Cass. Sez. III n.39360 del 29 novembre 2006 (ud. 26 ott. 2006)
Pres. Vitalone Est. Lombardi Ric. Lo Bello
Rifiuti. Smaltimento amianto
Sussiste l'obbligo dì iscrizione all'Albo Nazionale da parte
di
impresa di bonifica dall’amianto o, in mancanza, di munirsi
della
prescritta autorizzazione sul presupposto che
l’attività
di recupero dell’amianto d altri materiali e di successiva
messa
in sicurezza rientra nella nozione di raccolta dei rifiuti
P.U. del 26.10.2006
SENTENZA N. 1701
REG. GENERALE n. 38133/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Claudio
Vitalone
Presidente
Dott. Pierluigi
Onorato
Consigliere
Dott. Alfredo
Teresi
Consigliere
Dott. Alfredo Maria
Lombardi
Consigliere
Dott. Amedeo
Franco
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avv. Francesco Caratozzolo,
difensore di fiducia di Lo Bello Vincenzo, n. a Termini Imerese il
21.11.1945, avverso la sentenza in data 31.5.2005 della Corte di
Appello di Palermo, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di
Termini Imerese in data 18.11.2004, venne condannato alla pena di mesi
quattro di arresto e € 2.000,00 di ammenda, quale colpevole
del reato di cui all'art. 51, co. 1, del D.L.vo n. 22/97.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo
Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha confermato
la pronuncia di colpevolezza di Lo Bello Vincenzo in ordine al reato di
cui all'art. 51, co. I, del D.L.vo n. 22/97, ascrittogli
perché, quale titolare dell’omonima ditta,
effettuava attività di smaltimento di rifiuti pericolosi,
costituiti da amianto, senza essere munito della prescritta
autorizzazione.
I giudici di merito hanno accostato in punto di fatto che la ditta
dell'imputato aveva eseguito lavori di bonifica di materiali inquinati
da amianto, senza essere iscritta all’albo delle imprese
previsto dall'art. 30 del D.L.vo. n. 22/97.
La sentenza ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante
aveva contestato la sussistenza della fattispecie contravvenzionale
ascrittagli deducendo che l'attività di bonifica non poteva
essere inquadrata tra quelle relative allo smaltimento dei rifiuti.
Si è osservato sul punto nella sentenza che nel concetto di
smaltimento dei rifiuti rientrano tutte le operazioni aventi ad oggetto
i rifiuti comprese tra il momento della produzione e quello della
definitiva eliminazione dei rifiuti; che tra tali operazioni rientrano,
quindi, le attività di prelievo e di trattamento
fisico-chimico dell'amianto, in attesa di avviarlo alla discarica
eseguite dalla ditta dell'imputato; che quest’ultima,
pertanto, avrebbe dovuto iscriversi all’albo nazionale delle
imprese previsto dal citato art. 30 del D.L.vo n. 22/97 e, in attesa
delle norme tecniche per la istituzione dell'albo, avrebbe dovuto
iscriversi all’albo previgente istituito dall’art.
10 del D.L. n. 361/87, convertito in L. n. 441/87, ovvero
munirsi dell'autorizzazione prevista dell'art. 6 Iett. d) del D.P.R. n.
915/82.
La sentenza ha, altresì rigettato la richiesta di riduzione
della pena inflitta e di concessione dei benefici di legge.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato che
li denuncia con tre motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia la
violazione ed errata applicazione degli art. 51, co. I, e 30, co. 7,
del D.L.vo. 22/97, del D.L. n. 361/87, convertito in L. n. 441/87,
nonché Ia mancanza e la manifesta illogicità
della motivazione della sentenza.
Il ricorrente ribadisce la doglianza afferente alla
inapplicabilità nel caso in esame, del disposto
dì cui all’art. 30, commi 7 ed 8, del D.L.vo n.
22/91, nonché delle altre norme sopra citate, in quanto la
ditta di cui è titolare svolge
un’attività di bonifica di materiali contenenti
amianto e non una attività di smaltimento dei rifiuti.
Si osserva in proposito che il citato art. 30, co. 7, impone
l’obbligo di iscrizione al vecchio Albo nazionale delle
imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti solo alle ditte
che intendono svolgere le attività di smaltimento descritte
nel art. 2 del D.P.R. n. 915/82, mentre nessun obbligo di iscrizione
è previsto per le ditte che svolgono attività di
bonifica. Si aggiunge che l'art. 6 del D.L.vo n. 22/97 definisce nelle
lettere g) ed n) le attività di smaltimento e di bonifica,
differenziandole tra loro. Si osserva ancora che la sussistenza
dell’obbligo di iscrizione nell’Albo nazionale
delle imprese a carico della ditta del Lo Bello corrisponde ad una
affermazione del solo teste Catalano, che ha precisato trattarsi di una
sua interpretazione personale della normativa in materia, ed
è stato smentito da altri testi. In particolare - si afferma
- il teste Ballone, funzionario deIl’uffficio regionale del
nuovo Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei
rifiuti, ha precisato in proposito che all'epoca della contestazione il
Lo bello non avrebbe potuto effettuare l'iscrizione per carenze delle
norme tecniche che dovevano fissare le garanzie fideiussorie a carico
delle Imprese richiedenti.
