Presidente: Vessia A. Estensore: Cristarella Orestano F. P.M. Lo Cascio G. (Conf.)
Soc. per la bonifica dei terreni ferraresi ed imprese agricole p.a. (D'Amato ed altro) contro Amm. Prov. Ferrara (Natoli ed altro)
(Dich. giurisd. e cassa senza rinvio, App. Bologna, 27 febbraio 1997).
TIVI
GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - DETERMINAZIONE E CRITERI - DIRITTI SOGGETTIVI - Fondi danneggiati dalla fauna selvatica - Indennizzo a favore dei proprietari - Legge Regione Emilia Romagna n. 20 del 1987 - Natura dell'interesse pregiudicato - Interesse legittimo - Controversia relativa - Devoluzione alla giurisdizione del giudice amministrativo.
L'indennizzo in favore dei proprietari di fondi danneggiati dalla fauna selvatica, nella disciplina posta dall'art. 57 legge Reg. Emilia Romagna n. 20 del 1987 e dagli artt. 10 e 26 della legge n.157 del 1992, ha natura di contributo indennitario nei limiti consentiti dalla capienza dell'apposito fondo regionale, con la conseguenza che, in mancanza anche di criteri predeterminati di liquidazione, sussiste un potere discrezionale dell'Amministrazione pubblica almeno con riguardo al quantum dell'indennizzo da erogare; ne consegue che la controversia inerente al riconoscimento ed alla liquidazione di detto indennizzo, ricollegandosi a interessi legittimi, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. Aldo VESSIA - Primo Presidente Aggiunto
Dott. Francesco AMIRANTE - Presidente di sezione
Dott. Francesco CRISTARELLA ORESTANO - Consigliere rel.
Dott. Giovanni PRESTIPINO "
Dott. Giovanni PAOLINI "
Dott. Alessandro CRISCUOLO "
Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI "
Dott. Ugo VITRONE "
Dott. Roberto Michele TRIOLA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2790/98 R. G. proposto
da
SOCIETÀ PER LA BONIFICA DEI TERRENI FERRARESI ED IMPRESE AGRICOLE
S.p.A., in persona del Presidente ed Amministratore delegato dott.
Cesare Marchetti, elettivamente domiciliata in Roma, Via Cola di
Rienzo n. 111, presso lo studio dell'Avv. Domenico D'Amato che, con
l'Avv. Paolo Biavati, la difende in virtù di procura speciale in
calce al ricorso,
ricorrente
contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI FERRARA, in persona del suo Presidente
pro tempore Prof. Paolo Siconolfi, domiciliata e difesa come
appresso,
controricorrente
e sul ricorso incidentale iscritto al 4279/98 R.G. proposto
da
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI FERRARA, in persona del suo Presidente
pro tempore Prof. Paolo Siconolfi, autorizzato con delibera di Giunta
n. 86/9156 del 24.2.1998, elettivamente domiciliata in Roma, Via
Cicerone n. 28, presso lo studio dell'Avv. Giorgio Natoli che, con
l'Avv. Gianfranco Berti, la difende in virtù di procura speciale in
calce al controricorso-ricorso incidentale,
ricorrente incidentale
contro
SOCIETÀ PER LA BONIFICA DEI TERRENI FERRARESI ED IMPRESE AGRICOLE
S.p.A., in persona del Presidente ed Amministratore delegato dott.
Cesare Marchetti, domiciliata e difesa come sopra,
controricorrente
per la cassazione della sentenza 31 gennaio-27 febbraio 1997 n.
292/97 della Corte d'appello di Bologna.
Udita la relazione della causa svolta, nella pubblica udienza
del 15 giugno 2000, dal Cons. Dott. Cristarella Orestano;
Sentito, per la Società Bonifica Terreni Ferraresi, l'Avv.
Domenico D'Amato, che ha chiesto rigettarsi il ricorso incidentale e
dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario;
Sentito, per l'Amministrazione Provinciale di Ferrara, l'Avv.
Giorgio Natoli che ha chiesto accogliersi il ricorso incidentale e
dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avv. Gen. Dott.
