IL “REGALO DI NATALE” DEL D.LGS. 3 DICEMBRE 2010, N. 5 <DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2008/98/CE DEL PARLAMENTO EUROPERO E DEL CONSIGLIO DEL 19 NOVEMBRE 2008 RELATIVA AI RIFIUTI E CHE ABROGA ALCUNE DIRETTIVE.
di Alberto PIEROBON
E’ stata finalmente pubblicata nel Supplemento Ordinario n.269 alla Gazzetta Ufficiale del 10 dicembre 2010, il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n.205 recante <Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive> che entrerà in vigore nientemeno che il 25 dicembre 2010!
Il testo pubblicato non ha particolari differenze rispetto a quello approvato nella riunione del Consiglio dei Ministri n.114 del 18 novembre 2010 e sul quale ci siamo brevemente intrattenuti in un precedente intervento appena apparso in questa Rubrica (in due parti) al quale ci permettiamo rinviare, scritto titolato <Il D.lgs. di recepimento della direttiva rifiuti 2008/98/CE – approvazione nella seduta del Consiglio dei Ministri in data 18 novembre 2010: primissimi cenni per gli enti locali e loro aziende>.
Anzitutto, dalla prima lettura del decreto, solo per fermarci al suo “confezionamento” (che sembra risentire di una certa fretta nel portare alla pubblicazione la nuova disciplina: ricordiamo che il termine di recepimento della direttiva 2008/98/CE scadeva al 12 dicembre 2010), sommessamente segnaliamo come:
a) Si è persa l’occasione per riscrivere in toto (e con più ordine e sistematicità) la parte quarta (rifiuti) del codice ambientale, considerato che esso è il settore più “gettonato” e sotto certi profili (quantomeno di responsabilità) il più “rovente” oltre che “complicato”. Così vengono abrogati taluni articoli (esempio gli artt.210 e 229) lasciando (in quanto non sostituiti) dei “salti” di numerazione, fastidiosi ove si consideri il tanti articoli contrassegnati dai bis, ter,quater, eccetera (quando non riguardano i commi: sui quali vedasi immediatamente sotto);
b) A volte la numerazione dei commi scorre in ordine numerico progressivo, togliendosi i latinismi dei bis, ter, quater, etc., ma altre volte, inspiegabilmente, vengono a sostituirsi i numeri progressivi con le “aggiunte” latine: per esempio all’art.35 che modifica l’art.258, comma 1, lett.”e”, dopo il comma 5 vengono aggiunti i commi 5-bis e, poi, il 5-ter, anziché i commi 6, il 7, etc.;
c) Troviamo delle frasi “sconnesse” se non con “buchi”; per esempio l’art.260-ter, comma 3 <In ogni caso restituzione del veicolo> che dovrebbe essere <In ogni caso la restituzione del veicolo>;
d) Troviamo, sempre nel testo della Gazzetta Ufficiale, delle note inserite nel testo che poi non sono riportate (trattasi di note presenti nel testo di proposta uscita dalla cosiddetta “Conferenza Stato-Regioni”, anche ove in quella sede eliminate con la barratura. Nel testo legislativo si è eliminato il testo, ma non la nota (in apice): vedasi, per esempio, agli allegati B (nota 3 al punto D15) e C (nota 8 al punto R13);
e) Troviamo, ancora nel testo ufficiale, delle lettere “barrate” e delle “sottolineature” rimaste (pur in numero ridottissimo) dal testo della Conferenza Stato-Regioni, per esempio si veda l’art.241, comma 9, dove <dei> compare come nel testo non legislativo la “i” barrata ovvero <dei>; si veda la sottolineatura per esempio dell’art.216-ter, comma 3 dove troviamo l’art.178-bis (con bis sottolineato come nel testo esaminato dalla Conferenza);
f) Sempre la fretta ha probabilmente impedito che l’adeguamento dei plurali al singolare trovasse luogo, si veda per esempio l’art. 30, comma 1, lett.”b” (prima si leggeva da 7-9, ora solo 7, quindi non <sostituiti dai seguenti> ma <sostituito dal seguente>)….
