007 o comunque sprovvisti di qualsiasi documento di identificazione (passaporto o Libretto Sanitario) conforme alle decisioni 93/623/CEE e 2000/68/CE.
Non vanno registrati tutti gli equidi iscritti o iscrivibili ai Libri Genealogici ed ai Registri Anagrafici ufficialmente riconosciuti (es. Murgese, Cavallo da sella Italiano Unire, Maremmano, Lipizzano, Arabo, ecc..), in quanto l’identificazione e il rilascio del passaporto è svolto dai rispettivi Libri Genealogici o Registri Anagrafici tenuti dall’UNIRE o dalle ANA competenti.
I cavalli già dotati di passaporto (ASL, FISE, ANTE) emesso prima del 1 giugno 2007, nel caso di passaggio di proprietà dovranno essere nuovamente identificati con l’impianto del microchip, registrati nella banca dati ed il loro passaporto integrato con pagine aggiuntive.
Il proprietario dell’equide da iscrivere deve verificare che l’equide sia scuderizzato o detenuto in un’azienda identificata da un codice aziendale ASL rilasciato dal Servizio Veterinario di competenza e richiedere la iscrizione dell’Equide all’APA territorialmente competente, previo versamento dell’importo relativo al rilascio del passaporto e inoculo del microchip.
L’APA dopo l’identificazione del cavallo ed inoculazione di un apposito microchip effettuata da un veterinario incaricato, provvederà a rilasciare il passaporto. All’atto del rilascio del passaporto il proprietario dell’equide deve dichiarare e sottoscrivere la destinazione finale del cavallo, cioè se l’equide è “destinato alla produzione di alimenti” o “non destinato alla produzione di alimenti”;
Inizialmente sul passaporto saranno riportati il numero di microchip impiantato sull’animale, il segnalamento (sesso, razza, mantello, segni caratteristici), la data di nascita, la scelta della destinazione finale dell’equide e i dati del proprietario.
Successivamente dovranno essere riportate le notizie riguardanti le vaccinazioni, i trattamenti sanitari, i passaggi di proprietà, la morte, il furto, lo smarrimento e la macellazione.
Il proprietario dell'equide, per mantenere aggiornato il passaporto del proprio animale, deve tempestivamente comunicare ogni evento all_Associazione o Ente che tiene il Libro genealogico.
Sanzioni previste:
In base al Decreto Legislativo 16 febbraio 2011, n. 29 - Disposizioni sanzionatorie per le violazioni del Regolamento (CE) n. 504/2008 recante attuazione della direttiva 90/426/CEE e 90/427/CEE sui metodi di identificazione degli equidi, nonché gestione dell'anagrafe da parte dell'UNIRE, sono previste sanzioni amministrative, salvo che il fatto non costituisca reato, in materia di mancate comunicazioni, che vanno da 150 a 1800 Euro. Inoltre, sono previste sanzioni amministrative, salvo che il fatto non costituisca reato, per chiunque detenga equidi non in regola con gli obblighi di identificazione, modifichi o contraffaccia il passaporto di un equide; impianti su un equide un transponder, in assenza di preventiva autorizzazione da parte dell'Unione nazionale razze equine UNIRE, dell'AIA, dell'ANA o dell'APA, a seconda delle rispettive competenze, per il titolare di una azienda, il proprietario di un equide o il detentore delegato, che sposti dall'azienda o introduca in essa un animale di cui al comma 1 - art 3 Dlgs 20/2011, senza che lo stesso sia accompagnato dal passaporto e dal documento di provenienza, per il veterinario o altra persona in possesso di equivalente qualifica, incaricato di applicare un transponder ad un equide che ometta l'impianto o impianti il dispositivo senza essersi accertato dell'assenza di altro dispositivo in precedenza impiantato e ancora funzionante o della presenza di segni clinici indicanti che un transponder precedentemente impiantato e' stato rimosso per via chirurgica o lo applichi in maniera non conforme.

