Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1272, del 4 marzo 2013
Rifiuti.Criteri per l’ubicazione delle discariche

Uno dei criteri sicuramente prioritari nella scelta dei siti in cui ubicare le discariche è la distanza dai centri abitati, il che trova conferma al punto 2.1. dell’allegato 1 al D.Lgs. n. 36/2003. Altro criterio razionale è la distanza della discarica dagli impianti di trattamento dei rifiuti, in quanto, non c’è dubbio che condiziona in modo rilevante, la riduzione dell’impatto ambientale relativamente ai fattori rumore e traffico e quindi anche alle emissioni prodotte dalla circolazione degli automezzi adibiti al trasporto. Il criterio posto dall’allegato 1.1 al d.lgs. n. 36/2003, secondo cui per la localizzazione delle nuove discariche vanno privilegiati i siti già degradati e da risanare, è dettato per le sole discariche per rifiuti inerti. Il fatto che in una discarica per rifiuti non pericolosi siano potenzialmente abbancabili anche dei rifiuti inerti, è una eventualità che di per sé non modifica la tipologia della discarica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01272/2013REG.PROV.COLL.

N. 02756/2012 REG.RIC.

N. 03125/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2756 del 2012, proposto dal Comune di Cingoli, rappresentato e difeso dagli avv. Ranieri Felici e Domenico Maria Arlini, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Nicotera 29;

contro

Cosmari - Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti, rappresentato e difeso dagli avv. Daniele Spinelli e Leonardo Filippucci, con domicilio eletto presso il primo in Roma, piazza dell'Orologio 7; 
Provincia di Macerata, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Gentili, con domicilio eletto presso Livia Ranuzi in Roma, viale del Vignola 5;

nei confronti di

Ato - Ambito Territoriale Ottimale N. 3, Comune di San Severino Marche, Comune di Treia, Comune di Camerino, Comune di Mogliano, Regione Marche, Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggio, Sede di Ancona, Asur - Azienda Sanitaria Unica Regionale, Raggruppamento Temporaneo di Professionisti Studio Geotecnico Italiano S.r.l., Rtp Dott. Ing. Paolo Leopoldo Beer, Rtp Dott. Piergiacomo Beer, Rtp Dott. Luciano Taddei, Rtp Dott.Ssa Ing. Ilaria Tonelli, Corpo Forestale dello Stato - Coordinamento Provinciale di Macerata, Arpam - Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale; 
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12;

 

sul ricorso numero di registro generale 3125 del 2012, proposto da Luigi Filippo Felici, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Felici e Luca Forte, con domicilio eletto presso Silvia Apollo in Roma, via Luigi Rizzo, 50;

contro

Cosmari Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti, rappresentato e difeso dagli avv. Leonardo Filippucci e Daniele Spinelli, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, piazza dell'Orologio 7; 
Provincia di Macerata, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Gentili, con domicilio eletto presso Livia Ranuzi in Roma, viale del Vignola 5;

nei confronti di

Regione Marche, Azienda Sanitaria Unica Regionale-Asur-Delle Marche, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale-Arpam-Delle Marche, Ambito Territoriale Ottimale N.3 Marche Centro, Comune di San Severino Marche, Comune di Treia, Comune di Camerino, Comune di Mogliano, Studio Geotecnico Italiano-Raggruppamento Temporaneo di Professionisti; Soprintendenza Per i Beni Architettonici e Per il Paesaggio delle Marche, 
Ministero per i Beni e Le Attivita' Culturali, Corpo Forestale dello Stato Coordinamento Provinciale di Macerata, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12;

per la riforma

quanto al ricorso n. 2756 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Marche, Sezione I, n. 147/2012, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesaggistica e aia (autorizzazione integrata ambientale) per progetto realizzazione discarica di rifiuti non pericolosi in localita' Fosso Mabiglia del Comune di Cingoli;

quanto al ricorso n. 3125 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Marche, Sezione I, n. 146/2012, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesaggistica e aia (autorizzazione integrata ambientale) per progetto realizzazione discarica di rifiuti non pericolosi in localita' Fosso Mabiglia del Comune di Cingoli.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cosmari - Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti, della Provincia di Macerata, nonché del Ministero per i Beni e Le Attivita' Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2012 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Domenico Maria Arlini, Stefania Pazzaglia su delega dell'avv. Daniele Spinelli, Franco Gentili e Luca Forte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorsi al T.A.R. per le Marche nn. 844 e 848/2011 il sig. Luigi Filippo Felici, proprietario di alcuni lotti di terreno in località Fosso Mabiglia nel Comune di Cingoli, e quest’ultima Amministrazione locale, impugnavano i provvedimenti rilasciati dalla Provincia di Macerata al COSMARI (Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti fra i Comuni della Provincia di Macerata) con riferimento ad un progetto di una discarica per rifiuti urbani non pericolosi da realizzare nella predetta località di Fosso Mabiglia.

In particolare, venivano impugnati:

1) la deliberazione della Giunta Provinciale di Macerata n. 35 del 18.7.2011 avente ad oggetto “D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii. – D. Lgs. 36/2003. Progetto di realizzazione di una discarica per rifiuti non pericolosi sita in Località Fosso Mabiglia nel Comune di Cingoli (MC). Proponente Consorzio Cosmari di Tolentino”, con cui era stato approvato il progetto definitivo della discarica e rilasciata la autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.);

2) la deliberazione della stessa Giunta Provinciale n. 36 del 18.7.2011, avente ad oggetto “Attuazione Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti (PPGR). Individuazione discariche per rifiuti urbani ed assimilabili di appoggio al Consorzio Cosmari. Provvedimenti”;

3) la determinazione del dirigente del Servizio Ambiente della Provincia n. 204 del 15.6.2011, con cui era stato espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto e rilasciata l’autorizzazione paesaggistica, previo parere favorevole della Soprintendenza Regionale;

4) la nota della Provincia di Macerata prot. n. 42202 del 19.5.2010, avente ad oggetto “Discarica per rifiuti urbani non pericolosi da realizzare in Loc. Fosso Mabiglia del Comune di Cingoli. Autorizzazione integrata Ambientale. Avvio procedimento ex art. 11 e 16 D.P.R. 327/2001”;

5) la nota della medesima Provincia prot. n. 50424 del 17.6.2010, avente ad oggetto “Osservazioni ex artt. 11, comma 2, e 16, comma 4 e 10, D.P.R. 327/2001 al progetto definitivo depositato dal Cosmari e istanza volta al rilascio della VIA ed AIA per la realizzazione di un impianto di discarica per rifiuti urbani non pericolosi da realizzare in località Fosso Mabiglia del Comune di Cingoli”.

Venivano altresì impugnati gli atti che a far tempo dal 2001 avevano caratterizzato il lungo procedimento che, a partire dall’individuazione dei siti potenzialmente idonei ad ospitare discariche nel territorio provinciale, era poi sfociato nei provvedimenti di localizzazione della discarica: in particolare, la deliberazione dell’Assemblea Generale del Cosmari n. 12 del 26.5.2008, avente ad oggetto la “Individuazione siti discariche di appoggio al Cosmari”, e la sottostante delibera del Consiglio di Amministrazione dello stesso Cosmari n. 53 del 24.5.2008, avente ad oggetto “Attuazione Piano Provinciale Gestione Rifiuti. Proposta individuazione sito futura discarica Cosmari”. Provvedimenti in precedenza già impugnati dal sig. Felici, dal Comune di Cingoli e da altri cittadini, con ricorsi dichiarati però inammissibili per difetto di interesse attuale ad agire dallo stesso T.A.R. con sentenza n. 517/2009, confermata dalla sentenza n. 7461/2010 di questa Sezione V.

Il sig. Felici, in particolare, esponeva di essere stato leso dall’iniziativa indicata, sia perché la discarica ricadeva per la massima parte sui terreni di sua proprietà (che erano stati sottoposti a vincolo espropriativo), sia perché la presenza dell’impianto avrebbe determinato un deprezzamento delle restanti proprietà.

Resistevano ai due gravami il COSMARI e la Provincia di Macerata.

Il Tribunale adìto con le sentenze nn. 146 e 147/2012 in epigrafe respingeva i ricorsi.

Da qui i presenti appelli dinanzi alla Sezione, avverso tali pronunce, degli stessi ricorrenti, i quali riproponevano le proprie doglianze contestando le decisioni del Giudice locale per averle disattese; nell’appello del sig. Felici veniva altresì puntualizzato che il TAR aveva arbitrariamente respinto anche una domanda risarcitoria che esso ricorrente si era, tuttavia, solo riservato di proporre nel futuro, riserva che la parte medesima ribadiva.

