TAR Piemonte, Sez. I, n. 1165, del 7 novembre 2013
Elettrosmog.Approvazione Regolamento comunale installazione SRB telefonia mobile, necessità istruttoria tecnica

I regolamenti comunali che disciplinano le installazione delle SRB per la telefonia mobile, devono suffragare le relative disposizioni mediante adeguata istruttoria tecnica che dia conto delle ragioni per cui certe localizzazioni siano da preferire ad altre e non impediscano in concreto l'erogazione del servizio, sussistendo in particolare l'obbligo di effettuare approfondimenti tecnico-scientifici in funzione, per quanto già si è detto, non già della determinazione di valori di campo diversi da quelli stabiliti dalla normativa statale, ma della disciplina del corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti. Infatti, non è ammesso sotto il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, l’introduzione di deroghe ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, materia questa che esula dal governo del territorio (sul quale i Comuni hanno competenza) e che impinge sulla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo, soggetta a riserva legislativa in favore dello Stato in forza dell'art. 4 della legge n. 36/2000. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

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N. 01165/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00428/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 428 del 2013, proposto da: 
Telecom Italia S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Pietro Ferraris ed Enzo Robaldo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Sacchi, 24;

contro

Comune di Varallo Pombia, rappresentato e difeso dall'avv. Giorgio Santilli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Paolo Sacchi, 44; Provincia di Novara, Regione Piemonte;

per l'annullamento:

1) della nota prot. n. 2091 dell’11 febbraio 2013 del responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Varallo Pombia, recante diniego alla richiesta di realizzazione, ai sensi dell'art. 87 del D.lgs. n. 259/2003, di una stazione radio base UMTS in via Caccia 27;

2) del "regolamento comunale per l'installazione e l'esercizio degli impianti di telecomunicazione per la telefonia cellulare", approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Varallo Pombia n. 38 del 29.11.2005 e modificato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 26 del 2.7.2008.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Varallo Pombia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. In data 15 gennaio 2013 Telecom Italia S.p.A. presentava al Comune di Varallo Pombia un’istanza di autorizzazione ai sensi dell'art. 87 del D.lgs. n. 259/2003 per l'installazione di una stazione radio base UMTS da realizzarsi in via Caccia 27, nel cortile di un edificio adibito a centrale telefonica.

L'impianto, come risulta dalla relazione tecnica di accompagnamento, prevedeva la posa di un palo poligonale di altezza pari a mt. 18, sulla cui sommità sarebbe stato installato un pennone di mt. 6,00, per un altezza complessiva del manufatto di m t. 24,00. La struttura avrebbe ospitato sei antenne.

In data 21 gennaio 2013 l'amministrazione comunicava i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, evidenziando profili di contrasto con il regolamento comunale per l’installazione e l’esercizio di impianti di telecomunicazione per telefonia cellulare, approvato nel 2005 e modificato con Deliberazione di C.C. n. 26 del 2 luglio 2008, e in particolare con l'art. 3 'Criteri per l'installazione degli impianti - Misure di cautela' che vieta l'installazione di impianti di telefonia in aree rientranti nel limite dei 100 mt. dal confine esterno delle aree sensibili, misurati a raggio. L'impianto previsto ricadeva, appunto, all'interno del perimetro di rispetto (100 m) di tutela degli edifici scolastici comunali individuati come aree sensibili.

La società presentava osservazioni con nota del 23 gennaio 2013 sostenendo la difformità del Regolamento comunale rispetto alla normativa nazionale e regionale.

Infine, con provvedimento prot. 2091 in data 11 febbraio 2013, il Comune comunicava il rigetto definitivo dell'istanza di autorizzazione, ribadendo il contrasto della SRB in progetto con il regolamento comunale, e ciò a causa della sua vicinanza ad aree sensibili, essendo localizzata a meno 100 mt. dalla scuola primaria e secondaria di primo grado e a meno di 30 mt. dall'edificio ospitante la mensa scolastica "Il Chioso".

Il provvedimento segnalava, inoltre, l'esistenza del vincolo paesaggistico sull'area oggetto di intervento e la necessità per la società di conseguire preliminarmente l'autorizzazione di cui all'art. 146 D.lgs. 42/2004.

2. Con ricorso notificato in data 12 aprile 2013 Telecom ha impugnato il diniego, unitamente al regolamento comunale presupposto, chiedendone in via cautelare la previa sospensione.

In particolare, con il primo motivo la società Telecom ha dedotto la violazione dell'art. 10 bis della L. 241/1990, assumendo che il provvedimento di diniego conterrebbe, in motivazione, considerazioni giuridiche diverse e ulteriori rispetto a quelle contemplate nel preavviso di rigetto.

