Cass. Sez. III n. 7455 del 18 febbraio 2008 (ud. 15 gen. 2008)
Pres. Lupo Est. Squassoni Ric. Guardì
Rifiuti. Veicoli fuori uso e sversamento oli usati

I materiali costituiti da veicoli fuori uso dei quali i proprietari avevano deciso di disfarsi, rientrano nel novero dei rifiuti speciali fino dal momento in cui vengono dismessi; pertanto, tutte le relative attività di smaltimento e recupero necessitano della autorizzazione, da parte della competente autorità.
Lo sversamento di oli usati sul suolo non asfaltato o protetto configura il reato di cui all\'art.l4 D. Lvo 95/1992 anche se effettuato in quantità limitata ed indipendentemente dalla prova di un danno allo ambiente, atteso che vige in materia il principio di prevenzione e di speciale prudenza attualizzato mediante l\'obbligo di conferimento del materiale allo apposito consorzio
\"\"
Motivi della decisione
In parziale riforma della decisione 12 maggio 2006 del Tribunale di Palermo, la Corte di Appello della stessa città, con la sentenza in epigrafe precisata, ha ritenuto Guardì Antonino responsabile dei reati previsti dall’art. 51 c.1 lett. a, b D.L.vo 22/1997 (per avere smaltito e recuperato rifiuti speciali pericolosi e non - costituiti da autoveicoli fuori uso e loro parti - senza autorizzazione) e dall’art. 14 c. 3 D.L.vo 95/1992 (per avere depositato sul terreno oli esausti con effetti nocivi per il sottosuolo) e lo ha condannato alla pena di giustizia.
Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno rilevato, per quanto concerne la prima contravvenzione, che le condotte contestate e la mancanza della necessaria autorizzazione regionale fossero provate ed ammesse dallo stesso imputato; relativamente al secondo illecito, la Corte ha osservato che nessuna censura fosse stata formulata nell’atto di appello.
Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge, travisamento delle prove e mancata risposta ai motivi di appello. Indi focalizza, citando sentenze di questa Corte, la nozione di deposito temporaneo, di gestione e di discarica di rifiuti; puntualizza che da tale ultima ipotesi, a sensi del D.L.vo 36/2003, sono esclusi i rifiuti depositati per un periodo inferiore ai tre anni (destinati ad un successivo trasporto ad un impianto di recupero e trattamento) ed i rifiuti stoccati in attesa di smaltimento per un periodo inferiore ad un anno. Infine, il ricorrente sostiene che non sia raggiunto il “limite probatorio dimostrativo minimo” sulla circostanza che gli oli usati avessero effetti nocivi per il suolo.
Le censure non sono meritevoli di accoglimento.
Per quanto concerne l’asserito travisamento della prove, il ricorso è generico perché non indica quali emergenze processuali, utilizzate ai tini decisori, siano state non correttamente percepite dai Giudici di merito.
Relativamente alla mancata risposta alle confutazioni difensive, si osserva come l’imputato avesse inserito nei motivi di appello (e riproposto con il ricorso in Cassazione) problematiche sulla disciplina dei rifiuti eccentriche rispetto al tema delle contestazioni; per tale rilievo, la Corte territoriale non le ha prese in considerazione. La conclusione non merita censure perché l’obbligo dei Giudici di rispendere ai motivi di appello trova un limite nella palese inconferenza delle stesse. Tanto premesso, per quanto riguarda la ricostruzione storica dei fatti, si rileva che i Giudici di merito - avendo come referente le espletate indagini e le leali ammissioni dell’imputato - hanno accertato che il Guardì procedesse, non munito di autorizzazione, allo smontaggio di autoveicoli in disuso, privi di targa, e commercializzasse i componenti dei mezzi ancora utilizzabili.
In base a tale accertamento fattuale (sul quale non si incentrano le censure dell’atto di ricorso), il Pubblico Ministero ha correttamente contestato - ed i Giudici hanno ritenuto sussistente - l’ipotesi di abusivo smaltimento e recupero di rifiuti; consegue che le deduzioni del ricorrente (pur in astratto puntuali e conformi ai principi enucleati da questa Corte) inerenti ad ipotesi di reato non oggetto di contestazione (quali il deposto e discarica) sono irrilevanti.
In diritto, la Corte osserva che i materiali per cui è processo, costituiti da veicoli fuori uso dei quali i proprietari avevano deciso di disfarsi, rientrano nel novero dei rifiuti speciali (a sensi dell’art. 7 c. 3 lett. l D.L.vo 22/1997 ora art. 184 c. 3 lett. I D.L.vo 152/2006) fino dal momento in cui vengono dismessi; pertanto, tutte le relative attività di smaltimento e recupero necessitano della autorizzazione, da parte della competente autorità, di cui l’imputato non era munito.
In particolare, a norma dell’art. 46 D.L.vo 22/1997, applicabile per il tempus commissi delicti (il reato è stato accertato il 20 agosto 2003), il proprietario di un veicolo a motore per procedere alla sua demolizione ha l’obbligo di consegnarlo ad un centro (che deve essere autorizzato a sensi degli artt. 27, 28) per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione.
L’inosservanza di quanto stabilito dall’art. 46 comporta per il proprietario del mezzo un abbandono di rifiuti (punito penalmente, ex art.51 c. 2 D.L.vo Ronchi, se commesso da un titolare di impresa o rappresentante di un ente) e, per il gestore dell’abusivo centro di rottamazione, il reato previsto dall’art. 51 c. 1 per illecita attività di smaltimento, recupero commercializzazione di rifiuti speciali prodotti da terzi.
Successivamente alla commissione del reato, è entrato in vigore il D.L.vo 209/2003 (attuazione della direttiva 2000/53/CEE) concernente il recupero dei veicoli fuori uso che non prevede disposizioni più favorevoli allo imputato della pregressa normativa; attualmente la disciplina è regolata dall’art. 231 D.L.vo 152/2006 che non contiene elementi significativi di novità e non modifica le fattispecie di reato.
La residua censura (tra l’altro, priva della necessaria concretezza) non era inserita nei motivi di appello ed esula dai limiti cognitivi di questa Corte; comunque, la deduzione è anche infondata.
Lo sversamento di oli usati sul suolo non asfaltato o protetto (tale è il caso concreto) configura il reato di cui all’art. 14 D.L.vo 95/1992 anche se effettuato in quantità limitata ed indipendentemente dalla prova di un danno allo ambiente, atteso che vige in materia il principio di prevenzione e di speciale prudenza attualizzato mediante l’obbligo di conferimento del materiale allo apposito consorzio (Cassazione sezione sentenze n. 13346/1998, 27507/2004, 24934/2005).