Cass. Sez. III n. 11581 del 7 aprile 2020 (CC 6 nov 2019)
Pres. Ramacci Est. Liberati Ric. Porcelli
Ecodelitti.Questione di legittimità costituzionale dell’art. 452 quaterdecies, comma 4, cod. pen.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 452 quaterdecies, comma 4, cod. pen., è manifestamente infondata. La previsione della confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere il reato, prevista dall’ultimo comma della disposizione denunciata per il caso di condanna o di applicazione di pena per il delitto di traffico illecito di rifiuti (attualmente previsto dall’art. 452 quaterdecies cod. pen. e precedentemente dall’art. 260 d.lgs. 152/2006), non è affatto irragionevole, avendo lo scopo, sia a fini sanzionatori sia special preventivi, di sottrarre i beni utilizzati per commettere tale reato, onde evitarne la ripetizione, e di dissuadere dalla sua nuova futura commissione, dunque la realizzazione di scopi tipicamente correlati alla funzione della sanzione penale, rimessi alla scelta del legislatore; questa non appare né irragionevole, né abnorme, né in contrasto con il principio di uguaglianza per la mancata applicazione, a tale tipo di confisca, della esclusione prevista dall’art. 452 undecies, comma 4, cod. pen. (secondo cui la confisca prevista da tale disposizione per i reati di cui agli art. 452 bis, 452 quater, 452 sexies, 452 septies e 452 octies cod. pen. non si applica quanto l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi), trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore, che non appare esercitata in modo irragionevole, stante la diversità strutturale tra le fattispecie contemplate da tale disposizione e quella di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen., che contempla condotte che possono anche non richiedere attività di bonifica o ripristino dello stato dei luoghi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 29 gennaio 2019 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano ha applicato a Porcelli Emanuele, Natale Sabino, Natale Massimo e Gaburri Elio, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., le pene dagli stessi richieste in relazione ai reati di cui agli artt. 416 cod. pen. (capo 1, contestato a Natale Sabino e a Natale Massimo); 260 d.lgs. 152/2006 (capo 2, contestato a Natale Sabino, Natale Massimo, Porcelli Emanuele e Gaburri Elio); 484 cod. pen. (capo 3, contestato a Natale Sabino e Natale Massimo); 515 cod. pen. (capo 5, contestato a Natale Sabino, Natale Massimo, Porcelli Emanuele e Gaburri Elio); 256, comma 1, lett. a), e comma 4, d.lgs. 152/2006 (capo 6, contestato a Natale Sabino e Natale Massimo); 256, comma 3, d.lgs. 152/2006 (capo 7, contestato a Natale Sabino e Natale Massimo); 256, comma 3 e comma 1, lett. a), d.lgs. 152/2006 (capo 8, contestato a Natale Sabino e Natale Massimo); 449 cod. pen. (capo 9, contestato a Natale Sabino); 256, comma 1, lett. a), e comma 4, d.lgs. 152/2006 (capo 10, contestato a Natale Sabino e Natale Massimo); 256, comma 1, lett. a), e comma 4, d.lgs. 152/2006 (capo 11, contestato a Natale Sabino e Natale Massimo); 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152/2006 (capo 11, contestato a Natale Sabino e Natale Massimo); 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152/2006 (capo 12, contestato a Natale Sabino e Natale Massimo); 259 d.lgs. 152/2006 (capo 13, contestato a Natale Sabino, Natale Massimo e Porcelli Emanuele).
Con la medesima sentenza sono state ordinate a tutti gli imputati, ai sensi dell’art. 452 quaterdecies cod. pen., il ripristino dell’ambiente, e, ai soli Natale Sabino e Natale Massimo (unitamente a Campione Nicola che non ha proposto ricorso), la bonifica delle discariche abusive di cui ai capi 7 et 8, ed è stata disposta, ai sensi dell’art. 256, comma 3, d.lgs. 152/2006, la confisca delle aree interessate dalle attività illecite (su cui esisteva un impianto abusivo di trattamento di rifiuti ed erano state realizzate discariche abusive).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Elio Gaburri, per il tramite dell’Avvocato Annibale Porrone, che lo ha affidato a due motivi.
