La classificazione dei reflui degli autolavaggi

di Mauro SANNA

pubblicato su unaltroambiente.it. Si ringraziano Autore ed Editore

Dopo ventidue anni dall’entrata in vigore della Decisione 2000/532/CE permane ancora aperta la discussione su quale codice EER debba applicarsi ai reflui degli impianti di autolavaggio, di conseguenza nella loro gestione vengono ad essere utilizzati i codici più disparati. Al fine di individuare il codice che compete a tale rifiuto, come per qualsiasi tipo di rifiuto, è fondamentale determinare quale sia la sua effettiva origine a quali siano le sue caratteristiche ed in particolare se contenga o meno sostanze pericolose.

Gli impianti di autolavaggio

Gli impianti di autolavaggio sono apparati di vario tipo destinati comunque al lavaggio dei diversi tipi di autoveicoli, i principali sono rappresentati da:

  • impianti a portale mobile (i più diffusi), con o senza porte automatiche di ingresso/uscita, con o senza copertura;
  • impianti a piste self service, in genere consistenti in più unità concentrate nello stesso sito, con almeno una porta automatica;
  • impianti a tunnel con spazzola con catena di trascinamento.
  • Questi impianti, oltre all’apparato destinato al lavaggio vero e proprio sono poi dotati di impianti di asciugatura e di aspirapolvere.

Comunque i reflui liquidi da essi prodotti sono costituiti dalle soluzioni esauste detergenti impiegate per il lavaggio, contenenti le sostanze tensioattive e quelle coadiuvanti impiegate per il lavaggio e tutte le sostanze liquide e solide asportate dagli autoveicoli trattati durante questa operazione.

In generale gli impianti di autolavaggio sono collocati su una platea impermeabile dotata di griglie drenanti che raccolgono e convogliano i reflui del lavaggio all’impianto di depurazione dopo il quale i reflui liquidi depurati saranno scaricati in un corpo recettore oppure in alternativa in una semplice vasca di stoccaggio da cui verranno prelevati con autobotte per essere poi trasferiti ad un impianto di smaltimento.

La disciplina dei reflui degli autolavaggi

Gli scarichi degli autolavaggi nel caso vengano convogliati ad un corpo ricettore: fogna, acqua superficiale, suolo, dove sono ammissibili solo in casi particolari, sono disciplinati dalla parte terza del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. e sono classificati come acque reflue industriali: ”qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento“.

Tali acque di scarico sono pertanto assimilate a quelle provenienti dagli insediamenti produttivi e come tali, per essere scaricate dovranno subire uno specifico trattamento e sarà necessario che ottengano una specifica autorizzazione previa istanza di Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.), in funzione del loro recapito finale.

I medesimi reflui, nel caso invece siano convogliati in un serbatoio di stoccaggio, da quel momento saranno da qualificare come rifiuti e saranno disciplinati dalla parte quarta del D.Lgs. 152/06 e s.m.i..

Può avvenire che ai reflui dell’attività di autolavaggio si aggiungano scarichi di altra origine prodotti nel medesimo sito quali ad esempio quelli delle attività connesse come bar, altre attività di ristorazione, stazioni di distribuzione di carburante e parcheggi.

In questo caso la loro qualificazione rimarrà comunque quella del refluo dell’autolavaggio sia che sia scaricato, rimanendo quindi nel complesso uno scarico da insediamento produttivo, o che sia gestito come rifiuto, mantenendo la classificazione che compete al refluo dell’autolavaggio.

Considerazioni differenti e più articolate dovranno invece essere svolte per le acque di dilavamento di origine meteorica a seconda che interessino o meno l’area dell’autolavaggio.

Tecnologie di depurazione

Poiché i reflui degli autolavaggi sono ricchi di oli, di tensioattivi e di altri residui, è necessario che essi prima di essere scaricati in fogna o in un corpo idrico siano preventivamente trattati.

Gli impianti di trattamento possono essere interrati o fuori terra e la loro tipologia è funzione del numero di auto presunte da lavare giornalmente e dal recapito finale: fogna, corso idrico, oppure ricircolo e dalle modalità di gestione dell’autolavaggio:

  • tipo di detergenti impiegati;
  • portata di acqua da trattare;
  • possibile riutilizzo delle acque depurate;
  • quantità di energia elettrica impiegata.

Gli impianti di trattamento sono in generale costituiti da moduli di trattamento di tipo fisico, di tipo chimico-fisico e di tipo biologico, combinati in modo da garantire la rimozione dai reflui di autolavaggio, dei solidi grossolani, dei solidi in sospensione, di grassi, di oli minerali e delle sostanze tensioattive.

Attraverso una serie di vasche, in cemento o PVC, si realizza il trattamento di dissabbiatura, che permette la sedimentazione delle frazioni solide come terra e sabbia e quello di disoleazione in cui avviene la separazione degli oli e degli idrocarburi non emulsionati mediante flottazione in superficie.

Un’altra soluzione impiantistica molto usata per la rimozione di sostanze oleose è rappresentata dai disoleatori a coalescenza, in cui la separazione della frazione oleosa avviene attraverso un filtro, (che può essere realizzato in polipropilene, polietilene, poliestere, fibra di vetro ecc.) sfruttando le differenze di peso specifico e la coalescenza, ossia la diversa tensione superficiale degli oli rispetto all’acqua; in questi impianti le sostanze oleose risalgono in superficie, mentre l’acqua chiarificata sottostante, attraverso il filtro, raggiunge lo scarico.

