Cass. Sez. III n. 6256 del 21 febbraio 2011 (Ud. 2 feb. 2011)
Pres. Teresi Est. Ramacci Ric. Mariottini ed altro
Rifiuti. Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione
Il reato previsto dall’articolo 256, quarto comma D.Lv. 152\O6 è reato formale di pericolo per la configurabilità del quale è sufficiente lo svolgimento di una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne le prescrizioni, non essendo richiesto che la condotta sia anche idonea a configurare una situazione di concreto pregiudizio per il bene giuridico protetto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI - Presidente -
Dott. CLAUDIA SQUASSONI - Consigliere -
Dott. RENATO GRILLO - Consigliere -
Dott. GUICLA MULLIR - Consigliere -
Dott. LUCA RAMACCI - Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) MARIOTTINI LIDO N. IL 25/07/1948
2) SANTORO LEONARDO N. IL 23/02/1974
- avverso la sentenza n. 148/2008 TRIB. SEZ. DIST. di POGGIBONSI, del 10/06/2010
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giocchino Izzo che ha concluso per l’inammissibilità
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10 giugno 2010, il Tribunale di Siena - Sezione Distaccata di Poggibonsi condannava alla pena dell'ammenda MARIOTTINI Lido e SANTORO Leonardo per il reato di cui all'articolo 256, comma quarto, D.L.vo n.152/06 in quanto, nelle rispettive qualità di rappresentante legale della società autorizzata a trasporto dei rifiuti e proprietaria dei veicoli e di esecutore materiale del trasporto, avevano violato le prescrizioni dell'autorizzazione, effettuando un trasporto di rifiuti speciali non pericolosi senza disporre di una copia autentica del provvedimento di iscrizione all'Albo nazionale delle imprese che effettuano la raccolta ed il trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi (punto 1 dell'autorizzazione) e per aver effettuato detto trasporto senza idonea copertura dei rifiuti, lasciandoli esposti agli agenti atmosferici (punto 2 dell'autorizzazione) in quanto protetti solo da un tela traforato.
Avverso tale decisione entrambi proponevano un unico ricorso per cassazione.
Con un primo motivo di ricorso deducevano la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine all'affermazione della loro penale responsabilità con riferimento all'articolo 256, comma quarto D.L.vo n.152/06.
Rilevavano, a tale proposito, che la violazione contestata riguardava solo aspetti formali, essendo effettiva e valida l'iscrizione all'Albo nazionale delle imprese che effettuano la raccolta ed il trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi (tanto che una copia era stata fatta pervenire all'autorità di polizia, immediatamente dopo il controllo, a mezzo fax) e le condizioni meteorologiche del giorno del controllo erano tali da non esporre il carico ad alcun agente atmosferico.
Aggiungevano che la contravvenzione, ancorché consistente in un reato di pericolo, richiederebbe comunque una condotta idonea, almeno potenzialmente, ad arrecare danni all'ambiente, risultando, in caso contrario, penalmente irrilevante.
Con un secondo motivo di ricorso denunciavano il vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale aveva omesso di considerare se la condotta sanzionata era idonea a determinare un concreto pericolo di inquinamento, limitandosi ad un richiamo a prevedenti giurisprudenziali ritenuti in conferenti.
Insistevano, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
L'articolo 256, comma quarto D.L.vo n.152/06 sanziona, come in precedenza l'ormai abrogato articolo 51, comma quarto D.Lv. 22\97, le ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché le ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni, prevedendo le pene stabilite nei precedenti tre commi, ma ridotte della metà.
Con riferimento alla natura del reato, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto (Sez. III n. 38186, 8 ottobre 2003) che trattasi di reato formale, la cui configurabilità è ipotizzabile sulla base della semplice effettuazione di una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne le prescrizioni.
Inoltre, la natura di reato di mera condotta fa sì che, per l'integrazione della fattispecie, non assuma rilievo l'idoneità della condotta medesima a recare concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione (Sez. III n. 15560, 18 aprile 2007; Sez. III n. 20277, 21 maggio 2008).
In altra occasione (Sez. III n. 35621, 27 settembre 2007), si è chiarito che, nel reato in esame, lo scopo del legislatore è quello di apprestare una difesa anticipata del bene giuridico protetto, facendo si che alcune condotte eminentemente formali e non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente indicato e neppure immediatamente percepibile siano scrupolosamente osservate, con la conseguenza che la loro violazione viene punita indipendentemente da qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta e da qualsiasi concreto interesse.
La citata decisione, peraltro, richiama il contenuto di altra pronuncia di questa Sezione (n. 10641, 7 marzo 2003) ove si precisa, con riferimento ad altro reato di pericolo (articolo 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490), che in tali casi ""il contenuto offensivo del reato è espresso dalla stessa struttura della norma" e si rileva che il legislatore ritiene, con una sua valutazione vincolante per l' interprete, che certe formalità debbano essere osservate con il suggello addirittura della sanzione penale.
E' il caso di aggiungere che tali conclusioni non risultano contraddette dalla decisione menzionata in ricorso (Sez. III n. 39861,12 ottobre 2004). Il testo riportato è, infatti, incompleto e altera il senso del contenuto.
La decisione richiamata afferma, infatti, testualmente "...la natura di reato di pericolo, che palesemente riveste quello di realizzazione o gestione di discarica abusiva (per il concreto e rilevante impatto ambientale determinato da siffatti insediamenti), comporta che analoga natura debba essere attribuita anche a quelle condotte che, rendendosi inosservanti delle condizioni e prescrizioni apposte ai provvedimenti autorizzativi, sono idonee a dar luogo a danni all'ambiente o comunque ad aggravare i pregiudizi oltre i limiti previsti."
E' chiaro, dunque, il riferimento alla scelta del legislatore di sanzionare anche condotte meramente formali, in considerazione del potenziale pericolo derivante dallo svolgimento di determinate attività che chiaramente giustifica la necessità di una scrupolosa osservanza di quanto disposto con il titolo abilitativo.
Così delimitato l'ambito di operatività della disposizione in esame, deve concludersi che il Tribunale ha fatto buon uso delle disposizioni applicate, fornendo adeguata e coerente indicazione delle ragioni poste a sostegno dell'affermazione di penale responsabilità degli imputati e rispondendo in modo esauriente e privo di cedimenti logici ai rilievi della difesa.
In definitiva, deve dunque nuovamente affermarsi che il reato previsto dall'articolo 256, quarto comma D.L.vo n. 152/06 è reato formale di pericolo per la configurabilità del quale è sufficiente lo svolgimento di una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne le prescrizioni, non essendo richiesto che la condotta sia anche idonea a configurare una situazione di concreto pregiudizio per il bene giuridico protetto.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Cosi deciso in Roma il 2 febbraio 2011
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 21 Feb. 2011