Anche in questo grado di giudizio il COSMARI e la Provincia di Macerata resistevano alle impugnative del Comune di Cingoli e del sig. Felici.

Si costituiva in giudizio anche il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo la propria estromissione. Entrambi gli appellanti contestavano, tuttavia, la carenza di legittimazione così eccepita.

Le domande, difese ed argomentazioni delle parti costituite venivano riprese e sviluppate con l’ausilio di molteplici scritti, anche di replica.

Alla pubblica udienza del 6 novembre 2012 i due appelli sono stati trattenuti in decisione.

La Sezione reputa opportuno disporre la riunione degli appelli, stante la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.

Ciò posto, la richiesta di estromissione avanzata dalla difesa erariale sul rilievo del difetto di legittimazione passiva del Ministero per i Beni e le Attività Culturali deve essere respinta. L’eccezione è infatti infondata, in quanto nell’ambito del procedimento di V.I.A. è stato acquisito anche il parere della Soprintendenza, che per il suo orientamento favorevole al progetto è stato incluso tra gli atti oggetto d’impugnativa ed effettivamente contestato dalle ricorrenti, ancorché senza essere investito da censure ad esso dedicate in modo esclusivo.

Tanto premesso, i presenti gravami sono infondati. Ciò con la sola eccezione del condivisibile rilievo dell’appello del sig. Felici nel senso che il TAR aveva arbitrariamente respinto una domanda risarcitoria che esso ricorrente si era, tuttavia, solo riservato di proporre nel futuro (così la pag. 71 del ricorso di primo grado), statuizione reiettiva che può sin d’ora definitivamente acclararsi come meritevole di riforma.

1 La Sezione deve preliminarmente richiamare i punti fermi che sulla materia del contendere sono stati già fissati dalla propria precedente sentenza n. 7461/2010, integralmente confermativa della sentenza n. 517/2009 dello stesso T.A.R. per le Marche.

1a Questo Consiglio nella suddetta occasione ha osservato quanto segue.

“3. La Sezione ritiene che le conclusioni in rito cui è pervenuta la sentenza del primo giudice siano condivisibili

Si premette al riguardo che l’art. 20 comma 1 lett.e) del d.lgs n. 22 del 1997 e l’art.4 della legge regionale n.28 del 1999, pur attribuendo alle Province l’individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti, non escludevano dalla potestà dei Comuni e delle loro forme associate, titolari del servizio, un margine di discrezionalità nell’organizzazione dell’assetto urbanistico del territorio.

Per quanto riguarda la localizzazione degli impianti di smaltimento, il successivo decreto legislativo n. 152 del 2006 all’art. 208 ha delineato, relativamente all’attivazione dei nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, un procedimento di c.d. “autorizzazione unica”, comprensivo sia dell’approvazione del progetto che dell’autorizzazione alla realizzazione e alla gestione degliimpianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

Proprio in relazione a tale autorizzazione, punto centrale della vicenda contenziosa è quello di stabilire come le nuove norme del decreto legislativo n.152 del 2006 si raccordino a quelle preesistenti.

Al riguardo le argomentazioni del Tar che fanno leva sui principi di necessaria continuità dell’azione amministrativa, appaiono convincenti.

Il Tar ha rilevato che non aveva pregio la tesi secondo cui le scelte programmatorie provinciali (e quindi quelle conseguenti del COSMARI) si sarebbero dovute ritenere caducate a seguito dell’intervenuta modifica della normativa di rango primario posta dal d.lgs. n. 152 del 2006 in quanto, anche ammesso che da parte della Regione potessero essere emanati nuovi criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento dei rifiuti sulla base della diversa normativa di rango primario, tanto non avrebbe implicato l’intervenuta abrogazione della programmazione sino allora effettuata.

L’emanazione dei nuovi criteri avrebbe potuto richiedere tempi lunghi e nel frattempo si sarebbe verificato un inammissibile vuoto programmatorio in un settore vitale come quello in materia ambientale.

Il Tar ha osservato pure che l’individuazione dei siti, effettuata con la suddetta deliberazione della Giunta Provinciale di Macerata in data 26.10.2001 n. 354, andava ad integrare la disciplina del piano dei rifiuti della medesima Provincia (approvato con atto consiliare 22.12.2000 n. 99) e pertanto alla medesima doveva attribuirsi la stessa efficacia temporale fissata in dieci anni o quanto meno che la stessa doveva ritenersi vigente fino a quando non sostituita con altro idoneo strumento programmatorio.

Quanto poi alla sopravvenienza di nuovi requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, ciò non comportava di per sé l’automatica caducazione della programmazione in essere dovendo, la loro rilevanza, essere valutata in sede di procedimento volto all’approvazione del progetto definitivo e di autorizzazione unica al funzionamento dell’impianto, ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152 del 2006.

Alle pertinenti argomentazioni del Tar, deve anche aggiungersi che nella Regione Marche le autorità d’ambito previste dall’art. 201 del d.lgs n.152 del 2006 non sono state costituite. La disposizione transitoria contenuta nell’art. 204 comma 1 del d.lgs. n.152 del 2006 legittima peraltro la continuazione delle funzioni attribuite al COSMARI.

Nelle more del giudizio è intervenuto l’art. 20 della legge regionale Marche n.24 del 12.10.2009 a mente del quale sia il piano regionale dei rifiuti che il piano provinciale dei rifiuti “..conservano efficacia fino alla entrata in vigore del piano di cui all’art.5 (piano regionale di gestione dei rifiuti)”. Tale disposizione, per quanto non in vigore al momento della adozione degli atti, avvalora le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice in via interpretativa.

Si tenga ancora conto che la medesima legge regionale n.24 del 2009 ha confermato la competenza delle Province nella individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, prevedendo la formazione dei consorzi obbligatori quale è il COSMARI, per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di organizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti (art. 7) mentre all’art. 11 co. 1 ha altresì previsto che la “formale localizzazione degli impianti di smaltimento” avviene attraverso il rilascio della autorizzazione di cui all’art. 208 del d.lgs. 152 del 2006.

Anche tali norme della legge regionale confermano dunque la interpretazione sistematica fornita dal primo giudice che ha ritenuto che con il rilascio della autorizzazione unica alla realizzazione della discarica da parte della Provincia ex art. 208 sopracitato, la localizzazione diviene certa ed immodificabile e che solo da tale momento i soggetti lesi possono fare valere le proprie doglianze in sede giurisdizionale, mentre tutti gli atti medio tempore adottati in una procedura in corso di svolgimento ed il cui esito non è prevedibile, devono considerarsi atti endoprocedimentali.

In effetti, il quadro di riferimento normativo induce a ritenere che i provvedimenti impugnati non vincolano in modo definitivo e necessitano, per produrre effetti irreversibili, della conclusione di un procedimento implicante l'intervento di altre autorità amministrative, destinato a sfociare nel provvedimento finale dell'amministrazione provinciale.

Giova, in particolare, rimarcare che la Provincia è chiamata a valutare la compatibilità ambientale (art.5 co.1 lett. c) del d.lgs. n.152 del 2006) ed i criteri costruttivi e gestionali stabiliti dal d.lgs. n.26 del 2003 in tema di discariche (VIA ed AIA).

Tali procedure, a volte considerate dalla giurisprudenza come dotate di autonomia in quanto destinate a tutelare l’interesse specifico di tutela dell'ambiente e ad esprimere una valutazione già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali e come tali ritenute, in alcune pronunzie, immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori (Cons. Stato, IV, 3.3.2009 n.1213), consentiranno agli appellanti, avvalendosi delle amplissime garanzie partecipative previste dall’ordinamento, di rappresentare i motivi che indurrebbero a non realizzare la discarica nel comune di Cingoli.”

1b Alla luce delle considerazioni appena riportate, il primo Giudice nella sentenza in epigrafe ha quindi ragionevolmente reputato acquisiti i seguenti punti fermi.

