CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ufficio del Ruolo e del Massimario Servizio Penale
Relazione 2 febbraio 2011
D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive)
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Ufficio del Ruolo e del Massimario
Servizio Penale
Rel. n. III/03/2011 Roma, 2 febbraio 2011
Novità legislative: D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive) |
D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219 (Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonché modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque) |
OGGETTO: Novità legislative – D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 – D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219 - Modifiche al Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152).
RIF. NORM.: D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte III e Parte IV.
Sommario: Premessa - 1. Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 che recepisce la direttiva-quadro sui rifiuti (2008/98/CE): sintesi delle novità. - 2. Il quadro delle norme modificate: sintesi delle modifiche e delle integrazioni.. – 2.1. Il quadro delle norme modificate: le abrogazioni. - 3. Le modifiche rilevanti in materia sanzionatoria. - 3.1. Sanzioni accessorie e confisca: l’estensione della misura ablatoria del veicolo a tutte le ipotesi di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 260-ter). - 4. Il cosiddetto Quinto correttivo al T.U.A.: D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219. - 4.1. Sintesi delle novità introdotte. |
Premessa
Il D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto Testo Unico Ambientale), da questo momento denominato T.U.A. o Codice, è stato emanato in attuazione di una ampia delega in materia ambientale (recata dall'art.1 della L. 15 dicembre 2004, n. 308) ed ha operato un generale riordino della normativa. Esso ha, infatti, uniformato e razionalizzato la disciplina per le valutazioni ambientali (VIA, VAS e IPPC), le norme sulla difesa del suolo e per la tutela delle acque dall’inquinamento e per la gestione delle risorse idriche, quelle in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, la normativa sulla riduzione dell'inquinamento atmosferico e quella in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.
L’Allegato B alla Legge n. 88 del 2009 (cosiddetta Legge comunitaria 2008) delegava, in particolare, il Governo a dettare disposizioni normative finalizzate al recepimento della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive. Il termine per l’esercizio della delega era fissato al 12 dicembre 2010.
L’allegato B alla Legge 96 del 2010 (cosiddetta Legge comunitaria 2009), inoltre, delegava il Governo a dettare disposizioni specifiche finalizzate al recepimento di ulteriori due direttive comunitarie; da un lato, la direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque; dall’altro, la direttiva 2009/90/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 luglio 2009, che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l’analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque. Il termine per l’esercizio della delega era fissato all’8 gennaio 2011.
Frutto delle predette deleghe sono i decreti legislativi oggetto della presente relazione, nella quale verranno evidenziati soltanto gli aspetti aventi una rilevanza penale, diretta od indiretta. Il presente testo, infatti, senza alcuna pretesa di completezza, individua si limita soltanto ad evidenziare quegli aspetti che possono presentare ricadute nel settore penale, non essendo infatti questa la sede per affrontare ed analizzare le numerose modifiche normative che hanno caratterizzato i predetti interventi legislativi. Si procederà, pertanto, solo a individuare, in via di sintesi, i principali aspetti di novità che gli ultimi innesti normativi hanno introdotto al Testo Unico Ambientale del 2006.
A tal proposito, va anzitutto osservato come gli ultimi interventi legislativi sul corpus del T.U.A. rappresentano, nell’ottica del legislatore delegato, gli innesti di completamento del processo di riordino del codice ambientale del 2006.
Solo per completezza è sufficiente evidenziare come ben quattro interventi normativi hanno interessato nell’anno 2010 il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, c.d. Testo Unico Ambientale.
Il primo di essi, rappresentato dalla Legge 25 febbraio 2010, n. 36, recante “Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue”, ha modificato l’art. 137, comma quinto, del D.Lgs. n. 152 del 2006, circoscrivendo l’ambito di applicazione della sanzione penale per gli scarichi extratabellari di acque reflue industriali alle sole ipotesi di violazione più gravi, ossia quelle in cui, oltre a superare i valori limite previsti, lo si faccia in relazione a specifiche sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5 del citato decreto: ciò ha comportato dunque la depenalizzazione della condotta di scarico con mero superamento dei limiti previsti dalle tabelle 3 e 4.
Un secondo intervento legislativo, di più ampio respiro, noto come Terzo correttivo al T.U.A., è rappresentato dal D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128. L’intervento normativo ha, anzitutto, introdotto modifiche formali alla Parte I del T.U.A.; in secondo luogo, ha trasposto, all’interno della Parte II del T.U.A. (introducendo il nuovo Titolo III-bis), la disciplina in materia di autorizzazione ambientale integrata (A.I.A.) prima contenuta nel D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59, lasciandone inalterato il previgente impianto sanzionatorio, apportando anche alcune modifiche alla già vigente disciplina della valutazione ambientale strategica (VAS) e della valutazione dell’impatto ambientale (VIA); infine, il D.Lgs. n. 128/2010 ha modificato la Parte V^ del T.U.A. (contenente norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera), segnalandosi la distinzione tra nozione di impianto e nozione di stabilimento, nonché, alcune correzioni formali concernenti la disciplina sanzionatoria. Numerose le modifiche al regime sanzionatorio: a) la modifica della pena dell’arresto prevista per le modifiche sostanziali non autorizzate, il cui massimo viene elevato da 6 mesi a 2 anni: b) la depenalizzazione della condotta di chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall'art. 269, comma 8; c) la depenalizzazione della condotta di chi effettua la conduzione di un impianto termico civile di potenza termica nominale superiore a 0.232 MW senza essere munito, ove prescritto, del patentino di cui all'art. 287 (pur prevedendosi, con l’art. 3, comma 36, in deroga all’art. 2 c.p., che “per i fatti commessi fino all'entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi le sanzioni previste dall'articolo 288 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 nel testo vigente prima di tale data”); d) l’ampliamento del novero dei soggetti sanzionabili, estendendosi il campo di applicazione della sanzione penale prevista dall'art. 296, comma 1, lett. b), anche a soggetti diversi da colui che ha effettuato la messa in commercio di materiali o sostanze non conformi alle prescrizioni in materia di combustibili; e) la delimitazione del reato di superamento dei limiti tabellari, oggi integrato soltanto se i controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'art. 268, comma 1, lett. p), accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi elencati nell'Allegato V alla parte quinta del decreto e di sistemi di monitoraggio conformi alle prescrizioni di tale allegato; f) l’espressa previsione secondo cui l’impiego, quale combustibili, di materiali e sostanze non conformi all’Allegato X oppure di sostanze o materiali classificabili come rifiuti ai sensi della Parta IV del T.U.A. integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti.
Un terzo intervento legislativo, c.d. Quarto correttivo al T.U.A., è rappresentato dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 che recepisce la direttiva-quadro sui rifiuti (2008/98/CE), entrato in vigore il 25 dicembre 2010. Il decreto introduce novità rilevanti nella materia dei rifiuti, modificando in modo sostanziale la Parte Quarta del c.d. Codice Ambientale (D.Lgs. n. 152/2006), ed in particolare mira a: a) rafforzare i principi di precauzione e prevenzione nella gestione dei rifiuti (privilegiando la migliore opzione); b) massimizzare il riciclaggio/recupero (con un riciclo di “alta qualità” entro il 2015 laddove la raccolta differenziata dovrà riguardare almeno carta, metalli, plastica e vetro, e “ove possibile” il legno); c) garantire che tutte le operazioni di gestione dei rifiuti, a partire dalla raccolta, avvengano nel rispetto di rigorosi standard ambientali. Il c.d. quarto correttivo, poi, dedica numerose disposizioni al nuovo Sistema di tracciabilità dei rifiuti (c.d. SISTRI), ed alle sanzioni previste in caso di violazione della relativa disciplina, calibrate su quelle già previste dall’ordinamento per la violazione di registri, Mud e formulario (da un minimo di 2.600 euro a un massimo di 93mila euro di sanzione amministrativa pecuniaria), e temperate dalla previsione di un regime transitorio “attenuato”. Per quanto, infine, concerne il sistema sanzionatorio in tema di rifiuti, il c.d. quarto correttivo introduce un regime sanzionatorio amministrativo pecuniario più rigoroso per l’abbandono di rifiuti da parte dei privati, prevedendo sanzioni più leggere per le imprese con meno di 15 dipendenti che producono rifiuti pericolosi ma, soprattutto, unica modifica rilevante sotto il profilo penale, estendendo la confisca obbligatoria del veicolo nel caso di attività di gestione di rifiuti pericolosi non autorizzata, sanzione evitabile solo qualora lo stesso appartenga “non fittiziamente” a una persona estranea al reato.
