Cass.Sez. III n. 11837 del 13 marzo 2013 (CC 4 lug 2012)
Pres. Mannino Est. Grillo Ric.Bidasio
Rifiuti.Spedizione transfrontaliera di rifiuti e licenza ASQIQ
Integra il reato previsto dall'art. 259 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 la spedizione di rifiuti all'estero senza che il soggetto esportatore ed originatore di essi, responsabile del carico fino all'arrivo a destinazione, sia munito della apposita licenza ASQIQ di registrazione per le imprese straniere fornitrici dei rifiuti destinati all'importazione.
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente - del 04/07/2012
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 1480
Dott. GRILLO Renato - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 4486/2012
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
BIDASIO VIRGILIO N. IL 11/01/1959;
avverso l'ordinanza n. 41/2011 TRIB. LIBERTÀ di RAVENNA, del 20/12/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Gaeta Pietro, rigetto;
Udito il difensore Avv. BEZZI GIANLUIGI.
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza del 20 dicembre 2011 il Tribunale di Ravenna in funzione di Giudice del Riesame rigettava la richiesta di riesame proposta da BIDASIO Virgilio (indagato per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 259) avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del medesimo Tribunale il 16 novembre 2011. 1.2 Il Tribunale, dopo aver ripercorso le fasi salienti della vicenda, avente per oggetto la spedizione all'estero di rifiuti destinati alla Repubblica Popolare della Cina, condivideva la conclusione del GIP in merito alla sussistenza del fumus del reato di cui alla contestazione provvisoria: in particolare, dopo aver richiamato il quadro normativo di riferimento disciplinante l'esportazione di rifiuti nella Repubblica Popolare Cinese, il Tribunale ravennate escludeva che la società "Wah Fung Trading Company" fosse in possesso dei requisiti previsti dalla legge cinese in materia di importazione in quel paese dei rifiuti provenienti da Stati esteri, in quanto semplice impresa esercente attività commerciale e non di fornitura dei rifiuti solidi importati come materia prima, pur essendo la stessa munita della licenza AQSIQ;
escludeva, del pari che la società "VI.BI Elettrorecuperi s.r.l." (la società italiana che aveva provveduto alla spedizione dei rifiuti) fosse in possesso della speciale licenza AQSIQ o di altra licenza, necessaria invece per la regolarità della spedizione. Versandosi in tema di spedizione transfrontaliera di rifiuti ne derivava, secondo il Tribunale, l'illegittimità della procedura di spedizione di rifiuti adottata dalla società VIBI s.r.l. in quanto priva della prescritta licenza AQSIQ. Rilevava, altresì, la sussistenza del periculum in mora in relazione al concreto ed attuale pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato ipotizzato ove i containers contenenti la merce fossero stati spediti: il che avrebbe determinato l'interruzione della tracciabilità della merce. 1.3 Per l'annullamento dell'ordinanza ricorre l'indagato a mezzo del proprio difensore fiduciario deducendo i seguenti motivi: a) inosservanza ed erronea applicazione delle norme di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 188, 188 bis, 194 e 259: il ricorrente dopo aver brevemente riepilogato i tratti salienti della vicenda, evidenziava come il Tribunale del Riesame, avallando quanto già rilevato dai funzionari doganali addetti al controllo, avesse frainteso sul contenuto delle disposizioni regolanti la spedizione di rifiuti transfrontaliera, esigendo che fosse la società venditrice (la VI.BI Elettrorecuperi s.r.l.) a dover essere munita della licenza AQISQ e non la società acquirente cinese Wah Fung Trading Company. Secondo la prospettazione difensiva il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 188, disciplina la materia della responsabilità estesa del produttore e/o detentore del rifiuto sino all'effettivo recupero, senza che potesse avere incidenza un contratto di compravendita come invece ritenuto dal Tribunale del Riesame. Prosegue il ricorrente rilevando l'erroneità dell'affermazione del Tribunale secondo la quale, nel caso in esame, facesse difetto la tracciabilità dei rifiuti e ribadendo l'inesistenza di norme ostative a che il rifiuto potesse essere venduto a terzi residenti presso uno Stato estero, per il successivo trattamento finalizzato al recupero o che fosse necessario - ai fini di