Giovanni Lo Cascio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso
incidentale, assorbito il principale, con dichiarazione della
giurisdizione del giudice amministrativo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel luglio del 1992 la Società per la Bonifica dei Terreni
Ferraresi ed Imprese Agricole S.p.A. (d'ora in poi indicata come
S.B.T.F.) convenne in giudizio, avanti il Tribunale di Ferrara,
l'Amministrazione della locale Provincia per sentirla condannare, ex
art. 57 della Legge Regionale 15.5.1987 n. 20, al risarcimento dei
danni subiti, nel decorso quinquennio, dalle colture ittiche Valle
Bertuzzi e Valle Nuova, che essa attrice gestiva in territorio di
Comacchio, ad opera di uccelli acquatici di specie protette
(cormorani, aironi e svassi) che si nutrivano dei pesci allevati,
danni quantificati in circa 500 q.li di pesce all'anno.
L'Amministrazione convenuta, nel costituirsi in giudizio,
eccepì il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sul
rilievo che si verteva in ipotesi di interesse semplice, nonché il
proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto le funzioni
amministrative in materia di caccia e protezione della fauna
selvatica sono riservate alla Regione, senza che possa avere
incidenza al riguardo la delega alla Provincia dei poteri di
accertamento e di liquidazione dei danni.
Con sentenza del 26.10.1995 il Tribunale, superate dette
eccezioni, rigettò la domanda, ritenendo non configurabile
un'ipotesi di risarcimento ne' sotto il profilo dell'art. 2043 cod.
civ. ne' con riguardo all'art. 2052 dello stesso codice.
Proposto gravame dalla S.B.T.F., al quale controparte resistette
riproponendo le eccezioni di cui sopra, la Corte d'appello di
Bologna, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma di
quella di prime cure, dopo avere affermato, in disaccordo dal
Tribunale, che la legislazione statale e regionale riconosce al
privato cittadino un vero e proprio diritto soggettivo al
risarcimento dei danni arrecatigli dalla fauna selvatica protetta, ha
tuttavia dichiarato il difetto di legittimazione passiva
dell'Amministrazione Provinciale, ritenendo che fosse legittimata
soltanto la Regione quale titolare dei poteri di accertamento e
liquidazione dei danni suddetti, a nulla rilevando che avesse
delegato tali poteri alla Provincia.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per
cassazione la S.B.T.F. sulla base di un solo motivo.
L'Amministrazione Provinciale di Ferrara ha replicato con
controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale basato
anch'esso su di un solo motivo che, attenendo anche alla
giurisdizione, ha determinato l'assegnazione della causa alle Sezioni
Unite.
A quest'ultimo ricorso la S.B.T.F. ha replicato a sua volta con
controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va innanzitutto disposta, ai sensi dell'art. 335 cod. proc.
civ., la riunione dei due ricorsi in quanto rivolti contro la
medesima sentenza.
Con il ricorso incidentale - il cui esame è pregiudiziale,
investendosi essenzialmente con esso la sentenza impugnata nella
parte relativa alla affermata giurisdizione del giudice ordinario -
si denunziano, a norma dell'art. 360 nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ.,
"violazione e falsa applicazione dell'art. 57 L. R. 20/87 e dell'art.
26 L. 27.12.1977 n. 968, in relazione alla violazione e falsa
applicazione della L. R. 2.7.88 n. 27 (istitutiva del parco del Delta
del Po), con riferimento in particolare all'art. 10 della stessa ed
all'art. 30 L. R. 2.4.88 n. 11 (disciplina dei parchi regionali e
delle riserve naturali), nonché all'art. 7 L. R. 11/88 ed al
richiamato art. 32 L. 6.12.191 n. 394, per erroneità di motivazione,
per eventuale, subordinato, difetto di giurisdizione".
Si sostiene, cioè, che, per il richiamo fatto dall'art. 10
della L. R. 27/88 all'art. 30 della L. R. 11/88, i danni provocati
dalla fauna selvatica nei territori compresi nel parco sono soggetti
ad indennizzo e non a risarcimento, per cui, come affermato in un
caso analogo da SS. UU. 23.11.1995 n. 12106, la situazione vantata da
chi lamenta detti danni "... non costituisce diritto soggettivo, ma
un interesse, per il quale deve dichiararsi la giurisdizione del
giudice amministrativo".