“ - non risponde al vero che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, la previgente pianificazione regionale e infraregionale di settore doveva essere considerata caducata per incompatibilità con il T.U.A.;

- la deliberazione di G.P. n. 345/2001 ha integrato il PPGR, in particolare per quanto concerne l’individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche;

- tale deliberazione (e con essa lo studio svolto dall’Università di Ancona) non è stata mai impugnata tempestivamente da chicchessia e/o annullata;

- la normativa sopravvenuta (id est, il D.Lgs. n. 36/2003) si applica solo in relazione ai criteri di progettazione delle discariche, per cui il rispetto della stessa è oggetto di verifica nell’ambito del procedimento di cui all’art. 208 T.U.A. (che comprende anche la procedura di A.I.A.);

- i Consorzi di gestione costituiti ai sensi della precedente normativa continuano ad esercitare leproprie attribuzioni stante la mancata costituzione delle Autorità d’Ambito;

- anche la successiva L.R. n. 24/2009 ha confermato questo assetto;

- la formale localizzazione delle discariche avviene con il rilascio dell’autorizzazione ex art. 208 T.U.A.;

- le questioni di carattere tecnico afferenti il progetto elaborato dal COSMARI sono oggetto dei procedimenti di V.I.A. e A.I.A. e dunque eventuali censure afferenti gli esiti di tali procedimenti possono essere fatti valere nei riguardi degli atti terminali (autorizzazione ex art. 208 e A.I.A., nonché il propedeutico parere favorevole di V.I.A., avente anche valore di autorizzazione paesaggistica).”

Ed altrettanto correttamente il T.A.R. ha ritenuto, di conseguenza, assodate le acquisizioni di seguito ricordate.

“ a) il PPGR di Macerata ha previsto la localizzazione di una discarica in località Fosso Mabiglia di Cingoli (unitamente ad altri 8 siti, graduati in ordine di punteggio nel citato studio dell’Università di Ancona) … ;

b) il PPGR era ancora pienamente efficace alla data di adozione dei provvedimenti impugnati … ;

c) il COSMARI era ed è competente a scegliere il sito in cui ubicare la propria discarica (beninteso, fra quelli menzionati dal PPGR) ed a curare la progettazione e la costruzione della stessa.”.

2a Le appellanti hanno obiettato in questa sede che i passaggi sopra esposti non sarebbero stati fissati con valore di giudicato, come invece ritenuto dalla sentenza in epigrafe. Questo, in primo luogo, per il fatto che, benché il Tribunale avesse effettivamente svolto, nella sua prima pronuncia, le considerazioni che la seconda avrebbe richiamato, le medesime avevano formato tutte oggetto di immediata contestazione mediante i susseguenti appelli delle stesse appellanti.

Il fatto è, però, che questo Consiglio nel relativo giudizio ha già respinto i suddetti primi appelli, ritenendo sostanzialmente esatte le riflessioni allora compiute dal Giudice locale. Sicché questa prima obiezione è priva di pregio.

2b Viene altresì dedotto che la Sezione, in occasione del proprio precedente giudizio, pur convenendo sulle valutazioni espresse dal Tribunale, non aveva però calato “nella realtà della fattispecie tali principi come operanti anche nel nostro caso”, concludendo il proprio giudizio nel senso che, in sintesi, in difetto dell’atto terminale del procedimento, i precedenti atti interni allora gravati non fossero autonomamente impugnabili.

Questa impostazione travisa però l’esatta portata della precedente pronuncia della Sezione, omettendo di prenderne in considerazione una parte.

La pronuncia di primo grado n. 517/2009 a suo tempo confermata recava, invero, tra le altre, anche le enunciazioni con cui puntualizzava:

- che erano sicuramente impugnabili, a differenza degli altri, gli atti, tra cui segnatamente la deliberazione della Giunta provinciale n. 354 del 26 ottobre 2001, con cui la Provincia aveva individuato le zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti: atti impugnabili da parte tanto delle Amministrazioni comunali interessate, quanto dei soggetti pubblici o privati pregiudicati da tale localizzazione, come i proprietari degli immobili compresi nel sito (quale già in tale occasione si era presentato il sig. Felici) (pag. 12);

- che la suddetta deliberazione n. 354 del 2001 aveva valore integrativo del piano provinciale dei rifiuti approvato con atto consiliare provinciale n. 99 del 22 dicembre 2000 (pagg. 13-14);

- che la deliberazione medesima, con la quale era stato incluso tra i nove siti idonei anche quello di Fosso Mabiglia di Cingoli, non era “mai stata impugnata da chicchessia, sicché le scelte programmatorie in essa contenute non sono più contestabili e devono ritenersi pienamente vigenti” (pag. 14).

Il Giudice di prime cure per questa parte aveva quindi accertato, sulla premessa della decadenza nella quale erano incorse in proposito le parti interessate, il dato di diritto (anche) sostanziale dell’intervenuta consolidazione per inoppugnabilità della deliberazione appena detta.

Ed anche questa valutazione del T.A.R. è stata condivisa dalla Sezione con la decisione n. 7461/2010. Quest’ultima, invero, ha integralmente confermato l’arresto allora appellato, senza esprimere rispetto ad esso alcun dissenso, né dar mostra di voler correggere sotto alcun profilo la relativa motivazione (cfr., anzi, la pag. 14 della decisione, dove si riprende sinteticamente il punto della definitività della delibera n. 354).

Sul punto in questione si è quindi formata una vera e propria cosa giudicata (con conseguente preclusione a sollevare solo in seguito, ossia tardivamente, la questione della competenza da parte del Consiglio provinciale, e non della relativa Giunta, ad assumere la medesima delibera).

2c Vale peraltro attirare l’attenzione anche sul fatto che l’accertamento della definitività della valutazione di idoneità dei siti inclusi nella delibera n. 354 si è formato sull’esplicito presupposto che la medesima delibera integrasse il piano provinciale dei rifiuti, e ne mutuasse perciò natura ed effetti. Sicché anche su tale punto è ormai insorto il vincolo del giudicato.

2d Quanto alle concorrenti, motivate osservazioni che nella stessa occasione sono state pure svolte dalla Sezione, nella medesima vicenda, sempre all’esito di un approfondito confronto tra le tesi delle stesse parti contendenti e al culmine di un doppio grado di giudizio, il Collegio non ritiene di doversene discostare. Ne discende la reiezione delle deduzioni delle stesse parti appellanti che già a suo tempo sono state sottoposte alla Sezione ma da questa sono state disattese, in forza delle motivazioni poco sopra ricordate.

Da quanto fin qui premesso si ricava, dunque, che la scelta del sito in contestazione è stata operata in piena coerenza con il piano provinciale (e relativa elencazione dei siti idonei), l’efficacia del quale era inoltre sopravvissuta, per ragioni ricollegabili al principio di necessaria continuità dell’azione amministrativa, al mutamento normativo verificatosi con l’avvento del d.lgs. n. 36/2003 e del T.U.A. di cui al d.lgs. n. 152/2006 (la Sezione si è richiamata, in questo senso, anche all’art. 20 della legge regionale Marche n. 24 del 12.10.2009, a mente del quale sia il piano regionale dei rifiuti che quello provinciale “..conservano efficacia fino alla entrata in vigore del piano di cui all’art.5 -piano regionale di gestione dei rifiuti- ”; ad ulteriore conferma, il primo Giudice ha ricordato, da ultimo, anche il disposto dell’art. 199, comma 8, T.U.A., il quale stabilisce che i nuovi piani di gestione dei rifiuti adeguati allo stesso d.lgs. n. 152/2006 dovranno essere adottati dalle Regioni entro il 12/12/2013, restando fino ad allora in vigore quelli già vigenti).

3a Del primo dei tre gruppi di doglianze partitamente esaminati dal primo Giudice resta, allora, da prendere in esame la sola, articolata doglianza dell’incompetenza del COSMARI ad adottare atti di localizzazione (o, comunque, di individuazione della sede) di una nuova discarica, ad approvarne il progetto definitivo e a procedere alla sua realizzazione, sul rilievo che la relativa competenza andrebbe invece ascritta alla Provincia.

Le appellanti deducono, a questo riguardo, che nessuna norma, né statale, né regionale, attribuisce al Consorzio poteri di selezione tra i siti riconosciuti idonei all’impiego come discarica.

Un conto sarebbe poi la redazione di un progetto ai sensi dell’art. 208 T.U.A., effettuabile anche da imprenditori privati, ed altro la scelta del sito con effetti costitutivi.

L’art. 197 lett. d) T.U.A. attribuirebbe il potere di procedere alla localizzazione dei siti di discarica esclusivamente alla Provincia, come pure faceva la precedente legge regionale n. 28 del 1999 (con il suo art. 22 comma 3).

Nessuna delega era inoltre intervenuta, nella specie, da parte della Provincia di Macerata in capo al COSMARI. E la norma transitoria dell’art. 20 della legge regionale n. 24 del 2009 attribuiva ai consorzi intercomunali, tra cui appunto il COSMARI, fino all’attuazione della legge stessa, intesa a sopprimerli, solo il compito di svolgere attività di mera gestione delle discariche, e non anche quello di scegliere siti ed effettuare localizzazioni. Così come competenze solo gestorie erano quelle affidate in precedenza ai relativi Consorzi dall’art. 7 della L.R. n. 28 del 1999.

