1.
L’originaria disciplina dettata dall’articolo 50 e l’articolo
51bis.
2.
L’articolo 17 D.Lv. 2297 ed il D.M. 47199.
3.
Il reato previsto dall’articolo 51 bis.
4.
L’intervento della Corte di cassazione
5.
La procedura prevista dall’articolo 58 D.Lv. 15299
1. L’originaria disciplina dettata dall’articolo
50 e l’articolo 51bis.
La disposizione penale contenuta nell’articolo 51bis D.Lv. 2297[1] non era autonomamente prevista nell’originaria stesura del “decreto Ronchi” ed è stata introdotta, dopo otto mesi, con il D.L.vo 8 novembre 1997, n. 389 (altrimenti noto come “Ronchi bis”) subendo successive modifiche mediante l’introduzione dell’ultimo capoverso effettuata con l’articolo 1, comma 25 della L. 42698 (c.d. Ronchi ter).
Precedentemente, infatti, l’inosservanza degli obblighi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati era penalmente sanzionata dal secondo comma dell’articolo 50, unitamente all’inosservanza dell’obbligo di cui all’articolo 9, comma terzo ed alla inottemperanza all’ordinanza emessa dal Sindaco ai sensi dell’articolo 14, comma terzo.
I contenuti dell’articolo 50 e dell’articolo 51bis non sono identici e ciò ha determinato, in dottrina, la formulazione di alcune osservazioni circa le differenze tra le due ipotesi contravvenzionali.
Vi è infatti chi sostiene[2] che l’articolo 50, nel prevedere quale condotta sanzionata l’inadempimento “dell’obbligo di cui all’articolo 17, comma secondo” aveva natura di “reato omissivo a soggettività ristretta”, fondato sul presupposto del superamento dei limiti previsti dall’articolo 17 medesimo[3]. Ciò determinava l’applicabilità della fattispecie contravvenzionale in esame anche ai fatti pregressi, essendo sufficiente la semplice conoscenza dell’inquinamento per far nascere l’obbligo alla inosservanza del quale scattava la sanzione.
Evidente conseguenza di tale situazione era, inoltre, rappresentata dalla possibilità, per il soggetto chiamato a rispondere del reato, di dimostrare – in assenza di specifica diffida comunale – l’ignoranza del superamento dei limiti.
In altra occasione[4] si evidenziava che, anche dopo la sostituzione dell’articolo 50 con il 51bis, lo scopo del legislatore rimaneva immutato, essendo quello di punire colui che omette la bonifica ma con la differenza che nella prima disposizione l’omissione rappresentava la “condotta di reato”, mentre nella nuova costituisce una condizione obiettiva di punibilità in quanto la effettuazione della bonifica rappresenterebbe una “condizione premiale idonea ad escludere la punibilità”.
2. L’articolo 17 D.Lv. 2297 ed il D.M. 47199
L’intervento del legislatore attraverso il “Ronchi
bis” ha riguardato non solo l’articolo 51bis ma anche alcuni contenuti
dell’articolo 17 cui quello (così come l’articolo 50 nella originaria
formulazione) risulta indissolubilmente legato, in quanto esso regola
la procedura per la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati.
Le due disposizioni in precedenza richiamate sono rimaste
di fatto inattuate sino
all’emanazione del D.M. 47199 con il quale, ai sensi del primo comma
dell’articolo 17, vengono definiti i
limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque
superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione
d’uso dei siti; le procedure di riferimento per il prelievo e l’analisi dei
campioni; i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il
ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei progetti
di bonifica e, infine, tutte le operazioni di bonifica di suoli e falde
acquifere che facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a
stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo al fine di evitare i
rischi di contaminazione del suolo e delle falde acquifere.
Il
decreto[5]
contiene anche alcune definizioni (articolo 2), parte delle quali integrano e
chiariscono il significato di quelle già contemplate dall’articolo 6 lettere
n) ed o) D.Lv.2297 e relative alla nozione di bonifica e messa in sicurezza.