g) Ancora, talvolta troviamo decreto Ministero dell’Ambiente Tutela del Territorio e del Mare, altre volte solamente decreto del Ministero dell’Ambiente (il che è corretto laddove ci si riferisca all’epoca dove il Ministero non aveva, nel nome e nelle competenze, fagocitato anche le “TTM”, peraltro in progressione prima “TT” e poi “e del Mare”). In un punto il concerto col Ministero delle attività produttive (previsto nel testo della Conferenza) è stato corretto con quello del Ministero dello Sviluppo Economico. Sempre riguardo ai decreti Ministero dell’Ambiente, si è provveduto (in molti casi) a specificarne, quando richiamati, la data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (ma non per tutti i casi: vedasi l’art.212, comma 10 e l’art.212, comma 17, etc.);
h) Pervero, nel testo legislativo si accordano alcune espressioni collocate nel testo licenziato dalla Conferenza Stato-Regioni: così in luogo di <soppressi> si utilizza, ora, più correttamente, il termine <abrogati>; il coordinamento nelle modifiche avviene sostituendo <le parole> con <le seguenti>; si precisa i decreti ministeriali <in data> ….; i decreti più che <emanati> sono <adottati>; le <successive modifiche> vengono corrette in < succcessvie modificazioni> (anche in presenza di <integrazioni> sussumendole nelle modificazioni).
Vogliamo anche lamentarci del fatto che nella Gazzetta Ufficiale, versione on line, il testo disponibile (al 12/12) era solo in formato pdf, non in un unico file, bensì disseminato tra le molte pagine e i vari allegati, così da costringere il temerario lettore a scontare il suo tempo (oltre a quello che grandemente necessita per leggere, con attenzione, il testo) davanti al proprio personal computer onde “scaricare”, convertire e ordinare i vari files. Con la sorpresa (fuori da ogni ipocrisia e da appartenenza) poi di trovare in taluni siti i testi ordinati, e, come sovente accade, con la probabilità di trovare, nei prossimi giorni, il testo di cui trattasi in formato “word” nei siti specializzati (in abbonamento e/o a pagamento). Siamo dell’opinione che siffatti, importanti (fondamentali) vari legislativi debbano essere posti agevolmente a disposizione di tutti, in modo gratuito e diffuso, da parte delle pubbliche autorità, senza diventare occasione di guadagno per i soliti “furbi” o per chi ha le risorse (di tempo ed energie) per dedicare del personale (e l’organizzazione) a riscrivere (in un paziente,certosino, puzzle) i testi normativi conseguenti all’avvento del D.Lgs. di cui trattasi.
Proviamo, comunque, a segnalare (rinviando, ancora, al surriferito scritto e per ineludibili, approfondimenti ed analisi specifiche agli scritti attualmente “in cantiere”) quanto seppur sommariamente ci pare emergere dalla ennesima lettura che il legislatore ha impietosamente inflitto, anche in questa occasione, agli operatori pubblici e privati della (sempre effervescente, mai sopita) normativa ambientale, segnatamente quella (che qui ci interessa) sui rifiuti:
a) La nuova disciplina pur intervenendo ampliamente, non ha preso l’occasione per riscrivere in modo ordinato e sistemico, tutta la parte quarta (“rifiuti”) che ha lasciato “scoperte” (o malamente trascurato, anche nelle interferenze tra gli istituti, ma soprattutto nelle letture “a rimbalzo” di alcune parti) talune questioni (citasi, lapidariamente: soggetti e loro responsabilità, imballaggi, tariffa, assimilazione, bonifiche, ecc.) ma pure con alcune “pecche” di drafting normativo (sulle quali si è sopra appena accennato);
b) Il cit. D.Lgs. prevede, come notato, un proliferare di decreti ministeriali per (non solo) l’attuazione della disciplina (ma pure: specificazione, precisazione, ecc.), confermando anche una certa visione “centralistica” della governance ambientale, pur se essa viene, talvolta, temperata da altre previsioni, per esempio dove si prevede (invero spesso) di coinvolgere (nel “sentire”) la Conferenza Unificata (quella che, un tempo, chiamavamo Stato-Regioni)[1], ma pure nella programmazione (ancora fortemente accentrata) dove le Regioni riprendono (almeno in apparenza) un po’ di “potere” anche nei confronti dei Comuni (e degli ATO che nella disciplina in generale trovano elementi “promozionali”: cfr. art.199, comma 3; art.205, comma 1 nella raccolta differenziata, etc.). Ma il Ministero dell’Ambiente Tutela del Territorio e del Mare (d’ora in poi MATTM) rimane a fare, come dire…. la parte del leone (anche per la formazione della cosiddetta “normativa tecnica”), vedasi, tra altri, l’art.183, peraltro in una savana alquanto inselvatichita da folte norme (e sottoboschi di discipline);
