Cass. Sez. III n. 1874 del 21 gennaio 2011 (Ud. 15 dic. 2010)
Pres. Ferrua Est. Mulliri Ric. P.c. in proc. Palma
Rifiuti. Inquinamento e risarcimento del danno

In tema di reati ambientali, ai fini dell’integrazione del fatto illecito quale fonte dell’obbligo di risarcimento del danno cosiddetto “ambientale”, non è necessario che l’ambiente venga in tutto o in parte alterato, deteriorato o distrutto, essendo sufficiente una condotta, sia pure soltanto colposa, in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti legittimamente adottati

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dai Signori:


1. dr.ssa Giuliana Ferrua                                Presidente
2. dr. Renato Grillo                                        Consigliere
3. dr.ssa Guicla Mulliri                                    Consigliere rel.
4. dr. Luigi Marini                                           Consigliere
5. dr. Santi Gazzara                                       Consigliere

all'esito dell'udienza pubblica del 15 dicembre 2010


ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da: P.C. Provincia di Firenze
nel proc. c/o
Pa.Sa., nato ad Avella il xx/xx/xx

imputato
...omissis
b) artt. 81 cpv. c.p. 28 e 51/b D.L.vo n. 22/97
c) artt. 81 cpv. c.p. 14 e 51, 2° co. D.L.vo n. 22/97

- avverso la Sentenza della Corte d'appello di Firenze in data 30.10.09;

- Sentita, in pubblica udienza, la relazione del cons. Guicla Mùlliri;
- Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Vito D'Ambrosio, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata (con conseguente conferma esplicita delle statuizioni civili) senza rimandare al giudice competente civile perché l'ammontare della somma dovuta alla P.C. è già individuata);
- Sentito il difensore di P.C., avv. Stefania Gualtieri, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso;


osserva


1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso - Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello ha confermato la condanna inflitta a Palma Salvatore ritenuto responsabile di avere violato gli artt. 81 cpv. c.p. 14, 28 e 51, co. 1 e 2/b D.L.vo n.22/97 per avere, in qualità di legale rappresentante della ditta omonima, esercitato attività non autorizzate di autodemolizione e di smaltimento di rifiuti speciali pericolosi, in assenza di prescritta autorizzazione, nonché abbandonato rifiuti in modo incontrollato, quali pneumatici, carcasse di una betoniera, parti di auto, fusti di oli lubrificanti, senza prevenire ed evitare percolamenti e sversamenti degli oli stessi con contaminazione del terreno in misura pari a 30300 mg/kg.


Nell'adottare tale decisione, tuttavia, la Corte ha revocato le statuizioni civili avendo ritenuto di escludere la ricorrenza di un danno ambientale vantato dalla Provincia costituitasi parte civile.


Avverso tale decisione, la Provincia di Firenze ha proposto ricorso, tramite l'avvocatura provinciale, deducendo:
1) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (art. 606 Iett e) c.p.p.) nella parte in cui vengono revocate le statuizioni civili. In primo luogo si fa notare che la Corte pur dichiarando l'infondatezza dell'appello dell'imputato, di fatto, lo ha parzialmente accolto nel momento in cui ha revocato le statuizioni civili. Inoltre, nella stessa motivazione si afferma per certa l'esistenza di un "percolamento con inquinamento del terreno .. (e) superamento dei limiti tollerabili" come accertato dalle analisi dell'ARPAT. La Corte ha, inoltre respinto l'appello dell'imputato sottolineando come sia dato pacifico anche in giurisprudenza che quello dei rifiuti degli autoveicoli fuori uso costituisce smaltimento di rifiuti speciali sì che, per i rinvenimenti sul luogo, si era in presenza di un esercizio reiterato di attività di autodemolizioni.
Nonostante, ciò, la Corte ha, poi, ritenuto "l'assenza di un danno da percolamento di oli esausti nel terreno" e che "la creazione di una discarica di rottami ferrosi ... stante la modesta dimensione e la facilità di rimozione è in suscettibile di arrecare un danno all'ambiente".