Il quarto ed ultimo intervento normativo sul T.U.A., infine, è rappresentato dal recente D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219, entrato in vigore il 4 gennaio 2011, attuativo di due direttive comunitarie, la direttiva 2008/105/CE (relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque) e la direttiva 2009/90/CE (che stabilisce specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque). Le novità introdotte tramite la modifica alla Parte III del D.lgs. 152/2006 in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, comportano: a) l’ingresso di 7 nuovi articoli nel Capo dedicato agli obiettivi di qualità ambientale (da 78-bis a 78-octies); b) l’integrale sostituzione dell’art. 78 relativo agli standard di qualità ambientale per le acque superficiali; c) alcune modifiche sparse all’allegato I del D.lgs. 152/2006 recante “Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale”. Vale la pena di precisare, per quanto di interesse in questa sede, come per tale ultimo intervento normativo non si registrano modifiche al relativo apparato sanzionatorio.
Con il D.Lgs. n. 219/2010, attuativo delle due direttive comunitarie in materia di acque, si apportano per la trentacinquesima volta modificazioni ed integrazioni al “corpus” originario del T.U.A., cui si aggiungono numerose declaratorie di incostituzionalità nelle more intervenute.
1. Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 che recepisce la direttiva-quadro sui rifiuti (2008/98/CE): sintesi delle novità.
Il decreto legislativo in esame, predisposto ai sensi dell’allegato B della legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), recepisce la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, attraverso modifiche e integrazioni alla Parte quarta (Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati) del D.Lgs. 152/2006 (Codice ambientale).
Secondo quanto emerge dalla Relazione illustrativa, il provvedimento nasce dall’esigenza di ottimizzare nel complesso le disposizioni della normativa sui rifiuti, senza peraltro modificarne la struttura essenziale e le disposizioni principali.
Esso mira, anche attraverso un rafforzamento della gerarchia del trattamento dei rifiuti e l’introduzione di misure da adottare per la prevenzione dei rifiuti, a ridurre, in conformità alla strategia europea sulle risorse, gli impatti ambientali derivanti dalla produzione e dalla gestione dei rifiuti e a controllarne, attraverso il sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri), la tracciabilità, al fine di prevenire la gestione illegale dei rifiuti.
La novella si compone di 39 articoli e 5 allegati (che sostituiscono i corrispondenti allegati alla parte IV del Codice, ad eccezione dell’allegato L, che è nuovo).
Sono invece abrogati gli allegati A, G ed H alla luce della nozione “aperta” di rifiuto recata dal nuovo testo e tenuto conto del fatto che la definizione di rifiuto pericoloso rinvia alle caratteristiche di pericolo recate dall’allegato I.
Le principali novità riguardano:
• la definizione di sottoprodotto, (già prevista dall'ordinamento nazionale) che viene resa più aderente al disposto comunitario;
• il riutilizzo di terre e rocce da scavo che, se il materiale di risulta non è contaminato, viene considerato un sottoprodotto e può essere riutilizzato in loco;
• la definizione di CDR, volta a consentire la produzione di energia dai rifiuti, considerando quindi il rifiuto non più uno scarto ma una risorsa economica, con vantaggi sia in termini ambientali che di bolletta energetica;
• la codificazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti–Sistri, attraverso l’inquadramento nell’ambito normativo europeo del provvedimento istitutivo del sistema. Il decreto definisce inoltre le sanzioni per l’inosservanza delle previsioni relative al Sistri che non potevano essere contenute nel decreto ministeriale istitutivo (D.M. 17 dicembre 2009);
• la definizione di obiettivi di recupero di alcuni materiali: per vetro, carta, plastica e metalli viene fissata al 2020 una soglia tassativa minima di recupero, il 50%;
• una gerarchia dei rifiuti, con un ordine di priorità che prevede la prevenzione, cioè misure che riducono la quantità di rifiuti anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita; la preparazione per il riutilizzo, ovvero le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui i prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento; il riciclaggio, il recupero (ad esempio di energia, quando cioè i rifiuti svolgono un ruolo utile sostituendo altri materiali) e lo smaltimento. La direttiva oggetto di recepimento sottolinea, peraltro, che, nell’applicare questa gerarchia, gli Stati membri devono adottare misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo.
2. Il quadro delle norme modificate: sintesi delle modifiche e delle integrazioni.
In particolare, quanto alle modifiche apportate alla Parte III del T.U.A., il D.Lgs. n. 205 del 2010 ha, da un lato, modificato disposizioni normative già esistenti (artt. 177, 178, 179, 180, 181, 182, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 189, 190, 193, 194, 195, 197, 199, 205, 208, 209, 211, 212, 213, 214, 215, 216 228, 230, 255, 258 e 265) e, dall’altro, ha introdotto nuove disposizioni il cui innesto nel corpus originario del T.U.A. si è reso necessario per l’integrale recepimento della direttiva comunitaria n. 2008/98/CE (artt. 178-bis, 180-bis, 182-bis, 182-ter, 184-bis, 184-ter, 188-bis, 188-ter, 214-bis, 216-bis, 216-ter, 260-bis, 260-ter, 264-bis, 264-ter e 264-quater).
In particolare, il nuovo testo degli artt. 177 e 178 – riguardante le finalità e i principi in materia di rifiuti - non si discosta, nella sostanza, da quello vigente e consente di recepire il dettato dell’art. 1 e del secondo par. dell’art. 4 della direttiva. Si segnalano l’introduzione del principio di sostenibilità e l’assoggettamento della gestione dei rifiuti a criteri di fattibilità tecnica ed economica.
L’art. 178-bis introduce, recependo l’art. 8 della direttiva, disposizioni finalizzate a consentire l’applicazione (facoltativa) del principio della responsabilità estesa del produttore del prodotto, secondo cui il produttore deve essere responsabile di tutte le varie fasi di gestione del prodotto e quindi anche del rifiuto che ne deriva. Lo stesso articolo reca la definizione di produttore del prodotto, che viene inteso come “qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti”. Il comma 3 prevede quindi la possibilità, per i decreti attuativi, di addossare i costi della gestione dei rifiuti parzialmente o interamente al produttore del prodotto causa dei rifiuti. Nel caso il produttore partecipi parzialmente, il distributore concorre fino all'intera copertura dei costi.
Il nuovo testo dell’art. 179 introduce in modo esplicito la citata gerarchia del trattamento dei rifiuti, in linea con quanto previsto dall’art. 4, par. 1, della direttiva.
Ai sensi del comma 6, le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia, sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.
Le principali modifiche all’art. 180 riguardano l’adozione, da parte del Ministero dell’ambiente, di un programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e delle indicazioni per l’integrazione nei piani regionali di gestione dei rifiuti.
Il nuovo art. 180-bis impone:
a) alle pubbliche amministrazioni, la promozione di iniziative volte a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti;
b) al Ministero dell'ambiente, di adottare misure per la promozione del riutilizzo dei prodotti e della preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, anche attraverso l'introduzione della responsabilità estesa del produttore.
Il nuovo testo dell’art. 181 prevede, al fine di recepire l’art. 11 della direttiva:
a) la fissazione, da parte delle regioni, dei criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata;[1]
b) la realizzazione entro il 2015 della raccolta differenziata almeno per carta, metalli, plastica e vetro;
c) l’introduzione di precisi obiettivi quantitativi (in termini di peso) relativi alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio/recupero di rifiuti, da raggiungere entro il 2020.
Le modifiche all’art. 182 sono per lo più finalizzate a migliorare il testo o ricollocarlo in altri articoli.
L’art. 182-bis prevede che lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati siano attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, che garantisca i principi di autosufficienza e prossimità.
Il successivo art. 182-ter prevede l’adozione da parte di regioni, province autonome, comuni e ATO di misure volte ad incoraggiare, per i rifiuti organici:
a) la raccolta separata, finalizzata a compostaggio e digestione dei medesimi;
b) il trattamento degli stessi, in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;
c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai medesimi rifiuti, ciò al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente.
Il nuovo art. 183 è volto a rendere le definizioni conformi a quelle previste dall’art. 3 della direttiva.
Una delle modifiche più rilevanti è senz’altro costituita dalla nuova nozione di “rifiuto”.
Pur restando inalterato il concetto di “disfarsi” nelle tre declinazioni («si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi»), viene eliminata la seconda condizione prevista dalla normativa previgente, vale a dire l’inserimento nell’elenco delle categorie di rifiuti previsto dal vigente Allegato A (che viene quindi abrogato).
Il comma 5 dell’art. 184 chiarisce che l’elenco dei rifiuti di cui all’Allegato D è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi.
Relativamente alla miscelazione dei rifiuti pericolosi, l’art. 187 conferma il divieto di miscelazione, introducendo:
a) la specificazione che la miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose;
b) l’aggiunta di due condizioni da rispettare per poter procedere alla miscelazione: che la miscelazione sia effettuata da ente o impresa autorizzata e che sia conforme alle migliori tecniche disponibili.
