Cass. Sez. III n. 28246 del 10 luglio 2008 (Cc. 15 mag. 2008)
Pres. De Maio Est. Marini Ric. Piscedda
Rifiuti. Criteri interpretativi

Anche volendo prescindere dal contenuto della recente decisione della Corte Europea di Giustizia in ordine alle scelte operate dal legislatore italiano in materia di definizione del concetto di "rifiuti" e di regolamentazione delle "discariche" (Sentenza della Corte, Sezione Seconda del 10 Aprile 2008 nella causa C-442/06, relativa ai contenuti della Direttiva del Consiglio 26 Aprile 1999, 1999/31/CE, in particolare degli artt.2-14 per quanto qui interessa), non vi è dubbio che la disciplina comunitaria in materia di salvaguardia dell\'ambiente e della salute impone in sede interpretativa una lettura delle disposizioni legislative che abbia come obiettivo prioritario la prevenzione e la massima tutela degli interessi e dei diritti fondamentali oggetto di salvaguardia.

Come emerge dalla esposizione dei fatti operata puntualmente nella prima parte del provvedimento impugnato, a seguito di accertamenti compiuti il N.O.E. di Cagliari nel mese di novembre 2007 operò ai sensi dell’art.321, co.3-bis c.p.p. il sequestro di un’area di circa mq.800 di proprietà della Srl IN.FRA. in località Uta di Contoniosa. Il sequestro fu giustificato con l’esistenza di indizi di commissione del reato previsto dall’art.256 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per avere la società, senza le prescritte autorizzazioni, accumulato una significativa quantità di rifiuti di natura diversa così da dare origine ad una vera e propria discarica abusiva.
Entro i termini di legge il P.M. provvede a richiedere la convalida del sequestro, richiesta accolta dal G.i.p. del Tribunale di Cagliari con provvedimento del 26 Novembre 2007 che disponeva, altresì sensi dell’art.321, comma primo c.p.p., il sequestro preventivo dell’area.

Avverso il provvedimento del G.i.p. il Sig. Piscedda, quale legale rappresentante della Srl IN.FRA. presentò tempestiva richiesta di riesame, depositando ampio materiale a sostegno della insussistenza dei presupposti del sequestro.
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Cagliari, quale giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo disattendendo le osservazioni della difesa.
In sintesi, il Tribunale ha ritenuto che:
a) in sede di riesame il Tribunale deve limitare la propria cognizione alla esistenza del “fumus commissi delicti” e delle esigenze cautelari, non dovendo scendere all’esame del merito delle ipotesi di reato;
b) la Srl IN.FRA. ha effettivamente, come documentato dalla difesa, presentato nel giugno 2007 domanda di autorizzazione, con procedura semplificata, allo stoccaggio temporaneo e al ciclico di materiali per l’edilizia; in particolare, la domanda concerneva, rileva il Tribunale, “inerti non pericolosi derivanti da demolizioni di strutture in calcestruzzo, e inerti provenienti da scavi di qualsiasi natura e consistenza eseguiti mediante l’uso di mezzi meccanici”;
c) il ciclo produttivo esposto in sede di richiesta di autorizzazione comprendeva “la escavazione, il trasporto e lo scarico in un locale attiguo alla tramoggia, costituito da una piattaforma in calcestruzzo dello spessore di 20 centimetri, rinforzata con rete elettrosaldata da 8”, aggiungendo che detto piazzale avrebbe avuto adeguata pendenza e sarebbe stato fornito di telone in pvc rinforzato per consentire la copertura dei materiali ed evitare la dispersione delle polveri;
d) dal sopralluogo sono emerse vistose differenze fra quanto sopra indicato e la situazione di fatto, tanto che:
1) tra i materiali rinvenuti erano presenti sia fanghi da lavorazione sia materiali combusti di possibile origine urbana;
2) la messa in riserva risultava effettuata senza le cautele sopra indicate per lo stoccaggio (carenza di pavimentazione e impermeabilizzazione);
3) i materiali risultavano mischiata e compattati, così da impedirne il riconoscimento e la possibile successiva lavorazione;
e) tale situazione di fatto si pone in contrasto con gli artt.214-216 del citato d. lgs. l52 del 2006 e appare integrare il reato previsto dal successivo art.256