Le appellanti assumono, infine, che, una volta dimostrato che il COSMARI non avrebbe competenza alla scelta del sito e all’approvazione di progetti recanti la localizzazione della discarica, ne deriverebbe, secondo il principio posto dal d.P.R. n. 327/2001, la sua incompetenza anche a procedere ai relativi atti espropriativi.

3b Queste deduzioni sono state disattese a ragion veduta dal Giudice di prime cure.

La Sezione in occasione della propria precedente pronuncia ha già osservato che “l’art. 20 comma 1 lett.e) del d.lgs n. 22 del 1997 e l’art.4 della legge regionale n.28 del 1999, pur attribuendo alle Province l’individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti, non escludevano la potestà dei Comuni e delle loro forme associate, titolari del servizio, un margine di discrezionalità nell’organizzazione dell’assetto urbanistico del territorio.”

Contestualmente, la Sezione ha pure dato atto che la legge regionale n. 24 del 2009, all’art. 11 c. 1, ha previsto che la “formalelocalizzazione degli impianti di smaltimento” avviene attraverso il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 208 del d.lgs. 152 del 2006. Il che conferma l’interpretazione sistematica fornita dal primo Giudice, che ha ritenuto che solo con il rilascio dell’autorizzazione unica alla realizzazione della discarica da parte della Provincia ex art. 208 T.U.A. la localizzazione venga formalmente stabilita.

Parimenti, la Sezione ha già osservato che “nella Regione Marche le autorità d’ambito previste dall’art. 201 del d.lgs n.152 del 2006 non sono state costituite. La disposizione transitoria contenuta nell’art. 204 comma 1 del d.lgs. n.152 del 2006 legittima peraltro la continuazione delle funzioni attribuite al COSMARI.” Sempre sulla scia delle decisioni già pronunciate, può quindi ritenersi già acquisito anche il fatto che i Consorzi costituiti ai sensi della precedente normativa continuavano ad esercitare le proprie attribuzioni, stante la mancata costituzione delle Autorità d’Ambito.

Il COSMARI è stato inoltre correttamente ritenuto competente a scegliere (beninteso, fra quelli menzionati dal piano provinciale) il sito in cui ubicare la propria discarica, e a curare la progettazione e la costruzione di qquest’ultima.

L’art. 197 del d.lgs. n. 152/2006 assegna difatti alle Province, unitamente a funzioni di programmazione (e a prescindere dalle funzioni autorizzatorie a valle), lo specifico compito di individuare i siti idonei, come pure quelli non idonei, alla localizzazione delle varie tipologie di impianti di smaltimento dei rifiuti.

E’ perciò del tutto lineare che l’opzione resa possibile, nella fattispecie, dall’avvenuta indicazione a livello provinciale di una molteplicità di siti idonei (indicazione con la quale la Provincia aveva assolto i propri compiti), venisse operata nel caso concreto dal COSMARI, non potendo che spettare alla sua iniziativa la scelta tra le indicazioni plurime fornite dalla Provincia in sede programmatoria.

Il COSMARI era, infatti, un consorzio obbligatorio fra i Comuni della Provincia di Macerata, previsto dalla L.R. n. 28/1999 non con compiti di mera gestione dell’attività di smaltimento dei rifiuti, ma, in primis, con lo specifico compito di attuare il piano provinciale di gestione dei rifiuti, e ciò a partire dal -piano industriale recante- la progettazione preliminare del singolo intervento (cfr. l’art. 8 della L.R. n. 28 cit.).

D’altra parte, proprio la difesa provinciale ha fatto notare come la dizione legislativa “individuazione delle zone idonee”, che scolpisce la competenza della Provincia, sia ben distinta dal concetto dell’individuazione dello specifico sito del singolo impianto.

E’ pertanto nell’esercizio delle proprie competenze di attuazione del piano provinciale che il COSMARI, chiamato, appunto, alla concreta individuazione, realizzazione e gestione degli impianti del proprio bacino, ha presentato alla Provincia il progetto per la realizzazione della discarica di cui si tratta, richiedendo per questa le necessarie autorizzazioni. L’art. 208 del d.lgs. 152 del 2006 stabilisce, del resto, nei termini più ampi, che la relativa autorizzazione unica possa essere richiesta dai “soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento”.

La difesa consortile ha poi giustamente opposto che la delibera con la quale il COSMARI ha stabilito di avviare sul sito di Fosso Mabiglia le attività di progettazione e studio dell’impatto ambientale non costituiva un atto di localizzazione in senso proprio. Non occorre infatti tornare sul punto, già affrontato dalla Sezione, che la legge regionale n. 24 del 2009 ha previsto che la “formale localizzazione degli impianti di smaltimento” avviene, in realtà, attraverso il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 208 del d.lgs. cit., giusta quanto tale articolo, del resto, già prevede.

Né la censura di incompetenza del COSMARI acquista maggior pregio ove riferita alla redazione del progetto da esso sottoposto alla Provincia. Invero, è assorbente il rilievo che con la deliberazione di Giunta Provinciale n. 35/2011, nell’approvare il progetto definitivo della discarica ed autorizzarla, si è dato atto, in aderenza alle previsioni dell’articolo 208 testé citato (comma 6), che era siffatta approvazione provinciale del progetto a costituire variante allo strumento urbanistico comunale, e, sempre in applicazione dello stesso articolo, si è dichiarata la pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera e disposto il vincolo preordinato all’esproprio.

La censura di incompetenza coltivata anche in questa sede dalle appellanti si conferma dunque infondata e va disattesa. E questo anche sotto il profilo della competenza agli atti espropriativi, che e’ stato sollevato solo come profilo consequenziale ai precedenti, senza l’articolazione di specifiche critiche al pertinente capo della decisione appellata.

4a Si è già avuto modo di vedere in precedenza come la scelta di localizzazione della discarica sia caduta su un sito compreso nel piano provinciale per la gestione dei rifiuti, come integrato dai risultati dello studio dell’Università di Ancona recepito dalla Giunta provinciale nel 2001.

Le appellanti tornano qui ad insistere sul rilievo per cui tale studio universitario doveva ritenersi superato dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2003. Anche questo punto è stato però già trattato dalla Sezione nella sua precedente decisione, allorché essa ha osservato, quanto alla sopravvenienza di nuovi requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, che tanto non comportava di per sé l’automatica caducazione della programmazione in essere, dovendo invece la rilevanza dei nuovi requisiti essere valutata in sede di procedimento di autorizzazione unica dell’impianto ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006. D’altra parte, come ha osservato il primo Giudice, la fonte in discorso non disciplina la fase del pianificazione di settore, bensì gli aspetti progettuali e localizzativi di dettaglio degli impianti (osservazione messa in discussione dagli appellanti senza però fornire argomentazioni meritevoli di adesione). Anche questo aspetto può essere quindi superato.

4b Le appellanti svolgono poi anche in questa sede articolati rilievi attinenti alla scelta del sito dinanzi alle alternative contemplate in sede pianificatoria.

Tali rilievi danno dunque esposti.

Si vuole che il COSMARI non abbia verificato l’attualità dello studio dell’Università di Ancona alla luce della normativa sopravvenuta né motivato in maniera adeguata la scelta del sito, che figurava, nella graduatoria elaborata dall’Università, solo al sesto posto sulle nove località individuate, delle quali alcune sarebbero state di gran lunga più idonee.

La scelta di un luogo classificato appena sesto nella lista, dove i siti erano stati elencati secondo un ordine decrescente di idoneità dietro un’analisi di ben 28 parametri tecnici, avrebbe dovuto essere sorretta da una puntuale motivazione.

Il COSMARI, nel giustificare la propria scelta, avrebbe peraltro illegittimamente integrato i criteri utilizzati a suo tempo dall’Università, introducendone uno meramente politico: ossia, la scelta di privilegiare località dell’alto maceratese, in quanto in passato non interessate dalla localizzazione di discariche. Siffatto criterio di equo riparto tra i Comuni sarebbe, tuttavia, estraneo al diritto positivo, che prevede che la localizzazione delle discariche debba rispondere a criteri non politici, bensì tecnico-ambientali.

Oltre a Cingoli, esistevano anche altri Comuni aventi siti nella lista di cui si è detto, come quelli di San Severino e di Treia, i quali sarebbero però stati inspiegabilmente tenuti indenni.

Una volta posto il criterio “politico” di cui si è detto, inoltre, l’Amministrazione si sarebbe concretamente determinata valorizzando solo tre dei ben più numerosi parametri posti a base del citato studio universitario. Sarebbe stata necessaria, per converso, una motivazione comparativa tra tutti i siti, alla luce di un’indagine concreta, con un’accurata disamina delle loro caratteristiche e particolare attenzione per l’aspetto del sacrificio ambientale, nonché per l’esistenza nei paraggi di beni storici, come la Villa Castiglioni (già appartenente a Papa Pio VIII), della quale non si era invece tenuto alcun conto.