c) Permangono, a nostro avviso, delle contraddizioni,o quantomeno discrasie, tra quanto viene contemplato in ordine alla responsabilità estesa del produttore (facoltativa e rimessa a futuri decreti MATTM) e dei soggetti che gestiscono i rifiuti. Per esempio, solo per fermarci alla interessante (fondamentale) questione del finanziamento dei costi di gestione dei rifiuti (e loro responsabilizzazione): quando si prevede all’art.188 (responsabilità della gestione dei rifiuti) al comma 5 ove <I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del momento o dai detentori dei precedenti rifiuti> dovrebbe trovare “incastro” con la previsione dell’art.178-bis (responsabilità estesa del produttore[2]) da facoltativamente concretare con i decreti MATTM, i quali ultimi possono prevedere altresì che <i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti> e che <Nel caso il produttore del prodotto partecipi parzialmente, il distributore del prodotto concorre per la differenza fino all’intera copertura dei costi> ……
d) Si conferma l’intento di “alleggerire” (anche contabilmente, in senso macro[3]) la presenza (reale e virtuale) dei rifiuti, attraverso tutta una serie di espedienti, meccanismi e previsioni (sulle quali vedasi sinteticamente di seguito);
e) la prevenzione (cfr. art.180 e art.183, comma 1, lett.”m”) con la quale si riduce la quantità dei rifiuti, non dei materiali, (tramite il riutilizzo e l’allungamento del ciclo di vita); riducendo pure gli impatti ambientali e il contenuto di pericolosità dei rifiuti stessi;
f) la promozione di tecnologie atte a produrre beni e/o prodotti tali da comportare un loro automatico minor (o sempre allungato nel tempo o più duraturo nell’uso) divenire (nel futuro) un rifiuto;
g) il riutilizzo, anche tramite operazioni di manutenzione, di preparazione comunque non riconducibili a quelle annoverabili come gestione dei rifiuti (trattamento e/o quell’ancora “zona grigia” della trasformazione preliminare, ecc.);
h) l’uso multiplo, ovvero la durata che viene sposta nel tempo l’emersione dei rifiuti;
i) possibili forme di c.d. internalizzazione dei costi di gestione dei rifiuti entro la medesima gestione dei vari soggetti, parzialmente o totalmente (rimaniamo però pessimisti su questo aspetto, considerando la timidezza e i “sintomi” che si avvertono: sarà sempre il consumatore finale a sobbarcarsi i costi con la traslazione in avanti dei costi di cui trattasi, mentre l’orientamento del consumatore sulle preferenze relative all’acquisto di beni e prestazioni “ecologiche” sembra essere ancora “malmesso”);
j) prevedendo che nelle condizioni di appalto si inseriranno clausole per lo impiego dei materiali recuperati dai rifiuti, al fine di favorire il mercato dei medesimi materiali: vedasi anche l’art.68, in particolare i commi 9 e 10 del codice degli appalti pubblici sulle specifiche tecniche, eccetera. Si veda anche l’art.180-bis, comma 1, lett.”c” sulle iniziative riguardanti la <adozione, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici di idonei criteri>. Si veda altresì l’art.177, comma 5 lett.”d”, eccetera);
k) con le definizioni e/o con l’inserimento di discipline speciali (rispetto a quella “base” dei rifiuti): per esempio, la notissima (delicatissima) questione del sottoprodotto (art.184-bis); la cessazione della qualifica di rifiuto (art.184-ter) che implicitamente (o perlomeno) interviene sui confini del recupero;
l) con la “compressione” della nozione di rifiuto sia con le sopradette definizioni (sottoprodotto, materie prime secondarie, ecc.) sia attraverso “esclusioni” o le “discipline specifiche” se non le “deroghe”;