E’
stato peraltro rilevato, in dottrina[6],
il ruolo integrativo e
correttivo dell’articolo 17 D.Lv. 2297 operato dal regolamento, la
delimitazione dell’ambito di applicazione dell’articolo 14 D.Lv. 2297,
desumibile dal contenuto dei primi due articoli del D.M. ed, inoltre,
l’assenza di valori di concentrazione limite accettabili nel suolo e nel
sottosuolo con riferimento ai siti inquinati destinati alla produzione agricola
e all’allevamento (previsti dall’articolo 17 D.Lv. 2297).
Particolarmente significativa appare, inoltre, la
previsione del comma secondo dell’articolo 17 che attribuisce l’obbligo di procedere
a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il
pericolo di inquinamento a chiunque cagiona, anche in maniera
accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero
determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi.
Dall’esame di tale disposizione appare di tutta
evidenza che il soggetto obbligato non è individuato in modo specifico e che lo
stesso può coincidere con ogni persona che abbia fornito un contributo causale
alla determinazione del fenomeno inquinante.
Altrettanto significativa appare la attribuzione
dell’obbligo non solo per i fatti cagionati per colpa o dolo, ma anche per
quelli avvenuti in maniera del tutto accidentale aumentando l’area di
responsabilità e favorendo l’obbiettivo primario della bonifica e del
ripristino.
In capo ai medesimi
soggetti è fissato l’onere di attivare la procedura prevista dall’articolo
17 ed, in primo luogo, procedere alla notifica dell’evento agli organi
competenti in base al disposto del secondo comma lettera a) dell’articolo 17
con le modalità previste dall’articolo 7 del citato DM
25 ottobre 1999, n. 471.
L’obbligo
sorge, inoltre, non solo nel caso in cui si sia effettivamente verificato il
superamento dei limiti di legge, ma anche quando il fatto doloso, colposo o
accidentale abbia determinato un pericolo concreto ed attuale di superamento dei
limiti predetti.
La formulazione come sopra ricordata dell’articolo 17 ha altresì indotto[7] a rilevare come esso abbia di fatto introdotto una regola speciale di responsabilità oggettiva rispetto al modello generale previsto dall’articolo 18 Legge 34986 in materia di danno ambientale alla quale si contrappone per alcuni aspetti.
La disposizione della normativa sui rifiuti prescinde infatti dall’elemento soggettivo, richiesto invece dalla disposizione generale che menziona il dolo o la colpa, effettuando un mero richiamo al nesso causale come si desume dal fatto che viene preso in esame anche l’evento cagionato in maniera accidentale.
Ulteriore distinzione si rinviene nella finalità di tutela preventiva rispetto a quella di ripristino del danno ambientale, rappresentata dalla previsione di limiti di accettabilità e dalla considerazione non solo del superamento degli stessi ma anche del pericolo di tale superamento. Completa, infine, l’elenco delle differenze anche la diversa delimitazione dell’area del danno ad un numero limitato di componenti ambientali espressamente indicate nell’articolo 17 lettera a), laddove i limiti di accettabilità della contaminazione vengono riferiti ai suoli ed alle acque superficiali e sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti.
La sanzione penale prevista dall’articolo 51bis
citato è dunque applicabile nei confronti dei soggetti che non ottemperino agli
obblighi sopra indicati.
Si tratta dunque di un reato omissivo
perfezionatesi attraverso la inosservanza degli obblighi di bonifica.
La condotta penalmente
sanzionabile, inoltre, sembra potersi individuare non solo nella totale
inosservanza dell’obbligo comportante l’omessa bonifica, ripristino o messa
in sicurezza, ma anche in ogni altro fatto che determini l’impossibilità di
attivare la complessa procedura prevista ovvero non metta in condizione gli enti
competenti di svolgere correttamente le attività previste dalla disposizione in
esame, secondo una valutazione della condotta che sembra dovrà essere
effettuata tenendo conto delle finalità della norma ed escludendo le violazioni
formali della procedura prevista che non abbiano determinato alcuna conseguenza
rilevante.
Vi è anche però un
esplicito richiamo, come si è detto, all’articolo 17 ed alla condotta del
cagionare l’inquinamento ovvero il pericolo di inquinamento che, secondo un
orientamento sicuramente condivisibile[8],
può essere determinato attraverso un’azione o un’omissione (altri[9]
hanno invece escluso che l’inquinamento possa essere conseguenza di condotta
omissiva).