Per effetto della modifica al comma 3, lettera b), dell’art. 184, dell’abrogazione dell’art. 186 e della riscrittura dell’art. 185, viene delineata una nuova disciplina per le terre e rocce da scavo finalizzata a consentirne il riutilizzo.
Il nuovo art. 184-bis prevede quindi una disciplina definitoria per i sottoprodotti finalizzata a stabilire regole più semplici per il riuso.
L’art. 184-ter, disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto, mentre l’art. 185 elenca le sostanze escluse dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti.
Gli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 205 del 2010 si occupano degli adempimenti documentali, integrandoli e adattandoli sia all’art. 17 della direttiva che prevede la tracciabilità per i rifiuti pericolosi, che al D.M. 17 dicembre 2009 con il quale è stato istituito il SISTRI. Da qui le nuove formulazioni degli artt. 188 (Responsabilità della gestione dei rifiuti), 188-bis (Controllo della tracciabilità dei rifiuti), 188-ter (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti - Sistri), 189 (Catasto dei rifiuti), 190 (Registri di carico e scarico), 193 (Trasporto dei rifiuti) e 194 (Spedizioni transfrontaliere).
All’art. 195 sono introdotte ulteriori competenze in capo allo Stato, relative alla definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata, sui contenuti minimi delle autorizzazioni, nonché sulle attività di recupero energetico dei rifiuti.
Ai sensi dell’art. 197 alle Province sono attribuiti controlli periodici sugli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi e le imprese che raccolgono/trasportano rifiuti a titolo professionale.
Il nuovo testo dell’art. 199, in materia di Piani regionali, si caratterizza per alcune novità volte a completare il recepimento della direttiva in materia di partecipazione del pubblico.
All'art. 201 l’attività di recupero viene ricompresa nella gestione integrata dei rifiuti urbani, mentre gli artt. 208, 209 e 211 recano – rispettivamente - modifiche in materia di autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento, di recupero dei rifiuti e rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale, nonché di autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione.
Viene parzialmente modificato l'art. 212 al fine di chiarire le modalità operative dell'Albo nazionale gestori ambientali. L’art. 213 riguardante la disciplina in materia di autorizzazione integrata ambientale, viene modificato, in particolare, abrogando il comma 2.[2]
Sono quindi modificate le procedure semplificate di cui agli artt. 214, 215 e 216.
L’art. 214-bis contiene l’innovativa previsione secondo cui le attività di sgombero della neve effettuate dalle pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lett. a), comma 1, dell'art. 183.”; tale disposizione, del resto, va coordinata con la formula definitoria di spazzamento delle strade, in quanto proprio le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito, sono espressamente escluse da tale nozione e non costituiscono, quindi, modalità di raccolta dei rifiuti (nuovo art. 183, lett. oo).
L’art. 216-bis introduce, recependo l’art. 21 della direttiva, disposizioni relative alla gestione degli oli usati mentre, ai sensi dell’art. 216-ter, alla Commissione europea dovranno essere trasmessi, a cura del Ministero dell’ambiente: i piani di gestione e i programmi di prevenzione; le informazioni sull’applicazione della direttiva; gli obiettivi relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti; la Parte IV del D.Lgs. 152/2006, nonché i provvedimenti inerenti la gestione dei rifiuti.
Le modifiche, poi, agli artt. 228 (in tema di pneumatici fuori uso) e 230 (in tema di rifiuti derivanti dall’attività di manutenzione dell’infrastrutture) conseguono alla necessità di coordinarne la disciplina con i principi affermati dalla nuova direttiva. In particolare, limitando l’attenzione a tale ultima disposizione, la norma prevede che i rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva i quali hanno un duplice obbligo:
a) aderire obbligatoriamente al sistema SISTRI ai sensi dell’art. 188-ter, comma 1, lettera f);
b) sono comunque tenuti all’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, prevista dall’art. 212, comma 5, per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti.
In ogni caso, è previsto che i predetti rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva.
Quanto alle modifiche al sistema sanzionatorio, rinviando al paragrafo successivo l’analisi in dettaglio, è sufficiente segnalare che il nuovo testo dell’art. 255 modifica il regime sanzionatorio nel caso di abbandono di rifiuti. Le modifiche all’art. 255 e i nuovi artt. 260-bis e 260-ter introducono, poi, il sistema sanzionatorio relativo al funzionamento del SISTRI e per l’adeguamento all’art. 36 della direttiva che prevede l’adozione, da parte degli Stati membri, di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
Il nuovo testo dell’art. 258 relativo alla violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari, riguarda poi prevalentemente i soggetti che possono, su base volontaria, non aderire al SISTRI.
Gli articoli aggiuntivi 264-bis, 264-ter e 264-quater contengono alcune disposizioni di coordinamento ed alcune abrogazioni necessarie a seguito dell’istituzione del SISTRI.
2.1. Il quadro delle norme modificate: le abrogazioni.
L’art. 39 del D.Lgs. n. 205 del 2010 reca, infine, norme transitorie ed alcune abrogazioni.
Alcune norme, infatti, vengono abrogate in quanto la loro presenza si manifestava ultronea rispetto al nuovo assetto normative oggetto della novella legislativa.
Di alcune di esse, peraltro, il decreto ne dispone l’immediata abrogazione a far data dal 25 dicembre 2010, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 205 del 2010.
Si tratta, in particolare, oltre che dell’abrogazione di alcuni commi delle norme preesistenti oggetto di modifica (di cui si dirà oltre) nonché dell’abrogazione degli allegati A, G ed H di cui si è detto in precedenza, dei seguenti articoli:
a) 181-bis (che recava la disciplina in tema di “materie, sostanze e prodotti secondari”), le cui disposizioni risultano assorbite e superate dalle nuove norme dettate dall’art. 184-bis per i sottoprodotti e la cessazione della qualifica di rifiuto;
b) 210 (riguardante la disciplina in tema di “autorizzazioni in ipotesi particolari”), dal rilascio, modifica o rinnovo dell’autorizzazione degli impianti non ancora autorizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del Codice (29 aprile 2006) all’autorizzazione concessa a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività;
c) 229 (disciplinante la gestione di quella particolare categoria di rifiuto rappresentata dal “combustibile da rifiuti e combustibile da rifiuti di qualità elevata - cdr e cdr-q”) la cui abrogazione si giustifica, da un lato, per il fatto che l’art. 229 reca una disciplina che riguarda sia il CDR che il CDR-Q (la cui definizione, prima contenuta nell’art. 183, lett. r) del T.U.A., è stata soppressa dall’art. 10 del D.Lgs. n. 205/2010) e, dall’altro, perché sembrerebbe che con le nuove norme recate dall’art. 12 (sottoprodotti e cessazione della qualifica di rifiuto) il CDR può essere utilizzato anche al di fuori dalla disciplina dei rifiuti;
d) 3 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173 (in materia di smaltimento dei rifiuti agricoli).
Viene, invece, differita l’abrogazione dell’art. 186 (dettante la disciplina in tema di “terre e rocce da scavo”) dalla data di entrata in vigore del D.M. previsto dal nuovo art. 184-bis, comma secondo. Si tratta, in altri termini, di quel decreto ministeriale cui è affidata l’adozione delle misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti.
Tali disposizioni - come sottolinea la Relazione illustrativa – sono ormai rese superflue dalla nuova nozione di sottoprodotto, dalla previsione dei casi di cessazione della qualifica di rifiuto e dalla gamma di esclusioni prevista dall’art. 185.
La scelta del legislatore pare opinabile con riferimento alla previsione contenuta nell’art.39, comma primo (cui fa da pendant, quella dell’art. 16 del medesimo D.Lgs. n. 205 del 2010). Il far dipendere l’entrata in vigore di alcune disposizioni operative fondamentali per l’avvio del sistema di tracciabilità dei rifiuti (artt. 188, 188-bis, 188-ter, 189, 190 e 193) dal giorno successivo alla scadenza del termine previsto dal D.M. 17 dicembre, ha determinato un sostanziale sovvertimento della gerarchia delle fonti, in quanto si demanda ad una fonte secondaria (il D.M. 17 dicembre 2009) il dies a quo per l’applicazione delle fattispecie, alcune aventi anche rilevanza penale, come si vedrà oltre.
Detto termine, com’è noto, originariamente fissato al 31 dicembre 2010, è stato ulteriormente prorogato al 31 maggio 2011 dal recente D.M. 22 dicembre 2010 (G.U. n. 302 del 28 dicembre 2010).