Una comparazione siffatta si sarebbe imposta, in particolare, tra tutti e tre i siti che la lista sopra indicata censiva come idonei proprio nel territorio dello stesso Comune di Cingoli.

Inoltre, lo stesso criterio della distanza (che comunque non poteva costituire l’aspetto preminente) avrebbe potuto portare a conclusioni diverse, non essendo stato dimostrato che quello prescelto era il sito più lontano dai centri abitati.

Sarebbe stato violato, infine, l’allegato 1 al sopravvenuto d.lgs. n. 36/2003, in base al quale nella localizzazione di nuove discariche sono da privilegiare siti già degradati e da risanare sotto il profilo paesaggistico, in quanto la discarica di cui si tratta dovrebbe ricomprendere anche la collocazione di inerti, e d’altra parte quella del Fosso Mabiglia sarebbe una località incontaminata.

4c Anche questi rilievi si confermano infondati.

4c1 La condivisibile tesi di fondo del primo Giudice è che a rilevare non è tanto la circostanza che il sito di Fosso Mabiglia fosse collocato solo al sesto posto della lista, quanto quella che anche il sito medesimo fosse stato ritenuto, comunque, idoneo ad ospitare una discarica per rifiuti non pericolosi.

L’idea che quella redatta dall’Università fosse una graduatoria rigidamente vincolante, impositiva di una vera e propria gerarchia, quasi riguardasse un procedimento concorsuale, va invero respinta. L’esigenza giuridica da soddisfare è quella che la scelta cada su un’area idonea allo scopo, non constando invece l’esistenza di alcuna prescrizione tanto rigida da imporre di avere riguardo, all’uopo, proprio all’area “più idonea” di ciascun territorio provinciale. E’ pertanto fuori luogo che si lamenti lo stravolgimento della predetta graduatoria.

4c2 Tanto premesso, la Sezione, sottolineata l’ampiezza, già rimarcata dalle parti appellate, della discrezionalità (amministrativa oltre che tecnica) che è insita nella scelta di un sito da adibire a discarica, deve subito osservare che il criterio perequativo impiegato in concreto non merita le vibrate critiche che ad esso sono state rivolte (in primis, quella di essere un criterio meramente “politico”).

Invero, l’idea di principio di una perequazione, tra le aree dell’ambito territoriale interessato, degli oneri e dei vantaggi ambientali, sociali ed economici, rivela subito un’evidente quanto apprezzabile ispirazione egualitaria e solidaristica.

Il relativo criterio, intrinsecamente ineccepibile, può essere ritenuto allora di impiego del tutto legittimo allorché –come nella specie- si debba operare una scelta tra siti già tutti apprezzati sul piano tecnico come idonei: e tanto più merita apprezzamento per il fatto di essere stato approvato da un organo assembleare che rappresentava istituzionalmente tutti i -più di cinquanta- Comuni interessati.

L’Assemblea Generale del COSMARI, infatti, già in occasione della propria delibera n. 3 del 2007 aveva osservato (praticamente con l’unanimità dei presenti) : “che solo la distribuzione territoriale dei siti nel tempo può facilitare l’accettazione di tali impianti da parte delle popolazioni residenti secondo un giusto principio di equa ripartizione dei problemi”; che “la fascia territoriale marina e collinare si sono fatte carico con enorme responsabilità, non solo in tempi recenti, del problema (Morrovalle, Potenza Picena, Macerata, Tolentino-San Severino)”; che, per tale ragione, “si ritiene che sia comunque l’altro maceratese a dover dare, in questo momento, il suo contributo”.

Senza dire che, come ha ben notato il primo Giudice, una impostazione simile era stata suggerita già dal piano provinciale (paragr. 15.2.6, “Futuri sviluppi”).

L’adozione del criterio indicato, stante la sua assorbente ragionevolezza, non richiedeva, inoltre, alcuna particolare motivazione. In una realtà che vede non di rado energicamente contestate, da parte delle comunità territoriali, le scelte di localizzazione delle discariche, è particolarmente opportuno che le valutazioni che presiedono alle relative opzioni siano sostenibili e difendibili dal punto di vista del loro fondamento non solo tecnico, ma anche equitativo.

Quanto alle ragioni per cui i territori di altri Comuni sarebbero stati nello specifico tenuti indenni, le stesse, esposte con chiarezza in atti, sono riconducibili, appunto, all’impostazione che voleva di massima esclusi i “comuni e comprensori in qualche modo interessati dai precedenti impianti”. In particolare, è incontestato che, come ricorda la delibera del C.d.A. consortile n. 53/2008, la discarica di Tolentino avesse sconfinato nel comprensorio di San Severino; e non è stato specificamente contestato che proprio nella fascia costiera e collinare, già nel suo insieme colpita, ricadessero, tra l’altro, i Comuni di Mogliano, San Severino e Treia.

Da qui la ragionevole scelta di localizzare la nuova discarica altrove.

4c3 Passando, quindi, ad altro profilo del mezzo, se è vero che, una volta assunto il criterio perequativo sopra detto, il COSMARI si è determinato nella concreta scelta del sito valorizzando solo tre dei più numerosi parametri posti a base del citato studio, ed essenzialmente il fattore delle distanze, ciò non toglie che la relativa valutazione discrezionale si sia formata all’esito di un percorso logico razionale ed immune da vizi manifesti, desumibile con chiarezza dalla congrua motivazione che, nella relazione tecnica del direttore dello stesso Consorzio, giustifica la scelta compiuta alla stregua del modo di essere del tessuto abitativo nel contorno dei siti disponibili, e delle condizioni della viabilità rispetto all’impianto COSMARI di trattamento dei rifiuti.

Non va dimenticato, infatti, che era stata l’Assemblea generale consortile, nella delibera n. 5/2008, a stabilire che occorreva porre l’accento (“soprattutto”), in sede di scelta, sul profilo della “interferenza con gli insediamenti abitativi e produttivi”.

Risulta, inoltre, senz’altro meritevole di condivisione la valutazione del primo Giudice per cui “uno dei criteri sicuramente prioritari nella scelta dei siti in cui ubicare le discariche è la distanza dai centri abitati, il che, come detto, trova conferma al punto 2.1. dell’allegato 1 al D.Lgs. n. 36/2003. Ed anche l’altro criterio su cui si è fondata la scelta del Consorzio intimato è da ritenere razionale, in quanto non c’è dubbio che la distanza della discarica dagli impianti di trattamento dei rifiuti condiziona in modo rilevante la riduzione dell’impatto ambientale relativamente ai fattori rumore e traffico (e quindi anche alle emissioni prodotte dalla circolazione degli automezzi adibiti al trasporto)”.

Giova anzi precisare, sotto il primo aspetto, che, mentre integra un vincolo escludente la presenza di centri abitati a distanza inferiore ai 2 km, nella specie il centro di Cingoli dista dall’area prescelta per l’intervento ben 7,5 km, mentre le frazioni di Troviggiano e Grottaccia, rispettivamente, circa km 3,5 e 3 (documento istruttorio integrante la d.d. n. 204 del 15 giugno 2011, pag. 77).

4c4 Non è stato dimostrato, d’altra parte, che l’Amministrazione sia incorsa in errori o contraddizioni logiche nell’applicazione del criterio della distanza.

Nella scelta del sito, il raffronto tra i quattro luoghi idonei dei Comuni di Cingoli e Camerino è stato condotto facendo applicazione, tra i siti alternativi oggetto d’istruttoria, di metodiche incontestatamente uniformi.

Per altro verso, la difesa del COSMARI ha potuto affermare, con il conforto delle risultanze documentali, che per valutare gli impatti ambientali su tutti i recettori sensibili, e specialmente quelli attinenti alla matrice atmosferica, è stato sempre adottato il criterio della distanza in linea d’aria, la cui razionalità nello specifico non può essere posta in discussione.

Rispetto a questo secondo aspetto è poi il caso di anticipare che l’Amministrazione (come si vedrà meglio nel paragrafo seguente) ha espresso nel documento istruttorio integrante la d.d. n. 204 del 15 giugno 2011 (pag. 77), rispetto a tutti i centri turistici, sportivi e ricettivi, la valutazione che i medesimi si trovavano ubicati a distanze “tali per cui è ragionevole ritenere che non subiranno interferenze dirette dalle attività di coltivazione”, affermazione analiticamente fondata su apposite tavole rispecchianti l’incidenza dell’intervento sugli ambiti circostanti, sia dal punto di vista degli impatti sulla componente atmosferica, che da quello dell’interferenza visiva con l’impianto. E va soprattutto anticipato, in proposito, il fatto che sul decisivo aspetto della riscontrata assenza di interferenze non sono stati forniti, dalle appellanti, elementi idonei a confutare la valutazione tecnica espressa dagli atti impugnati.