Sotto altro profilo si argomenta che la fauna selvatica
appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato e che il divieto
legislativo di alterarne l'assetto al fine di realizzare un interesse
pubblico "non può in alcun modo configurare un fatto illecito
essendo prevista dall'art. 42 Cost. l'imposizione di limiti al
godimento della proprietà per assicurarne la funzione sociale" (SS.
UU. 29.3.1983 n. 2246).
Si deduce, inoltre, con richiamo a Cass. Sez. III 2192/96, che,
pur essendovi riferimenti normativi ad "indennizzi e risarcimenti",
"trattasi in concreto in entrambe le ipotesi di un ristoro del
pregiudizio economico subito dall'agricoltore, ristoro che, inteso
quale espressione di solidarietà civica, è a carico della pubblica
amministrazione in cui è incardinato il comitato che gestisce il
fondo e che delibera il quantum in base a criteri stabiliti
discrezionalmente dalla Giunta regionale".
Secondo l'Amministrazione ricorrente, insomma, indipendentemente
dai riferimenti terminologici, la struttura del danno e, in
particolare, il fatto che si prescinda da qualsiasi responsabilità
nella sua produzione, la misura del risarcimento ragguagliata ad un
contributo e l'impossibilità di soddisfare integralmente, attraverso
il previsto fondo, tutte le possibili richieste indennitarie
impediscono in modo sostanziale la configurabilità di una
fattispecie di risarcimento. Ed infatti l'art. 57 della L. R. 20/87,
che prevede l'accertamento e la liquidazione di un indennizzo per
danni alle produzioni agricole, connesse o similari, arrecate dalla
fauna selvatica, introduce un apposito procedimento amministrativo,
ma non attribuisce al privato in via diretta ed immediata il diritto
all'indennizzo, sicché questi nessun ristoro potrebbe pretendere
all'infuori di detto procedimento.
Il ricorso è fondato.
È opportuno osservare preliminarmente che non interferisce
sulla decisione del caso in esame la recente sentenza di queste
Sezioni Unite n. 500 del 1999 in materia di "risarcibilità degli
interessi legittimi".
Tale innovativa sentenza - superando la tradizionale lettura
dell'art. 2043 cod. civ., identificante il "danno ingiusto" con la
lesione di un diritto soggettivo, e ritenendo, invece, che tale
espressione stia ad indicare il danno che l'ordinamento non può
tollerare che rimanga a carico della vittima ma esige che vada
trasferito sull'autore del fatto in quanto lesivo di interessi
giuridicamente rilevanti, quale che sia la loro qualificazione
formale e, quindi, anche ove non assurgano al rango di diritti
soggettivi - ha dichiarato inammissibile il regolamento di
giurisdizione richiesto in un giudizio instaurato da un privato
contro un Comune per ottenere il risarcimento dei danni cagionatigli
dal mancato inserimento di un'area lottizzata di sua proprietà tra
le zone edificabili previste nell'adottato piano regolatore generale,
perché la questione proposta, stante appunto la ritenuta
risarcibilità degli interessi legittimi, atteneva al merito, e non
alla giurisdizione.
Diverso è il caso formante oggetto della presente controversia,
non essendo in alcun modo in gioco nella stessa una responsabilità
da illecito aquiliano, dal momento che la S.B.T.F. ebbe a fondare la
propria azione "risarcitoria" esclusivamente sull'art. 57 delle L. R.
Emilia-Romagna 15.5.1987 n. 20, senza minimamente addurre ne'
un'ingiustizia del danno, sia pure nel senso più lato di cui alla
richiamata sentenza 500/99, ne' l'esistenza di un fatto doloso o
colposo della P. A. che lo avesse cagionata, ma limitandosi a
prospettare il dato obiettivo della notevole diminuzione del pescato,
a causa della massiccia presenza di uccelli ittiofagi appartenenti a
specie protette dalla vigente legislazione sulla fauna selvatica, e a
pretenderne il ristoro attraverso il fondo regionale appositamente
costituito in forza dell'art. 26 della L. 27.12.1977 n. 968, poi
sostituito dall'art. 26 della L. 11.2.1992 n. 157.