D/2) Insediamento dell’allevamento

Note importanti:
a) Allevamento di animali: Industria insalubre Il D.M. 5 settembre 1994 “Elenco delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie (T.U.LL.SS.) del 1934”, ha approvato l'elenco delle industrie insalubri che sostituisce il precedente di cui al decreto ministeriale 12 luglio 1912, e successive modifiche.
In tale elenco gli allevamenti di animali rientrano nelle “Industrie insalubri di prima classe”.
Dal Capo III delle “lavorazioni insalubri” del “Regio decreto 27/06/1934, n. 1265 - Testo unico delle leggi sanitarie”, si riportano le disposizioni di cui agli art. 216 e 217: Art. 216 Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi. La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato. ........... Chiunque intende attivare una fabbrica o manifattura compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al [podestà], il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla a determinate cautele.
Art. 217 Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il [podestà] prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficenza. Nel caso di inadempimento il [podestà] può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.
Ai fini della applicazione dell’art. 216 del T.U. sopra richiamato, sulle attività insalubri, il Consiglio di Stato, con propria Sentenza n. 778 del 8/06/1998 (*1), nel caso di un allevamento di animali, ha stabilito che non ha rilevanza la circostanza che l’attività sia industriale, commerciale o agricola, ma che lo scopo perseguito dalla norma consiste nell’impedire che dallo svolgimento di determinate lavorazioni possano derivare pericoli e danni per la salute pubblica.
In merito ai termini di “industria” e “manifatture o fabbriche” contenuti nel D.M. sopra richiamato, in numerose sentenze dei TAR il legislatore non ha fatto riferimento al “termine” in senso stretto e letterale della parola, ma ha esplicitamente fatto riferimento a tutte quelle attività che, intervenendo sulla situazione ambientale del territorio possono dar luogo ad occasioni di pericolo per l’igiene e la salute pubblica. In particolare il TAR Veneto (Sentenza n. 325 - 8/05/1980) (*), tra l’altro, riporta che l'art. 216 del T.U.LL.SS. non si riferisce a “industria” come all’attività umana diretta alla sola produzione di beni mediante procedimenti di carattere artificiale, ma ad ogni attività industriale in senso stretto ed anche agricola, precisando altresì che con i termini “lavorazioni”, “manifatture o fabbriche” ed “industria o manifattura” di cui all’art. 216 si indicano attività lavorative di qualsiasi genere. Tali lavorazioni sono elencate al Capo III de T.U in quanto producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri che possono costituire pericolo alla salute degli abitanti, indipendentemente dalla loro natura: industriale in senso stretto, agricola o di altro genere. Inoltre, nella fattispecie relativa a “allevamento di animali”, definita industria insalubre, devono considerarsi ricompresi tutti i tipi di allevamento, non solo “bovini, ovini, caprini, equini e suini”, ma anche gli “allevamenti degli animali da cortile e le altre attività di allevamento, quali la coniglicoltura, la bachicoltura, la pollicoltura, l’apicoltura, ecc.”.
(*) Vds: “Industrie insalubri, ma non solo industrie: corretta interpretazione di un termine”.
del Dr. SILVANO DI ROSA - Dottore in giurisprudenza. Consulente Legale Ambientale, esperto A.N.E.A.
Pubblicato in “L’Amministrazione Italiana”, 1999, fasc. 5, pag. 750 - 760

b) Domanda al Sindaco e Autorizzazione sanitaria

Per ogni insediamento, ai sensi dell’articolo 216 del Testo unico leggi sanitarie (T.U.LL.SS., approvato con Regio decreto del 27 luglio 1934, n. 1265), occorre comunicare al Sindaco presso il Comune competente, l’intenzione di attivare un allevamento quindici giorni prima dell’avvio dell’attività medesima. Unitamente alla DIA occorre allegare la documentazione inerente la autorizzazione sanitaria.
Il Sindaco, sentito il parere della ASL competente e dell’ARPA, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla a determinate cautele.
A questo proposito si riporta:
- dalla Sentenza del Consiglio di Stato - Sez. V, n. 766 del 15/02/2001: “rientrano nelle attribuzioni dei Sindaci i poteri di controllo e repressivi previsti dagli artt. 216 e 217 del T.U.L.S. 1265/1934.” “Nell'ambito di tale attività il Sindaco opera per il corretto esercizio dei poteri attribuitigli con l’ausilio della Unità Sanitaria, il cui parere ha natura consultiva e endoprocedimentale e tuttavia, data la sua natura di carattere tecnico-sanitario, sollecita la promozione di tutti gli interventi tesi a tutelare la salute pubblica”. - dalla Sentenza del Consiglio di Stato - Sez V, n. 3190 del 20/05/2010: "...In via di principio l’amministrazione comunale mantiene proprie potestà in subiecta materia e potrebbe motivamente discostarsi dalle determinazioni rese dall’Autorità sanitaria." "E’ evidente che il comune (che non possiede né strumenti né competenze per accertare “in proprio” le condizioni sanitarie di una industria insalubre) possa esercitarlo - così discostandosi dal parere negativo reso dall’Autorità sanitaria- in ipotesi che configurano veri e propri casi limte e che potrebbero sinteticamente indicarsi in una compresenza di due condizioni: l’assoluta insufficienza, carenza, approssimazione del parere negativo reso dall’Azienda sanitaria, e la contemporanea sussistenza di allegazioni di parte - comunque acquisite dall’amministrazione comunale - che provino oltre ogni dubbio l’inattendibilità del parere negativo e la sussistenza di comprovati elementi che escludano inconvenienti sanitari ascrivibili all’azienda.
Soltanto in presenza di tale coacervo di condizioni l’amministrazione comunale potrebbe motivamente discostarsi dal parere reso dall’autoriotà che ha competenza in materia (e possiede le professionalità necessarie)
".

Nota di cronaca:
Dalla Newsletter n. 894 del 13/07/2012 del Corpo Forestale dello Stato:
LA FORESTALE DI SAVONA A TUTELA DEL BENESSERE DEGLI ANIMALI Nel comune di Loano (SV) da parte dei Forestali dell'omonimo Comando Stazione. In un'area privata adiacente a un complesso comunale sportivo-ricreativo con tanto di piscina all'aperto, decine di animali tra cui pecore, conigli, galline erano detenuti in pessime condizioni igieniche da un allevatore amatoriale. A testimonianza di ciò odori sgradevoli, rafforzati dal clima estivo, provenivano dalla zona. L'allevamento improvvisato era privo di titoli autorizzativi e codici aziendali.
Il personale veterinario ha dichiarato il luogo "industria insalubre di prima classe" ai sensi del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. Al contadino 65enne che gestiva l'allevamento sono stati prescritti il trasferimento di tutti gli animali in un'altra struttura di sua proprietà, stavolta autorizzata, a Borghetto Santo Spirito (SV) e il ripristino dello stato dei luoghi. Contestualmente sono scattate anche diverse sanzioni amministrative.