TAR Lombardia (MI), Sez. IV, n. 1284, del 16 maggio 2013
Caccia e animali.Regolamento provinciale ungulati e divieto dell’uso di munizioni al piombo

Allo stato attuale non esiste un generalizzato divieto normativo in ordine all’utilizzo di munizioni al piombo, dovendosi altresì dare atto della limitata applicazione del D.M., 17.10.2007 alle Zone speciali di conservazione (ZSC), ed a quelle di protezione speciale (ZPS). Tuttavia, l’I.S.P.R.A., nel proprio parere, ha espresso il suggerimento “di valutare l’opportunità” di prevedere l’utilizzo di munizioni alternative per la caccia agli ungulati, “oggi facilmente reperibili sul mercato e caratterizzate da prestazioni balistiche e costi simili a quelle tradizionali”, in considerazione dei “seri effetti negativi sulla conservazione delle popolazioni dei rapaci necrofagi”, nonché della “riscontrata potenziale pericolosità anche per la salute umana”. Tale nota è stata espressamente richiamata dalla giurisprudenza che si è pronunciata in casi analoghi, affermandosi che “attesa la natura di vero e proprio parere del documento in questione, l’amministrazione avrebbe dovuto, quanto meno, motivare in ordine alle ragioni che l’hanno indotta a non seguire le indicazioni in esso contenute” considerato appunto che l’adempimento suggerito non incontra particolari difficoltà applicative. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01284/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01840/2012 REG.RIC.

 




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1840 del 2012, proposto da: 
Associazione L.A.C. Lega Abolizione della Caccia Onlus, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Platania e Claudio Linzola, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Via Hoepli, 3;

contro

Provincia di Como, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Matteo Accardi e Domenica Condello, domiciliata presso la Segreteria del Tribunale;
I.S.P.R.A., Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Milano, Via Freguglia, 1; 
Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Sabrina Gallonetto, domiciliata in Milano, Piazza Città di Lombardia, 1;

nei confronti di

Comprensorio Alpino di Caccia "Penisola Lariana"; non costituito in giudizio

per l'annullamento

dei provvedimenti con i quali il Presidente della Provincia di Como ha formato la Giunta, della deliberazione della Giunta Provinciale di Como n. 123 del 17.05.12; nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Como, di I.S.P.R.A. e di Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato, si contestano talune previsioni del “Regolamento Provinciale degli Ungulati”, approvato con la deliberazione n. 123 del 17.5.2012, e precisamente quelle di cui al Titolo IV (artt. 33 e ss), che regolamentano le operazioni di recupero ed abbattimento dei cinghiali precedentemente feriti in operazioni di caccia, da parte di operatori iscritti in un apposito Albo Provinciale, previa autorizzazione, ed anche in deroga al calendario venatorio.

La Provincia si è costituita in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 1201/2012 si è accolta la domanda cautelare, e si è ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Lombardia.

All’udienza pubblica del 18.4.2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso va accolto, essendo fondati il secondo ed il terzo motivo.

I.1) Con il secondo motivo si evidenzia come il provvedimento impugnato, al di là del suo nomen iuris, avrebbe natura oggettivamente regolamentare, introducendo norme generali ed astratte, con efficacia innovativa, da cui l’incompetenza della Giunta Provinciale, a favore del Consiglio.

Con il terzo motivo si censura, in primo luogo, la carenza di copertura normativa del regolamento impugnato, atteso che né la legge nazionale (L. n. 157/1992), né quella regionale (L.R. 16.8.1993 n. 26), conferirebbero alla Provincie il potere di disciplinare le operazioni di recupero delle prede ferite e non abbattute. Secondariamente, attesa la riconducibilità dell’attività oggetto delle disposizioni impugnate a quella venatoria, si deduce il contrasto delle stesse con la normativa vigente in materia. In particolare, per l’art. 12 c. 2 della L. n. 157 cit. “costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all’abbattimento o alla cattura di fauna selvatica, mediante l’impiego di mezzi di cui all’art. 13”, laddove per il successivo comma 3 “è considerato altresì esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla”. Poiché l’attività disciplinata dal provvedimento impugnato sarebbe a tutti gli effetti ricompresa nelle predette definizioni, la stessa dovrebbe attenersi ai limiti previsti dalla citata normativa per l’attività venatoria, che invece sarebbero stati violati. In particolare, l’art. 39 del provvedimento impugnato consentirebbe il recupero degli ungulati anche nelle zone soggette a divieto di caccia, ed anche nei giorni in cui la stessa non è consentita, con ciò violando, rispettivamente, gli artt. 30 L. n. 157/92, e l’art. 18 L. n. 157/92, oltreché che l’art. 12 c. 6 di tale legge, per attribuire la proprietà della preda al cacciatore che ha effettuato il primo ferimento, anziché a quello che ha effettuato l’abbattimento, come invece previsto da tale norma.