2.1. In primo luogo, ha lamentato l’erroneità della qualificazione ai sensi dell’art. 260 d.lgs. 152/2006, ora sostituito dall’art. 452 quaterdecies cod. pen., delle condotte di cui al capo 2), considerato il più grave tra i reati che gli erano stati contestati, difettandone alcuni degli elementi costitutivi, e, in particolare, la veste di gestore di fatto della società Polirecuperi, in quanto il figlio del ricorrente, Mauro Gaburri, che ne era amministratore di diritto, non era solo l’apparente gestore, ma gestiva concretamente i poteri attribuitigli, con la conseguente erroneità della affermazione della configurabilità di tale reato anche a suo carico.
2.2. Con un secondo motivo ha eccepito la illegalità della confisca dell’autoveicolo targato DN735BS, disposta ai sensi dell’art. 260, comma 4 bis, d.lgs. 152/2006, nonostante l’occasionalità della condotta, essendo stato utilizzato per eseguire un unico trasporto di rifiuti, in quanto gli altri trasporti di rifiuti oggetto delle contestazioni erano stati eseguiti mediante mezzi della Piemonte Recuperi S.r.l.
3. Lo stesso Gaburri ha proposto altro ricorso avverso la medesima sentenza, sempre per il tramite dell’Avvocato Annibale Porrone, mediante il quale ha ribadito le censure già formulate, di erroneità della qualificazione giuridica della condotta contestata al capo 2), a causa della modestia della attività gestoria svolta dal ricorrente all’interno della società Polirecuperi, e di illegittimità della confisca del veicolo di proprietà di tale società, utilizzato per un solo trasporto di rifiuti verso lo stabilimento di Trezzano sul Naviglio, mentre altri trasporti di rifiuti erano stati affidati alla società Piemonte Recuperi, che li aveva eseguiti con mezzi propri, con la conseguente occasionalità dell’utilizzo del mezzo confiscato per la realizzazione delle condotte ritenute illecite.
Con il medesimo ricorso ha poi eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 452 undecies cod. pen., che esclude l’applicazione della confisca nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alla bonifica o al ripristino dello stato dei luoghi, giacché tale disciplina opererebbe una ingiustificata discriminazione tra il condannato per il reato di cui all’art. 452 septies cod. pen. e quello per il reato di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen.; sarebbe, inoltre, irragionevole la scelta del legislatore di precludere, all’autore del reato che non abbia potuto porre in essere l’attività riparatoria (per non aver inciso sulla sicurezza dei luoghi o dell’ambiente o per non aver avuto la possibilità di provvedervi), di beneficiare di tale causa di esclusione della confisca.
4. Ha proposto ricorso avverso la medesima sentenza anche Emanuele Porcelli, che lo ha affidato a tre motivi.
4.1. Con il primo motivo ha lamentato l’illegalità della confisca di due autocarri (targati EH991SV e DN905BV), disposta ai sensi dell’art. 259, comma 2, d.lgs. 152/2006, benché gli stessi fossero di proprietà dell’impresa individuale “Porcelli Bartolomeo” di Porcelli Alessio, e non dell’imputato, con la conseguente illegittimità di detta confisca, essendo del tutto estraneo Alessio Porcelli, padre dell’imputato, ai reati, tra l’altro commessi dal figlio in un periodo di tempo breve, dal marzo al maggio 2017, e di cui lo stesso era all’oscuro.
4.2. In secondo luogo ha prospettato un vizio in ordine alla espressione della volontà dell’imputato, rilevante ai sensi dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., evidenziando che il pubblico ministero, nell’esprimere il consenso in ordine alla richiesta di applicazione della pena avanzata dal ricorrente, aveva espresso parere favorevole al dissequestro di tutti i beni sottoposti a sequestro preventivo, tra cui l’area di proprietà della Ditta Porcelli Bartolomeo, quella di proprietà della Bapo Immobiliare S.r.l., dei due autocarri di proprietà della Ditta Porcelli e di uno di proprietà della Credite Agricole Leasing S.p.a. concesso i leasing alla medesima ditta; tale parere aveva influenzato la volontà dell’imputato nella scelta di addivenire al concordato di pena, con la conseguente sussistenza di un vizio nella manifestazione della sua volontà.