Né risulta, infine, a fornire la necessaria consistenza alla generica lamentazione di omesso apprezzamento delle caratteristiche del luogo, la mancata presa in esame di specifici dati di irrefutabile valenza ai fini della scelta localizzatoria : della Villa Castiglioni si dirà, in particolare, nel paragrafo 5d.

4c5 Il T.A.R. ineccepibilmente ha fatto poi notare come il criterio, posto dall’allegato 1.1 al d.lgs. n. 36/2003, secondo il quale nella localizzazione delle nuove discariche andavano privilegiati i siti già degradati e da risanare, fosse dettato per le sole discariche per rifiuti inerti, laddove quella localizzata a Fosso Mabiglia era una discarica destinata ai rifiuti non pericolosi, integrando essa, perciò, una tipologia per la quale la detta fonte normativa contemplava i differenti criteri di cui al punto 2.1 dello stesso allegato. E un simile giudizio, che rispetta fedelmente l’impostazione propria della fonte della cui osservanza si tratta, non può essere infirmato dal mero fatto (non sfuggito, del resto, al Giudice locale) che in una discarica per rifiuti non pericolosi siano potenzialmente abbancabili anche dei rifiuti inerti, eventualità che di per sé non modifica certo la tipologia della discarica.

Viene altresì dedotto che la localizzazione impugnata contrasterebbe con la originaria classificazione urbanistica dell’area. La motivazione della variante di piano sancita dalla delibera di localizzazione è, tuttavia, inequivocabilmente in re ipsa. Come ha già osservato il T.A.R., la variante è la conseguenza necessitata dell’approvazione del progetto per cui è causa, e trova indubbia giustificazione nell’interesse pubblico alla realizzazione della discarica.

Dalle appellanti si adduce pure non essere stato considerato il fatto che a pochi chilometri dal sito prescelto era prevista la realizzazione di altri due impianti di smaltimento dei rifiuti, nei confinanti Comuni di Appignano (MC) e Filottrano (AN), laddove la Regione aveva espresso un indirizzo programmatico contrario all’individuazione di più siti di discarica in aree “strettamente contigue”. A parte, però, la mancanza di una piena dimostrazione della ricorrenza di quest’ultima condizione, come pure dell’effettività dell’assentimento degli ulteriori progetti di discarica che vengono menzionati (punto specificamente contestato dalla difesa della COSMARI), vale altresì notare, per un verso, che anche la relativa tematica è stata puntualmente esaminata nell’ambito del procedimento in controversia (cfr. il documento istruttorio integrante la d.d. n. 204 del 15 giugno 2011 alle pagg. 45-46), senza che le relative valutazioni abbiano trovato confutazione; per altro verso, che la stessa prospettazione della doglianza suggerisce che il criterio invocato non aveva valenza vincolante.

Sul piano procedurale, infine, è stata denunziata la mancata partecipazione alla conferenza dei servizi dei Comuni limitrofi. Il Tribunale ha però plausibilmente inteso la previsione normativa del relativo incombente, espressa dall’art. 208, comma 3, del T.U.A. chiamando in causa gli “enti localiinteressati”, nel senso che l’adempimento riguardasse unicamente gli enti destinati ad ospitare nel loro territorio il singolo impianto, come in seguito sarebbe stato opportunamente esplicitato attraverso l’intervento chiarificatore del successivo d.lgs. n. 205 del 2010. E, d’altra parte, non è stato neppure dimostrato che la discarica in discussione produrrebbe un sensibile impatto ambientale sui Comuni confinanti.

5 Restano da esaminare, a questo punto, le censure, qui riproposte, che chiamano in causa la legittimità propria del parere di V.I.A. e dell’A.I.A., in ragione delle numerose presunte carenze del progetto presentato dal COSMARI, in corrispondenza delle quali si registrerebbero altrettanti profili di difetto di istruttoria e violazioni del principio di precauzione.

L’Amministrazione secondo gli appellanti, in sintesi, avrebbe mancato di approfondire numerose questioni tecniche, fra cui l’inquinamento della falda acquifera, la pendenza dei crinali, le modalità di captazione del biogas, l’idoneità della barriera geologica di cui al punto 2.4.2. dell’allegato 1 al D.Lgs. n. 36/2003, la distanza dalle abitazioni circostanti, dalle strutture turistiche e dagli immobili di pregio storico esistenti nei dintorni.

Le carenze del progetto sarebbero dimostrate anche dal fatto che la Provincia lo ha approvato con numerosissime prescrizioni (ben 23, si rimarca), alcune delle quali asseritamente solo teoriche e di efficacia non verificabile. Il progetto si è dimostrato, cioè, tanto lacunoso che la Provincia è stata costretta a porre, anche in ordine a suoi aspetti essenziali, tante prescrizioni che, se attuate, lo snaturerebbero.

In definitiva, dunque, su un numero rilevante di eccezioni tecniche l’Amministrazione avrebbe dettato prescrizioni solo generiche, oppure avrebbe arbitrariamente sorvolato senza adeguata motivazione, nonostante la rilevanza delle relative problematiche.

5a Prima di affrontare questi temi, vanno però fatti i conti con due connesse doglianze di ordine giuridico-formale anch’esse qui riproposte.

Le appellanti hanno ripreso la tesi che la valutazione di impatto ambientale avrebbe dovuto avere luogo già sul progetto preliminare, precedendo l’approvazione del progetto definitivo. Questo, però, senza farsi carico della considerazione della precisa confutazione che la censura aveva già trovato da parte del Giudice di prime cure, che, richiamando in contrario la chiara disposizione dell’art. 23 del T.U.A. (e la simile recata dall’art. 208 per l’autorizzazione unica), aveva fatto condivisibilmente notare che il progetto preliminare deve essere oggetto di esame, invece, nell’ambito della diversa procedura, propedeutica, di verifica di assoggettabilità prevista dagli artt. 20-21 della stessa fonte (momento che nella specie era assente, trattandosi di progetto da sottoporre necessariamente a V.I.A.).

Queste ultime norme sono state pertanto impropriamente richiamate. Sicché anche questa doglianza deve essere senz’altro disattesa.

Viene altresì dedotto che la competenza ad effettuare la V.I.A. farebbe capo, oltre che allo Stato, alla sola Regione, dalla quale non sarebbe stata ulteriormente delegata né sarebbe delegabile, in subordine sollevandosi una questione di legittimità costituzionale sul punto.

In contrario è stato però già fatto risolutivamente notare, in prime cure, che a seguito dell’entrata in vigore della L.R. n. 9/2011 la problematica attinente alla competenza amministrativa sulla materia è stata risolta nel senso della conferma della competenza della Provincia a concludere la procedura di cui si tratta (in tal senso, d’altra parte, il documento istruttorio integrante la d.d. n. 204 del 15 giugno 2011 già recava, nelle sue pagg. 44-48, un’approfondita ricostruzione, avverso la quale non sono state mosse effettive contestazioni).

In merito, poi, alla prospettata questione di legittimità costituzionale della L.R. n. 7/2004, come modificata appunto dalla L.R. n. 9/2011, nella parte in cui questa attribuisce alle Province la competenza a pronunciare il parere di V.I.A. su alcune categorie di progetti, il T.A.R. ha giustamente richiamato il fatto che la previsione della art. 7, comma 6, del T.U.A. è nel senso che “In sede regionale, l'autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle province autonome”. Sicché la stessa legge statale, contrariamente a quanto apoditticamente assume il Comune di Cingoli, lungi dal “limitare la delega alla Regione”, rimette, in realtà, al legislatore regionale la possibilità di devolvere la relativa competenza anche al livello provinciale.

In altre parole, è già la norma statale di settore a prevedere che, per i progetti soggetti a V.I.A. e/o A.I.A. in ambito regionale, sia il legislatore regionale a stabilire quale debba essere l’autorità competente al rilascio del provvedimento. Da qui la sicura conformità al d.lgs. n. 152/2006 della scelta del legislatore regionale marchigiano di contemplare una competenza anche provinciale in materia.

In difetto, quindi, di puntuali critiche avverso le relative, condivisibili valutazioni, alle appellanti non può giovare la riproposizione sostanzialmente acritica, in questa sede, delle relative deduzioni, che vanno pertanto disattese.

