Cass. Sez. III n. 26535 del 2 luglio 2008 (Ud 21 mag 2008)
Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Bacosi
Beni culturali. Contraffazione di opere d’arte di autori viventi

In tema di disciplina dei beni culturali, il reato di contraffazione di opere d\'arte previsto dall\'art. 178, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 è configurabile anche quando l\'attività vietata abbia ad oggetto opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, in quanto norma posta a tutela della regolarità ed onestà degli scambi nel mercato artistico e non a tutela dell\'integrità delle opere
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale




Composta dagli Ill.mi Sigg.:


Dott. GRASSI ALDO PRESIDENTE
1_Dott.ONORATO PIERLUIGI CONSIGLIERE
2.Dott.PETTI CIRO "
3.Dott.TERESI ALFREDO
4.Dott.SARNO GIULIO


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA / ORDINANZA


sul ricorso proposto da:
1) BACOSI STEFANO avverso SENTENZA CORTE APPELLO del 13/02/2007 di PERUGIA N. IL 01/07/1963
- visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere SARNO GIULIO
- Udito il Procuratore Generale in persona del dott. F. Salgano che ha concluso per l\'inammissibilità del ricorso

- Udito, per la arte civile, l\'Avv.
- Udito il difensor eAvv.

Con la sentenza in epigrafe la corte d\'appello di Perugia confermava la decisione del tribunale della medesima città che aveva condannato Bacosi Stefano per i reati ascrittigli, unificati dal vincolo della continuazione, alla pena di mesi otto di reclusione e di euro 1000 di multa con le pene accessorie - pena sospesa - nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile "Fondazione Mario Schifano" in favore della quale veniva liquidata una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 5000.


Al Bacosi era stato in particolare contestato:
a) il reato di cui all\'art. 127 co. 1 lett. b) e co. 2 DLvo n. 490/99 per avere nell\'esercizio della attività commerciale della galleria d\'arte "Il Sole", con sede in Perugia, posto in circolazione, senza avere concorso nella contraffazione, 4 dipinti a firma Schifano;
b) il reato di cui all\'art. 127 co. 1 lett. c) e co. 2 DLvo n. 490/99 perché, pur conoscendone la falsità, autenticava le opere sopraindicate.


I fatti contestati risultano accertati in Perugia il 25.2.2000.


Avverso tale decisione propone ricorso l\'imputato deducendo:
1) l\'inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale e violazione del principio di legalità sul rilievo della inapplicabilità del reato - in ragione dell\'epoca di accertamento dei fatti - alle opere di autori viventi o la cui esecuzione non risaliva a oltre cinquanta anni;
2) mancata assunzione di prova decisiva in relazione alla richiesta perizia sulle opere e mancata motivazione sulla correttezza dell\'operato del primo giudice che tale richiesta aveva già disatteso;
3) aprioristica ricostruzione del fatto sulla base delle sole dichiarazioni testimoniali e mancata motivazione sulle ragioni per le quali non potevano ritenersi attendibili gli elementi contrari indicati dalla difesa.


Motivi della decisione.


Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.


In ordine al primo motivo osserva il Collegio che a parte un iniziale orientamento (Sez. 3, n. 37782 del 18/09/2001 Rv. 220352), antecedente peraltro alla pronuncia della Corte Costituzionale n 173/2002, è assolutamente costante l\'orientamento di questa Corte nell\'affermare che in tema di disciplina dei beni culturali, il reato di contraffazione di opere d\'arte previsto dall\'art. 127 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (oggi sostituito dall\'art. 178, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) è configurabile anche quando l\'attività vietata abbia ad oggetto opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, in quanto norma posta a tutela della regolarità ed onestà degli scambi nel mercato artistico e non a tutela dell\'integrità delle opere (ex plurimis Sez. 3, n. 26072 del 13/03/2007 Rv. 237221; Sez. 2, n. 18041 del 7/04/2004 Rv. 228639; Sez. 3, n. 22038 del 12/02/2003 Rv. 225318; ecc.) e che, anzi, sussiste continuità normativa tra il reato prima previsto dall\'art. 4 L. 20 novembre 1971, n. 1062, poi sostituito dall\'art. 127 D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 ed attualmente sanzionato dall\'art. 178 D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in quanto tutte le fattispecie puniscono la medesima condotta consistente nell\'autenticazione di opere false, conoscendone la falsità (Sez. 3, n. 11096 del 17/01/2008 Rv. 239067).


Il richiamo alle motivazioni delle sentenze citate - in quanto integralmente condivise - esime il Collegio dal ritornare sulle tematiche esplicitate dal ricorrente in quanto tutte compiutamente esaminate nelle precedenti occasioni.


Quanto al secondo motivo la corte di merito ha implicitamente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto ininfluente la perizia, avendo indicato nelle dichiarazioni dei testi escussi Colombo e Gianvenuti - entrambi della Fondazione Schifano e componenti del relativo Comitato tecnico - adeguata fonte di prova sottolineandone con argomentazione certamente condivisibile sul piano logico la particolare credibilità in ragione della preparazione tecnica specifica. Si soffermano inoltre compiutamente i giudici d\'appello, sulle ragioni per le quali non ritengono fondati i dubbi della difesa sugli altri testi assunti (Guarisci e Meini).


E dunque, anche in relazione al secondo motivo si appalesa la manifesta infondatezza del ricorso.


Il terzo motivo si risolve evidentemente nella richiesta di una diversa lettura degli elementi di valutazione, notoriamente preclusa in questa sede,coinvolgendo questioni di merito.


L\'inammissibilità del ricorso preclude, secondo il costante orientamento di questa Corte,ogni possibilità sia di far valere,sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell\'art. 129 cod. proc. pen., l\'estinzione del reato per prescrizione.


Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000 (mille).


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione:


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a1 pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.


Roma, 21.5.2008
Deposito in Cancelleria il 2/07/2008