Tale disposto, peraltro, riproduce con riferimento, tra le altre, alle
imprese che effettuano attività di bonifica dei beni
contenenti amianto, quello di cui all’art. 5 del D.L. n.
662/1996, i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art. 1 della L.
11.11.1996 n. 575.
L’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale per le
imprese di bonifica dall’amianto, pertanto, era
già previsto dalla normativa previgente
all’entrata in vigore del D.L.vo n. 22/97, sicché
l’obbligo di iscrizione non poteva che riferirsi
all’Albo Nazionale già esistente e non al nuovo
Albo istituito dal testo unico citato.
Orbene, alla luce della rilevata continuità normativa
esistente tra le disposizioni che hanno imposto l'obbligo di iscrizione
alle imprese di bonifica dall'amianto, pertanto, risulta pienamente
applicabile a queste ultime il disposto di cui all’art. 30,
co. 7, del D.L.vo n. 22/97, secondo il quale “In attesa
dell’emanazione dei decreti di cui ai commi 2 e 3, continuano
ad operare, rispettivamente il Comitato nazionale e le Sezioni
regionali dell'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di
smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 1 del decreto legge 31 agosto
1987 n. 361, convertito, con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1987
n. 441”.
Tale disposto circa la ultrattività operativa degli
organismi esistenti, peraltro, trova un riscontro di carattere generale
nella norma di chiusura di cui all’art. 57, co. 1 del decreto
legislativo citato, secondo il quale: “Le norme regolamentari
e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento
del rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle specifiche norme
adottate in attuazione del presente decreto. A tal fine ogni
riferimento ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito ai
rifiuti pericolosi”
E’ appena il caso di rilevare a proposito del citato disposto
che l’attività di recupero dell’amianto
da altri materiali e di successiva messa in sicurezza rientra senza
ombra di dubbio nella nozione di raccolta dei rifiuti secondo la
definizione di cui all’art. 6, co. 1 lett. e), del D.L.vo n.
22/97.
Per completezza di esame va aggiunto, infine, che ai sensi
dell’art. 30, co. 4, del decreto legislativo
“L’iscrizione”...- sostituisce
l’autorizzazione all’esercizio delle
attività dl raccolta di trasporto, di commercio e di
intermediazione dei rifiuti” sicché sì
palesa evidente che, mancando l’iscrizione
all’Albo, resta operante l’obbligo di munirsi della
autorizzazione prescritta in via generale dalla legge.
Esattamente, pertanto, la sentenza impugnata ha affermato la
sussistenza dell’obbligo di iscrizione all’Albo da
parte della impresa del ricorrente o, in mancanza, di munirsi della
prescritta autorizzazione, con la conseguente sussistenza a carico di
quest'ultimo del reato di cui alla contestazione.
Deve essere, infine, affermata la inammissibilità della
doglianza relativa alla carenza di valutazione circa la inesistenza
dell’elemento psicologico del reato.
La sentenza di primo grado, infatti, aveva espressamente escluso che il
Lo Bello potesse essere stato tratto in inganno da comportamenti della
pubblica amministrazione o comunque che potesse ritenersi insussistente
l’elemento soggettivo del reato.
Orbene, la citata valutazione non ha costituito oggetto di espressa
contestazione nei motivi di appello, sicché la successiva
censura sul punto in sede di legittimità è
inammissibile.
E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.
Nella parte motiva della sentenza impugnata si afferma erroneamente che
l’imputato non può godere, tra l’altro,
del beneficio della sospensione condizionale della pena, mentre nella
parte dispositiva si conferma la sentenza di primo grado.
Detta sentenza, infatti, aveva già concesso
all’imputato il beneficio della sospensione condizionale
della pena, sicché la doglianza dell’imputato sul
punto si palesa affetta da carenza di interesse, in quanto riferibile
ad un errore motivazionale non destinato ad esplicare effetti sulla
statuizione definitiva di cui al dispositivo.
La valutazione della sentenza circa il carattere ostativo dei
precedenti dell’imputato è, invece, esatta per
quanto riguarda la non concedibilità del beneficio della non
menzione.
il ricorso, pertanto, dove essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al rigetto
dell’impugnazione segue a carico del ricorrente
l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 26.10.2006.
L'
estensore
Il presidente
Alfredo Maria
Lombardi
Claudio Vitalone
Rifiuti. Smaltimento amianto
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