m) Il riutilizzo, il riuso, al concreto per ottenere una sua “inventariazione”, passa anche (con o senza la c.d. “preparazione”) per le <reti> e per i <centri accreditati>, per i mercati dell’usato di cui all’art.180-bis, comma 1, lett.”b” e comma 2. E qui potrebbe coinvolgersi anche il produttore dei prodotti, oltre alle programmazioni riguardanti la quantità degli obiettivi del riutilizzo (stabiliti dalle pubbliche amministrazioni), strumenti di semplificazione (autorizzazioni), eccetera;
n) Sempre nella tendenziale, crescente, spinta alla fuoriuscita dal settore dei rifiuti, il D.Lgs. interviene, tra altro, sull’energia, specificandone la sua messa in campo, tramite il rinvio (per l’elevato recupero) di cui all’art.182, comma 4 (ma cfr. anche l’art.177, comma 5 – combustibile -; art.195, comma 1, e l’art.241, comma 11);
o) la nota gerarchia (e ordine di priorità) in materia ambientale rimane confermata, però con possibilità di deroghe e/o di scelte (anche per tipologia di rifiuto, per lavorazione, per soggetti, per categorie di appartenenza, etc.) diverse, semprecchè queste opzioni vengano motivate, tenendo conto di certuni criteri (cfr. l’art.179, commi 2 e 3);
p) V’è la consapevolezza della ridetta specificità delle tipologie dei rifiuti sia per quanto riguarda la gestione (art.184-ter, comma 2) sia per il raggiungimento dei risultati della gestione come obiettivi (che diventano un “successo” a noi pare perlopiù …..sulla carta, ma su questo torneremo prossimamente e doviziosamente);
q) Va capito come vada computato (e rappresentato) il miglior risultato complessivo (che potrà - non dovrà - essere individuato per singoli flussi di rifiuti specifici, con decreti del MATTM: vedasi il citatissimo comma 4, dell’art.179, una sorta di “prezzemolo” sul D.Lgs. n.205/2010). In quanto questo miglior risultato complessivo potrebbe –nonostante le enunciazioni di principio – sussumere (se non appiattire) i criteri, stante l’assenza di regole sul peso da attribuirsi, metodiche di calcolo (ci sono molte scuole e teorie sul punto), loro ponderazione, eccetera, talchè potrebbe darsi ingresso (anche col pretesto dell’eccezionalità: passepartout di questi tempi) di scelte gestionali “discostantesi” dal principio gerarchico (che costituisce la migliore opzione ambientale) in quanto srumentalizzante il principio di precauzione e della sostenibilità (concetti, invero, ancora un po’ “tronfi”) <in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione> dei rifiuti che si vogliono, appunto, “discostare” dall’ordine di priorità gerarchico <sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse> (vedasi l’ultima parte del comma 3, dell’art.179);
r) Si interviene, enfaticamente, nella raccolta differenziata per (come vuole la direttiva) potenziarla, quantomeno negli obiettivi macro. Più esattamente, sempre il MATTM fornirà indicazioni circa i criteri qualitativi per il riciclaggio (che condiziona/incentiva/disincentiva, eccetera la raccolta differenziata), mentre le regioni stabiliranno (art.199) i criteri coi quali i Comuni realizzeranno la raccolta differenziata di cui all’art.205 (quindi i Comuni vengono ad essere un po’ trascurati, quasi sbiadendosi in questo ruolo dove invece, conoscendo e presidiando la realtà territoriale, dovrebbero essere i veri dominus). La raccolta differenziata nei suoi obiettivi (2015 per la raccolta e il 2020 come raggiungimento dei risultati in termini dei peso ivi specificato) riguarda le frazioni della: a) carta, b) metalli; c) plastica; d) vetro; e) ove possibile il legno. E’ importante segnalare che per l’obiettivo del riutilizzo e del riciclaggio si guarda ai rifiuti provenienti dai nuclei domestici e <possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono assimilabili a quelli domestici> (art.181, comma 1, lett. “a”)[4];
s) I rifiuti urbani differenziati (con la raccolta differenziata) e destinati al riciclaggio e al recupero (non allo smaltimento) sono liberalizzati nella circolazione nazionale (vedi art.181, comma 5) purchè gestiti da imprese abilitate (ex art.212, comma 5), privilegiandosi la prossimità agli impianti (anche qui ci sarebbe da approfondire questo aspetto con quello della concorrenza, della libera iniziativa economica, della circolazione “mercantile”, eccetera)[5];
