Cass. Sez. III n. 9465 del 3 marzo 2009 (Cc 25 nov. 2008)
Pres. Lupo Est. Fiale Ric. Bertolino
Rifiuti. Trasporto in conto proprio

Alla stregua già delle previsioni originarie dell\'art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006 nell’originaria formulazione, deve ritenersi che una società qualora risulti dimostrato che esse non effettua la raccolta e il trasporto di propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare [ovvero con operazioni non costituenti, secondo la più recente normativa, parte integrante ed accessoria dell\'organizzazione dell\'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti] - non è tenuta all\'iscrizione nell\'apposita sezione dell\'Albo nazionale dei gestori ambientali. Ciò non comporta, però, che detta impresa societaria possa effettuare eventuali trasporti sporadici di rifiuti propri non pericolosi (cioè sostanzialmente un\'attività di gestione, sia pure non sistematica e continuativa, dei rifiuti medesimi) senza alcun controllo. Per tali trasporti eccezionali, invece, la società medesima si dovrebbe avvalere delle prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritte all’Albo, mentre l’esecuzione del trasporto di rifiuti con mezzi propri e non autorizzati è comunque inquadrabile nella previsione sanzionatoria di cui all\'art. 256, l° comma, del D.Lgs. n. 152/2006.
Fatto e diritto
Il Tribunale per il riesame di Palermo, con ordinanza del 12 giugno 2007, rigettava l’appello proposto da Bertolino Antonina, nella qualità di legale rappresentante della s.p.a. “Distilleria Bertolino” e della s.r.l. “I.M.A.”, avverso il provvedimento 16 maggio 2007 con cui il G.I.P. dello stesso Tribunale aveva respinto l’istanza di restituzione di due autocarri, assoggettati a sequestro preventivo nel procedimento penale instaurato nei confronti della stessa Bertolino e di Gulino Maria Giovanna (altra amministratrice, con poteri disgiunti, delle due società anzidette), indagate in relazione al reato di cui agli artt. 212 e 256 del D.Lgs. n. 152/2006.
L’istanza di dissequestro si basava su una consulenza di parte che aveva evidenziato la natura occasionale e non preventivabile della produzione dei fanghi in esubero costituenti oggetto dei trasporti (eccezionalmente) effettuati con quegli automezzi. Da ciò si faceva discendere l’impossibilità di configurare la fattispecie incriminatrice, rivolta a sanzionare esclusivamente “l’attività ordinaria e regolare del trasporto di rifiuti non pericolosi”.
Il Tribunale rigettava l’appello evidenziando la “inefficacia probante delle valutazioni del consulente di parte; assimilabili ai rilievi difensivi” e argomentando altresì che “la non preventivabilità della produzione di fanghi di recupero non esclude che la necessità del trasporto dei rifiuti non pericolosi possa profilarsi con carattere di periodicità o ciclicità connessa ai livelli di produzione”.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore della Bertolino, il quale ha eccepito l’insussistenza del fumus delicti per erronea applicazione dell’art. 212, comma 8, del D.Lgs. n. 22/1997, ove viene fissato l’obbligo di iscrizIone nell’Albo nazionale dei gestori ambientali [sanzionato dal successivo art. 256] anche per le imprese che esercitano la raccolta ed il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come “attività ordinaria e regolare”, sia pure prefigurando modalità di registrazione sensibilmente agevolate (che escludono la necessità di garanzie finanziarie e prevedono l’iscrizione a seguito di semplice richiesta scritta da parte dell’impresa, senza che la richiesta stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria ed alla idoneità tecnica e senza che vi sia l’obbligo di nomina del responsabile tecnico).
L’obbligo di iscrizione si correla, dunque, per le imprese anzidette; allo svolgimento “ordinario e regolare” delle attività di raccolta e trasporto di propri rifiuti non pericolosi; laddove invece, per le società coinvolte nel procedimento penale in oggetto, sarebbe stata dimostrata “la assoluta episodicità” degli accertati conferimenti di fanghi di supero.
Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.
1. Giova premettere, per una migliore comprensione del tema di diritto introdotto con l’atto di gravame, una ricognizione - sia pure sommaria - della successione delle principali e più recenti disposizioni normative aventi ad oggetto il trasporto di rifiuti propri non pericolosi.