4.3. Con un terzo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, nella parte relativa alla confisca dei due automezzi di proprietà della ditta Porcelli Bartolomeo, in quanto il titolare di tale impresa, Alessio Porcelli, era estraneo ai reati e del tutto all’oscuro degli stessi.
5. Hanno proposto congiuntamente ricorso avverso la medesima sentenza anche Sabino Natale e Massimo Natale, affidandolo a due motivi, entrambi relativi ai delitti di realizzazione di discarica abusiva di cui all’art. 256, comma 3, d.lgs. 152/2006, contestati ai capi 7) et 8).
5.1. In primo luogo, hanno lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 256, comma 3, d.lgs. 152/2006 e un vizio della motivazione, con riferimento alla qualificazione delle condotte contestate ai capi 7) et 8), in quanto la stessa descrizione delle condotte contenuta nelle imputazioni avrebbe dovuto indurre a qualificarle come attività di deposito incontrollato e di gestione irregolare di rifiuti, ai sensi dell’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152/2006, non versandosi in una ipotesi di abbandono definitivo di rifiuto realizzato attraverso l’accumulo reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi, in quanto i rifiuti erano adiacenti all’impianto di recupero della Nuova Cartaria Natale, in vista del loro avvio al trattamento, e difettando dunque il necessario requisito della definitività dell’abbandono.
5.2. Con il secondo motivo hanno ribadito, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 256, comma 3, d.lgs. 152/2006 e l’insufficienza della motivazione, sempre con riferimento alla qualificazione delle condotte contestate ai capi 7) et 8), in relazione alle quali era stata disposta la confisca delle aree ritenute destinate a discarica abusiva, essendo del tutto apparente la motivazione su tali punti, oltre che contraddittoria, stante la restituzione di una delle aree sottoposte a sequestro, fondata sul rilievo che sulla stessa insisteva anche l’edificio adibito a uffici della società, che ne impediva la qualificazione come discarica abusiva, benché anche sulle altre aree vi fossero fabbricati (nell’Area 2) e container (nell’Area 3) e un impianto abusivo di trattamento dei rifiuti (nell’area Altieri S.r.l.).
6. Il Procuratore Generale ha concluso nelle sue richieste scritte, depositate il 24 ottobre 2019, per l’inammissibilità di tuti i ricorsi.
7. Con memoria datata 4 novembre 2019, spedita a mezzo telefax e pervenuta nella medesima data, Elio Gaburri ha eccepito la tardività delle conclusioni scritte del Procuratore Generale, in quanto depositata oltre 15 giorni prima della data fissata per la camera di consiglio, e ha ribadito la ammissibilità del primo motivo del proprio ricorso e la sussistenza di un interesse ad allegare il secondo, in considerazione delle possibili richieste risarcitorie provenienti dal proprietario dei veicoli confiscati.
8. Anche Sabino e Massimo Natale hanno eccepito, con memoria datata la tardività del deposito delle conclusioni scritte del Procuratore Generale, contestandone, nel merito, la fondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Pur prescindendo dai rilievi svolti dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte, depositate oltre il termine di 15 giorni stabilito dall’art. 611 cod. proc. pen. e quindi non valutabili (cfr. Sez. 1, n. 28299 del 27/05/2019, R., Rv. 276414), va rilevata l’inammissibilità di tutti i ricorsi.
2. Entrambi i ricorsi proposti da Elio Gaburri sono inammissibili.
2.1. Il primo motivo, mediante il quale è stata prospettata l’erronea qualificazione giuridica delle condotte di cui al capo 2), con la conseguente ammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., è manifestamente infondato, in quanto con esso non è stata affatto lamentata l’erroneità della qualificazione giuridica delle condotte, che, in relazione a sentenze di applicazione della pena su richiesta, è limitata ai soli casi di qualificazione palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, o di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, El Zitouni Jamal, Rv. 275971; Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, Maugeri, Rv. 272619), ma è stata in realtà richiesta una diversa valutazione delle emergenze istruttorie, allo scopo di escludere la veste di amministratore di fatto contestata al Gaburri e con essa la sua responsabilità, rivalutazione non consentita in sede di legittimità, tantomeno avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta, e che certamente non determina una errata qualificazione giuridica della condotta, ma comporterebbe semmai l’estraneità del ricorrente all’illecito, al cui accertamento non potrebbe che pervenirsi attraverso una rivalutazione delle emergenze istruttorie, non consentita alla Corte di cassazione.