t) I rifiuti urbani non pericolosi, non possono essere smaltiti (mentre possono essere recuperati, fermo l’ancora generico concetto della prossimità) in regioni diverse da quelle di loro produzione, salvo gli accordi regionali e/o internazionali (art.182, comma 3). In effetti la regionalizzazione dello smaltimento dei rifiuti urbani (raccolta e cernita) viene indicata anche dall’art.199, coma 3, lett.”n”. Alla rovescia, i rifiuti urbani non pericolosi vanno smaltiti nell’autosufficienza bacinale ex art.182 bis, comma 1, lett. “a”. Così l’art.199, comma 3, lett. “c” e lett. “g” ricorda, ancora, in parte qua, il principio dell’autosufficienza e della prossimità. Sulla prossimità l’anzidetta lett.”g” del cit. comma 3 dell’art.199 impone per i rifiuti speciali (attenzione) la prossimità alla produzione (non più alla raccolta), il che ci pare un po’ distonico nel sistema complessivo che pare qui delinearsi nella scansione autosufficienza, liberalizzazione, distinzione per categorie di rifiuti, per loro differenziazione, per loro avviamento a smaltimentoo recupero, per la prossimità, eccetera;
u) Ancora, lo smaltimento dei rifiuti (non specificandosi quali, i rifiuti) e il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati vanno avviati a uno (?!) impianto idoneo vicino al luogo di produzione o di raccolta (art.182-bis comma 1, lett. “b”)
v) Ricordiamo, come già segnalato nel precedente scritto, che i rifiuti urbani non differenziati sono recuperati e smaltiti entro una rete (adeguata e integrata) di impianti, in una logica di autosufficienza, precisandosi che: 1) per lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi (non solo indifferenziati?) e dei rifiuti derivanti dal loro trattamento tanto avviene entro gli AA.TT.OO; 2) viene consentito lo smaltimento dei rifiuti e il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in impianti idonei e più vicini al luogo di produzione o di raccolta <al fine di ridurre i movimenti> e <tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti> (con il che il criterio di autosufficienza potrebbe non corrispondere a quello degli AA.TT.OO.); 3) utilizzare metodi e tecnologie più idonei per alto grado protezione ambientale e salute pubblica;
w) Viene a valutarsi la importazione per lo smaltimento di rifiuti (e anche la esportazione per il recupero ) laddove incidano sul plafond di materiale avviato in impianti di incenerimento considerati di recupero, e quindi possano menomare le possibilità di trattamento del rifiuto italico (vedi art.182-bis, comma 2): una sorta di misura protezionistica?
x) La possibilità (tramite accordo di programma) di derogare a certuni obblighi stabilendo <la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia> (art.205,comma 2, lett.”b”, ma vedasi sempre l’aspetto derogatorio all’art.205, comma 1-bis);
y) Si aprono pertugi nella gestione dei rifiuti (considerata a tal fine non gestione) per vari soggetti: istituti scolastici <al fine di favorire l’educazione ambientale e contribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e plastica negli istituti scolastici sono esentati dall’obbligo di autorizzazione in quanto presentano rischi non elevati e non sono gestiti su base professionale> (art.181, comma 4-bis); ritiro di elenchi telefonici o beni in comodato, e così via;
z) Critichiamo,come già detto, che la raccolta dei rifiuti organici avvenga aut-aut con contenitori a svuotamento riutilizzabili oppure con sacchetti compostabili certificati (cfr. art.182-ter, comma 1): ciò limita i servizi e conduce ad imbuto verso certi impianti (pur lasciando varietà e flessibilità: ma comunque anche bypassa menti entro i contenitori);
aa) Sulle definizioni torneremo in seguito, basti qui rinviare a quanto già osservato in precedenza, e alle interferenze concrete di disciplina, per esempio il centro di raccolta e la possibilità di conferimento in esso di rifiuti da parte del produttore dei rifiuti a certe condizioni (art.193, comma 5, ultimo periodo) all’esclusione dai registri di carico e scarico solo per i rifiuti non pericolosi (art.190, comma 8-bis che prevede una registrazione “semplificata” anzi cumulativa); la novità del circuito organizzato di raccolta (che troviamo anche nella parte che riguarda i produttori di rifiuti agricoli);
