Presidente: Varrone M. Estensore: Massera M.
Regione Abruzzo (Avv. Gen. Stato ed altri) contro Di Marco (Appicciafuoco ed altri)
CACCIA - ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO - REGIONI - IN GENERE - - Fauna selvatica - Compiti delle Regioni secondo la legge 11 febbraio 1992, n. 157 - Funzioni di programmazione e pianificazione - Conseguente obbligo di predisporre le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose - Danni alla proprietà privata da parte della fauna selvatica - Domanda di risarcimento - Legittimazione passiva della Regione - Sussistenza - Evento dannoso verificatosi all'interno di un'area protetta - Legittimazione passiva dell'Ente parco - Esclusione.
La legge 11 febbraio 1992, n. 157 ha attribuito alle Regioni la competenza ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela della fauna selvatica e ad esercitare le funzioni di programmazione e pianificazione al riguardo, per cui compete ad esse l'obbligo di predisporre le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose. Ne consegue che va proposta nei confronti della Regione la domanda di risarcimento del danno, il cui risarcimento non sia previsto da apposite norme, provocato alla proprietà privata dalla fauna selvatica. Non osta all'applicazione di tale principio l'art. 15 della legge n. 394 del 1991, in quanto la norma, significativamente intitolata "Acquisti, espropriazioni ed indennizzi", disciplina una materia diversa da quella del risarcimento dei danni cagionati alla proprietà privata dalla fauna selvatica (fattispecie relativa a danni ad un'autovettura causati da un cinghiale all'interno del Parco Nazionale del Gran Sasso).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 3 - 9 aprile 2003 il Tribunale di Teramo rigettava l'appello interposto dalla Regione Abruzzo avverso la sentenza in data 30 gennaio 2002 dal Giudice di Pace di Montorio al Vomano, che l'aveva condannata a pagare L. 3.365.320, oltre interessi, rivalutazione e spese legali, in favore di D.M. M. a titolo di risarcimento dei danni cagionati alla vettura di costui da un cinghiale.
In particolare il Tribunale affermava:
La Regione Abruzzo era titolare passiva del rapporto processuale in quanto la normativa vigente ha delegato alle Regioni l'esercizio dei poteri di gestione, di tutela e di controllo della fauna selvatica e, quindi, anche l'onere di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose;
le risultanze processuali dimostravano che, in assenza di barriere idonee, un cinghiale aveva improvvisamente attraversato la strada provinciale che l'auto del D.M. stava percorrendo a velocità moderata e aveva colliso con essa.
La Regione Abruzzo ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
Il D.M. ha resistito mediante controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è manifestamente infondato. Con l'unico motivo la ricorrente denuncia violazione della L.R. n. 341 del 1991, art. 15, assumendo che, essendo il sinistro avvenuto all'interno del Parco del Gran Sasso, il soggetto obbligato era il relativo Ente e non la Regione.
La L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 15, è significativamente intitolato "Acquisti, espropriazioni e indennizzi" e, quindi, disciplina una materia ben diversa da quella di specie (risarcimento dei danni cagionati da un cinghiale ad un'autovettura che stava percorrendo una strada provinciale).
Correttamente, dunque, il Tribunale ha rilevato che la normativa invocata dalla Regione disciplina i danni non altrimenti risarcibili arrecati dalla fauna selvatica e dalla attività venatoria alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni agricoli e a pascolo; che la L. 11 febbraio 1992, n. 157, ha attribuito alle regioni la competenza ad emanare norme relative alla gestione e alla tutela della fauna selvatica e ad esercitare le funzioni di programmazione e pianificazione al riguardo; che compete ad esse l'obbligo di predisporre le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a persone o a cose, con la conseguenza che, nell'ipotesi di danno provocato da detta fauna, il cui risarcimento non sia previsto da apposite norme, esse ne rispondono ex art. 2043 c.c..
Pertanto il ricorso va rigettato, con aggravio per la parte soccombente delle spese, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.100,00, di cui 1.000,00, per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2007