Con il secondo motivo Telecom ha sostenuto che il diniego sarebbe illegittimo in quanto assunto in applicazione di un regolamento di localizzazione degli impianti a sua volta viziato: il Comune, infatti, avrebbe introdotto limiti alla realizzazione degli impianti di telefonia ulteriori e diversi rispetto a quelli contenuti nella normativa nazionale e regionale, così esorbitando dalle proprie specifiche competenze.

Con il terzo motivo Telecom ha denunciato l’illegittimità del regolamento comunale per violazione del procedimento di approvazione, assumendo che l'atto regolamentare, avendo natura di atto integrativo del regolamento edilizio, doveva essere approvato secondo il procedimento previsto dall'art. 3 della L.R. n. 19/1999.

Con il quarto motivo Telecom ha dedotto che il diniego avrebbe applicato in maniera erronea il regolamento, disattendendone il disposto: ciò in quanto l'edificio che ospita la mensa scolastica “Il Chioso”, posizionato a meno di 30 mt. dal luogo in cui la società vorrebbe collocare la SRB, non potrebbe qualificarsi quale "area sensibile", trattandosi di edificio separato dalle strutture scolastiche.

Con il quinto motivo Telecom ha sostenuto che il diniego assunto sarebbe illegittimo anche con riferimento alla dedotta incompatibilità dell'intervento con il vincolo paesaggistico gravante sull'area in cui è prevista l'installazione della SRB. Era infatti onere dell'amministrazione sollecitare alla società istante l’integrazione della documentazione mancante; e, comunque, la normativa di settore non rendeva necessaria, nel caso specifico, la preventiva acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica.

3. A seguito della costituzione dell’amministrazione intimata, questo Tribunale, in accoglimento dell’istanza cautelare, ha disposto che l’amministrazione riesaminasse il provvedimento di rigetto, tenendo conto della censura di illegittimità riferita ai criteri di localizzazione contenuti nel regolamento.

La misura cautelare è tuttavia rimasta senza esito.

4. Il procedimento è stato quindi chiamato a decisione all’udienza pubblica del 24 ottobre 2013.

5. La parte resistente ha eccepito in via preliminare la tardività dell’impugnazione del regolamento comunale di localizzazione degli impianti. Nel merito ha contestato gli assunti avversari, chiedendone il rigetto integrale.

6. Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

Risultano decisivi e assorbenti, nel determinare tale esito di giudizio, i motivi di censura già positivamente vagliati in fase di delibazione dell’istanza cautelare.

6.1 Quanto al primo di essi, è opportuno ricordare che l'art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, prevede la possibilità che i Comuni adottino un regolamento c.d. di minimizzazione finalizzato a garantire "il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici".

In merito all’interpretazione della disposizione in esame si è ormai consolidato in giurisprudenza un condiviso orientamento secondo il quale le previsioni dei regolamenti c.d. di minimizzazione possono ritenersi legittime solo qualora indirizzate al perseguimento delle finalità indicate dalla norma e non anche quando tendano a scopi differenti.

Sulla base di tale criterio è ritenuta lecita l’introduzione di regole finalizzate a tutelare, sotto il profilo urbanistico, zone e beni di particolare pregio paesaggistico/ambientale o storico/artistico, ovvero, con riferimento alla minimizzazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici, volte a controllare il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici.

Antitetica è, invece, la valutazione relativamente a quelle previsioni che si sostanzino in "limitazioni alla localizzazione" degli impianti di telefonia mobile relativamente ad intere ed estese porzioni del territorio comunale, senza che sia ravvisabile una plausibile ragione giustificativa (cfr. Corte Costituzionale, 7 novembre 2003, n. 331; 7 ottobre 2003, n. 307; 27 luglio 2005, n. 336).

In ipotesi siffatte, sotto il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, si cela l’introduzione di deroghe ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, materia questa che esula dal governo del territorio (sul quale i Comuni hanno competenza) e che impinge sulla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo, soggetta a riserva legislativa in favore dello Stato in forza dell'art. 4 della legge n. 36/2000 (in tal senso, tra le tante, Cons. St. sez. VI, 9 gennaio 2013 n. 44 e sez. III, 10 luglio 2013, n. 3690; id., sez. VI, 27 dicembre 2010 , n. 9414 e 15 giugno 2006, n. 3534; T.A.R. Piemonte sez. I, 23 luglio 2013, n. 901).

6.2 Va poi osservato che i regolamenti comunali devono suffragare le relative disposizioni mediante adeguata istruttoria tecnica che dia conto delle ragioni per cui certe localizzazioni siano da preferire ad altre e non impediscano in concreto l'erogazione del servizio, sussistendo in particolare l'obbligo di effettuare approfondimenti tecnico-scientifici in funzione, per quanto già si è detto, non già della determinazione di valori di campo diversi da quelli stabiliti dalla normativa statale, ma della disciplina del corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti (T.A.R. Salerno, Sez. II, 26 settembre 2007, n. 1923 e T.A.R. Lecce, Sez. II, 3 novembre 2006, n. 5142).