Va ricordato, pertanto, che l’art. 30, comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - in seguito alle modifiche apportate dall’art 1, comma 19, della legge 9 dicembre 1998, n. 426 - aveva escluso dal novero delle condotte penalmente sanzionate (ai sensi dell’art. 51, comma 1, dello stesso D.Lgs. n. 22/1997) il trasporto operato anche professionalmente, senza iscrizione all’Albo nazionale, di rifiuti non pericolosi prodotti nell’ambito della propria attività di impresa.
Tale esclusione - però - contrastava con le disposizioni comunitarie, alla stregua della chiara lettera dell’art. 12 della direttiva 91/156/CEE e dell’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia europea con la sentenza 9 giugno 2005, causa C-270/03 (in una procedura di infrazione promossa dalla Commissione della Comunità contro la Repubblica italiana), sicché questa Corte Suprema - con ordinanza n. 10328 del 2006 - sollevò questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, del D.Lgs. n. 22/1997.
La Corte Costituzionale - con ordinanza n. 126 del 7 marzo-19 aprile 2007 - restituì gli atti a questa Corte, prospettando la necessità di rivalutare il permanere della rilevanza della questione alla luce dello ius superveniens rappresentato dall’entrata in vigore del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152.
L’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006, infatti, ha introdotto una nuova disciplina dell’Albo nazionale dei gestori ambientali ed in particolare, nella formulazione originaria, prevedeva:
- al comma 5, che “L’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica di siti...”;
- al comma 7, che “le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti ... devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato …”;
- al comma 8, che “le imprese che effettuano la raccolta e il trasporto di propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare, nonché le imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità che non eccedano … non sono sottoposte alle garanzie finanziarie di cui al comma sette e sono iscritte all’Albo regionale territorialmente competente senza che la richiesta stessa sia soggetta a valutazione ... e senza che vi sia l’obbligo di nomina del responsabile tecnico …”.
E’ stato così (re)introdotto nel nostro ordinamento - seppure secondo formalità e requisiti semplificati - l’obbligo di iscrizione all’Albo anche per le imprese che trasportano in proprio, come attività ordinaria e regolare, i rifiuti non pericolosi da esse stesse prodotti, sicché può ritenersi superato il contrasto con la disciplina comunitaria già ravvisato dalla Corte europea di Giustizia.
Questa Corte, comunque - con ordinanza n. 35235 del 2007 - ha sollevato nuovamente la già dedotta questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, del D.Lgs. n. 22/1997 in una vicenda processuale in cui doveva ritenersi esclusa l’applicabilità della nuova disciplina in forma semplificata introdotta dall’art. 221, comma ottavo, del D.Lgs. n. 152 del 2006, operando il divieto di irretroattività della legge più sfavorevole imposto dall’art. 2, 4° comma, cod. pen. [questione che la Consulta ha ritenuto inammissibile - con ordinanza n. 413 del 3 - 17 dicembre 2008 - nelle more della redazione della motivazione della presente decisione].
L’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006 ha subito, frattanto, nuove modifiche a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 (pubblicato sul supplemento ordinario alla G.U. n. 24 del 29 gennaio 2008) ed il riformulato comma 8 prevede in particolare che le disposizioni riguardanti il regime “ordinario” di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, poste nei precedenti commi 5, 6 e 7, “non si applicano ai produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, né ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Dette imprese non sono tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritte in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni...”.
2 Alla stregua già delle previsioni originarie dell’art. 212 del D.Lgs. n. 152/2006 (normativa in vigore al momento dei fatti in contestazione), deve ritenersi che le società rappresentate dall’indagata - qualora risultasse dimostrato, in punto di fatto, che esse non effettuavano la raccolta e il trasporto di propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare [ovvero con operazioni non costituenti, secondo la più recente normativa, parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti] - non erano tenute all’iscrizione nell’apposita sezione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali.
Ciò non comporta, però, che quelle imprese societarie potessero effettuare eventuali trasporti sporadici di rifiuti propri non pericolosi (cioè sostanzialmente un’attività di gestione, sia pure non sistematica e continuativa, dei rifiuti medesimi) senza alcun controllo.
Per tali trasporti “eccezionali”, invece, le società medesime si sarebbero dovute avvalere delle prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritte all’Albo, mentre l’esecuzione del trasporto di rifiuti con mezzi propri e non autorizzati è comunque inquadrabile nella previsione sanzionatoria di cui all’art. 256, 1° comma, del D.Lgs. n. 152/2006.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.