Una
siffatta lettura della norma, è stato osservato[13],
ne limiterebbe l’operatività ai soli casi di inquinamento o pericolo di
inquinamento cagionati per dolo o colpa rimanendo esclusa l’ipotesi di
inquinamento per causa accidentale contemplato nell’articolo 17. L’assunto
è convincente, poiché se la condotta sanzionata fosse quella di “cagionare
l’inquinamento o il pericolo di inquinamento” come recita l’articolo
51bis, non vi sarebbe spazio per riferimenti all’ulteriore ipotesi prevista
dall’articolo 17.
Si
è infine anche osservato che il superamento o il pericolo di superamento dei
limiti previsti non rappresenta altro se non il "necessario presupposto
della condotta" da cui nasce l'obbligo di bonifica la cui omissione è
penalmente sanzionata a titolo di colpa o dolo[14].
La
scelta tra le diverse soluzioni interpretative (l'ultima delle quali appare
maggiormente coincidente con il dato letterale dell'articolo 51bis) incide anche
sull'ambito di operatività della disposizione medesima perché, come si è
correttamente osservato[15],
pur essendo prevalsa in dottrina la tesi secondo
la quale l'applicabilità della disposizione sarebbe subordinata all'emanazione
del decreto ministeriale previsto dall'articolo 17,
se si accede all'ultima delle teorie citate l'articolo 51 bis sarà
applicabile anche alle situazioni di inquinamento o pericolo di inquinamento che
hanno avuto origine antecedentemente all'emanazione del D.M. (in caso di diffida
del soggetto responsabile ai sensi dell'articolo 17 comma terzo).
Al
contrario, riconoscendo la validità
della diversa ipotesi sopra richiamata, in base ai principi generali sulla
irretroattività della norma penale essa sarà applicabile solo per i fatti
verificatisi successivamente all'emanazione del decreto ministeriale[16].
L’articolo
51bis prevede inoltre che, al fine evidente di conseguire la bonifica ed il
ripristino dei siti inquinati, la sospensione condizionale della pena inflitta
con sentenza di condanna o applicata con il rito previsto dall’articolo 444
C.P.P. può essere subordinata alla esecuzione degli interventi di messa in
sicurezza, bonifica o ripristino.
4. L’intervento della Corte di cassazione
La
difficoltosa lettura dell’articolo 51 bis effettuata dalla dottrina trova ora
il conforto di una prima decisione della Corte di cassazione nella quale la
materia è stata analizzata a fondo[17].
La pronuncia è stata criticata immediatamente dopo la sua pubblicazione[18] ma non sembra in contrasto con il dato letterale della disposizione interpretata.
In realtà, la disposizione può senz’altro essere letta nel senso che, verificatesi le circostanze indicate nel secondo comma dell’articolo 17, che il 51 bis richiama, l’omessa bonifica secondo le procedure dettate dall’articolo 17 medesimo determina il perfezionarsi del reato: lo aveva già fatto la dottrina ed ora lo fa, in maniera convincente, anche la Corte di cassazione.
In particolare, viene ricordato nella richiamata sentenza che l’articolo 51 bis rappresenta una specificazione della disciplina già esistente nell’originaria formulazione (articolo 50 del D.Lv. 2297) e che la applicazione dell’articolo 51bis nel senso che l’attività che determina l’inquinamento o il pericolo di inquinamento integri il fatto originante gli obblighi di bonifica e non il precetto appare conforme al sistema complessivo già delineato dall’articolo 17, dal preesistente articolo 50 e dall’articolo 58 del D.Lv. 15299 in tema di acque.
La Corte riconosce altresì che la disposizione deve ritenersi applicabile anche con riferimento a situazioni verificatesi prima dell’entrata in vigore del regolamento (D.M. 47199) anche nel caso in cui il soggetto responsabile non sia stato diffidato dal Comune ai sensi dell’articolo 17. Infatti, sostiene la Corte, “dall’accentramento del disvalore delle norme previste dagli artt. 51 bis e 17 D.lvo cit. sull’omissione dell’obbligo di bonifica e delle cadenze procedimentali stabilite per adempiervi ne deriva che i presupposti del reato – al contrario degli elementi essenziali – assumono rilevanza, ai fini della colpevolezza, solo in quanto siano noti all’agente, eppertanto, interessa solo che essi devono effettivamente sussistere, preesistere od essere concomitanti alla condotta di reato”.