6.3 La casistica conosce due tipologie di previsioni regolamentari eccedenti i limiti della competenza comunale. In alcuni casi di tratta di norme recanti divieti generalizzati di installazione delle stazioni radio-base per telefonia cellulare in vaste zone omogenee del territorio comunale; in altri casi, si tratta di limiti distanziali indifferenziati e fissi, da osservare rispetto a edifici o siti genericamente classificati per tipologie.

6.4 Nel caso di specie, il regolamento comunale individua all’art. 2 come aree sensibili “gli ospedali, le case di cura, gli edifici scolastici, etc.” e all’art. 3 impone una distanza di 100 mt dalle dette aree. Da questa previsione, impostata su una regola distanziale generica, priva di riferimenti specifici a singoli ambiti territoriali e carente di dati istruttori mirati e puntuali, il provvedimento di diniego ha tratto argomento decisivo per concludere per il rigetto dell’istanza.

6.5 In ipotesi del tutto analoghe a quella in esame e sulla base di argomenti già richiamati, la giurisprudenza ha concluso per l’illegittimità del limite distanziale, ravvisandovi un intento disciplinare riferito non ai profili urbanistici rientranti nella competenza dell'ente locale, ma alla tutela della salute umana (cfr., Cons. St., sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7128; T.A.R. Palermo, sez. II, 11 gennaio 2011, n. 22; T.A.R. Bari sez. I, 13 maggio 2010, n. 1863; T.A.R. Palermo, sez. II, 27 ottobre 2010, n. 13719; T.A.R. Pescara sez. I, 23 maggio 2009, n. 375; T.A.R. Piemonte sez. I, 19 dicembre 2008, n. 3150).

6.7 A riprova dell’esorbitanza dell’art. 3 in esame dall'ambito normativamente riservato ai c.d. regolamenti di minimizzazione, va osservato che la Delibera della Giunta Regionale Piemonte n. 16-757 del 5 settembre 2005, adottata in attuazione dell’art. 5 comma 2, della L.R. 19/2004 per l’individuazione dei criteri generali per la localizzazione degli impianti radioelettrici, nella definizione delle “aree sensibili” include i “singoli edifici scolastici” (art. 2.1) e analoga formula viene utilizzata con riferimento ai regolamenti comunali, prevedendosi che gli stessi possano dettare criteri e misure di cautela inerenti “singoli beni classificati come aree sensibili” (art. 3.2).

Trova conferma, pertanto, la necessità del carattere mirato e puntuale dei criteri localizzativi e la connessa esigenza che gli stessi siano supportati da ragioni giustificatrici specifiche e adeguatamente vagliate sul piano istruttorio.

6.8 Dalle considerazioni che precedono discende la fondatezza delle censure formulate da parte ricorrente avverso la previsione regolamentare de qua e - per illegittimità derivata - avverso il provvedimento di diniego.

Va dunque annullato l'art. 3 del Regolamento Comunale da ultimo modificato con deliberazione di C.C. n. 26 del 2 luglio 2008 - nella parte in cui vieta l’installazione degli impianti per la telefonia cellulare nelle aree rientranti nel limite di 100 metri dal confine esterno delle aree sensibili - non ravvisandosi alcuna decadenza rispetto all'impugnativa de qua, in quanto rivolta avverso previsione di carattere generale (volizione preliminare), destinata ad essere impugnata assieme all'atto applicativo (volizione azione).

Si tratta, in altri termini, di una norma regolamentare di carattere generale e astratto, destinata a disciplinare, su tutto il territorio comunale, la futura installazione degli impianti di telecomunicazione. Dal che consegue che il termine per ricorrere avverso siffatta disciplina non può che decorrere dal momento in cui la stessa ha ricevuto applicazione concreta, ossia dal provvedimento di diniego di autorizzazione.

6.9 Peraltro, vi è da evidenziare, ad abundantiam, che anche in assenza di impugnativa, detta disposizione illegittima sarebbe comunque disapplicabile in questa sede; infatti, secondo una consolidata giurisprudenza, il giudice amministrativo ha il potere di disapplicare un regolamento non conforme a legge, valutando così direttamente il contrasto tra provvedimento e legge, ed annullando il provvedimento, a prescindere dall'impugnazione congiunta del regolamento e del relativo provvedimento attuativo.

7. Le considerazioni già svolte sulla genericità del limite e sull’assenza di dati istruttori che lo giustifichino, si applicano anche alla presenza, segnalata nella motivazione dell’atto impugnato, di una mensa scolastica nel limite di trenta metri dal confine esterno dell’area sensibile.