una eventuale messa in vendita - un trattamento parziale; b) inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 19 e 37 del Reg. CE 1013/06 e delle disposizioni relative alla Repubblica Cinese contenute nel Reg. CE 1418/07, avendo il Tribunale erroneamente preteso ed affermato che dovesse essere la società venditrice italiana (la VI.BI Elettrorecuperi s.r.l.) ad essere munita della licenza AQISQ e non la società acquirente Wah Fung Trading Company: secondo la tesi del ricorrente anzitutto il Tribunale ravennate avrebbe confuso l'impresa fornitrice richiamata nella nota cinese con l'azienda esportatrice italiana, trascurando di considerare che la richiesta di verifica al reimbarco CCIA era stata avanzata all'apposito organo a ciò incaricato dal Governo cinese da parte della società acquirente Wah Fung Trading Company e che la polizza di carico era comunque intestata al pari dei documenti di carico, all'acquirente estero. Concludeva, pertanto, che gli obblighi gravanti sulla società venditrice erano quelli previsti dall'art. 18 del Reg. CE 1013/06 quale soggetto organizzatore della spedizione. CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato. Si ritiene utile premettere una breve sintesi della vicenda in esame: la società VI.BI Elettrorecuperi s.r.l., operante nel settore dei recuperi per il riciclaggio dei cascami metallici, e della quale l'odierno ricorrente risulta essere il legale rappresentante, presentava la dichiarazione doganale per l'esportazione di quattro colli di cascami metallici di varia natura (rame e rottami) riposti in altrettanti containers per un peso complessivo di Kg. 109.040. A tale dichiarazione era allegata la documentazione di rito tra cui spiccava la fattura n. 267 del 29 settembre 2011 emessa dalla detta società nei confronti della società "Vah Fung Trading Company"; il contratto intercorrente tra la VI.BI Elettrorecuperi s.r.l., la società "GUANGZHOU CITY" (quale società importatrice), la menzionata "WAH FUNG TRADING COMPANY" (commerciante), la società "XU LONG METAL PRODUCTS TRADING" (società destinataria e recuperatrice dei rifiuti); le licenze SEPAX rilasciate dall'Amministrazione di protezione statale dell'ambiente cinese alla "GUANGZHOU CITY" per l'impianto della società "XU LONG" e la licenza AQSIQ rilasciata alla società "WAH FUNG TRADING COMPANY". Tutti i rifiuti erano muniti di apposito codice identificativo. La merce riposta nei containers veniva sottoposta a controllo doganale. Successivamente il 10 ottobre 2011 veniva presentata a mezzo del doganalista VALENTE Vito altra dichiarazione doganale per l'esportazione di un'altra partita di rifiuti destinati alla società cinese "XU LONG METAL PRODUCTS TRADING" con le medesime modalità della dichiarazione doganale precedente e corredata della documentazione relativa (ivi compresa - per quanto qui di interesse - la licenza AQSIQ rilasciata in favore della società "WAH FUNG TRADING COMPANY"): anche in questo caso i rifiuti erano muniti del prescritto codice identificativo e sottoposti a controllo doganale. 2. Da parte dell'Agenzia doganale veniva rilevato che, trattandosi di spedizione di rifiuti destinati d un impianto di recupero ubicato in Cina, doveva trovare applicazione il regolamento CE 1013/2006. In particolare osservava che, essendo necessario controllare la tracciabilità della spedizione, l'originatore del rifiuto (vale a dire la società "VI.BI Elettrorecuperi s.r.l.") rimaneva proprietario dei rifiuti fino a quando questi non fossero giunti a destinazione, mentre i contratti di compravendita per fini commerciali violavano la regola della tracciabilità e dunque non avevano alcun valore ai fini della legittimità delle operazioni di spedizione. La mancanza da parte della società italiana della licenza AQSIQ in violazione del regolamento CE 1418/2007 determinava l'incriminazione della stessa società - e per essa del suo rappresentante legale odierno ricorrente - per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 259. Seguiva a tale incriminazione il sequestro preventivo dei containers contenenti la merce oggetto di spedizione.
3. Tanto precisato in punto di fatto, la prima questione che il ricorrente pone all'esame di questa Corte è quella relativa alla necessità, ritenuta dal Tribunale in ossequio alla osservanza della regola della tracciabilità della gestione dei rifiuti destinati all'estero, che a dover essere munito della licenza AQSIQ debba la società esportatrice italiana.