Con i commi 4-6 dell’art. 39, si provvede, infine, a modificare gli allegati B, C, D ed I e, dall’altro, ad abrogare gli allegati A, G ed H alla Parte IV del T.U.A.; il comma settimo, invece, introduce un inedito allegato L al D.lgs. n. 152/2006.
L’elenco seguente mostra gli effetti delle sostituzioni e delle abrogazioni disposte dai commi 4, 5 e 6 dell’art. 34 sugli allegati al Codice:
- Allegato A): abrogato
Tale allegato elencava le categorie di rifiuti che risultano, oggi, inutili alla luce della nuova nozione “aperta” di rifiuto recata dal nuovo testo dell’art. 183. L’omologo allegato, del resto, era già stato abrogato dalla direttiva 2008/98/CE.
- Allegato B): riscritto
- Allegato C): riscritto
In particolare, il nuovo testo degli allegati B e C, che elencano le operazioni di recupero e smaltimento, recepisce fedelmente quello degli allegati I e II alla direttiva. Rispetto al testo vigente le uniche variazioni sono nell’inserimento di una serie di note. All’interno di tali note si segnala l’introduzione, nell’allegato C relativo alle operazioni di recupero, in linea con la direttiva, di una soglia di efficienza energetica (calcolata sulla base di apposita formula indicata in nota al medesimo allegato) al fine di valutare l’inclusione degli impianti di incenerimento di rifiuti solidi urbani nell’ambito dell’operazione R1 “Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia”;
- Allegato D): riscritto
Tale elenco contiene l’elenco dei rifiuti istituito dalla Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000.
- Allegato E): invariato
Tale allegato contiene gli obiettivi di recupero e di riciclaggio dei materiali contenuti nei rifiuti di imballaggio, nonché criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai sensi della Direttiva 2004/12/CE.
- Allegato F): invariato
Tale allegato reca criteri da applicarsi in materia di imballaggi.
- Allegato G): abrogato
Tale allegato, che contiene categorie di rifiuti pericolosi, viene abrogato - specularmente a quanto avviene per la categorie di rifiuti di cui all’allegato A – in quanto la definizione di rifiuto pericoloso rinvia unicamente alle caratteristiche di pericolo recate dall’allegato I.
- Allegato H): abrogato
Tale allegato, che contiene un elenco di costituenti che rendono pericolosi i rifiuti dell'allegato G, viene abrogato per la sua connessione con l’allegato G.
- Allegato I): riscritto
Tale allegato, che contiene un elenco di caratteristiche di pericolo per i rifiuti, recepisce integralmente il dettato dell’allegato III alla direttiva e si discosta dal vigente allegato I al Codice soprattutto per l’introduzione della voce «sensibilizzanti» (voce inserita come H13, la vigente voce H13 compare nel nuovo allegato come voce H15), intesi come “sostanze o preparati che, per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo ad una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici”. Si segnala che, ai sensi della nuova definizione introdotta nell’art. 183 novellato dall’art. 10 del D.Lgs. n. 205/2010, un rifiuto è pericoloso se presenta almeno una delle caratteristiche previste da tale allegato I.
- Allegato L): introdotto dal D.Lgs. n. 205/2010
Tale allegato, che contiene un elenco di esempi di misure di prevenzione dei rifiuti, recepisce fedelmente l’allegato IV alla direttiva e rappresenta uno strumento di base per l’elaborazione e la valutazione delle politiche di prevenzione dei rifiuti previste dal nuovo testo dell’art. 180 previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 205/2010.
3. Le modifiche rilevanti in materia sanzionatoria.
Il D.Lgs. n. 205 del 2010 mantiene sostanzialmente inalterato l’impianto sanzionatorio, basato sul sistema del c.d. doppio binario, in materia di rifiuti.
Si segnaleranno di seguito le poche modifiche normative riguardanti la disciplina sanzionatoria, sia penale che amministrativa.
Per quanto concerne, in particolare, le sanzioni amministrative, il Quarto correttivo incrementa anzitutto l’entità delle sanzioni amministrative originariamente previste; in particolare, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 34 all’art. 255, la sanzione amministrativa pecuniaria prevista in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti ovvero di immissione in acque superficiali o sotterranee (art. 192, commi 1 e 2), di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani di imballaggi terziari di qualsiasi natura ovvero di omesso conferimento in raccolta differenziata degli imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio al servizio pubblico (art. 226, comma 2) ed, infine, di violazione della disciplina in tema di veicoli fuori uso (art. 231, commi 1 e 2) è stata elevata, nel minimo, a trecento euro (prima era pari a centocinque euro) e, nel massimo, a tremila euro (prima era pari a seicentoventi euro).
E’ stata, invece, soppressa la previsione originaria che, in caso di abbandono di rifiuti non pericolosi e non ingombranti sul suolo, stabiliva una sanzione amministrativa pecuniaria ridotta (da 25 euro a 155 euro); infine, è stata introdotta una nuova previsione sanzionatoria, stabilendo in particolare la possibilità di aumentare fino al doppio la misura della sanzione “base”, nel caso in l'abbandono riguardi rifiuti pericolosi.
Particolarmente afflittivo è il nuovo trattamento sanzionatorio introdotto dal c.d. Quarto correttivo nei confronti delle imprese e degli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) che non hanno più di dieci dipendenti nonché degli enti e delle imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8.
Tali soggetti, infatti, ove non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) ed omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro (art. 258, comma 1, nuovo testo).
Resta ferma la previsione di riduzione della predetta sanzione da 1.040 euro a 6.200 euro (comma 3), per le imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, ma è stata soppressa, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 35 del D.Lgs. n. 205/2010, la maggior riduzione (da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro) prima prevista in caso di rifiuti pericolosi.
La soppressione dell’inciso, pertanto, ha l’effetto di uniformare la riduzione della sanzione per le predette imprese sia nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi che non pericolosi.
Il nuovo comma 2 dell’art. 258, poi, prevede che i produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico “con le modalità di cui all’art. 1, comma 1, della L. 25 gennaio 2006, n. 29”, e all’art. 6, comma 1 del D.M. 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.
Al riguardo si segnala che il comma 8 del nuovo art. 190 prevede che tale obbligo è adempiuto attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del SISTRI relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.[3]
Il novellato comma 4 dell’art. 258 contempla, poi, le sanzioni a carico delle imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi e che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti.
Le stesse, ove effettuino il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'art. 193 ovvero indichino nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.
Viene resa più intelligibile la previsione, già contemplata dal previgente comma 4, che stabiliva l’applicazione della pena di cui all'art. 483 c.p. nei confronti di chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.
La nuova formulazione del comma 4 risolve, dunque, un’annosa questione inerente l’applicabilità dell’art. 483 c.p. (reclusione fino a due anni), ovvero se la pena da esso prevista sia applicabile in tutte le ipotesi di cui al comma 4 o solo nel caso di predisposizione di un certificato di analisi falso. Fino ad oggi, la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza avevano ritenuto che la pena di cui all’art. 483 c.p. godesse di un’applicazione generale; invece, il nuovo comma 4 si muove in direzione contraria: «si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto».
Deve, tuttavia, segnalarsi la soppressione dell’inciso contenuto nel previgente comma 4 dell’art. 258 (“Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi”), che comporterebbe la depenalizzazione della condotta consistente nel trasportare rifiuti pericolosi senza il formulario di identificazione ovvero nell’indicare nel formulario stesso dati incompleti o inesatti riferiti al trasporto di rifiuti pericolosi.
Ciò, tuttavia, almeno ad una prima e prudenziale lettura, non significa che le predette condotte rimangano sprovviste di sanzione: sarà, infatti, applicabile alle medesime la sanzione amministrativa pecuniaria in generale prevista dal novellato comma 4 per le medesime condotte riguardanti i rifiuti non pericolosi (sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro).
Il D.Lgs. n. 205/2010 mantiene inalterata la disciplina dettata dal comma 5 dell’art. 258.
Continuerà, quindi, ad applicarsi la sanzione amministrativa pecuniaria da 260 euro a 1.550 euro nel caso in cui le indicazioni di cui sopra sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute; analogamente, continuerà ad applicarsi la medesima sanzione amministrativa pecuniaria (il legislatore del 2010 ha perso l’occasione di rettificare linguisticamente la norma, che parla ancora di ”pena”, trattandosi invece chiaramente di una sanzione amministrativa pecuniaria) se le indicazioni di cui sopra sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri o del formulario di identificazione “da parte dei soggetti obbligati” (unica modifica apportata dall’art. 35 D.Lgs. n. 205/2010 al testo).
Ancora, il nuovo comma 5-bis dell’art. 258, nel riprendere il previgente comma 1, ribadisce oggi l’applicazione della medesima sanzione amministrativa pecuniaria (da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro) nei confronti dei soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi che non effettuino la comunicazione prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto al Consorzio nazionale degli imballaggi; ove la comunicazione sia effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della L. 25 gennaio 1994, n. 70, si applicherà invece la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.