Di qui l'evidente contraddittorietà della motivazione che contrasta anche con i dati emersi in dibattimento a seguito delle dichiarazioni del teste Cipolli dipendente dell'Arpa Tosacana.


Il ricorrente critica anche l'assunto della Corte secondo cui il danno per la parte civile non può farsi consistere - come ritenuto nella sentenza di primo grado - in una lesione del prestigio della istituzione pubblica.


Sostiene il ricorrente che il danno ambientale, da inosservanza delle disposizioni in materia di rifiuti, è un danno proprio dell'Ente in quanto soggetto pubblico rappresentativo dell'intera collettività. A tal fine si cita una decisione di questa S.C. (Sez. III, 30.9.08, n. 41828) secondo cui ai fini del risarcimento del danno ambientale, non è necessario che l'ambiente venga in tutto o in parte alterato, deteriorato o distrutto.


Il ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata.


2. Motivi della decisione - Il ricorso è fondato.


Come bene evidenzia il ricorrente, la motivazione su cui si fonda la decisione impugnata è contraddittoria. Essa, infatti, dà per acquisito che, secondo quanto accertato dalle analisi dei tecnici dell'ARPA della Toscana, a seguito delle attività poste in essere dal Palma, si era verificato un "percolamento con inquinamento del terreno .. (e) ampio superamento dei limiti tollerabili'. Inoltre, si afferma testualmente in sentenza, che "come ampiamente dimostrato dalla deposizione dei testimoni, si è in presenza di un esercizio reiterato di attività di autodemolizioni... e di abbandono incontrollato in discarica abusiva di una carcassa di autoveicolo".


Ricorre, pertanto, una palese incompatibilità tra l'informazione esistente negli atti processuali - di cui viene anche dato atto - e la successiva affermazione posta alla base del provvedimento impugnato secondo cui vi sarebbe "assenza di un danno da percolamento di olii esausti nel terreno" e, per di più, la "modesta dimensione e la facilità di rimozione" della discarica di rottami ferrosi sarebbe "insuscettibile di creare danno all'ambiente". Ciò, sul piano logico e documentale, dà senz'altro luogo ad una situazione di contraddittorietà motivazionale così come enucleata dalla L. n. 46/06 (come motivo autonomo e non più come una spetto dell'illogicità) (Sez. Ill, 21.11.08, Campanella, 243247).


L'erroneità dell'argomentare è, poi accentuata dall'ulteriore affermazione secondo cui il danno all'ambiente non può essere ravvisato nella lesione al prestigio della istituzione pubblica.


L'assunto è smentito anche da recente decisione di questa S.C. (opportunamente richiamata dal ricorrente) secondo cui "In tema di reati ambientali, ai fini dell'integrazione del fatto illecito quale fonte dell'obbligo di risarcimento del danno cosiddetto "ambientale", non è necessario che l'ambiente venga in tutto o in parte alterato, deteriorato o distrutto, essendo sufficiente una condotta, sia pure soltanto colposa, in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti legittimamente adottati"' (Sez. III, 30.9.08, Petri, Rv. 241502).


E che la violazione vi sia, pacificamente, stata è la stessa Corte a ricordarlo quando afferma che "la presenza di rottami ferrosi di ogni genere, di parti di veicoli, di pneumatici usati, di bidoni per la raccolta degli olii industriali esausti, denunciano chiaramente l'attività di autodemolizione, (come in effetti è stata sorpresa in atto dai Vigili del Fuoco e dai Carabinieri)".


La motivazione in esame, dunque, nella parte in cui esclude il diritto al risarcimento della parte civile, presta il fianco a più di una censura e merita un nuovo esame sul punto imponendo, in questa sede, una decisione di annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze.


P.Q.M.


Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.


annulla


la sentenza impugnata, limitatamente alle statuizioni civili, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze.


Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 15 dicembre 2010

DEPOSITATO IN CANCELLERIA 21 Gen. 2011