4. In sintesi nell'ordinanza impugnata si assume: a) che la licenza AQSIQ debba essere detenuta dall'esportatore dei rifiuti quale impresa estera fornitrice di rifiuti solidi importati come materie prime; b) che è ben possibile - ma a determinate condizioni - la ed,, "triangolazione" nella gestione dei rifiuti in forza della quale tra il soggetto originatore dei rifiuti e quello destinatario, si interponga un terzo soggetto al quale è demandato il compito di procedere a processi di trattamento; c) che nessuna valenza può acquisire il possesso da parte del soggetto interposto (nella specie la WAH FUNG TRADING COMPANY) della licenza ASQIQ essendo divenuta di fatto la società proprietaria dei rifiuti in forza del contratto di compravendita; e) che conseguentemente l'originatore dei rifiuti (nel caso di specie la società italiana esportatrice ed originatrice dei rifiuti) resta tale ed è, quindi, l'unico responsabile della spedizione nonché proprietario dei rifiuti fino a quando essi giungano a destinazione.
5. La conclusione cui è pervenuto il Tribunale è condivisibile. Il Tribunale ha richiamato, anzitutto, la nuova normativa cinese entrata in vigore l'1 agosto 2011 che tra le tante restrizioni all'importazione di rifiuti solidi provenienti da Stati esteri ha prevede - tra l'altro - regole specifiche per i rifiuti provenienti dalle regioni cinesi di Hong Kong, Macao e Taiwan e per le società che ne curano la spedizione e/o fornitura.
6. Per meglio comprendere l'esattezza della soluzione contenuta nell'ordinanza impugnata va ricordato che la normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti è integrata da quella adottata dall'istituzione Europea mediante regolamenti aventi efficacia esecutiva e dagli accordi bilaterali perfezionatisi ai sensi dell'art. 19 del regolamento 1993/259 e ai sensi dei regolamenti successivi. In particolare il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 194, fa riferimento alle disposizioni contenute nei regolamenti comunitari. Tale rinvio alle regole che discendono "dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all'art. 19 del regolamento (CEE) 1 febbraio 1993, n. 259" deve ovviamente intendersi esteso ai regolamenti della Comunità o dell'Unione che hanno integrato o modificato tale disciplina, a cominciare - per quanto rilevante in questa sede - al Regolamento (CE) 2006/1013 del Parlamento e del Consiglio in data 14/6/2006 (GUE 14/7/2006) oltre che a quelli successivi.
7. Risulta così evidente che la normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti è integrata da quella adottata dall'istituzione Europea mediante regolamenti aventi efficacia esecutiva e dagli accordi bilaterali perfezionatisi ai sensi dell'art. 19 del regolamento 1993/259 e ai sensi dei regolamenti successivi.
8. A sua volta la struttura dei regolamenti Europei comporta il recepimento - come ricordato dal Tribunale - delle risposte che gli Stati non OCSE hanno fornito al questionario loro inviato e ai periodici aggiornamenti di tali risposte, avendo l'istituzione Europea ritenuto di fare proprie su base pattizia la determinazione e la disciplina che il singolo Stato non membro intende applicare per le varie tipologie di rifiuti. Come ricordato dal Tribunale e condiviso dallo stesso ricorrente in punto di enunciazione del quadro normativo di riferimento, i questionai in parola proposti dalla CE. e compilati dalla Repubblica Popolare cinese prevedono una serie di requisiti documentali tra i quali la licenza SEPA (emessa dall'Amministrazione Statale cinese per la protezione dell'ambiente;
la licenza ASQIQ di registrazione per le imprese estere fornitrici dei rifiuti destinati all'importazione ed il certificato di ispezione precedente alla spedizione degli scarti).
9. L'impostazione seguita dal Tribunale emerge con chiarezza dal contenuto degli artt. 35, 36 e 37 (norma, quest'ultima, richiamata puntualmente dal Tribunale ravennate) del regolamento n. 1013/2006, cui deve farsi riferimento anche nella vigenza delle integrazioni successive, nonché dai principi generali contenuti nel successivo art. 49, disposizione che fa obbligo a tutti i privati coinvolti nelle spedizioni di operare nel rispetto dei principi di trasparenza e tracciabilità e nei rispetto della salubrità delle operazioni, e fa carico all'istituzione Europea e ai singoli Paesi membri di adoperarsi per garantire la regolarità delle fasi e dei contenuti delle spedizioni e di assicurarsi del rispetto di detti principi, anche avendo riguardo alle caratteristiche dell'impianto estero di destinazione che curerà il recupero, fino a vietare i trasporti ove le garanzie necessarie non siano assicurate.