7.1 Il fatto poi che questa circostanza non sia stata evidenziata nel preavviso di diniego, costituisce ulteriore profilo di illegittimità del provvedimento impugnato, per violazione dell’art. 10 bis L. 241/1990. L’inosservanza di tale disposizione non è compensata, d’altra parte, dalla presenza di valide motivazioni alternative, in grado di supportare autonomamente il provvedimento e diverse da quelle in esso trasfuse per la prima volta (cfr. T.A.R. Salerno sez. II, 04 febbraio 2013, n. 336).

8. Va valutato positivamente anche il quinto motivo di censura.

8.1 Gli art. 86 e 87 d.lg. n. 259 del 2003, nel disciplinare il rilascio di autorizzazioni per impianti di telefonia mobile e relative antenne, prevedono, per quanto qui rileva, un procedimento autorizzatorio che assorbe e sostituisce il procedimento per il rilascio del titolo abilitativo edilizio, facendo salve le sole disposizioni di cui al d.lg. n. 42 del 2004. In altri termini, laddove un dato bene o area siano sottoposti a vincolo paesistico, occorre sentire l'autorità preposta alla tutela del vincolo, il cui dissenso ha carattere qualificato e differenziato (cfr. Cons. St., sez. VI, 15 dicembre 2009 , n. 7944).

8.2 A ciò va aggiunto che il complessivo sistema procedimentale delineato dall'art. 87, d.lgs. n. 259 del 2003 non esclude che, nell'inerzia dell'amministrazione locale competente, il titolo abilitativo si formi per silentium anche laddove sia richiesto il parere di amministrazioni preposte alla tutela di beni di carattere ambientale/ paesaggistico (cfr. T.A.R. Palermo sez. II, 09 maggio 2012, n. 925; T.A.R. Toscana, sez. I, 14 febbraio 2011, n. 312).

8.3 Le due previsioni (doverosità del parere e regola del silenzio assenso) si coordinano attraverso l’art. 87 comma 5, d.lgs. 1 agosto 2003 n. 259 che disciplina l'obbligo gravante sul responsabile del procedimento, ai sensi dell'art. 6, lett. b), l. 7 agosto 1990 n. 241, di invitare gli interessati a regolarizzare eventuali istanze erronee e incomplete, entro un termine perentorio di 15 giorni dalla presentazione dell'istanza.

8.4 Nel caso in esame, la disposizione in commento è rimasta inattuata, in quanto nel corso del procedimento l’amministrazione non si è curata di garantire la completezza dell’istruttoria, né ha rivolto all’istante la richiesta di integrazione della documentazione mancante, limitandosi a porre in luce il profilo dell’assenza del parere solo nell’atto di diniego conclusivo.

8.5 D’altra parte, a bilanciare le omissioni dell’amministrazione non vale obiettare che la Telecom, nella propria istanza di autorizzazione, non aveva segnalato la sussistenza del vincolo sull’area in oggetto. In ipotesi siffatte, viene in rilievo il principio di portata generale del c.d. 'soccorso istruttorio', in virtù del quale l'amministrazione procedente ha il dovere (prima ancora che il potere) di richiedere - nel corso della fase di interlocuzione procedimentale - le integrazioni documentali che risultino pertinenti e necessarie al fine dell'utile conclusione del procedimento.

Il richiamato principio (il quale costituisce una mera declinazione dei più generali principi di buon andamento ed imparzialità nella gestione della cosa pubblica - art. 97, Cost - e che rinviene una puntuale conferma nella previsione di cui all'art. 6, co. 1, lettera b), l. 241 del 1990) postula che l'amministrazione provveda lealmente a richiedere al soggetto privato le integrazioni documentali utili alla più completa istruttoria procedimentale e che non possa limitarsi ad addurre l'incompletezza dei documenti posti a supporto dell'istanza per concludere nel senso dell'adozione di un provvedimento negativo, senza aver preventivamente posto il soggetto istante in condizione di completare l'istanza in questione (si tratta, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, di un principio a valenza generale, il quale può essere derogato solo nelle ipotesi - che qui non ricorrono - in cui il consentire integrazioni documentali in favore di uno dei richiedenti possa risolversi in uno svantaggio competitivo a carico di altri aspiranti alla medesima utilitas finale - Cons. Stato, Sez. IV, sent. 26 novembre 2009, n. 7443; id., sez. VI, 06 settembre 2010, n. 6463).

In definitiva, sotto tutti i profili esaminati, le doglianze svolte in ricorso meritano accoglimento e determinano l’annullamento degli atti impugnati ai sensi e nei limiti sopra indicati.

La delicatezza degli interessi coinvolti e l’andamento ancora instabile degli orientamenti interpretativi in materia, giustificano la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l'effetto annulla gli atti impugnati, nei sensi e nei limiti indicati in motivazione.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario

Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)