TAR Campania (SA), Sez. I, n. 1756, del 6 agosto 2013
Caccia e animali.Revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia

E’ legittimo il decreto del vice prefetto con il quale è stato fatto divieto di detenere armi e munizioni nonché del conseguente decreto col quale il questore ha disposto la revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia. Il titolare della licenza di fucile e dell’autorizzazione a detenere armi, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve anche assicurare, non solo la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso, ma anche che non vi sia il pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01756/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01123/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1123 del 2013, proposto da: 
Carlo Musto, rappresentato e difeso dall'avv. Giulio Giuliano, con domicilio eletto in Salerno, via G.V. Quaranta,1;

contro

Ministero Dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr. Salerno, domiciliata in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58; U.T.G. - Prefettura Di Salerno;

per l’annullamento del decreto del vice prefetto vicario di salerno n. 1000 me/6d/2013 con il quale è stato fatto divieto al ricorrente di detenere armi e munizioni nonché del conseguente decreto col quale il questore ha disposto la revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia di cui il ricorrente era titolare.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 luglio 2013 il dott. Antonio Onorato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1-Come è stato rappresentato ai difensori presenti alla camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, ricorrendo i presissuposti di cui all’art. 60 cod. proc. amm., il ricorso può essere immediatamente definito nel merito con sentenza redatta in forma semplificata.

2-Il primo motivo di gravame risulta infondato in quanto, come la giurisprudenza unanime insegna, (cfr., ex multis, TAR Piemonte, sez. II, n. 768 del 2009), si deve ritenere che, nei procedimenti volti a vietare la detenzione di armi o di munizioni ed a revocare o denegare la licenza di portare armi, sussista un'urgenza di procedere in re ipsa, in considerazione della situazione di particolare pericolo che, con i provvedimenti da adottare, si mira a prevenire. Tale esigenza di celerità, pertanto, ai sensi dell'art. 7, comma 1, della legge n. 241 del 1990, è tale da giustificare l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento.

3-Con i restanti motivi di ricorso che possono essere esaminati congiuntasmente per la loro connessione, il sig. Musto ha dedotto sostanzialmente i vizi di violazione degli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S., di omessa, insufficiente e/o contradditoria motivazione.

Anche tali motivi sono infondati.

Come ha più volte rilevato la giurisprudenza, l’art. 43, ult. comma, T.U. n. 73/1931 affida alla Autorità di P.S. un giudizio largamente discrezionale circa l’affidamento dato dal richiedente sull’uso delle armi, che non può essere sindacato se non sotto il profilo del rispetto dei canoni di ragionevolezza e della coerenza.

In particolare, la legislazione in materia affida all’Autorità di pubblica sicurezza il compito di valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza che consigli l'adozione del provvedimento di rigetto della domanda di porto d’arma e di divieto della detenzione delle stesse , in quanto la misura persegue la finalità di prevenire la commissione di reati e, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza.

Ne consegue che in base al quadro normativo di riferimento, il titolare della licenza di fucile e dell’autorizzazione a detenere armi, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve anche assicurare, non solo la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso, ma anche che non vi sia il pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali (T.A.R. Umbria Perugia 12 maggio 2005 n. 276; T.A.R. Lazio Roma, sez. I 1 febbraio 2006 n. 749; Cons. Stato sez. IV, 30 aprile 1999 n. 748 e 19 dicembre 1997 n. 1440; Consiglio Stato sez. VI 6 ottobre 2005 n. 5424).

Nella fattispecie in esame, le circostanze di fatto evidenziate dall’Amministrazione nei provvedimenti impugnati, quantunque non siano ancora sfociate in provvedimenti giurisdizionali e/o amministrativi, sono sicuramente sufficienti a delineare un quadro non del tutto tranquillizzante e, pertanto, inducono a dubitare dell’ affidabilità dell’interessato (vari episodi di violenza e minacce nei confronti del frtaello in relazione ai quali pende procedimento penale).

Tale constatazione di per sé rende pienamente giustificata revoca dell’ autorizzazione.

Al riguardo, giova anche ricordare che il porto di fucile e la facoltà di detenere armi, munizioni ed esplosivi non corrispondono a diritti il cui affievolimento debba essere assistito da garanzie di particolare ampiezza, bensì ad un interesse reputato senz'altro cedevole a fronte del ragionevole sospetto o pericolo dell'abuso, interesse che non è dunque sufficiente a compensare rischi di sorta per l'incolumità pubblica.

Deve altresì evidenziarsi che la normativa – affidando alla Autorità di P.S. la formulazione di un giudizio di natura prognostica - intesta all’Amministrazione un potere di valutazione eminentemente discrezionale da esercitarsi appunto con prevalente riguardo all’interesse pubblico all'incolumità dei cittadini ed alla prevenzione del pericolo di turbamento che può derivare dall'eventuale uso delle armi, in relazione alla condotta e all'affidamento che il soggetto può dare in ordine alla possibilità di abuso delle stesse.

Quello di cui qui si discute è, dunque, un provvedimento fondato su apprezzamenti di pieno merito e perciò insindacabile in sede di legittimità se non sotto profili estrinseci (illogicità, travisamento o carenza di motivazione ).

4-Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nelle misura indicata in dispositivo

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione delle spese di giudizio che, comprensive di diritti, onorari ed altre competenze, sono liquidate in complessivi € 1.000 (mille).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 18 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Onorato, Presidente, Estensore

Francesco Mele, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere

 

 

 

 

 

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/08/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)