Il c.d. Quarto correttivo, tuttavia, ha introdotto una nuova ipotesi di illecito amministrativo.
Si tratta della previsione oggi contemplata dal nuovo comma 5-ter dell’art. 258, che prevede l’applicazione delle medesime sanzioni amministrative previste dal comma 5-bis (v. supra) nei confronti del Sindaco del comune che non effettui la comunicazione annuale di cui all'articolo 189, comma 3, alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto (sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro); se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della L. 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.
Inedita è, invece, la nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. 3 dicembre 2010 n. 205 per le violazioni al sistema di tracciabilità di rifiuti (SISTRI).
Deve, sul punto, preliminarmente osservarsi che la disciplina sanzionatoria riguardante la violazione degli adempimenti ed obblighi in materia di tracciabilità dei rifiuti non è immediatamente operativa, sia per le fattispecie amministrative che penali.
Ed infatti, l’art. 39, comma primo, del D.Lgs. n. 205 del 2010 ne differisce l’applicabilità a partire “dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’art. 12, comma 2, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009 e successive modificazioni”.
Detto termine, com’è noto, originariamente fissato al 31 dicembre 2010, è stato ulteriormente prorogato al 31 maggio 2011 dal recente D.M. 22 dicembre 2010 (G.U. n. 302 del 28 dicembre 2010).
Ciò significa che le predette sanzioni troveranno applicazione a far data dal 1 giugno 2011.
Un nuovo regime sanzionatorio derivante dall’inadempimento degli obblighi introdotti dal D.M. 17 dicembre 2009, è stato introdotto con i nuovi art. 260-bis e 260-ter, quest’ultimo riguardante le sanzioni amministrative accessorie e la confisca a seguito dell’accertamento delle violazioni di cui all’art. 260-bis (su cui si dirà oltre).
Il Ministero dell’ambiente, nel commisurare l’entità delle sanzioni del nuovo sistema sanzionatorio, si è ispirato essenzialmente a quello prima previsto all’art. 258 D.Lgs. n.152/2006 con riferimento al MUD, al registro di carico e scarico e al formulario. La scelta del legislatore di prendere come modello il sistema sanzionatorio già previsto per il sistema cartaceo di comunicazione dei dati in materia di rifiuti appare ragionevole in considerazione del fatto che il SISTRI si sostituisce, per i soggetti obbligati ad iscriversi al SISTRI, al vigente sistema per il controllo della tracciabilità dei rifiuti.
In sintesi, il sistema sanzionatorio si è conformato – in punto di entità delle sanzioni – a quello attualmente prima previsto dal Codice ambientale creando, tuttavia, nuove fattispecie per tener conto degli obblighi stabiliti dal D.M. 17 dicembre 2009 istitutivo del SISTRI.
Nell’elaborazione delle diverse fattispecie sanzionate il legislatore italiano ha, infatti, tenuto conto degli obblighi previsti dal D.M. 17 dicembre 2009 che, oltre a stabilire obblighi di iscrizione per varie tipologie di soggetti, prevede una serie di comunicazioni obbligatorie da effettuare secondo determinati criteri e tempistiche. Così all’obbligo previsto per determinate categorie di soggetti di iscriversi al SISTRI corrisponde una sanzione per l’omessa iscrizione, variabile in funzione della tipologia di rifiuti per la quale viene effettuata l’iscrizione (rifiuti pericolosi o non pericolosi).
È sanzionabile anche l’omessa compilazione – secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal SISTRI – del registro cronologico o della scheda SISTRI – Area movimentazione.
È, altresì, sanzionabile chi fornisce al SISTRI informazioni incomplete, inesatte o insufficienti.
Con specifico riferimento al trasporto, in considerazione del fatto che i rischi collegati alla gestione dei rifiuti aumentano sensibilmente in caso di trasporto dei rifiuti, viene prevista una pluralità di sanzioni, anche di natura amministrativa quali, ad esempio, il fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti.
In particolare, il legislatore si mantiene fedele al principio del c.d. doppio binario, prevedendo sanzioni sia penali che amministrative pecuniarie in caso di violazioni al SISTRI.
Quanto alle sanzioni amministrative, in ordine crescente, sono le seguenti:
a) sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 a 9.300 euro
- si applica nei confronti del trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti non pericolosi con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei predetti rifiuti; se, tuttavia, le condotte di cui sopra non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta;
b) sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento a quindicimilacinquecento euro
- si applica ai soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti nei termini previsti ove si tratti di rifiuti non pericolosi;
- si applica ai soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), ove si tratti di rifiuti non pericolosi;
- si applica nei confronti di chi omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, o altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, ove si tratti di rifiuti non pericolosi; nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti (calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue, sicchè l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione) si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento; se, tuttavia, le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta;
- si applica nei confronti dei soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ove si tratti di rifiuti non pericolosi (SISTRI);
c) sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento a novantatremila euro
- si applica ai soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti nei termini previsti ove si tratti di rifiuti pericolosi;
- si applica ai soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), ove si tratti di rifiuti pericolosi;
- si applica nei confronti di chi omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, o altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al predetto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, ove si tratti di rifiuti pericolosi; nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti (calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue, sicchè l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione) le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi; se, tuttavia, le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento;
- si applica nei confronti dei soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ove si tratti di rifiuti pericolosi (SISTRI).
Si osserva, peraltro, come siano previste riduzioni delle sanzioni amministrative pecuniarie per le imprese con meno di 15 dipendenti che omettono la compilazione del registro cronologico o della scheda SISTRI – Area Movimentazione (sia per i rifiuti pericolosi che non).
Quanto alle sanzioni penali, in ordine crescente di gravità, sono le seguenti:
a) pena prevista dall’art. 483 c.p. (reclusione fino a due anni):
- nei confronti di colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti;
- nei confronti di colui che inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti;
- nei confronti del trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti pericolosi con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei predetti rifiuti;
- nei confronti di colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati;
b) pena prevista dal combinato disposto degli artt. 477 e 482 c.p. (reclusione da mesi 4 ad anni due):
- nei confronti del trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI – AREA Movimentazione fraudolentemente alterata, ove si tratti di rifiuti pericolosi; detta pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi.
La Relazione tecnica sottolinea, in merito all'autorità competente per l'accertamento delle violazioni nell'irrogazione delle sanzioni, come in linea generale essa sia individuata nella provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione ai sensi del previgente art. 262, comma 1, mentre per l’eventuale sospensione dal servizio prevista dal comma 2 dell'art. 260-bis per l’omissione del pagamento del contributo annuale al SISTRI, spetta al Ministero dell’ambiente.
Il Ministero, infatti, nella determinazione del contributo annuale di iscrizione al SISTRI (previsto dall’art. 4, commi 1 e 3 del D.M. 17 dicembre 2009) terrà conto dei casi di mancato pagamento.
3.1. Sanzioni accessorie e confisca: l’estensione della misura ablatoria del veicolo a tutte le ipotesi di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 260-ter).
Il successivo nuovo art. 260-ter dispone, infine, la sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti per un anno qualora, nel caso delle violazioni di cui ai commi 8 e 9 dell’art. 260-bis (copia cartacea alterata della scheda SISTRI – Area Movimentazione), il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all’art. 99 c.p. (recidiva) o all’art. 8-bis della legge 689/1981 (reiterazione delle violazioni) o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti (comma 1).
Il comma 2 prevede anche l’applicabilità, in quanto compatibili, di alcune norme del D.Lgs. 285/1992 (artt.213, 214, 214-bis e 224-ter), cd. Codice della strada, sul sequestro e fermo amministrativo del veicolo.
Il comma 3 dispone che all’accertamento delle violazioni per i trasportatori di rifiuti pericolosi che utilizzano veicoli non iscritti al SISTRI, oltre alla sanzione prevista, si applichi anche la sanzione accessoria del fermo amministrativo di un anno del mezzo. In ogni caso, si prevede che la restituzione del veicolo sottoposto al fermo amministrativo non può essere disposta in mancanza dell’ iscrizione e del correlativo versamento del contributo.
Il comma 4 prevede, ancora, che nel caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, venga sempre disposta la confisca obbligatoria del veicolo ai sensi dell’art. 240, comma 2, c.p., salvo che gli stessi appartengano, non fittiziamente, a persona estranea al reato (è presente, nel comma 4, un evidente refuso in quanto la congiunzione “che” appare ripetuta).
