Cass. Sez. III n. 23788 del 19 giugno 2007 (Ud 15 mag. 2007)
Pres. Lupo Est. Petti Ric. Arcuti
Rifiuti. Terre e rocce da scavo (limiti all’applicazione della disciplina)

Anche in base al decreto legislativo n. 152 del 2006 continuano ad essere escluse dalla disciplina sui rifiuti le terre e rocce da scavo alle condizioni previste dall' articolo 186 decreto anzidetto ossia a condizione che siano effettivamente riutilizzate per reinterri, riempimenti, rilevati, intendendosi come riutilizzazione anche la destinazione progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale o la ricollocazione in altro sito a qualsiasi titolo autorizzata dall' autorità amministrativa ;in caso di destinazione a differenti cicli di produzione sono attualmente previsti controlli periodici ed obblighi di documentazione in capo all'utilizzatore; nel caso in cui non sia possibile l'immediato utilizzo sono previsti ulteriori obblighi di documentazione. In ogni caso il riutilizzo dovrà avvenire entro sei mesi dall'avvenuto deposito senza trasformazioni preliminari . In definitiva l'esclusione è subordinata ad una serie di adempimenti e formalità che non è il caso di analizzare in questa fattispecie perché il materiale in questione non è comunque assimilabile alle terre e rocce da scavo. In mancanza, anche di una sola delle condizioni previste dalla norma, va senz'altro applicata la disciplina sui rifiuti .

Svolgimento del processo

Con sentenza del 7 giugn0 2006, il tribunale di Tivoli, in composizione monocratica, condannava Arcuti Donato alla pena di € 2.000 di ammenda, condizionalmente sospesa, quale responsabile del reato di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n 22 del 1997, perché, nella qualità di amministratore unico della Società Elettrostrade s.r.l. esercente attività di edilizia e rifacimento manti stradali, realizzava su terreno sito in Guidonia Montecelio (RM), Via Arsoli, attività di gestione e recupero non autorizzata di rifiuti non pericolosi: in particolare residui di asfalto e conglomerati bituminosi senza alcuna autorizzazione.

Avverso la decisione anzidetta il difensore dell’imputato proponeva appello, convertito in ricorso dalla corte territoriale, chiedendo con il motivo addotto a sostegno dell’impugnazione l’assoluzione per l’insussistenza del fatto. Assume che il materiale in questione non costituiva rifiuto perché era riutilizzato dalla società come materia prima nel processo produttivo del proprio prodotto finale costituito dall’asfalto colato. Lamentava altresì la mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna.

 

Motivo del ricorso

Il ricorso va respinto perché è infondato. Il materiale proveniente dal disfacimento del manto stradale (residui di asfalto) costituiva rifiuto speciale a norma del comma terzo lettera b) dell’articolo 7 del decreto Ronchi, il quale considerava rifiuti speciali quelli derivanti dalle attività di demolizione e costruzione nonché i rifiuti pericolosi derivanti da attività di scavo, non essendo detti materiali assimilabili alle rocce e terre da scavo, esclusi dalla disciplina sui rifiuti a norma dell’articolo 8 lettera f) bis decreto citato, come modificato dall’articolo 10 della legge n. 93 del 2001 ed interpretato dal comma 17 dell’articolo I della legge n 443 del 2001 (cfr. Cass. 39568 del 2005; 16695 del 2004, 12851 del 2003; 8936 del 2003). Invero, il materiale da demolizione di strade o di edifici non è assimilabile alle terre o rocce da scavo perché non è costituito solo da terriccio e detriti di pietre o rocce, ma anche da pezzi di asfalto e calcestruzzo. Il diverso orientamento espresso nella decisione n. 13314 del 2003 che considerava irrilevante la presenza di modeste quantità di asfalto è rimasto pressoché isolato. D’altra parte, le stesse terre e rocce da scavo erano escluse, in base al decreto Ronchi, dalla disciplina sui rifiuti alle condizioni previste dalla legge (art. 1 comma 17 della legge n. 443 del 2001), che nella fattispecie non ricorrono o comunque non sono state dimostrate.

L’inclusione tra i rifiuti del materiale proveniente da attività di demolizioni e costruzioni, ancorché non pericoloso, è stata confermata con l’articolo 184 terzo comma lettera b) del decreto legislativo n. 152 del 2006. In proposito si deve ribadire l’interpretazione prevalente di questa sezione adottata sotto la vigenza dei decreto Ronchi diretta ad includere tra il materiale proveniente da demolizioni e costruzioni anche il fresato di asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale (cfr per tutte: Cass. n 16695 del 2004), posto che il tenore letterale della norma dianzi citata non è diverso da quello dell’articolo 7 comma terzo lettera b) del decreto Ronchi. Anche in base al decreto legislativo n. 152 del 2006 continuano ad essere escluse dalla disciplina sui rifiuti le terre e rocce da scavo alle condizioni previste dall’articolo 186 decreto anzidetto ossia a condizione che siano effettivamente riutilizzate per reinterri, riempimenti, rilevati, intendendosi come riutilizzazione anche la destinazione progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale o la ricollocazione in altro sito a qualsiasi titolo autorizzata dall’autorità amministrativa; in caso di destinazione a differenti cicli di produzione sono attualmente previsti controlli periodici ed obblighi di documentazione in capo all’utilizzatore; nel caso in cui non sia possibile l’immediato utilizzo sono previsti ulteriori obblighi di documentazione. In ogni caso il riutilizzo dovrà avvenire entro sei mesi dall’avvenuto deposito senza trasformazioni preliminari. In definitiva l’esclusione è subordinata ad una serie di adempimenti e formalità che non è il caso di analizzare in questa fattispecie perché il materiale in questione non è comunque assimilabile alle terre e rocce da scavo. Va solo sottolineato che in mancanza, anche di una sola delle condizioni previste dalla norma, va senz’altro applicata la disciplina sui rifiuti. Trattandosi di eccezione alla disciplina dei rifiuti non è consentita un’interpretazione analogica (art. 14 preleggi). Anzi si impone un’interpretazione restrittiva perché, sotto la vigenza del decreto Ronchi, la Commissione europea aveva già rilevato il contrasto con la normativa comunitaria dell’esclusione delle terre e rocce da scavo dalla disciplina sui rifiuti, costringendo il legislatore ad interventi correttivi in parte effettuati con la legge n. 443 del 2001 prima richiamata.

Alla fattispecie non è neppure applicabile l’articolo 14 della legge n 178 del 2002, peraltro non invocato dal ricorrente ed abrogato dall’articolo 264 lettera 1 del decreto legislativo n. 152 del 2006, poiché i residui catramosi e bituminosi, come risulta dallo stesso ricorso, erano riutilizzati dopo avere subito un trattamento preliminare, in definitiva l’imputato esercitava attività di raccolta e recupero dei rifiuti previo trattamento preliminare senza alcuna autorizzazione o comunicazione e tale attività configura gli estremi del reato che gli è stato contestato, già punito dall’articolo 51 comma 1 lettera a) del decreto Ronchi ed ora sanzionato dall’articolo 256 comma 1 lettera a) del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Il beneficio della non menzione della condanna non risulta chiesto perché la relativa istanza non è stata riportata nell’intestazione della sentenza tra le conclusioni delle parti e, d’altro canto, il ricorrente, che pure deduce un difetto di motivazione sul punto, non ha altrimenti dimostrato di avere avanzato la relativa richiesta. La concessione del beneficio della non menzione della condanna rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, il quale è tenuto a motivare il rigetto solo se l’istanza sia ritualmente proposta con l’indicazione delle ragioni che la giustificano.