La sentenza rinviene poi un’ulteriore conferma della validità della tesi prospettata in una serie di disposizioni contenute nel D.M. 47199 (articoli 2 lett. c), 7,8,9 e 10 in relazione all’articolo 2 lettera f) e 18 degli allegati tecnici.
Un’ulteriore indicazione viene inoltre fornita con riferimento alla individuazione della sussistenza del “pericolo concreto ed attuale di inquinamento” che la norma prende in considerazione. A tale proposito la Cassazione rileva che è utilizzabile il canone della comune diligenza “tutte le volte in cui sia riscontrabile la conoscenza o conoscibilità di tale possibilità secondo nozioni di comune esperienza tramite il ricorso ad attività conoscitive pregresse o ad altri indizi quali possono essere, ad esempio, la natura e tipologia delle produzioni industriali svolte”.
In mancanza di tali elementi sarà invece necessario verificare la presenza di valori di concentrazione prossimi a quelli limite.
La Corte interviene, infine, anche sulla procedura di verifica, precisando che sebbene sia prevista una specifica metodica di campionamento ed analisi, la violazione delle procedure previste renderà necessaria esclusivamente una più puntuale motivazione sull’affidabilità dei risultati ottenuti – secondo principi già riconosciuti validi in precedenti pronunce in tema di inquinamento idrico e condivisi dalla dottrina – senza che venga a determinarsi alcuna nullità o l’impossibilità di ritenere indimostrata la sussistenza dei presupposti del reato.
5. La procedura prevista dall’articolo 58 D.Lv.
15299
L’articolo
58, quarto comma, del D.Lv. 15298 sanziona l’inosservanza dell’obbligo di
bonifica e ripristino dei siti inquinati previsto dal primo comma
dell’articolo 58 (arresto da sei mesi ad un anno e ammenda da cinque a
cinquanta milioni di lire).
La procedura di bonifica e
ripristino ambientale dei siti inquinati prevista dal decreto richiama il
procedimento regolato dall’articolo 17 del D.Lv.2297 in tema di rifiuti da
applicarsi in tutti i casi in cui, con comportamento commissivo od omissivo
attuato in violazione di norme contenute nel decreto 15299, si provochi un
danno alle acque, al suolo, al sottosuolo, e alle altre risorse ambientali
ovvero determini un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale.
Con
riferimento a tale procedura va tuttavia evidenziato come siano state
immediatamente individuate, in dottrina, alcune sostanziali differenze tra il
disposto degli articoli 17 e 51bis D.Lv. 22/97 e dell'articolo 58 D.Lv.152/99,
entrambi integrati dal D.M. 471/99[19].
In particolare,
si è rilevato che in base all'articolo 58 D.Lv.152/99 l'obbligo di bonifica
deriva dalla condotta omissiva o commissiva colposa posta in essere in
violazione delle disposizioni del decreto legislativo medesimo, mentre per
quanto riguarda la disciplina dei rifiuti, esso deriva anche dal fatto che
l'inquinamento e il pericolo di inquinamento siano stati determinati anche da
evento accidentale e per il fatto che l'evento costituente presupposto per
l'obbligo di agire viene preso in considerazione in modo diverso come emerge dal
confronto fra le diverse disposizioni.
Con
particolare riferimento alla violazione in esame, si è altresì considerato che
la stessa (come quelle in tema di rifiuti) è contenuta in una norma penale in
bianco integrata dal disposto del decreto ministeriale 471/99 ed ha natura di
reato omissivo proprio che si perfeziona attraverso il mancato adempimento degli
obblighi di bonifica in ordine ai quali gli eventi di inquinamento non sono da
soli sufficienti ad integrare la condotta penalmente rilevante rappresentando,
al contrario, un mero presupposto della stessa[20].
Si è poi rilevato[21] che l'ambito di applicazione della violazioni in esame, come emerge dal contenuto dell'articolo 58, è molto ampio poiché gli obblighi di bonifica e ripristino conseguenti a fenomeni di inquinamento e pericolo di inquinamento possono trovare origine anche da condotte non sottoposte a sanzione penale bensì a sola sanzione amministrativa o anche a violazione sprovvista di sanzione
Il responsabile è così tenuto a procedere a proprie spese
agli interventi necessari per la messa in sicurezza, la bonifica o il ripristino
non solo delle aree inquinate ma anche degli impianti dai quali è derivato il
danno o il pericolo di inquinamento.