5b Nell’inquadrare l’argomento delle presunte numerose carenze del progetto sottoposto dal COSMARI alla Provincia, va subito rilevato che da parte delle appellanti non viene formulata alcuna convincente critica circa la legittimità del fatto in sé dell’impiego, in materia, della tecnica dell’approvazione di un progetto con prescrizioni.

Fino a prova contraria, d’altra parte, la presenza di una prescrizione a presidio di una determinata fonte di pericolo costituisce un indice dell’attenzione che l’Amministrazione ha dedicato al singolo tema, cura il cui senso non potrebbe essere certo distorto e fatto assurgere a materia di addebito per l’Amministrazione stessa, a guisa di una sorta di abnorme confessione da parte sua.

Avverso la conclusione del primo Giudice, poi, che le prescrizioni impartite in ordine al progetto non avevano alterato natura e funzionalità dell’opera, nemmeno in questa sede è stata portata alcuna puntuale argomentazione critica, bensì è stato pressoché immutatamente riproposto l’insistito, apodittico asserto di tenore opposto. Laddove questo non può essere sorretto nemmeno dall’elevatezza in sé del numero complessivo delle prescrizioni nella specie impartite, numero significativo, certo, ma di per sé tutt’altro che patologico, soprattutto se si tiene conto della complessità dell’istruttoria dalla quale il provvedimento è scaturito.

Sempre a proposito delle suddette prescrizioni, ragionevolmente il Tribunale ha osservato che la verifica circa l’effettivo rispetto di talune norme non si può avere che in fase realizzativa o di gestione dell’opera, come è appunto il caso delle prescrizioni attinenti alle modalità di realizzazione o di coltivazione della discarica (ad esempio, in tema di emissioni in atmosfera). Il che non toglie, però, che anche quelle impartite in concreto e connotate da una simile prospettiva fossero pur sempre delle prescrizioni specifiche e vincolanti, e non mere clausole di rinvio a prescrizioni future. Onde le censure di parte intese a colpire sotto questo profilo singole prescrizioni dettate dalla Provincia si confermano prive di pregio.

La semplice lettura delle prescrizioni, inoltre, con particolare riferimento a quelle contrassegnate dalle lettere d), j), n) ed o), rivela come le stesse siano immuni anche dalla critica di “fumosità” loro rivolta.

Venendo schematicamente agli specifici profili tecnici che si è inteso sottoporre alla disamina giurisdizionale, il primo Giudice ha osservato:

- che le relative problematiche erano state esaminate nel corso della conferenza di servizi, e non risultava essere stata omessa la valutazione di alcuna di esse;

- che l’autorità competente aveva impartito, soprattutto con riferimento alla fase realizzativa dell’intervento, prescrizioni che, in base allo stato dell’arte, apparivano le più idonee a limitarne al massimo l’impatto ambientale;

- che la difesa del COSMARI aveva replicato in maniera esaustiva ai rilievi afferenti alcune specifiche prescrizioni (in particolare, quelle di cui alle lettere d), j), n) e o) del dispositivo della determinazione n. 204/2011), criticate invece per essere solo “fumose” e meramente programmatiche;

- che erano prive di pregio, in particolare, le critiche tecniche riprese in tema di captazione del biogas prodotto dalla discarica, contenimento delle emissioni odorose, impatto sul traffico veicolare, limiti di emissione in atmosfera delle sostanze nocive, studio dei venti, tutela dei crinali, ecc..

Soprattutto, dunque, il primo Giudice ha posto nella debita evidenza come le specifiche problematiche tecniche sollevate in sede contenziosa costituiscano, senza eccezioni degne di nota, la riproposizione di osservazioni già formulate dalle parti nell’ambito del procedimento amministrativo, che avevano formato indi oggetto di controdeduzioni (quando non di adeguamenti progettuali) da parte della COSMARI, ed erano state, infine, debitamente vagliate dall’Amministrazione in conferenza dei servizi.

Tutto ciò posto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che con i presenti appelli, parimenti, secondo quanto hanno fondatamente obiettato le difese appellate, piuttosto che portarsi argomenti critici avverso il contenuto dei pertinenti capi delle decisioni avversate, ci si limita praticamente a ribadire, su svariati temi, le critiche all’iniziativa già espresse in fase di intervento procedimentale, senza adeguata considerazione né per gli esiti degli approfondimenti tecnici istruttori, le integrazioni documentali e gli affinamenti progettuali che le relative osservazioni procedimentali avevano prodotto nel corso della procedura, né tantomeno per le considerazioni svolte dal primo Giudice.

Di conseguenza, dinanzi all’invariabile doglianza di parte che la disamina dell’Amministrazione avrebbe dovuto essere più approfondita, oppure che il principio di precauzione non avrebbe permesso l’autorizzazione dell’impianto, con riversamento meccanico ed indiscriminato delle relative problematiche tecniche sul terreno processuale, e qui dal primo al secondo grado di giudizio (per uno dei due appelli, per giunta, mediante sistematici rinvii per relationem al ricorso di prime cure, senza quindi nemmeno il rispetto delle esigenze sottese al canone di specificità dell’appello che si trova ribadito dall’art. 101 C.P.A.), la Sezione ritiene di dover focalizzare il proprio sindacato in maniera analitica sulle sole tematiche che siano state ritualmente coltivate in questo grado di giudizio dalle appellanti, tematiche le quali verranno quindi trattate nei prossimi due paragrafi.

Sulle altre tematiche, richiamate dalle stesse parti senza muovere puntuali critiche al lineare ragionamento svolto di volta in volta dal primo Giudice, gli appelli meritano invece di essere per ciò stesso disattesi. Sui relativi argomenti, le appellanti si sono difatti limitate ancora una volta a giustapporre i loro opinamenti alle motivate valutazioni tecniche dell’Amministrazione, senza riuscire a dimostrare la presenza di vizi in queste ultime, oltre che nell’iter logico della decisione di primo grado che le loro censure aveva già disatteso. Sicché le loro doglianze si basano, in ultima analisi, su criticità ambientali rimaste prive della benché minima dimostrazione.

5c A meritare una specifica disamina, alla luce dell’approfondimento ad esso dedicato dalle appellanti, è innanzi tutto il tema delle falde idriche asseritamente rinvenibili nell’area prescelta.

Sin dal primo grado di giudizio viene assunto che la prova dell’esistenza di falde acquifere nel sottosuolo dell’area interessata dal progetto, nonché di corsi d’acqua in adiacenza come il torrente Pavanella, emergerebbe per tabulas.

In sito sarebbe stata difatti riscontrata la presenza costante di una circolazione idrica sotterranea, e non di mere percolazioni localizzate.

In ogni caso, viene soggiunto, non sarebbe stato onere delle parti ricorrenti fornire la relativa prova; e comunque la presenza di acque sotterranee era stata data per possibile dalla stessa Provincia.

Vengono richiamate, inoltre, le osservazioni geologiche dei tecnici Cappelletti e Stronati, che avrebbero dimostrato la necessità di approfondire le prove mediante perforazioni superanti di almeno 8-10 metri la quota di progetto: osservazioni che la Provincia avrebbe mancato di prendere in esame.

Ci si duole quindi, di riflesso, anche della mancata considerazione, sia in sede di progetto che nelle prescrizioni dell’Amministrazione, della necessità, per la presenza di falde acquifere (e stante l’inidoneità della barriera geologica naturale ad evitare infiltrazioni), di una barriera artificiale di confinamento da porre al di sopra del tetto dell’acquifero confinato, secondo le specifiche prescrizioni del d.lgs. n. 36/2003 (punto 2.4.2, All. 1, del d.lgs. n. 36/2003).

Sulle falde acquifere il Tribunale ha peraltro osservato quanto segue.

“10.1. In relazione alla tutela delle acque, non è stato dimostrato nel corso del procedimento (e neanche in sede processuale) che nel terreno sottostante la realizzanda discarica vi sia una falda acquifera o quantomeno un acquifero confinato. In realtà, come si evince dal documento istruttorio allegato alla determinazione dirigenziale n. 204/2011, per la massima parte il terreno in questione presenta natura argillosa, con presenza di intercalazioni limoso - sabbiose distribuite in modo non omogeneo. Ora, muovendo dal presupposto che i rilievi eseguiti dai progettisti confermano in generale tali dati, la Provincia ha imposto due specifiche prescrizioni relative alla problematica in esame (punti c) ed r) del dispositivo della citata determinazione n. 204), con ciò assolvendo, a giudizio del Collegio, agli obblighi di cui al punto 2.4. dell’allegato 1 al D.Lgs. n. 36/2003.”

