Sez. 3, Sentenza n. 14824 del 15/11/2000
Presidente: Fiduccia G. Estensore: Lupo E. P.M. Palmieri R. (Conf.)
Longoni (Pomarici) contro Amm. Prov. di Lecco Sett. Ambiente ed Ecologia (Non cost.)
(Rigetta, Pret. Lecco, 5 maggio 1986).
CACCIA - SANZIONI PER VIOLAZIONI - Esercizio venatorio - Configurabilità - Condizioni.

In tema di sanzioni amministrative, costituisce esercizio venatorio anche il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla, senza che tale attitudine possa considerarsi esclusa dal fatto che il cacciatore abbia il fucile scarico ed aperto, potendo essere, proprio perché aperto, rapidamente caricato ed utilizzato per abbattere la selvaggina.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Gaetano FIDUCCIA - Presidente -
Dott. Ernesto LUPO - rel. Consigliere -
Dott. Michele VARRONE - Consigliere -
Dott. Antonio LIMONGELLI - Consigliere -
Dott. Alfonso AMATUCCI - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
LONGONI ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 103, presso lo studio dell'avvocato GUIDO POMARICI, che lo difende anche disgiuntamente all'avvocato EMILIO SANGREGORIO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI LECCO SETTORE AMBIENTE E ECOLOGIA;
- intimata -
avverso la sentenza n. 364/96 del Pretore di LECCO, emessa l'01/08/96 e depositata il 05/08/96 (R.G. 1444/96);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/00 dal Consigliere Dott. Ernesto LUPO;
udito l'Avvocato Guido POMARICI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele PALMIERI che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo
Con ricorso al Pretore di Lecco depositato il 4 giugno 1996 Angelo Longoni si opponeva all'ordinanza- ingiunzione con la quale l'Amministrazione provinciale di Lecco gli aveva applicato la sanzione amministrativa di L.400.000 per la violazione dell'art.43, comma 1, lettera e), della legge Regione Lombardia 16 agosto 1993 n.26, per avere, il 4 ottobre 1995, esercitato la caccia a mano di 50 metri dalla strada provinciale Moggio- Culmine S. Pietro. Il ricorrente deduceva che egli, unitamente a Davide Combi, si stava recando in zona caccia con i rispettivi cani addestrati per la caccia alla lepre, per la quale egli aveva la licenza, con il fucile in spalla, aperto e scarico, onde non sussisteva l'illecito sanzionato. Costituitasi l'Amministrazione provinciale a mezzo di un proprio funzionario, il Pretore adito, con la sentenza depositata il 5 agosto 1996, ha rigettato l'opposizione, osservando che il Longoni, all'atto della sorpresa da parte dei guardiacaccia, stava cacciando la lepre con i cani liberi, essendo irrilevante che il fucile fosse scarico potendo essere "questione di attimi il caricamento all'atto della scoperta della preda da parte dei cani".
Angelo Longoni ha proposto ricorso per cassazione. È stato disposto il rinnovo della notificazione del ricorso, la quale è stata effettuata al presidente dell'Amministrazione provinciale. La parte intimata non ha svolto attività difensiva davanti a questa Corte.
Motivi della decisione
Il ricorrente deduce l'insufficienza, incongruità e comunque erroneità della motivazione su un punto decisivo della controversia ed erronea applicazione dell'art.10 della legge 2 agosto 1967 n.799 e dell'art.8, terzo comma, della legge 27 dicembre 1977 n.968. Il ricorrente lamenta che il Pretore abbia insufficientemente motivato sull'atteggiamento di caccia che va inteso come attitudine concreta alla caccia. La normativa sopra specificata consente l'attraversamento di zone di caccia con il fucile scarico, ed il Longoni stava spostandosi da un lato all'altro della zona di caccia, che è attraversata nella sua estensione da una strada statale. La sentenza del Pretore non ha tenuto conto delle condizioni dei luoghi risultanti dalle testimonianze.
Il motivo di ricorso è infondato.
Va premesso che al ricorrente è stata applicata la sanzione amministrativa comminata per la violazione della legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993 n.26, recante "norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria". L'art.43 di detta legge prevede che è vietato l'esercizio venatorio a distanza inferiore a cinquanta metri da strade carrozzabili" (lettera e). Poiché la legge regionale non definisce cosa si intende per "esercizio venatorio", occorre riferirsi alla legge statale 11 febbraio 1992 n. 157 ("norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"), a cui lo stesso art.43 della legge regionale rinvia. Tale legge è quella applicabile ratione temporis (tenuto conto che il fatto è stato commesso il 4 ottobre 1995), invece delle leggi statali n. 799/67 e 968/77 invocate nel ricorso per cassazione. L'art. 12 della citata legge statale n. 157/92 prevede, nel comma 2, che "costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'art.13". Il successivo comma 3 dello stesso art.12 dispone che "è considerato altresì esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla". In quest'ultimo comma è definito l'esercizio presunto di caccia, desumibile da atteggiamenti che, secondo la comune esperienza, rivelano il proposito di esercitare la caccia.
La sentenza impugnata ha ritenuto sussistente, nel comportamento tenuto dal Longoni, l'esercizio presunto di caccia sulla base delle testimonianze dei guardiacaccia. Trattasi di accertamento di merito la cui motivazione resiste alle censure del ricorrente. Questi, infatti, ritiene che l'esercizio presunto di caccia dovesse escludersi per il fatto che il fucile da lui portato sulla spalla era scarico ed aperto. Ma questa Corte ha già affermato che l'attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della stessa non è esclusa dal fatto che "il cacciatore abbia il fucile scarico ed aperto, potendo essere, proprio perché aperto, rapidamente caricato ed utilizzato per abbattere la selvaggina" (Cass. 10 settembre 1997 n.8890). Il Pretore, nell'accertare l'esercizio venatorio presunto, ha applicato la stessa massima di esperienza.
Per quanto attiene, infine, alla valutazione delle testimonianze da parte del pretore, trattasi di censura inammissibile, non potendo questa Corte procedere ad un diretto esame delle dichiarazioni testimoniali, che neanche sono trascritte nel ricorso, in violazione del principio di autosufficienza dello stesso.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Poiché l'intimato non si è costituito, manca il presupposto per la pronunzia sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese processuali. Così deciso in Roma, il 19 giugno 2000.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2000