Viene comunque fatto salvo il diritto ad ottenere il
risarcimento del danno ambientale così come previsto dall’articolo 18 della
legge 34986 e sono fissati i criteri di determinazione del danno non
precisamente quantificabile (articolo 58 commi terzo e quarto)
[1]
Per un esame della complessa disciplina v. PANAGIA “Il reato di
inquinamento dei siti industriali” in Riv. Trim.
Dir. Pen. Ec. n. 41999 pag. 1083
[2] PANAGIA, op. cit. pag. 1087
[3] Nello stesso senso ANILE “Bonifica dei siti contaminati: obblighi di ripristino e tutela penale” in Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa n.21999 pag.119
[4]
ALIOTTA “Art. 51bis “bonifica dei
siti”: tutto da rifare!” in Ambiente Consulenza e pratica per
l’impresa n.11998 pag. 75
[5]
DM 25 ottobre 1999, n. 471:
"Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in
sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai
sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e
successive modificazioni e integrazioni". Per un commento sul contenuto
del decreto v. GIAMPIETRO F. “Bonifica dei siti contaminati: prime note
sul regolamento n.47199” in Ambiente Consulenza e pratica per
l’impresa n.22000 pag.145. L’A. rileva, in particolare, il ruolo
integrativo e correttivo dell’articolo 17 D.Lv. 2297 operato dal
regolamento, la delimitazione dell’ambito di applicazione dell’articolo
14 D.Lv. 2297 desumibile dal contenuto dei primi due articoli del D.M.
Rileva, altresì, l’assenza di valori di concentrazione limite accettabili
nel suolo e nel sottosuolo con riferimento ai siti inquinati destinati alla
produzione agricola e all’allevamento (previsti dall’articolo 17 D.Lv.
2297). V. anche PANAGIA op. cit.
[6] GIAMPIETRO F. “Bonifica dei siti contaminati: prime note sul regolamento n.47199” in Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa n.22000 pag.145
[7] GIAMPIETRO, op. cit. pag. 69
[8] ANILE, op. cit.
[9] PAGLIARA “Bonifica dei siti inquinati: dibattito ancora aperto” (parte II) in Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa n. 91998 pag. 743
[10] BELTRAME op. cit. pag. 386
[11] PAGLIARA op. cit.
[12] GIAMPIETRO F. “Bonifica dei siti inquinati: dal D.Lgs. Ronchi al Ronchi-bis” in Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa n.11998 pag. 67. V. anche ALIOTTA “Art. 51bis “bonifica dei siti”: tutto da rifare!” ibid. pag. 75
[13] ANILE, op. cit.
[14]
ANILE “Bonifica dei siti contaminati: obblighi di ripristino e tutela
penale” in Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa n. 21999
pag. 119. In senso contrario PANAGIA op. cit.
[15] BELTRAME, op. cit. pag. 389
[16] Per un’ulteriore verifica, alla luce del D.M. 47199, dell’applicabilità della tesi secondo la quale l’articolo 51bis prevede un reato omissivo proprio in ordine al quale gli eventi di inquinamento non sono da soli sufficienti ad integrare la condotta penalmente sanzionata costituendone un semplice presupposto v. ANILE “Prime considerazioni penalistiche sul regolamento n.47199” in Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa n.22000 pag. 150 e ss.
[17] Cass. Sez. III sent. 1783 del 2842000, Pizzuti in Ambiente consulenza e pratica per l’Imp. N. 112000 pag. 1041 con nota di PRATI “Il reato di omessa bonifica: primi rilievi della cassazione”
[18] GIAMPIETRO “Bonifica dei siti contaminati: la prima decisione della Suprema Corte” in Ambiente Consulenza e pratica per l’impresa n. 92000 pag. 805
[19] ANILE “Prime considerazioni penalistiche sul regolamento n. 47199” in Ambiente consulenza e pratica per l’impresa n. 22000 pag. 150. AMENDOLA “ Le nuove disposizioni in tema di inquinamento idrico. Prima lettura”. Milano, 1999, pag. 58 e ss.
[20] Così ANILE, op. cit.
[21] AMENDOLA, op. cit.