2.2. Il secondo motivo, relativo alla illegittimità della confisca di un veicolo di proprietà della Polirecuperi S.r.l., utilizzato per il trasporto dei rifiuti, è anch’esso inammissibile, sia per difetto di interesse, non essendo il ricorrente proprietario del mezzo confiscato e non avendo quindi alcun interesse proprio alla restituzione del mezzo; sia causa della sua genericità, consistendo nella sola affermazione della occasionalità dell’utilizzo di tale veicolo per lo svolgimento della attività illecita, per essere lo stesso stato utilizzato per un solo trasporto di rifiuti; sia perché con esso si richiede una rivalutazione delle emergenze istruttorie, in particolare a proposito della configurabilità del reato di traffico illecito di rifiuti in relazione al quale è stata disposta detta confisca e alla strumentalità allo stesso del veicolo oggetto del provvedimento ablatorio, non consentita in sede di legittimità, a fronte di motivazione sufficiente, fondata sull’analitico richiamo agli atti di indagine, da ritenere idonea, posto che nelle sentenze di applicazione della pena su richiesta lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione, e nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi di responsabilità emergenti dagli atti di indagine analiticamente indicati (v. pag. 25 e 26 della sentenza impugnata).
2.3. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 452 quaterdecies, comma 4, cod. pen., è manifestamente infondata.
Pur prescindendo dalla mancanza di interesse del Gaburri a dolersi della confisca di un veicolo appartenente a una società di cui è stato solo amministratore di fatto e della genericità della prospettazione del ricorrente, che non ha neppure indicato il parametro costituzionale cui fare riferimento nella indagine di non manifesta infondatezza della questione che ha prospettato, va osservato che la previsione della confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere il reato, prevista dall’ultimo comma della disposizione denunciata per il caso di condanna o di applicazione di pena per il delitto di traffico illecito di rifiuti (attualmente previsto dall’art. 452 quaterdecies cod. pen. e precedentemente dall’art. 260 d.lgs. 152/2006), non è affatto irragionevole, avendo lo scopo, sia a fini sanzionatori sia special preventivi, di sottrarre i beni utilizzati per commettere tale reato, onde evitarne la ripetizione, e di dissuadere dalla sua nuova futura commissione, dunque la realizzazione di scopi tipicamente correlati alla funzione della sanzione penale, rimessi alla scelta del legislatore; questa non appare né irragionevole, né abnorme, né in contrasto con il principio di uguaglianza per la mancata applicazione, a tale tipo di confisca, della esclusione prevista dall’art. 452 undecies, comma 4, cod. pen. (secondo cui la confisca prevista da tale disposizione per i reati di cui agli art. 452 bis, 452 quater, 452 sexies, 452 septies e 452 octies cod. pen. non si applica quanto l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi), trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore, che non appare esercitata in modo irragionevole, stante la diversità strutturale tra le fattispecie contemplate da tale disposizione e quella di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen., che contempla condotte che possono anche non richiedere attività di bonifica o ripristino dello stato dei luoghi.
3. Anche il ricorso proposto da Emanuele Porcelli è inammissibile.
3.1. Il primo motivo, relativo alla illegittimità della confisca di due autocarri di proprietà dell’impresa individuale Porcelli Bartolomeo, di Porcelli Alessio, padre dell’imputato ed estraneo alla commissione dei reati contestati, è inammissibile sia per difetto di interesse, in quanto il ricorrente si duole, pacificamente, della ablazione di beni che non gli appartengono e alla cui eventuale restituzione non ha alcun interesse, né ne ha prospettato altri idonei a consentirgli di ritenere ammissibile tale doglianza, se non, genericamente, prospettando una ipotetica futura richiesta risarcitoria, che non consente di ritenere attuale e concreto l’interesse a impugnare; sia perché esso tende, in realtà, a censurare un accertamento di fatto, in ordine alla totale estraneità ai reati del proprietario dei mezzi confiscati, che consentirebbe di escluderne l’obbligatorio sequestro (cfr. Sez. 3, n. 12473 del 02/12/2015, dep. 24/03/2016, Liguori, Rv. 266482, secondo cui il terzo estraneo al reato ha l'onere di provare la propria buona fede, ovvero che l'uso illecito della "res" gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente), di cui il Giudice per le indagini preliminari ha dato conto con motivazione adeguata, sottolineando la veste di gestore di fatto assunta da Emanuele Porcelli nell’impresa individuale proprietaria dei veicoli, di cui è titolare il padre del ricorrente Alessio Porcelli, che quindi non può ritenersi in buona fede o all’oscuro delle condotte illecite: si tratta di motivazione sufficiente e censurata dal ricorrente sul piano delle valutazioni di merito, dunque in modo non consentito nel giudizio di legittimità.