Infine, il comma 5 dell’art. 260-ter, con disposizione di chiusura prevede espressamente l’obbligatoria applicazione della sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo del veicolo che della misura di sicurezza penale della confisca “anche all’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’art. 256”, ossia per tutte le ipotesi di attività di gestione di rifiuti svolta in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione: 1) raccolta; 2) trasporto; 3) recupero; 4) smaltimento; 5) commercio; 6) intermediazione.
La previsione in esame, con riferimento alla confisca, se, da un lato, può considerarsi sicuramente superflua con riferimento al reato di trasporto abusivo di rifiuti in quanto già prevista prima delle modifiche introdotte dal Quarto correttivo (art. 259, comma 2), dall’altro lato estende invece l’applicabilità della misura ablatoria, già contemplata prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 205/2010 per il reato di realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata (art. 256, comma 3) e per i reati relativi al traffico illecito di rifiuti (art. 259) o al trasporto illecito (art. 258, comma 4) anche alle altre condotte previste dal comma 1 dell’art. 256.
Il richiamo all’“accertamento”, consente confisca e fermo anche nel caso della sentenza di patteggiamento.
Sul punto appare necessario operare alcune riflessioni.
Particolarmente afflittiva, infatti, appare l’estensione della misura ablatoria della confisca obbligatoria (si intende, penale) a tutte le ipotesi di accertamento delle violazioni dell’art. 256, comma 1.
Non può, infatti, interpretarsi la disposizione in esame nel senso di riferire la confisca di cui al comma 4 dell’art. 260-ter al solo mezzo di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, posto che, diversamente, l’ultimo comma della norma citata non avrebbe alcun senso.
La stessa, quindi, deve essere interpretata nel senso di consentire la confisca obbligatoria del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto di “qualsiasi” rifiuto estendendola a tutte le ipotesi di attività di gestione di rifiuti svolte in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione: 1) raccolta; 2) trasporto; 3) recupero; 4) smaltimento; 5) commercio; 6) intermediazione.
Sembrerebbe trattarsi, quindi, di una nuova ipotesi di confisca obbligatoria che va ad aggiungersi a quelle già prima contemplate dal T.U.A.:
a) da un lato, la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi (art. 256, comma 3), applicabile in caso di condanna o di sentenza di patteggiamento;
b) dall’altro, la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto, già prevista per i reati relativi al traffico illecito (art. 259, comma 1) o al trasporto illecito (artt. 256 e 258, comma 4), applicabile in caso di condanna o di patteggiamento.
A queste due ipotesi, peraltro, si aggiungeva la confisca del veicolo prevista dalla normativa per la gestione emergenziale dei rifiuti nella Regione Campania (art. 6 comma 1-bis del D.L. 6 novembre 2008, n. 171, conv. con modd. in L. 30 dicembre 2008, n. 210), che, secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità, consegue obbligatoriamente ad una sentenza di condanna e non anche di patteggiamento, salva l'ipotesi prevista espressamente per il reato di realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata[4].
L’estensione della confisca del veicolo (o di qualunque altro mezzo) impiegato per il trasporto di qualsiasi tipo di rifiuto, e non solo di quelli pericolosi, consente di superare, atteso l’esplicito richiamo all’art. 240, comma secondo, c.p., i contrasti giurisprudenziali sorti in passato, da un lato, sul problema dell’applicabilità della confisca obbligatoria con decreto penale di condanna (ritenendosi, da parte della prevalente giurisprudenza, che detta confisca potesse essere disposta unicamente nei casi previsti dall'art. 240, comma secondo, cod. pen. e non anche nelle ipotesi previste dalla legislazione speciale)[5]: dall’altro, conferma la correttezza dell’orientamento giurisprudenziale, formatosi antecedentemente all’introduzione della previsione dell’art. 260-ter, comma quinto, T.U.A., che riteneva che anche dopo la entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, in caso di condanna per il reato di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione dei rifiuti in difetto di autorizzazione, di cui all'art. 256 del citato decreto n. 152, dovesse essere disposta obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto ex art. 259, comma secondo, stesso decreto[6].
Merita, infine, un breve approfondimento la questione relativa all’eccezione alla confisca obbligatoria, introdotta dal comma 4 (eccezione ovviamente valevole per i casi del comma quinto che richiama il comma precedente).
La norma, infatti, esclude l’operatività della misura di sicurezza in caso di appartenenza “non fittizia” a persona estranea al reato. Orbene, per poter interpretare correttamente la nuova previsione introdotta dall’art. 260-ter, soccorre l’esegesi giurisprudenziale di legittimità formatasi, ad esempio, con riferimento alla disciplina in materia di stupefacenti.
Sul punto, com’è noto, si è avuto modo di affermare che non integra il concetto di "appartenenza a persona estranea al reato" - la cui nozione è più ampia di quella civilistica - la semplice intestazione del bene mobile utilizzato per realizzare il reato stesso, quando precisi elementi di fatto consentano di ritenere che l'intestazione sia del tutto fittizia e che in realtà sia l'autore dell'illecito ad avere la sostanziale disponibilità del bene [7].
Al fine, peraltro, di evitare la “nuova” confisca obbligatoria, il terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell'illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, avrà pur sempre l'onere di provare la sua buona fede, ovvero che l'uso illecito della "res" gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente[8].
4. Il cosiddetto Quinto correttivo al T.U.A.: D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219.
Un cenno, seppur sintetico, infine, deve essere svolto con riferimento al D.Lgs. n. 219 del 2010, in vigore dal 4 gennaio 2011, che, come già anticipato in precedenza, ha introdotto alcune modifiche alla disciplina in materia di acque.
Come, peraltro, già precisato in precedenza, il decreto in esame non incide sulla disciplina sanzionatoria dettata dalla Parte III^ del Codice ambientale, essendosi infatti limitato il legislatore al recepimento, da un lato, della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e, dall’altro, al recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque.
Si ricorda, infatti, che le due direttive che vengono recipe dal provvedimento in esame, sono cosiddette “direttive figlie” della direttiva 2000/60/CE emanate, rispettivamente, ai sensi dell’art. 16 relativo alle strategie per combattere l’inquinamento idrico e dell’art. 8 sui programmi di monitoraggio dello stato delle acque superficiali, sotterranee e delle aree protette. Data la stretta correlazione tra le finalità delle due direttive, si è ritenuto opportuno recepirle in un unico provvedimento legislativo anche se il termine di recepimento della direttiva 2009/90/CE era fissato al 20 agosto 2011.
La principale finalità della direttiva 2008/105/CE è il raggiungimento di uno stato chimico buono delle acque superficiali attraverso l’istituzione di standard di qualità ambientale (SQA) per gli inquinanti o gruppi di inquinanti che presentano un rischio significativo per l’ambiente acquatico, ossia le “sostanze prioritarie” e, all’interno di questa categoria, le sostanze “prioritarie pericolose” (art. 1).
Ai sensi dell’art. 2, numero 35), della direttiva 2000/60/CE (le cui definizioni si applicano anche alla direttiva 2008/105/CE) gli SQA rappresentano «la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota [9] che non deve essere superata, per tutelare la salute umana e l’ambiente».
Essi sono differenziati a seconda che si tratti di acque interne (fiumi e laghi) o di altre acque di superficie (di transizione, costiere e territoriali).
L’allegato II della direttiva 2008/105/CE (che sostituisce, ai sensi dell’art. 10, l’allegato X della direttiva quadro) elenca le 33 sostanze considerate prioritarie e, tra queste, le 20 sostanze identificate come pericolose (è il caso, ad esempio, di cadmio, mercurio e degli idrocarburi policiclici aromatici) [10].
L’art. 3 sugli SQA prevede che gli Stati membri:
a) applichino gli SQA figuranti nell’allegato I, parte A, ai corpi idrici superficiali secondo le disposizioni dell’allegato I, parte B (par. 1);
b) dispongano l’analisi della tendenza a lungo termine delle concentrazioni delle citate sostanze prioritarie che tendono ad accumularsi nei sedimenti e/o nel biota, in base al monitoraggio dello stato delle acque effettuato a norma dell’art. 8 della direttiva 2000/60/CE (par. 3);
c) adottino misure atte ad impedire aumenti significativi nei sedimenti e/o nel biota di tali concentrazioni (par. 3).
L’art. 4 consente agli Stati membri di avvalersi di “zone di mescolamento” adiacenti ai punti di scarico, in cui le concentrazioni di uno o più inquinanti possano superare gli SQA applicabili a condizione, però, che «tale superamento non abbia conseguenze sulla conformità del resto del corpo idrico superficiale ai suddetti standard».
Sempre ai sensi dell’art. 4, gli Stati che ricorrono a questa possibilità, dovranno descrivere nei piani di gestione dei bacini idrografici elaborati a norma della direttiva quadro sulle acque gli approcci e le metodologie applicati per ottenere tali zone nonché descrivere le misure adottate al fine di ridurre in futuro le dimensioni delle zone di mescolamento.