bb) Come già notato (nei precedenti scritti) con l’istituto della tracciabilità (rectius, del controllo della tracciabilità: art.188-bis) viene a “stampellarsi” (o ri-consacrarsi) il SISTRI, coordinandolo con il sistema dei registri di carico-scarico, dei formulari e del MUD. Il SISTRI viene meglio dettagliato in alcune fasi (per esempio nel trasporto intermodale, nel caso del trasporto navale,ecc.) ribadendosi che esso riguarda, anzitutto, i rifiuti speciali pericolosi (e in alcuni casi, oppure facoltativamente, i non pericolosi) e <i comuni, i centri di raccolta e le imprese di raccolta e di trasporto dei rifiuti urbani> della Campania e facoltativamente per quelli ubicati <nel territorio di regioni diverse dalla Regione Campania> (cfr. art.188-ter, comma 3 e comma 2, lett.”e”; art.189, comma 4; art.193, comma 5, ecc.). Anche qui si prevede un riordino normativo, senza però mancare di introdurre (anche per creare “deterrenza”) le sanzioni, ma pure dei controllli (art.197 comma 5: controlli alle imprese produttori di rifiuti pericolosi e che raccolgono e trasportano i propri rifiuti);
cc) Si prevede una programmazione più ampia, sotto l’egida nazionale, per quanto riguarda la prevenzione dei rifiuti e la sua integrazione nel piano regionale (art.180); per le Regioni il piano ex art.199 viene meglio precisato, prevedendosi l’applicazione della VAS. Rimane una visione di “grandi” impianti che non ci persuade, una sorta di elefantiasi (che sembra echeggiare nel sistema integrato di gestione della Campana dove ai servizi e allo scatto antropologico si è contrapposto il macchinismo, il gigantismo impiantistico con gestioni oligopolistiche), si veda l’art.199, comma 3 lettere “a” e “c”;
dd) Da notare anche il madornale errore inserito all’art.16, comma 3 e pure all’art.39, comma 1: il rinviare la entrata in vigore degli importantissimi artt. 188, 188-bis; 188-ter; 189; 190 e 193 al termine che verrà stabilito da un D.M. e sue modificazioni, significa spostare ad una fonte secondaria (monocorde) il termine di applicazione di fattispecie aventi rilevanza penale, con indubbio sovvertimento delle fonti di diritto e violazione dei principi costituzionali in parte qua.
[1] Conferenza Unificata di cui all’articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
[2] Sottinteso non dei rifiuti, ma del prodotto.
[3] Per esempio, come abbiamo già notato nei precedenti interventi, si veda (tra altri) l’art.184-ter comma 4 ove <un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo (cessazione della qualifica di rifiuto N.d.A.) è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto…..>. In proposito si permette rinviare ai risalenti interventi più “economici” pubblicati sul rapporto tra ecologia ed economia, e sul meticciamento della MPS, dove , oltre un anno or sono, segnalavamo questi aspetti “cosmetici” e frutto di una recente politica ambientale (comunitaria e nazionale) che sembra guardare al di là dei rifiuti….al mercato.
[4] Come avevamo notato nel precedente scritto <Altra notazione di rilievo: finalmente sarà il MATTM a determinare (ove non intervenga la Commissione europea) le modalità di attuazione e di calcolo degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, evitandosi così quelle forme, come dire…. di “autocelebrazione” (tramite la contabilizzazione in base a criteri “autodafé” un po’ caserecci) dei “successi” o degli “insuccessi” percentuali ottenuti con la raccolta differenziata e, correlativamente, la effettiva o taroccata questione del recupero finale dei rifiuti derivanti dalla raccolta differenziata (vero che qui occorrerebbe mettere il “naso” anche nel sistema di gestione consortile degli imballaggi, e pure alle commercializzazioni dei rifiuti da parte degli impianti – di recupero, di scambio, ecc. - e di altri soggetti ancora)>.
[5] Sempre dal precedente scritto <e qui si dovrebbe aprire un confronto su diversi concetti: economicità, specializzazione, prossimità ideale considerando la morfologia territoriale, ruolo del pubblico invasivo o meno, ruolo del privato e suo condizionamento o limitazione, eccetera>.