Il criterio da seguire per l'individuazione del giudice cui
attribuire la giurisdizione non può che essere, allora, quello
tradizionale ed è ad esso, appunto, che queste Sezioni Unite hanno
fatto ricorso in fattispecie analoghe, risolvendo la questione in
maniera diversa a seconda della consistenza riconoscibile di volta in
volta alla posizione soggettiva del danneggiato ed attribuendo
essenziale rilievo, a tal fine, al concreto atteggiarsi della
disciplina positiva concernente la ristorabilità dei danni prodotti
dalla selvaggina protetta.
Così le sentenze n. 5501 del 1991 e n. 11173 del 1995, la quale
ultima, occupandosi del caso di un'azienda agricola compresa in una
"zona di rifugio" della selvaggina in base all'art. 20 della L.R.
Veneto 14.7.1978, le cui colture ad orzo e frumento avevano subito
danni a causa della eccessiva quantità di passeri esistenti in tale
zona, ha attribuito alla posizione del proprietario danneggiato la
consistenza di diritto soggettivo, affermando, perciò, la
giurisdizione del giudice ordinario - nonostante la ritenuta
inconferenza del richiamo agli artt. 2043 e 2052 cod. civ. ed il
riconoscimento che gli uccelli, come fauna selvatica, appartengono al
patrimonio indisponibile dello Stato e sono tutelati nell'interesse
della comunità nazionale - in quanto dal tenore delle norme della
citata legge regionale emergeva che l'indennizzo da esse previsto per
i terreni compresi nelle zone di rifugio riceventi pregiudizio
economico a causa della fauna selvatica protetta, aveva funzione
risarcitoria in senso stretto e, quindi, di reintegrazione
patrimoniale, così da doversi escludere un potere discrezionale
dell'amministrazione sia in ordine all'an, sia in ordine al quantum
debeatur (v. anche sent. n. 587 del 1999).
Analogo ragionamentò è stato seguito dalla sentenza n. 12901
del 1998 riguardante una controversia per danni provocati dalla fauna
selvatica alle colture agricole di un fondo ricadente all'interno
della fascia di silenzio venatorio del Parco Lombardo della Valle del
Ticino.
Per converso, altra sentenza, la n. 12106 del 1995, in una
fattispecie in cui il privato aveva lamentato danni a terreni inclusi
nel comprensorio del Parco naturale dei Monti Sibillini, invasi in
ore notturne da cinghiali usciti dai boschi circostanti, ha posto in
risalto la singolarità della figura dei parchi naturali e del regime
giuridico dei terreni agricoli in essi compresi, soggetti a forti
restrizioni del diritto di proprietà e di godimento in vista delle
perseguite finalità di tutela e miglioramento della flora e della
fauna e della conservazione dell'ambiente, osservando che le
situazioni di eventuale pregiudizio che i proprietari di tali terreni
possono subire, o per limitazioni dirette di attività o per una
forma indiretta di limitazione di sfruttamento (derivante
dall'impossibilità di abbattimento degli animali selvatici), sono
situazioni meramente conseguenti e connesse alla tutela
dell'interesse collettivo, rispetto al quale la situazione giuridica
del privato viene degradata ad interesse, dopo di che ha finito col
ritenere risolutivo, ai fini della affermata giurisdizione del
giudice amministrativo, il fatto che, coerentemente con tutto questo,
nella disciplina dettata dalla legge 12.7.1923 n. 1511 e dal relativo
regolamento (R.D. 27.9.1923 n. 2124) per il Parco Nazionale
d'Abruzzo, transitoriamente applicabile al Parco dei Monti Sibillini,
per espresso richiamo della legge 11.3.1988 n. 67, in attesa
dell'approvazione della legge-quadro sui parchi nazionali e sulle
riserve naturali, non era disposto alcun indennizzo ragguagliato alla
effettività dei danni cagionati dagli animali selvatici a singole
coltivazioni ma era previsto solo un "compenso" che, in assenza di
elementi normativamente prefissati per la sua determinazione e
liquidazione, non assumeva alcun carattere di certezza, almeno nel
quantum, cosicché doveva ritenersi che la situazione vantata dal
privato danneggiato fosse solo di interesse legittimo.
Alla stessa conclusione deve pervenirsi nel caso di specie.