In base alle informazioni raccolte o ad altri dati disponibili, gli Stati dovranno poi istituire un inventario delle emissioni, degli scarichi, delle perdite di sostanze prioritarie e degli inquinanti indicati dalla direttiva per ciascun bacino idrografico o parte di esso all’interno del loro territorio (art. 5).
L’art. 12 prevede l’abrogazione, a decorrere dal 22 dicembre 2012, di una serie di precedenti direttive, mentre l’art. 13 indicava nel 13 luglio 2010 il termine per il recepimento della direttiva.
Si ricorda al riguardo che l’art. 1, comma primo, della L. n. 96 del 2010 prevedeva che per le direttive elencate negli allegati A e B, il cui termine di recepimento fosse già scaduto ovvero scadesse nei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge, il Governo era delegato ad adottare i decreti legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore (vale a dire il 10 luglio 2010). L’art. 1, comma terzo, prevedeva inoltre che qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scadesse nei 30 giorni che precedevano la scadenza del termine di recepimento o successivamente, quest’ultimo era prorogato di 90 giorni (il termine era così rinviato fino all’8 gennaio 2011).
Conseguentemente, il decreto avrebbe dovuto essere adottato entro l’8 gennaio 2011, termine rispettato in quanto il D.Lgs. n. 219 del 2010 è entrato in vigore il 4 gennaio 2011.
La direttiva 2009/90/CE stabilisce, invece,le specifiche tecniche per le analisi chimiche e il monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee e, conformemente a quanto previsto dall’art. 8, paragrafo 3, della direttiva 2000/60/CE [11], fissa i criteri minimi di efficienza per i metodi di analisi utilizzati dagli Stati membri per monitorare lo stato delle acque, dei sedimenti e del biota e contiene regole per comprovare la qualità dei risultati delle analisi.
La direttiva prevede che i metodi di analisi utilizzati per i programmi di monitoraggio chimico, compresi i metodi di laboratorio, dovranno essere convalidati e documentati ai sensi della norma EN ISO/IEC-17025 [12] o di altre norme equivalenti internazionalmente accettate.
La direttiva prevede, altresì, che tali metodi di analisi devono rispettare alcuni criteri minimi di efficienza; in alternativa, il monitoraggio deve essere svolto basandosi sulle migliori tecniche che non comportino costi eccessivi.
La direttiva reca, infine, alcune norme volte a garantire che i laboratori, o i terzi che ottengono appalti dai laboratori, dimostrino la loro competenza partecipando a programmi di prove valutative riconosciuti a livello nazionale o internazionale e avvalendosi della documentazione di riferimento disponibile.
Il termine di recepimento era fissato al 20 agosto 2011, sicchè il D.Lgs. n. 219 del 2010 è intervenuto tempestivamente, essendo entrato in vigore il 4 gennaio 2011.
4.1. Sintesi delle novità introdotte.
Il decreto legislativo in esame si compone di quattro articoli.
L’art. 1 novella alcuni articoli ed allegati del D.Lgs. 152/2006, con il quale è stata recepita, tra l’altro, la direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE e, in particolare, quelli relative alla tutela delle acque dall'inquinamento (Sezione II della Parte terza del Codice).
La norma modifica ed integra, come anzidetto, le disposizioni del D.Lgs. 152/2006 relative alla tutela delle acque dall'inquinamento.
La prima modifica – lett. a) - recependo alcune definizioni contenute nell’art. 2 delle direttive 2000/60/CE e 2009/90/CE, integra le definizioni contenute nell’art. 74 del Codice ambientale.
In particolare viene sostituita la lett. z) vigente relativa alla definizione di “eutrofizzazione” con quella di “buono stato chimico delle acque superficiali”, mutuata dalla direttiva quadro, e vengono aggiunte ulteriori lettere (uu-bis), uu-ter), uu-quater), uu-quinquies) in cui vengono recepite le definizioni della direttiva 2009/90/CE non presenti nella normativa nazionale e relative, rispettivamente, alle definizioni di: "limite di rilevabilità", "limite di quantificazione" e "incertezza di misura".
L'ultima definizione, la uu-quinquies) sul "materiale di riferimento", pur non essendo presente nelle direttive, è stata inserita, come sottolinea la Relazione illustrativa, su espressa richiesta delle regioni, al fine di evitare differenti interpretazioni da parte degli operatori e di garantirne una omogenea applicazione sul territorio nazionale.
La seconda modifica – lett. b) - sostituisce il vigente art. 78 relativo agli standard di qualità per l'ambiente acquatico, con più articolate disposizioni che, in attuazione dell’art. 3 della direttiva 2008/105/CE, riguardano gli standard di qualità ambientale (SQA) per le acque superficiali come definiti nell’allegato 1 alla parte terza del Codice che è stato sostituito dal D.M. 14 aprile 2009, n. 56 [13] (co. 1).
Si ricorda che numerose disposizioni della direttiva 2008/105/CE sono state già recepite dal D.M. 14 aprile 2009 con il quale sono stati definiti i criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici provvedendo conseguentemente all’adeguamento degli allegati 1 e 3 della parte terza del D.Lgs. 152/2006 in materia di acque.
In relazione alla formulazione del nuovo comma 1 dell’art. 78 occorrerebbe, peraltro, fare riferimento all’art. 74, comma 1, lett. z) del D.Lgs. 152 e non al comma 2 come indicato.
Vengono quindi (commi 2-6 del nuovo art. 78) fornite alle regioni le indicazioni su come identificare il buono stato chimico delle acque e, da ultimo, viene previsto di conseguire la riduzione e l'eliminazione delle sostanze prioritarie e delle sostanze pericolose prioritarie entro il 2021 come disposto all'art. 16 della direttiva quadro (comma 7).
La lett. c) introduce una serie di articoli aggiuntivi al fine di recepire integralmente le disposizioni della direttiva 2008/105/CE(dall’art.78-bis all’art.78-quater) e della direttiva 2009/90/CE (dall’art.78-quinquies all’art.78-octies).
L’art. 78-bis attribuisce alle regioni la facoltà di designare le zone di mescolamento adiacenti ai punti di scarico nelle quali è ammesso il superamento degli SQA e prevede misure volte alla progressiva riduzione dell’estensione di tali zone in modo da non pregiudicare la qualità del corpo idrico recettore.
La designazione delle zone di mescolamento viene subordinata all’emanazione di un apposito decreto del Ministero dell’ambiente (per il quale non viene però previsto un termine per l’emanazione anche se la Relazione illustrativa ne indicava la pubblicazione per il mese di ottobre 2010) da redigere sulla base delle linee guida comunitarie.
Rispetto all’art. 4 della direttiva 2008/105/CE, vengono escluse le acque inserite nel registro di alcune aree protette di cui all’allegato 9, alle lettere i), ii), iii), v) [14].
L’art. 78-ter attribuisce all’ISPRA il compito di elaborare, per ciascun distretto idrografico, l'inventario dei rilasci da fonte diffusa, degli scarichi e delle perdite sulla base delle informazioni fornite dalle regioni attraverso il sistema SINTAI (Sistema Informativo Nazionale per la Tutela delle Acque Italiane).
Si ricorda che l’art. 118 del D.Lgs. 152/2006 prevede che, al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di tutela delle acque, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque. I dati sono trasmessi al Ministero dell'ambiente all’Ispra.
L'Ispra ha, per questo specifico compito, progettato, realizzato e messo in opera il SINTAI, attraverso il quale tutte le attività relative alla gestione delle informazioni vengono espletate. In attuazione di tale norma, il 2 settembre 2009 è stato pubblicato il D.M. 17 Luglio 2009 sulle modalità per la raccolta, lo scambio e l'utilizzazione dei dati necessari alla predisposizione dei rapporti conoscitivi sullo stato di attuazione degli obblighi comunitari e nazionali in materia di acque.
La Relazione illustrativa ricorda come già con il D.M. 18 settembre 2002 [15] le regioni avevano il compito di inviare informazioni relative alle sostanze chimiche attraverso “ben 20 schede” le cui informazioni, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo in esame e dall'art. 2, comma 1, sono state notevolmente ridotte.
La finalità dell’inventario è quella del perseguimento degli obiettivi, indicati dall’art. 78, sul raggiungimento del buono stato chimico delle acque superficiali e l’eliminazione, entro il 20 novembre 2021, delle sostanze pericolose prioritarie.
L’art. 78-quater attribuisce alle regioni ed alle autorità di distretto una serie di compiti di informazione nei confronti del Ministero dell’ambiente qualora si verifichino casi di inquinamento transfrontaliero.