Il T.A.R. ha altresì concluso che dall’istruttoria non erano emerse interferenze con il torrente Pavanella, che scorre solo nelle vicinanze del sito.

Orbene, alla luce dello stato delle risultanze disponibili, così condivisibilmente riassunto dal primo Giudice, il fatto che dall’Amministrazione non sia stata accolta la sollecitazione dei tecnici di parte appellante a sviluppare ulteriormente le analisi mediante perforazioni superanti di mt 8-10 la quota di progetto, non vale di per sé a colorare di illegittimità le valutazioni in contestazione. Il principio di precauzione non implica, infatti, né l’obbligo di accedere a qualsivoglia istanza istruttoria di parte, né un dovere di approfondire all’infinito la disamina delle problematiche tecniche.

Benché gli appellanti insistano, quindi, sulla loro doglianza di fondo secondo la quale sarebbero state omesse le indagini necessarie ad accertare la presenza di acque sotterranee, le denunziate insufficienze istruttorie, tuttavia, non emergono neppure in questa sede, risultando semmai che le problematiche geologiche sollevate dalle parti siano state ampiamente affrontate e valutate dall’Amministrazione.

Semplicemente, la laboriosa istruttoria condotta ha portato alla conclusione, pur non gradita alle appellanti, che i terreni analizzati non fossero compatibili con la sussistenza di un sistema “acquifero”, né ospitassero una vera falda idrica sotterranea, ma fossero teatro essenzialmente di percolazioni isolate. Da ciò la ritenuta inapplicabilità alla fattispecie delle prescrizioni recate dall’allegato 1, punto 2.4.2., del d.lgs. n. 36/2003 (pagg. 53-54 del documento istruttorio integrante la d.d. n. 204 del 2011).

Le valutazioni espresse dalla parte pubblica non hanno trovato smentita, infine, nemmeno con gli approfondimenti istruttori compiuti, nell’autunno di quest’anno, in occasione del piano di caratterizzazione presentato dalla COSMARI (e favorevolmente vagliato dalle Amministrazioni competenti) dopo il recente rinvenimento di valori fuori norma nelle acque sotterranee all’area di sedime del futuro impianto. Anche in tale occasione è stato infatti ribadito dai tecnici che, pur esistendo delle (modeste) percolazioni idriche, e potendosi registrare la presenza in sito anche di acque sotterranee, non sarebbe però riscontrabile la presenza, nella “limitatissima circolazioneidrica” rilevata, né di una vera e propria falda idrica, né di uno strato acquifero. E le conclusioni dei tecnici che si sono così anche da ultimo espressi sono rimaste inconfutate.

Né gli accertamenti condotti nello stesso contesto dall’A.R.P.A.M., pur abbondantemente richiamati dagli appellanti, hanno prodotto risultanze incompatibili con tale valutazione. Il fatto, in particolare, che nei rapporti di prova i campioni prelevati siano stati contrassegnati dalla denominazione (sic et simpliciter) di “acqua di falda” non è di per sé significativo, in carenza di contestuali valutazioni e motivazioni tecniche focalizzate sulla specifica problematica qui in discussione.

Nessun vizio di legittimità può pertanto essere ascritto ai provvedimenti impugnati nemmeno sotto questo profilo.

E’ però il caso di osservare, nondimeno, per completezza, che, qualora dei futuri ed eventuali accertamenti ulteriori, superando le risultanze fin qui acquisite, dovessero far ritenere, invece, oggettivamente verosimile la presenza di una vera e propria falda idrica, gli appellanti potrebbero in tal caso promuovere, anche attivando, al limite, la procedura del silenzio-rifiuto, le modifiche progettuali conseguentemente appropriate per la massima salvaguardia dell’impermeabilità del fondo della discarica.

5d Altro tema meritevole di specifica trattazione è quello attinente all’impatto della discarica sulla realtà agrituristica e su immobili di valore culturale.

Le ricorrenti lamentavano non essere stata adeguatamente considerata l’esistenza, nella zona, oltre che dell’agriturismo “La Castelletta”, del centro c.d. “Acquaparco”, e, per altro verso, di un bene storico quale la Villa Castiglioni. E si sottolineava che il Piano provinciale, alla Tabella 9, prescriveva (il dato, si deduce nell’appello del sig. Felici, avrebbe avuto “carattere fortemente penalizzante”) il rispetto di una distanza minima di mt 500 rispetto agli insediamenti turistici, laddove quella misurabile dalla prima struttura sarebbe stata di appena mt 300 rispetto alla macroarea di discarica, e comunque di “meno di 500 metri” dall’area di abbanco (v. appello sig. Felici, pag. 43).

Ciò posto, vanno senza indugio ricordate le considerazioni svolte dal primo Giudice in proposito.

“… il vigente Piano regionale dei rifiuti prevede un criterio escludente nel caso di strutture sportive o turistiche di particolare rilievo (le discariche non possono essere ubicate a distanza inferiore a 500 metri dal confine delle predette strutture), per il resto dovendosi valutare caso per caso l’impatto prodotto dalla discarica.

Nella specie, non risulta che l’agriturismo “La Castelletta” sia qualificabile (e non si comprende poi in base a quali parametri, visto che il PRGR nulla dice al riguardo) come avente “particolare rilievo”, mentre per il resto nella determinazione n. 204 la Provincia ha dato conto dell’esito degli approfondimenti effettuati dai progettisti incaricati dal COSMARI (vedasi pagine 76-78 del documento istruttorio).

Dal punto di vista paesaggistico la zona in questione è soggetta in parte ad un vincolo di tutela delle acque e in parte ad un vincolo di tutela dei crinali (per questo secondo vincolo opera però l’esenzione ex art. 60 NTA del PPAR). La Soprintendenza per i Beni Culturali ed il Paesaggio ha rilasciato un parere favorevole sull’intervento, ritenendolo evidentemente compatibile con l’attuale assetto paesaggistico.

Ma anche sotto questo profilo il ricorso non contesta in maniera specifica e documentata lo studio di impatto ambientale (SIA) e la relazione paesaggistica elaborati dai progettisti, con tutto ciò che ne consegue in termini processuali.”

Ora, neppure in questa sede sono stati forniti elementi che potrebbero indurre a qualificare come strutture “di particolare rilievo” quelle sulla cui prossimità all’area prescelta insistono i ricorrenti. E tanto esclude che possa invocarsi il criterio escludente della distanza minima di mt 500, che sta a presidio dei soli centri turistici e/o sportivi riconoscibili, appunto, come di “particolare rilievo”.

Ciò detto, va soprattutto ricordato come nel documento istruttorio integrante la d.d. n. 204 del 2011 (pag. 77) si legga che i centri turistici, sportivi e ricettivi della zona sono ubicati a distanze “tali per cui è ragionevole ritenere che non subiranno interferenze dirette dalle attività di coltivazione”, affermazione che viene analiticamente giustificata mediante apposite tavole riflettenti l’impatto della discarica sulla componente atmosferica degli ambiti circostanti (parametri: polveri totali sospese, benzene, ossidi di zolfo ed azoto) e l’interferenza visiva con l’impianto.

Ebbene, per la struttura “La Castelletta”, che le risultanze del procedimento individuano a circa mt. 400 dall’impianto assentito, il documento istruttorio conclude nel senso che la stessa si collocherebbe all’esterno degli ambiti di incidenza appena detti (componente atmosferica e percettibilità visiva dell’impianto). E da parte degli appellanti non è stata fornita alcuna dimostrazione in senso contrario.

Rispetto a tutte le altre strutture ricettive parimenti segnalate nelle osservazioni procedimentali, tra cui il c.d. Parco acquatico, le risultanze raccolte dall’Amministrazione sono poi analogamente nel senso che la loro distanza dal sito, “mai inferiore al Km, lascia presupporre … l’assenza di effetti diretti significativi”. Ed anche per questo aspetto non è stato fornito alcun elemento che possa indurre a disattendere una simile valutazione (cfr. il documento istruttorio cit. alle pagg. 77-78).

Un giudizio dello stesso genere è stato espresso dall’Amministrazione, infine, anche rispetto alla Villa Castiglioni, posta a circa 1,3 Km dal sito di intervento, “la cui distanza e posizione fanno sì che da tali elementi l’area di ubicazione degli interventi non sia visibile”, giudizio anche in questo caso posto in discussione ma mai motivatamente confutato.

6 In conclusione, per le ragioni illustrate gli appelli devono essere respinti, siccome nel loro insieme infondati.

La complessità della controversia induce, tuttavia, anche nel presente grado di giudizio alla compensazione integrale delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli appelli in epigrafe, li respinge.

Compensa tra le parti le spese processuali del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)