Cass. Sez. 3 n. 9851 del 4 marzo 2009 (Ud. 29 gen. 2009)
Pres. Onorato Est. Marini Ric. Romboli.
Rifiuti. Reato di deposito incontrollato

In tema di rifiuti, il reato di deposito incontrollato è integrato anche dalla violazione della normativa regolamentare sulla "messa in riserva" (D.M. 5 febbraio 1998, modificato dal D.M. 5 aprile 2006, n. 186), attesa l\'esigenza di conservare separatamente i rifiuti dalle materie prime e dal prodotto finito. (Fattispecie di deposito incontrollato di rifiuti plastici, in parte ammassati all\'interno di locali ed in parte esposti agli agenti atmosferici, stoccati unitamente a materiale semilavorato ed a prodotti finiti della lavorazione).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 29/01/2009
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 243
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARINI Luigi - est. Consigliere - N. 28877/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ROMBOLI Pier Giovanni, nato a Collesalvetti il 26 Giugno 1954;
Avverso la sentenza emessa in data 25 Marzo 2008 dal Tribunale di Pisa, che lo ha condannato alla pena di 10.000,00 Euro di ammenda in ordine al reato previsto dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, comma 2.
Fatto accertato nel Marzo 2004;
Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Dott. MARINI Luigi;
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RILEVA
Il Sig. Romboli è stato tratto a giudizio quale legale rappresentante della ditta "MAR Plast" per avere effettuato un deposito incontrollato di fusti in metallo, materiale plastico ed altro, abbandonandoli in un piazzale unitamente alle materie prime prodotte.
Il Tribunale, ricostruita la cornice normativa rilevante e la sua successione nel tempo, ha ritenuto certa la natura di "rifiuto" delle materie plastiche acquistate dalla ditta "MR Plast" per essere sottoposte a lavorazione al fine di produrre oggetti destinati all\'uso domestico, da qualificasi "materie prime secondarie". Lo stesso imputato aveva di fatto riconosciuto la natura di "rifiuto" del materiale acquistato nel momento in cui nell\'anno 2002 aveva provveduto a richiedere autorizzazione per la "messa in riserva di rifiuti di plastica di cui ai punti 6.1 e 6.5" del D.M. 5 febbraio 1998, n. 72, all. 1.
Il Tribunale ha altresì ritenuto che sussistano tutti i presupposti della violazione contestata. Accertato che il competente ufficio della Provincia di Pisa nel Novembre 2002 ebbe a comunicare alla ditta l\'avvenuta iscrizione nell\'apposito registro delle imprese esercenti attività di recupero dei rifiuti "nel rispetto delle norme stabilite dal D.M. 5 febbraio 1998, n. 72", il Tribunale ha rilevato che in occasione del primo sopralluogo i tecnici ARPAT evidenziarono il mancato rispetto delle disposizioni contenute nel citato DM, ed in particolare dell\'art. 6. In effetti, i "rifiuti" plastici risultavano depositati in modo confuso, in parte all\'interno dei locali e in parte esposti agli agenti atmosferici, e perfino confusi tra il materiale semilavorato ed i prodotti finiti della lavorazione. Sulla base di tale ricostruzione del fatto il Tribunale ha ritenuto che le violazioni della normativa sulla "messa in riserva" costituiscano il presupposto della realizzazione di un deposito incontrollato, quale disciplinato dall\'art. 51, comma 2 sopra richiamato.
Avverso tale decisione il Sig. Romboli ha presentato personalmente ricorso per cassazione.
Con primo motivo lamenta violazione dell\'art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione al D.M. 5 febbraio 1998, n. 72 e D.M. 5 aprile 2006, n. 186. Erroneamente il Tribunale ha applicato alle condotte in esame la previsione contenuta nel D.M. del 1998, art. 6, che prevedeva lo stoccaggio separato tra rifiuti e materie prime; l\'art. 6, infatti, è stato sostituito dal D.M. del 2006 contenente prescrizioni diverse, elencate nell\'all. 5 e riferite ai limiti di emissione in atmosfera; solo l\'all. 10, oggi, prevede l\'obbligo di stoccare separatamente i rifiuti da recuperare rispetto a quelli oggetto di operazioni di recupero (punto 8) e di prevedere separate aree di stoccaggio per rifiuti e materie prime. Nessuna disposizione prevede di stoccare separatamente i rifiuti da recuperare e il prodotto finito, cioè la condotta che sembra essere stata contestata al ricorrente.
Con secondo motivo lamenta violazione dell\'art. 606 c.p.p., lett. c) ed e) in relazione agli artt. 521 e 522 c.p.p.. Afferma il ricorrente che la contestazione si riferisce ad una gestione non regolare dei rifiuti "propri", mentre la condanna ha ad oggetto le modalità di stoccaggio dei rifiuti acquistati presso terzi al fine di essere oggetto di lavorazione.
OSSERVA
I motivi di ricorso risultano, a parer della Corte, infondati, ma deve essere rilevato che nelle more del giudizio i termini massimi di prescrizione sono maturati ed il reato va dichiarato estinto. Per quanto concerne il primo motivo di impugnazione, la Corte osserva che la nuova normativa ministeriale invocata dal ricorrente non ha cessato di occuparsi delle cautele da adottarsi per lo stoccaggio dei materiali plastici e contiene disposizioni, richiamate dallo stesso ricorrente, secondo cui permane l\'esigenza di conservare separatamente i rifiuti plastici dalle materie prime e dal prodotto finito. Le cautele in tema di separazione dei prodotti stoccati costituiscono un aspetto di tutela non meramente formale e mirano, come è evidente, ad evitare che i fattori inquinanti presenti sui rifiuti prima della loro lavorazione vadano a contaminare le materie prime già oggetto di prima trasformazione e addirittura il prodotto finale destinato alla commercializzazione o comunque ad essere utilizzato da terzi.
Ritiene la Corte che le regole contenute nel D.M. 5 aprile 2006, n. 186, normativa regolamentare peraltro successiva ai fatti in contestazione, non integrino affatto quella "giungla" normativa invocata dal ricorrente quale elemento che avrebbe reso pressoché impossibile per l\'imprenditore districarsi fra le diverse disposizioni: la separazione tra la materia comunque già lavorata e i rifiuti raccolti per essere reimpiegati nel processo produttivo non appare regola incomprensibile o di dubbia esistenza o di difficile applicazione, ma, come si è detto, di intuitiva razionalità e di chiara evidenza.
Quanto al secondo motivo, la Corte si limita a rileva che, in realtà, pag. 4, il Tribunale ritiene illecita la circostanza che "gli scarti di plastica da riutilizzare" fossero confusi sia con "le materie prime secondarie già ottenute col riciclaggio" sia con "i rifiuti propri dell\'azienda", cos\' che nessuna violazione di legge o orata interpretazione del dato normativo può essere addebitata alla sentenza oggi impugnata.
Così escluso che possa pervenirsi ad escludere la dichiarata illiceità delle condotte e ad annullare la decisione di condanna, la Corte rileva che il termine massimo di prescrizione è spirato in data 30 Settembre 2008, così che, non sussistendo alcun profilo di inammissibilità del ricorso, il reato contestato deve essere dichiarato estinto e la sentenza annullata senza rinvio. P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2009