Cass. Sez. III n. 23818 del 29 maggio 2019 (CC  29 mar 2019)
Pres. Izzo Est. Ramacci Ric. Dapi
Rifiuti.Confisca del mezzo di trasporto di proprietà di terzo

In tema di illecita gestione dei rifiuti, al fine di evitare la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto prevista per il trasporto in assenza di valido titolo abilitativo dall’art. 259, comma secondo, d.lgs. 152/06, incombe al terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell'illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l'onere di provare la sua buona fede, ovvero che l'uso illecito del mezzo gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Agrigento, con ordinanza del 31 ottobre 2018 ha rigettato la richiesta di riesame avanzata nell'interesse di Valbona DAPI avverso il decreto di convalida di sequestro del Pubblico Ministero in data 4 ottobre 2018 avente ad oggetto un motoveicolo Ape Piaggio, di proprietà della stessa, in relazione al reato di cui all'art. 256, comma 1 lett. b) d.lgs. 152/2006, per illecito trasporto di rifiuti effettuato dal di lei coniuge.
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.  

2. Con un unico motivo di ricorso deduce “mancanza di motivazione, contraddittorietà e manifesta illogicità della stessa ex art. 606 lett. e) c.p.p. in relazione all'art. 240 c.p.”, osservando che il Tribunale avrebbe erroneamente escluso la sua buona fede e non avrebbe considerato che l'attività posta in essere utilizzando il mezzo non sarebbe idonea concretare la fattispecie contravvenzionale ipotizzata, trattandosi di condotta caratterizzata da assoluta occasionalità.
Aggiunge che non sarebbe dimostrata la natura di rifiuto dei materiali trasportati, consistenti in due frigoriferi e materiale ferroso di vario genere e che il giudice del riesame non avrebbe considerato il quantitativo esiguo di materiali, trasportati in un unico contesto temporale, senza peraltro precisare le ragioni per le quali l'utilizzazione del motoveicolo sia stata individuata come predisposizione di un mezzo apposito per il trasporto dei materiali.
Aggiunge che non sarebbe stato evidenziato il collegamento tra il reato e la cosa sequestrata, appartenente a soggetto estraneo, sicché la misura reale risulterebbe fortemente pregiudizievole ed in contrasto con i principi generali ed, in particolare, di quelli costituzionali.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il ricorso è inammissibile.

2. La ricorrente, come indicato in premessa, ha indicato quale motivo di impugnazione il vizio di motivazione, con espresso richiamo all’art. 606, lett. e) cod. proc. pen., deducendo censure in tal senso.
Va a questo proposito osservato che la costante giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali (Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 . V. anche Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656; Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893;  Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916;  Sez. 5, n. 8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255).
La mera apparenza della motivazione, peraltro, è stata individuata nell'assenza dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'"iter" logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (da ultimo, Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656 ed altre prec. conf.).
Una tale evenienza non si è verificata nel caso di specie, avendo il Tribunale diffusamente spiegato le ragioni della propria pronuncia, anche con pertinenti richiami alla giurisprudenza di legittimità.
Quanto appena osservato evidenzia, di per sé, l’inammissibilità del ricorso, la quale, tuttavia, può rilevarsi anche per la manifesta infondatezza dei motivi.

3. Occorre in primo luogo rilevare che la qualificazione giuridica del fatto appare corretta.
Come è noto, il trasporto dei rifiuti rientra tra le attività di gestione, come espressamente previsto dall'art. 183, lett. n) d.lgs. 152\06 e la sua effettuazione in assenza di valido titolo abilitativo configura un’ipotesi di illecita gestione sanzionata dall’art. 256 d.lgs. 152/06.
Alla sentenza di condanna per tale reato (o a quella emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen.) consegue, come stabilito dall’art. 259, ultimo comma, d.lgs. 152/06, la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto.
Riguardo al reato di cui all’art. 256, comma 1, d.lgs. 152\06, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che la condotta in esso sanzionata è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa, che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità (Sez. 3, n. 29992 del 24/6/2014, P.M. in proc. Lazzaro, Rv. 260266).
Si è poi specificato che, ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva dell’agente, bensì la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalità, da escludersi in ragione dell'esistenza di una minima organizzazione dell'attività, del quantitativo dei rifiuti gestiti, della predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dello svolgimento in più occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, della successiva vendita e del fine di profitto perseguito dall'imputato (Sez. 3, n. 5716 del 7/1/2016, P.M. in proc. Isoardi, Rv. 265836).
Si è anche chiarito che, trattandosi, nel caso dell’art. 256, comma 1, d.lgs. 152\06, di reato istantaneo, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma, potendosi tuttavia escludere l’occasionalità della condotta da dati significativi, quali l'ingente quantità di rifiuti, denotanti lo svolgimento di un'attività implicante un "minimum" di organizzazione necessaria alla preliminare raccolta e cernita dei materiali (Sez. 3, n. 8193 del 11/2/2016, P.M. in proc. Revello, Rv. 266305).
Si è più recentemente osservato che, agli elementi significativi precedentemente indicati per individuare la natura non occasionale dell’attività di trasporto, vanno considerati, anche alternativamente, altri elementi univocamente sintomatici, quali, ad esempio, la provenienza del rifiuto da una determinata attività imprenditoriale esercitata da colui che effettua o dispone l’abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto quando risultino indicative di precedenti attività preliminari, quali prelievo, raggruppamento, cernita, deposito (Sez. 3, n. 36819 del 4/7/2017, Ricevuti, Rv. 270995).   
Quanto sopra evidenziato è stato successivamente ribadito (Sez. 3, n. 31387 del 27/4/2018, Cherqaoui, non massimata; Sez. 3, n. 31396 del 11/5/2018, Halilovic, non massimata).