Secondo la Provincia, sia il secondo che il terzo motivo andrebbero invece respinti, atteso che il provvedimento impugnato sarebbe stato emanato in attuazione a quanto espressamente disposto dalla L.R. n. 26/93.

I.2) Preliminarmente, osserva il Collegio come la difesa provinciale, nella propria memoria di costituzione, ha espressamente affermato che, attesa la mancanza di una specifica norma all’interno della legge quadro nazionale, diverse Regioni hanno disciplinato la materia del recupero dei capi feriti (L.R. Piemonte n. 70 del 4.9.1996, Emilia Romagna n. 8 del 15.2.1994). Quanto alla Regione Lombardia, in mancanza di una specifica normativa, tuttavia “già inserita nel contesto di revisione dell’attuale testo di legge” (pag. 7), la Provincia avrebbe “ritenuto opportuno intervenire con proprie disposizioni particolari” (pag. n. 9).

Le affermazioni che precedono hanno pertanto indotto il Collegio ad estendere il contraddittorio anche alla Regione, dato che la dedotta carenza di una normativa in materia, e/o la sua prossima adozione, su cui si concentravano le difese della Provincia, costituiscono fatti potenzialmente rilevanti nell’ambito del presente giudizio.

II) Nel merito, quanto al secondo motivo, osserva il Collegio come, per distinguere gli atti amministrativi normativi da quelli provvedimentali, occorre considerare che il potere normativo dell'Amministrazione si distingue da quello provvedimentale per essere caratterizzato dalla natura astratta e generale delle relative disposizioni, in quanto tali innovative dell'ordinamento giuridico, a differenza della natura concreta e particolare tipica dei provvedimenti. In questa prospettiva, la distinzione fra regolamenti ed atti amministrativi generali a contenuto non normativo si rinviene considerando i secondi espressione di una mera potestà amministrativa, funzionali alla cura concreta di interessi pubblici, e destinati ad una pluralità di soggetti non necessariamente determinati nel provvedimento, ma comunque determinabili a posteriori (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II 4.7.2012 n. 1666).

Il provvedimento impugnato presenta effettivamente le succitate caratteristiche proprie del regolamento.

In primo luogo, il medesimo ha requisiti di generalità ed astrattezza, non essendo circoscritto ad un determinato arco temporale, talché i soggetti incisi non sono determinabili. Nonostante l’oggetto della delibera impugnata rechi l’indicazione della “stagione venatoria 2012-2013”, il suo contenuto è tuttavia eterogeneo, prevedendo disposizioni effettivamente riferite a tale arco temporale, che non sono tuttavia state contestate, come ad esempio la determinazione del calendario venatorio (v. punto n. 2), od il numero di capi prelevabili (v. punto n. 3). Oggetto del presente ricorso sono invece unicamente le “particolari disposizioni per la caccia di selezione agli ungulati”, allegate alla delibera n. 123/2000 che le ha approvate, ed in particolare il Titolo IV delle stesse, le quali non recano invece alcun termine di efficacia, né nella parte dispositiva della stessa delibera (v. punto n. 1), con ciò differenziandosi espressamente dalle altre statuizioni, né tantomeno nell’ambito del loro contenuto testuale (artt. 33 e ss.). La predetta delibera n. 123/2000 ha pertanto un contenuto plurimo, in parte provvedimentale, e pertanto limitato nel tempo, e dall’altro di carattere regolamentare, laddove disciplina, in linea generale ed astratta, “la gestione degli ungulati” nel territorio provinciale, conseguentemente non circoscritta ad un ristretto ambito temporale. La natura normativa dell’atto in questione è peraltro ulteriormente confermata dall’art. 52, dettato in materia di “abrogazioni, disposizioni transitorie e finali”, evidentemente introdotto onde coordinare il regolamento in questione nell’ambito delle altre fonti previgenti.

Anche rispetto al requisito dell’innovatività, come verrà meglio esplicitato nel corso dello scrutinio del successivo motivo, le disposizioni introdotte presentano un carattere di innovatività, non limitandosi a dare applicazione ad altre previgenti.

Attesa la natura regolamentare del provvedimento impugnato, il medesimo non avrebbe pertanto potuto essere assunto da parte della Giunta Provinciale, ex art. 42 c. 2 lett. a) T.U.E.L.

III) In ogni caso, neppure il Consiglio Provinciale avrebbe potuto legittimamente assumere tale atto, attesa la mancata attribuzione della potestà regolamentare nella materia di che trattasi, come correttamente dedotto dal ricorrente nel terzo motivo, che risulta infatti fondato.