10. La regola della tracciabilità si desume chiaramente dal testo dell'art. 18 del detto Regolamento 1013/2006 che impone per quegli Stati che nell'apposito questionario hanno dichiarato che determinate spedizioni di rifiuti non sono soggette ad alcun controllo, una procedura di controllo volta appunto a ricostruire la tracciabilità del rifiuto.
11. Corretta quindi la conclusione del Tribunale secondo la quale quel che rileva è la gestione complessiva del rifiuti dalla sua origine sino all'arrivo al reale destinatario: ed in questo senso è agevole comprendere la ragione per la quale - escluso che possa essere il soggetto intermediario (la WAH FUNG TRADING COMPANY) il soggetto responsabile per tutte le attività di controllo (essendo divenuto esso il proprietario per via del contratto di compravendita), non potrà che essere il soggetto originatore dei rifiuti colui che deve essere munito della apposita licenza ASQIQ, in quanto il responsabile della intera operazione della spedizione che si completa soltanto con l'effettivo recupero del rifiuto. 12. Secondo la tesi del ricorrente, il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 188, lascerebbe inalterata la catena delle responsabilità (che il Tribunale ritiene invece essersi interrotta per via del contratto di compravendita stipulato dalla WAH FUNG TRADING COMPANY con esonero della società italiana) fino al completamento della intera procedura incluso il recupero del rifiuto (così pag. 7 del ricorso): si tratta di una tesi non condivisibile per ragioni puntualmente esplicitate dal Tribunale, in virtù delle quali, il soggetto interposto mediante la stipula del contratto di compravendita diventa il proprietario del rifiuto e dunque interrompe quel circuito di tracciabilità che invece rimane integro laddove la responsabilità continuasse a gravare sul produttore (o originatore) dei rifiuti. Si tratta, oltretutto, di una interpretazione che risponde a criteri di logica avendo come punto di riferimento proprio quelle restrizioni alle importazioni di rifiuti imposte di recente dalla Repubblica Popolare Cinese. D'altro canto il testo dell'art. 188 non autorizza affatto alla interpretazione nei termini enunciati dalla difesa del ricorrente: secondo quanto indicato nel comma 1 "gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonché dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti". Secondo quanto indicato nel comma 2, lett. e), una volta che il detentore (o produttore) abbia proceduto alla esportazione nei modi previsti dall'art. 194 è esonerato da qualsiasi responsabilità, ma la catena della tracciabilità non si interrompe affatto proprio per la regolarità delle operazioni di esportazione, in questo caso non osservate. 13. Non convince la tesi del ricorrente secondo la quale il Tribunale avrebbe fatto confusione tra l'impresa fornitrice e l'azienda esportatrice secondo la legge italiana, in quanto correttamente è stato escluso da parte del Tribunale che l'azienda fornitrice potesse essere individuata nella società WAH FUNG TRADING COMPANY, in quanto la stessa si è in realtà interposta tra i due soggetti (originatore dei rifiuti e destinatario) quale intermediario sulla base di un contratto di compravendita.
14. È del pari inesatto sostenere, come pretende il ricorrente, che il soggetto organizzatore della spedizione sia assoggettato solo all'obbligo di predisporre la documentazione di viaggio ed esentato dagli obblighi nascenti dalla licenza ASQIQ che invece graverebbero sulla società fornitrice (la WAH FUNG TRADING COMPANY): il richiamo operato dal Tribunale all'art. 54 della nuova legge cinese del 2011 sulla importazione di rifiuti e al testo dell'art. 18 in correlazione all'art. 37 del Regolamento 1013/2006 va quindi inteso - diversamente da come asserito dal ricorrente - come obbligo per l'originatore dei rifiuti di munirsi della licenza ASQIQ: altrimenti non si comprenderebbe la ratio di una normativa elaborata dalla Repubblica Popolare della Cina per porre un freno alla importazione illegale dei rifiuti agevolata dalle facilitazioni consentite da determinate province amministrative della Cina ad imprese operanti su quei territori che in forza di contratti di vendita si trasformavano da soggetti commercianti a soggetti fornitori dei rifiuti. 15. Stante allora la mancata osservanza da parte della società VI.BI ELETTRO RECUPERI S.R.L. delle specifiche garanzie e formalità previste dalla Repubblica Cinese (Stato non facente parte dell'OCSE) che risultano recepite nei regolamenti comunitari che disciplinano la materia a norma del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 194, ne deriva la configurabilità del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 259.
16. Il ricorso va, quindi, rigettato. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2013