Cass. Sez. III n. 8367 del 25 febbraio 2008 (ud. 7 nov. 2007)
Pres. Postiglione Est. Fiale Ric. Zanatta
Rifiuti. Responsabilità del produttore

Il produttore/detentore di rifiuti speciali non pericolosi, qualora non provveda all\'autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l\'obbligo di controllare che si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento; ove, per contro, tale doverosa verifica sia omessa, il produttore/detentore risponde, a titolo di concorso con il soggetto qualificato, nella commissione del reato di illecita gestione L\'art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997 già prevedeva la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti "coinvolti", a qualsiasi titolo, nei ciclo di gestione non soltanto dei rifiuti ma anche degli stessi "beni da cui originano i rifiuti" e l\'art. 178, 3° comma, del D.Lgs. n. 152/2006 ha puntualmente ribadito il principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell\'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti". Pertanto in tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti.

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Il Tribunale di Treviso - Sezione distaccata di Montebelluna, con sentenza del 26 aprile 2006, affermava la responsabilità penale di Zanatta Ruggero in ordine al reato di cui:
- all’art. 51, 1° comma - lett. a), del D.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, [per avere - nella qualità di legale rappresentante della s.p.a. “GB International” - quale produttore/detentore di rifiuti speciali non pericolosi (sfridi e ritagli di tessuto e di maglia sintetici), avviato gli stessi a non autorizzate/comunicate attività di recupero, conferendoli in particolare, senza i necessari preliminari accertamenti e verifiche, alla s.r.l. “GEO Servizi” che non era autorizzata al recupero di quella tipologia di rifiuti - in Pederobba, fino al 23 maggio 2005]
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di euro 1.800,00 di ammenda, con il beneficio della non-menzione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso lo Zanatta, il quale - sotto i profili del vizio di motivazione e della violazione di legge - ha eccepito che:
- la s.r.l. “GEO Servizi” aveva inviato via fax alla s.p.a. “GB International” copia delle autorizzazione che le erano state rilasciate. Mancava la pagina dei codici per i quali esisteva autorizzazione al recupero, però ciò non significa che la stessa “GEO Servizi” non fosse autorizzata a recuperare il tipo di rifiuti conferito dalla “GB International”;
- il relativo accertamento non rientrava negli obblighi della “GB International”, in una situazione di fatto in cui risultavano correttamente adempiuti gli oneri, imposti dall’art. 10 del D.Lgs. n. 22/1997, di compilazione e ricezione del formulario previsto dal successivo art. 15;
- non era ravvisabile nella propria condotta alcun elemento di colpa;
- erroneamente il Tribunale aveva omesso di applicare il disposto di cui all’art. 48 cod. pen., in una situazione in cui la s.p.a. “GB International” era stata indotta in errore dalla srl “GEO Servizi” con un comportamento omissivo idoneo a sorprenderne la buona fede.

Motivi della decisione
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
Questa Corte Suprema, con decisione condivisa dal Collegio, già ha affermato che il produttore/detentore di rifiuti speciali non pericolosi, qualora non provveda all’autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può, ex art. 10 del D.Lgs. n. 22/1997, consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l’obbligo di controllare che si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento; ove, per contro, tale doverosa verifica sia omessa, il produttore/detentore risponde, a titolo di concorso con il soggetto qualificato, nella commissione del reato di cui all’art. 51, comma 1, dello stesso decreto legislativo (Cass., Sez. III, 17 aprile 2003, n. 16016, Battaglino).
Nella fattispecie in esame l’imputato era gravato dall’obbligo di controllare se il soggetto al quale consegnava gli sfridi ed i ritagli dì tessuto e di maglia sintetici prodotti nell’azienda della società da lui gestita fosse effettivamente autorizzato allo smaltimento e/o al recupero di quegli specifici rifiuti ai sensi delle vigenti disposizioni. Con la consegna del rifiuto al terzo, senza l’esauriente espletamento di tale doverosa verifica, l’imputato ha contribuito, pertanto, con il suo apporto casuale, alla commissione del reato contestato, configurandosi a suo carico una responsabilità colposa per inosservanza della regola di cautela imprenditoriale imposta dalla legge.
L’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 già prevedeva la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti “coinvolti”, a qualsiasi titolo, nel ciclo di gestione non soltanto dei rifiuti ma anche degli stessi “beni da cui originano i rifiuti” e l’art. 178, 3° comma, del D.Lgs. n. 152/2006 ha puntualmente ribadito il principio di “responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti”.
Sul punto, pertanto, questa Corte (Sez. III, 24 febbraio 2004, n. 7746, Turati ed altro) ha rilevato che, in tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti.
Il concetto di “coinvolgimento” trovava specificazione nelle disposizioni poste dall’art. 10 del D.Lgs. n. 22/1997 ed attualmente dall’art. 188 del D.Lgs, n. 152/2006 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha specificato che anche la mera osservanza delle condizioni di cui all’art. 10 non vale ad escludere la responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano “resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti” (vedi Cass., Sez. III, 6 febbraio 2000, n. 1767, Riva). Il sistema della responsabilità penale, inoltre, nella materia in oggetto, “risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta” (vedi Cass., Sez. III, 20 ottobre 1999, n. 11951, P.M. in proc. Bonomelli).
Nella specie (pure a fronte della redazione e ricezione dei prescritti formulari) non è configurabile esonero di responsabilità, ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 22/1997 e dell’art. 188 del D.Lgs. n. 152/2006, proprio perché non può ritenersi che vi sia stato conferimento degli specifici rifiuti prodotti a “terzo autorizzato” alle attività di recupero o di smaltimento degli stessi.
Per quanto concerne l’elemento psicologico della contravvenzione, il Collegio osserva che il ricorrente non può disconoscere le carenze di un proprio puntuale controllo sui contenuti dell’autorizzazione posseduta dallo smaltitore, tanto più a fronte di un comportamento palesemente omissivo di questi (trasmissione di dati incompleti circa i limiti di tale autorizzazione).
In detta situazione la circostanza che la s.r.l. “GEO Servizi” si faceva carico dell’identificazione del rifiuto e della redazione dei formulari di identificazione non esimono da colpa il ricorrente medesimo, nei cui confronti è configurabile un imprudente affidamento nell’operato della controparte privata.
L’applicabilità dell’art. 48 cod. pen. resta esclusa in ipotesi di errore non incolpevole determinato dall’altrui inganno.
Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese del procedimento.