Pacifico, infatti, che anche in esso, come in tutti quelli
considerati dalle sentenze sopra citate, il lamentato pregiudizio
economico è intimamente connesso alla tutela di interessi
squisitamente pubblicistici, qual è quello alla protezione
dell'ambiente naturale e, in particolare, della fauna selvatica
(ormai non più res nullius ma appartenente al patrimonio
indisponibile dello Stato in forza dell'art. 1 della legge 27.12.1977
n. 968, ora art. 1 L. 157/92), senza alcun riferimento a condotte
della P. A. connotate da dolo o colpa, neppure sotto il profilo degli
art. 2051 e 2052 cod. civ., la posizione dei privati danneggiati in
tanto può assurgere al rango di interesse tutelabile in quanto il
legislatore ha approntato delle norme miranti ad assicurare loro un
certo ristoro di detto pregiudizio.
L'intensità di tale tutela e, quindi, la qualificabilità di
quella posizione come diritto soggettivo o interesse legittimo,
dipende, però, dal modo in cui le norme sono concretamente
formulate, cioè dal fatto che esse abbiano previsto tout court la
riparazione del danno nella sua interezza o, magari, in una ben
determinata misura percentuale, oppure abbiano lasciato alla P. A. un
margine di discrezionalità nel riconoscimento del ristoro o nella
determinazione del suo ammontare.
Le norme cui far riferimento nel caso che ci occupa sono l'art.
26 della legge statale 27.12.1977 n. 968, contenente principi
generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e
disciplina della caccia (ora art. 26 L. 11.2.1992 n. 157, contenente
la disciplina della fauna selvatica omeoterma e del prelievo
venatorio), e l'art. 57 della legge regionale Emilia-Romagna
15.5.1987 n. 20, vigente all'epoca dei lamentati danni.
Orbene, la prima di dette norme, prevedendo l'istituzione, a
cura di ogni regione, di un fondo "per far fronte ai danni non
altrimenti risarcibili arrecati alle produzioni agricole dalla
selvaggina e dalle attività venatorie", già prefigurava un limite
alla ristorabilità di tali danni, rappresentato dall'entità degli
istituendi fondi, limite che, del resto, trova la sua giustificazione
razionale nell'esigenza di non gravare la P. A. di oneri
indeterminati ed imprevedibili nel loro ammontare in relazione ad
eventi non ascrivibili a suoi comportamenti illegittimi ma
ricollegantisi alla tutela di *interessi superiori affidati alle sue
cure.
La citata norma regionale, dal suo canto, dopo aver fissato nei
primi tre commi alcune regole procedimentali da seguire "per far
fronte ai danni non altrimenti risarcibili alle produzioni agricole e
alle altre produzioni connesse con l'agricoltura o ad esse similari,
arrecati dalla fauna selvatica ed in particolare da quella protetta e
dall'attività venatoria", stabiliva al comma 4 che "l'indennizzo per
i danni arrecati dalla fauna selvatica può essere liquidato in forma
forfettaria", espressioni, queste, che concorrendo a significare,
unitamente alla anodina locuzione "far fronte" usata anche nella
legge statale, la non necessaria integralità del ristoro, ossia il
suo essere svincolato dalla effettiva entità del danno, depongono
per la sua sostanziale natura di contributo indennitario nei limiti
consentiti dalla capienza dell'apposito fondo regionale, con la
conseguenza che all'ente pubblico, in mancanza di predeterminati
criteri di liquidazione, non può essere disconosciuto un margine di
discrezionalità, almeno in ordine al quantum dell'indennizzo da
erogare, e che, pertanto, la posizione del privato ha la connotazione
dell'interesse legittimo e non quella del diritto soggettivo.
Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso
incidentale deve trovare accoglimento e va dichiarata, quindi, la
giurisdizione del giudice amministrativo, con conseguente cassazione
senza rinvio della sentenza impugnata, restando così assorbito il
ricorso principale della S.B.T.F. volto a contrastare la sentenza
impugnata nella parte in cui ha negato la legittimazione passiva
dell'Amministrazione Provinciale di Ferrara.
Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese
dell'intero giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE A SEZIONI UNITE
Riunisce i ricorsi e, in accoglimento di quello incidentale,
assorbito il principale, dichiara la giurisdizione del giudice
amministrativo, cassando senza rinvio la sentenza impugnata. Compensa
tra le parti le spese dell'intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2000.
Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2000