Avverso la decisione del Tribunale di Cagliari la difesa del Sig. Piscedda presenta ricorso per cassazione sulla base di motivi che riproducono le censure mosse in sede di richiesta di riesame avverso il provvedimento del G.i.p.. In particolare:

con primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.216, n. 1 d. lgs. 3 aprile 2006, n.152 per avere l’ordinanza omesso di considerare la legittimità delle attività di recupero dei rifiuti operate dalla Srl IN.FRA, sulla base di una domanda di autorizzazione assentita per il decorso del termine di legge;

con secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.14 d. lgs. 8 luglio 2002, n.238, avendo l’ordinanza impugnata erroneamente qualificato come “rifiuti” i materiali rinvenuti, posto che si è in presenza di materiali chiaramente destinati ad essere reimpiegati nel medesimo o analogo ciclo produttivo.

OSSERVA

L’ordinanza impugnata merita totale accoglimento e le censure ad essa mosse debbono essere rigettate perché infondate.

Anche volendo prescindere dal contenuto della recente decisione della Corte Europea di Giustizia in ordine alle scelte operate dal legislatore italiano in materia di definizione del concetto di “rifiuti” e di regolamentazione delle “discariche” (Sentenza della Corte, Sezione Seconda del 10 Aprile 2008 nella causa C-442/06, relativa ai contenuti della Direttiva del Consiglio 26 Aprile 1999, 1999/31/CE, in particolare degli artt.2- 14 per quanto qui interessa), non vi è dubbio che la disciplina comunitaria in materia di salvaguardia dell’ambiente e della salute impone in sede interpretativa una lettura delle disposizioni legislative che abbia come obiettivo prioritario la prevenzione e la massima tutela degli interessi e dei diritti fondamentali oggetto di salvaguardia. E tale obbligo deve essere dal giudice nazionale rispettato nel momento in cui si trova ad applicare l’art.14 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, anche nelle parti in cui opera riferimento al “riutilizzo” in ciclo produttivo.

Ora, come chiaramente esposto dal Tribunale di Cagliari, i materiali rinvenuti ed oggetto di sequestro assieme all’area in cui erano depositati presentano alcune caratteristiche essenziali che integrano, a parere di questa Corte, il “fumus” del reato contestato:
a) risultano consistere sia in materiali inerti non pericolosi (in conformità alla richiesta di autorizzazione inoltrata dalla Srl IN.FRA. e , risulterebbe, assentita per decorso dei termini di legge), sia da materiali diversi rispetto a quelli indicati in richiesta in particolare: fanghi da lavorazione e materiali combusti di probabile origine urbana, per i quali allo stato non appare applicabile la nozione di inerti non pericolosi;
b) detti materiali non risultano depositati con modalità che ne consentano la agevole individuazione e la successiva lavorazione nell’ambito di un ciclo produttivo, bensì compattati con modalità che il Tribunale ha ritenuto proprie dei materiali destinati allo smaltimento;
c) detti materiali risultano depositati sul terreno senza le cautele che il Tribunale riferisce come indicate nella richiesta di autorizzazione (piattaforma in cemento, rete elettrosaldata, pendenza adeguata, copertura con pvc).

La Corte ritiene corretta la motivazione della sentenza impugnata nel considerare che tali circostanze di fatto appaiono chiaramente indicative di una destinazione dei materiali diversa rispetto a quella dichiarata, e considera che tale realtà non possa trovare giustificazione alcuna con riferimento ai problemi autorizzativi di altra unità produttiva.
Inoltre, va rilevato che quelle medesime circostanze non sono state esaminate in maniera puntuale dal ricorrente, che ha concentrato la propria attenzione su aspetti diversi e non riferiti alle parti essenziali della decisione del Tribunale come sopra sintetizzata.
I contenuti del ricorso risultano così in gran parte ripetitivi delle argomentazioni esposte in sede di impugnazione avverso il decreto di sequestro e, nel merito, non fondati in quanto prospettano una interpretazione della legge che non si attaglia al caso in esame.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere respinto, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.