4. Tali principi sono pienamente condivisi dal Collegio e vanno qui ribaditi, precisando che l’indicazione dei dati indicativi della non occasionalità della condotta precedentemente elencati non sono, ovviamente, esaustivi, ben potendo il giudice far ricorso ad altri elementi obiettivamente significativi in relazione al caso concreto.
Nel caso di specie la mera descrizione dei fatti risultante dall’ordinanza impugnata evidenzia la non occasionalità della condotta, considerando la eterogeneità dei rifiuti trasportati, tutti costituiti rottami ferrosi, che presuppone la preventiva selezione e cernita antecedente al trasporto,  effettuato mediante veicolo commerciale (“Ape Piaggio”) specificamente adibito a tale uso da soggetto gravato da precedenti condanne definitive per violazioni ambientali.
Si tratta, dunque, di plurimi dati fattuali idonei a ritenere configurabile la violazione contravvenzionale ipotizzata.

5. Quanto alla natura di rifiuto dei materiali trasportati, la ricorrente si limita ad una generica contestazione, senza alcuna indicazione circa una eventuale diversa destinazione di quanto trasportato che avrebbe consentito una diversa qualificazione.

6. Sussistendo, dunque, il fumus del reato ipotizzato, si pone l’ulteriore questione, posta in luce dalla ricorrente, della confisca del mezzo di sua proprietà, stante la sua posizione di terzo estraneo al reato.
Osserva a tale proposito il Collegio che, come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, è evidente che il mezzo da confiscare debba appartenere all'autore del reato e che, pertanto, la confisca dei mezzi di trasporto appartenenti ad un terzo estraneo al reato non possa essere ordinata, sempre che nei suoi confronti non sia individuata la violazione di obblighi di diligenza e che risulti la buona fede, intesa quale assenza di condizioni che rendano probabile a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell'uso illecito della cosa e senza che esistano collegamenti, diretti o indiretti, ancorché non punibili, con la consumazione del reato (così Sez. 3, n. 33281 del 24/6/2004, Datola, Rv. 229010. Nello stesso senso, Sez. III n. 44837 del 7/11/2007, Aprea, non massimata; Sez. 3, n. 26529 del 20/5/2008, Torre, Rv. 240551; Sez. 3, n. 12108 del 18/11/2008 (dep. 2009), Apicella, Rv. 243394; Sez. 3, n. 20935 del 11/3/2009, Anselmi e altri, Rv. 243621).
Si è ulteriormente precisato come gravi sul terzo proprietario estraneo al reato l'onere di una rigorosa dimostrazione del necessario presupposto della buona fede, ovvero di non essere stato a conoscenza dell’uso illecito del mezzo o che tale uso non era collegabile ad un proprio comportamento negligente, al fine di ottenere la restituzione del mezzo ed evitare la confisca, rilevando anche che, in tali casi, la dimostrazione richiesta la terzo proprietario non configura un'ipotesi di inversione di onere della prova che la legge penale non consente, poiché non riguarda l'accertamento della responsabilità penale (Sez. III n. 22026 del 29/4/2010, Grisetti, non massimata. Conformi, Sez. 3, n. 46012 del 4/11/2008, Castellano, Rv. 241771; Sez. 3, n. 26529 del 20/5/2008, Torre, Rv. 240551, cit.; Sez. 3, n. 33281 del 24/6/2004, Datola, Rv. 229010, cit.).

7. Va conseguentemente ribadito che, in tema di illecita gestione dei rifiuti, al fine di evitare la confisca obbligatoria del mezzo prevista per il trasporto in assenza di valido titolo abilitativo dall’art. 259, comma secondo, d.lgs. 152/06, incombe al terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell'illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l'onere di provare la sua buona fede, ovvero che l'uso illecito del mezzo gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente.

8. Ritiene il Collegio che dei richiamati principi il Tribunale abbia fatto buon uso, richiamando testualmente uno dei precedenti giurisprudenziali menzionati ed osservando come, allo stato, la ricorrente non avesse assolto all'onere di dimostrare la propria buona fede, aggiungendo che, al contrario, essendo il coniuge affidatario del mezzo gravato da plurimi precedenti penali specifici, tale circostanza rendeva verosimile la conoscenza, da parte della donna, dell’uso che del mezzo sarebbe stato fatto ed, in ogni caso, ne evidenzia la negligenza.

9. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità  consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00.   
                
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle ammende
Così deciso in data 29/3/2019