Gli articoli da 78-quinquies a 78-octies definiscono le specifiche tecniche per l'analisi chimica ed il monitoraggio dello stato delle acque: l'art. 78-quinquies riguarda i metodi di analisi e di laboratorio utilizzati dalle ARPA e APPA ai fini dei programmi di monitoraggio chimico; l'art. 78-sexies individua i criteri minimi di efficienza per tali metodi di analisi attribuendo all'ISPRA la competenza relativa alla verifica da effettuare sui requisiti minimi di prestazione per gli stessi metodi; l'art. 78-septies disciplina il calcolo dei valori medi facendo riferimento alla nuova lettera A.2.8.bis dell’allegato 1 (inserita dalla successiva lett. g) e l'art. 78-octies introduce norme di garanzia e di controllo di qualità per i laboratori di analisi delle ARPA e APPA ripartendo le relative competenze tra l'ISPRA e le regioni.
Le lettere d), e) ed f) introducono alcune modifiche - soprattutto all’allegato 1 alla parte terza del D.Lgs. 152 del 2006 - necessarie per un compiuto adeguamento alle direttive comunitarie.
La lett. d) introduce poi una modifica all’art. 118, comma secondo, prevedendo l'obbligo di effettuare il primo aggiornamento dei programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico (previsti dal comma 1 dello stesso art. 118) entro il 22 dicembre 2013 e mantenendo però ferma la previsione di procedere agli aggiornamenti successivi ogni sei anni.
La lett. g) modifica l’allegato 1 alla parte terza del D.Lgs. 152 del 2006 recante “Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale”, inserendo le seguenti lettere:
a) A.2.8.-bis sui criteri minimi di efficienza per i metodi di analisi ed il calcolo dei valori medi, in applicazione dei criteri generali indicati negli artt. 4 e 5 della direttiva 2008/105/CE;
b) A.2.8.-ter sulle informazioni che devono trasmettere le regioni per i singoli scarichi e per le altri fonti con la relativa tempistica;
c) A.2.8.-quater sui numeri UE delle sostanze prioritarie di cui alla lettera A.2.6, Tabella 1/A “Standard di qualità nella colonna d'acqua per le sostanze dell'elenco di priorità”, dell'allegato 1 alla parte terza del D.lgs. 152/ 2006.
Le lettere h) ed i) modificano alcune note relative alla citata Tabella 1/A.
L'art. 2 abroga alcune disposizioni di due decreti ministeriali in quanto sostituite dalle norme introdotte dal decreto in esame.
In particolare, al comma primo vengono soppresse le schede con numerazione da 7 a 26 contenute nella Parte B - Scarichi industriali e da insediamenti produttivi - dell’allegato al citato D.M. 18 settembre 2002 recante modalità di informazione sullo stato delle acque.
Come sottolinea la Relazione illustrativa, sia su indicazione della Commissione europea che per evitare un aggravio di compiti a carico delle Regioni, è stato ritenuto opportuno prevedere che l'invio delle informazioni previste dal citato decreto avvenga, in conformità con le disposizioni comunitarie più recenti, ai soli sensi della lettera A.2.8-bis, introdotta dal decreto in esame e con i formati standard predisposti dall'ISPRA ai sensi del nuovo art. 78-ter con i quali, sono richieste, in maniera più sintetica e semplificata, le informazioni relative agli scarichi industriali e gli insediamenti produttivi.
Il comma secondo prevede l'abrogazione del D.M. 6 novembre 2003, n. 367 recante il regolamento relativo alla fissazione di standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose.
Quanto, infine, alla disciplina transitoria, è dettata dall’art. 4.
In particolare, si prevede che nelle more della costituzione delle autorità di bacino distrettuali (art. 63, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), ai fini dell'adempimento degli obblighi derivanti dalle direttive 2000/60/CE e 2007/60/CE, e successive modificazioni:
a) le autorità di bacino di rilievo nazionale (L. 18 maggio 1989, n. 183) provvedono all'aggiornamento dei piani di gestione previsti all'art. 13 della direttiva 2000/60/CE, svolgendo a tal fine funzioni di coordinamento nei confronti delle regioni ricadenti nei rispettivi distretti idrografici;
b) le predette autorità di bacino di rilievo e le regioni, ciascuna per la parte di territorio di propria competenza, provvedono all'adempimento degli obblighi previsti dal D. Lgs. 23 febbraio 2010, n. 49, recante “Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni”. Ai fini della predisposizione degli strumenti di pianificazione di cui al predetto D.Lgs. n. 49 del 2010, le autorità di bacino di rilievo nazionale svolgono la funzione di coordinamento nell'ambito del distretto idrografico di appartenenza.
La norma transitoria prevede, peraltro, che agli adempimenti di cui sopra, nel caso di distretti nei quali non e' presente alcuna autorità di bacino di rilievo nazionale, provvedono le regioni.
Infine (comma terzo), l’art. 4 prevede che l'approvazione di atti di rilevanza distrettuale e' effettuata dai comitati istituzionali e tecnici delle autorità di bacino di rilievo nazionale, integrati da componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade nel distretto idrografico a cui gli atti si riferiscono se non già rappresentate nei medesimi comitati.
Redattore: Alessio Scarcella
Il Vice Direttore
(Domenico Carcano)
[1] Ai sensi dell’art.205, in ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari a: almeno il 35% per cento entro il 31 dicembre 2006; il 45% entro il 31 dicembre 2008; il 65% entro il 31 dicembre 2012. Il comma 1108 dell'art. 1, L. 296/2006 ha quindi previsto il 40% entro il 31 dicembre 2007, il 50% entro il 31 dicembre 2009; il 60% entro il 31 dicembre 2011.
[2] Norma che, in origine, prevedeva che al trasporto dei rifiuti di cui alla lista verde del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti soggetti ad A.I.A., si applicassero le disposizioni di cui agli artt. 214 e 216 in materia di procedure semplificate.
[3] In merito alla formulazione del comma 2 si rileva un errato riferimento normativo (art. 1, comma 1, della legge 29/2006), in quanto l’esatto richiamo avrebbe dovuto essere riferito all’art. 11, comma 1, della L. n. 29/2006 (c.d. Legge comunitaria 2005), in quanto è in tale norma che si fa riferimento ai produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa che hanno l'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico.
[4] Sez. III, n. 40203 del 16/10/2009, imp. Grimaldi, Rv. 244955.
[5] V., da ultimo, Sez. III, n. 36063 del 17/09/2009, P.M. in proc. Renna., Rv. 244607; contra, invece, Sez. III, n. 4545 del 29/01/2008, P.M. in proc. Pennino e altro, Rv. 238852.
[6] Sez. III, n. 42227 del 22/12/2006, imp. Gironda, Rv. 235406.
[7] Sez. VI, n. 2688 del 30/01/1991, imp. Longo, Rv. 186413; conf., da ultimo, Sez. II, n. 29495 del 16/07/2009, imp. Di Stefano, Rv. 244435.
[8] V., da ultimo, nella giurisprudenza di legittimità formatasi con riferimento all’art. 259, comma secondo: Sez. III, n. 46012 del 12/12/2008, imp. Castellano, Rv. 241771.
[9] Da intendersi come Vita animale e vegetale caratterizzante una regione (http://81.208.25.93/RSA/capitolo_8/main_glossario.htm); in ambito acquatico il riferimento è quindi a pesci, molluschi, crostacei, etc.
[10] Ulteriori sostanze soggette a riesame (ai sensi dell’art. 8) per l’eventuale classificazione come sostanze prioritarie o sostanze pericolose prioritarie sono elencate nell’allegato III.
[11] L’art. 8 della direttiva 2000/60/CE prevede, infatti, l’elaborazione, da parte dei Stati membri, di programmi di monitoraggio dello stato delle acque al fine di definire una visione coerente e globale dello stato delle acque all'interno di ciascun distretto idrografico. A tal fine il citato paragrafo 3 dispone l’adozione di specifiche tecniche e metodi uniformi per l’analisi chimica ed il monitoraggio dello stato delle acque.
[12] La norma EN ISO/IEC-17025 sui requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura stabilisce adeguati standard internazionali per la convalida dei metodi di analisi utilizzati.
[13] Si tratta del Regolamento recante «Criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici e l'identificazione delle condizioni di riferimento per la modifica delle norme tecniche del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell'articolo 75, comma 3, del decreto legislativo medesimo».
[14] Si tratta, in particolare: i)Aree designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano; ii) aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico; iii) corpi idrici intesi a scopo ricreativo, comprese le aree designate come acque di balneazione a norma della direttiva 76/160/CEE; v) aree designate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione, compresi i siti pertinenti della rete Natura 2000.
[15] Recante “Modalità di informazione sullo stato di qualità delle acque, ai sensi dell'art. 3, comma 7, del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152”.