3.2. Il secondo motivo, mediante il quale è stata eccepita l’esistenza di un vizio nella volontà dell’imputato di addivenire al concordato di pena poi recepito dal giudice, è manifestamente infondato.
Fermo il rilievo della assenza di interesse del ricorrente in ordine alla restituzione dei due veicoli di proprietà della ditta Porcelli Bartolomeo e di cui è stata disposta la confisca, va osservato che la richiesta di applicazione di pena non era stata subordinata alla restituzione di tali veicoli, che peraltro non avrebbe, per le ragioni esposte a proposito della sua obbligatorietà, potuto essere disposta; tale richiesta era, infatti, stata avanzata prima che il pubblico ministero, nell’aderire alla proposta di concordato di pena, esprimesse anche parere favorevole al dissequestro dei beni sottoposti a sequestro preventivo e di cui è poi stata disposta la confisca, con la conseguenza che non poteva esplicare alcun effetto condizionante della volontà dell’imputato, la cui doglianza su tale punto risulta quindi manifestamente infondata.
4.3. Anche il terzo motivo, relativo alla insufficienza della motivazione in ordine alla confisca dei medesimi veicoli, è inammissibile, sia per la già evidenziata carenza di interesse; sia a causa della sua genericità, consistendo nella mera asserzione della estraneità di Alessio Porcelli al reato e della sua inconsapevolezza dello stesso; sia perché anch’esso, come il primo motivo di ricorso, tende a censurare un accertamento di fatto in ordine alla totale estraneità ai reati del proprietario dei mezzi confiscati, non censurabile in sede di legittimità sul piano del merito, a fronte di motivazione idonea e immune da vizi logici.
5. Il ricorso proposto congiuntamente da Sabino Natale e Massimo Natale, mediante il quale, con entrambi i motivi, è stata censurata la confisca delle aree destinate a discarica abusiva oggetto dei reati di cui ai capi 7) et 8), è inammissibile, in quanto tende a censurare un accertamento di fatto, e cioè la realizzazione di discariche abusive, che ha determinato l’applicazione della pena per tali reati e la confisca delle aree, senza prospettare alcuno dei vizi che consente il ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta, né violazioni di legge o vizi della motivazione, ma proponendo una diversa valutazione delle condotte, onde escludere la realizzazione di discariche abusive e pervenire a una diversa qualificazione delle condotte contestate, non consentita nel giudizio di legittimità avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.
Benché, infatti, le censure dei ricorrenti siano rivolte alle statuizioni accessorie di confisca, estranee al concordato di pena, esse si fondato su una diversa valutazione delle condotte contestate, che dovrebbero, ad avviso dei ricorrenti, essere qualificate come deposito irregolare di rifiuti anziché realizzazione di discariche abusive, ma ciò presuppone una non consentita rivisitazione degli elementi di prova e rivalutazione delle condotte, non consentita dall’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., che consente il ricorso per cassazione contro sentenze di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto (limitata, come evidenziato, limitata ai soli casi di qualificazione palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, o di errore manifesto), all'illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Ne consegue, pertanto, l’inammissibilità anche di tale ricorso, in quanto affidato a motivi non consentiti nel giudizio di legittimità avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.
6. Tutti i ricorsi devono, in conclusione, essere dichiarati inammissibili, stante la genericità, la manifesta infondatezza e il contenuto non consentito dei motivi cui sono stati affidati.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 2.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 6/11/2019