La disciplina normativa rilevante è quella di cui alla predetta L.R. 16.8.1993 n. 26. In particolare, secondo quanto disposto nel comma 7 dell’art. 40, la caccia nel territorio della zona Alpi è disciplinata dalle particolari disposizioni previste dall'art. 27, commi 4, 5 e 6. A sua volta, il richiamato comma 4, dispone che “con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, sono stabilite norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l'attività venatoria nel territorio della zona Alpi e della zona appenninica”. Per il comma 8 del medesimo articolo “le province, su conforme parere dell'istituto nazionale della fauna selvatica o dell’osservatorio regionale di cui all’art. 9 della presente legge, allo scopo di rapportare le popolazioni faunistiche a corrette densità agro-forestali, autorizzano nella zona Alpi, e nella zona appenninica, nel rispetto dei piani annuali di prelievo predisposti sulla base dei relativi censimenti invernali ed estivi, la caccia di selezione agli ungulati ai sensi dell'art.40, comma 11, secondo il regolamento predisposto dalle province stesse, ed approvato dalla Giunta regionale”. La difesa provinciale evidenza sul punto che il “Regolamento Provinciale per gli Ungulati”, è stato approvato con deliberazione G.R. n. 57071 del 3.8.1990. Il visto comma 11 dell’art. 40 prevede poi che “la caccia agli ungulati si svolge sulla base di preventivi piani di abbattimento”.

Dal quadro normativo sopra delineato emerge come la normativa in materia si limita ad attribuire alla potestà regolamentare della Province “la caccia di selezione”, laddove il provvedimento impugnato disciplina una ben diversa attività, che seppure strumentale alla stessa, viene posta in essere da soggetti, con modalità operative e finalità del tutto differenti, come correttamente messo in luce dalla ricorrente nella seconda parte del motivo. La stessa difesa provinciale, come già evidenziato, da atto del vuoto normativo nella materia, che in altre Regioni è stato appunto colmato con provvedimenti legislativi, e non meramente regolamentari, laddove nel caso di specie, pur in assenza di una norma di rango primario che devolvesse alla Provincia la potestà regolamentare, la stessa ha adottato il regolamento impugnato.

IV) Con l’ultimo motivo si censura ulteriormente il provvedimento impugnato, nella parte in cui non prevede il divieto dell’uso di munizioni al piombo, le quali sarebbero invece inibite, dal D.M. 17.10.2007, e dalla giurisprudenza che si è pronunciata sulla materia.

Preliminarmente, il Collegio concorda con quanto sostenuto dalla difesa Provinciale, in ordine alla mancanza, allo stato, di un generalizzato divieto normativo in ordine all’utilizzo delle predette munizioni, dovendosi altresì dare atto della limitata applicazione del citato D.M., alle Zone speciali di conservazione (ZSC), ed a quelle di protezione speciale (ZPS).

Tuttavia, l’I.S.P.R.A., nel proprio parere n. 19114 del 6.6.2011, ha espresso il suggerimento “di valutare l’opportunità” di prevedere l’utilizzo di munizioni alternative per la caccia agli ungulati, “oggi facilmente reperibili sul mercato e caratterizzate da prestazioni balistiche e costi simili a quelle tradizionali”, in considerazione dei “seri effetti negativi sulla conservazione delle popolazioni dei rapaci necrofagi”, nonché della “riscontrata potenziale pericolosità anche per la salute umana”. Tale nota è stata espressamente richiamata dalla giurisprudenza che si è pronunciata in casi analoghi, e che il Collegio condivide, affermandosi che “attesa la natura di vero e proprio parere del documento in questione, l’amministrazione avrebbe dovuto, quanto meno, motivare in ordine alle ragioni che l’hanno indotta a non seguire le indicazioni in esso contenute” (T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 22.5.2012 n. 188), considerato appunto che l’adempimento suggerito non incontra particolari difficoltà applicative (T.A.R Abruzzo, Aquila, 25.6.2012 n. 440).

In via di fatto, la stessa difesa provinciale riferisce che, nella propria pianificazione faunistico-venatoria, ha in corso una graduale sostituzione delle munizioni al piombo.

V) Alla luce di quanto precede, la ricorrente non conserva alcun interesse allo scrutinio del primo motivo (che può essere assorbito), in cui si evidenzia che la Giunta in carica al momento dell’approvazione della deliberazione impugnata si componeva di 10 elementi, tra i quali era presente una sola donna, da cui deriverebbe la violazione della normativa, comunitaria, nazionale e regionale, in materia di equilibrata presenza di entrambi i generi negli organi di governo.

Il ricorso va pertanto accolto.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla la deliberazione della Giunta provinciale n. 123 del 17 maggio 2012.

Spese compensate, salvo il rimborso del contributo unificato, da parte della Provincia, alla ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore

Maurizio Santise, Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)