Alcuni impianti, per eliminare gli inquinanti di natura organica, sono dotati anche di un trattamento biologico che, mediante ossidazione, determina la degradazione batterica delle sostanze organiche, dando luogo in questo caso anche alla produzione di fanghi.

Altri impianti prevedono anche l’installazione di filtri posti a valle degli altri trattamenti per l’abbattimento del carico inquinante residuo. Il filtro è costituito da una massa filtrante di sabbia che trattiene i solidi sospesi, e da un ulteriore filtro a carbone attivo granulare per l’assorbimento degli idrocarburi o di solventi.

Se si ottiene una depurazione adeguata, è possibile che una parte dell’acqua depurata venga ricircolata e riutilizzata nell’autolavaggio.

Comunque, quale che sia il sistema di depurazione adottato dagli autolavaggi, origineranno due tipi di reflui: uno liquido ed uno fangoso. Il refluo liquido costituirà lo scarico depurato destinato ad immettersi in fognatura comunale o nel corso d’acqua recettore, mentre quello fangoso sarà costituito dai fanghi e dai solidi separati nel processo di depurazione contenenti le sostanze inquinati asportate con l’operazione di autolavaggio.

È evidente che nel caso in cui l’autolavaggio non sia dotato di depuratore e i reflui prodotti vengano convogliati in un serbatoio a tenuta, da cui saranno poi evacuati mediante autobotte, il rifiuto evacuato dal serbatoio conterrà integralmente tutte le sostanze asportate con il lavaggio, compresi i solidi e gli oli che si troveranno in sospensione, quindi, pur essendo liquido, esso avrà una composizione simile a quella dei fanghi prodotti a seguito di un processo di depurazione, a meno ovviamente dei fanghi attivi, che saranno assenti mancando il trattamento biologico.

Classificazione dei reflui degli autolavaggi

In attuazione dell’art. 184 del D.Lgs. 152/06, i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in urbani e speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e non pericolosi.

Le modalità di classificazione sono stabilite dalla Introduzione all’Elenco dei rifiuti istituito dalla Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000, contenuto nell’Allegato D alla parte quarta del D.Lgs. 152/06 che prevede che:

1. La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice EER ed applicando le disposizioni contenute nella decisione 2014/955/UE e nel regolamento (UE) n.1357/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014, nonché nel regolamento (UE) 2017/997 del Consiglio, dell’8 giugno2017.

Introduzione

(omissis)

Ai rifiuti inclusi nell’elenco si applicano le disposizioni di cui alla direttiva 2008/98/CE, a condizione che non trovino applicazione le disposizioni di cui agli articoli 2, 5 e 7 della direttiva 2008/98/CE.

2. I diversi tipi di rifiuto inclusi nell’elenco sono definiti specificatamente mediante un codice a sei cifre per ogni singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i rispettivi capitoli.

Di conseguenza, per identificare un rifiuto nell’elenco occorre procedere come segue:

Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. (omissis)

Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13,14 e 15 per identificare il codice corretto.

3.2. Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16.

3.3. Se un determinato rifiuto non e’ classificabile neppure mediante i codici del capitolo16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all’attività identificata al punto 3.1.

3.4. I rifiuti contrassegnati nell’elenco con un asterisco “*” sono rifiuti pericolosi ai sensi della direttiva 2008/98/CE e ad essi si applicano le disposizioni della medesima direttiva (omissis).

Nel caso specifico, nella sottosezione 07 06 00 dell’Elenco Europeo dei Rifiuti (EER) sono presenti le seguenti categorie di rifiuti:

07 06 00 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici

07 06 01* soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri

07 06 03* solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

07 06 04* altri solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri

07 06 07* fondi e residui di reazione, alogenati

07 06 08* altri fondi e residui di reazione

07 06 09* residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati

07 06 10* altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti

07 06 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11

07 06 99 rifiuti non specificati altrimenti

In particolare quindi, rientrano nelle categorie:

07 06 11* fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose

07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11,

i rifiuti prodotti dall’uso di saponi e detergenti utilizzati in operazioni di lavaggio di superfici rigide, tra i quali possono essere compresi i rifiuti derivanti dagli impianti di autolavaggio costituiti di fatto dai fanghi e/o dai solidi derivanti dal trattamento delle acque di lavaggio degli autoveicoli.

Pertanto per il rifiuto in esame prodotto dalle operazioni di lavaggio l’Elenco Europeo prevede che possano scaturire due categorie di rifiuti, uno pericoloso ed uno non pericoloso, cioè rifiuti individuati con i cosiddetti codici speculari. Conseguentemente, per questa attività il codice EER che compete al rifiuto non potrà essere determinato solo sulla base della sua origine, essendo essa comune sia al codice del rifiuto pericoloso che al codice del rifiuto non pericoloso.

A differenza dei rifiuti identificati con codici assoluti, per i quali il codice EER che gli compete è assegnato solo sulla base della loro origine e quindi l’applicazione del codice del rifiuto pericoloso o non pericoloso è di fatto automatica, per i rifiuti classificati con codici speculari quali quelli di autolavaggio, l’individuazione del codice che compete al rifiuto potrà derivare solo dalla conoscenza certa se in esso siano o meno presenti sostanze pericolose specifiche o generiche e conseguentemente se esso possieda o meno caratteristiche di pericolo.

Per individuare le eventuali caratteristiche di pericolo del rifiuto mediante caratterizzazione chimica, andranno determinate le concentrazioni delle diverse sostanze individuate nel rifiuto e queste dovranno essere comparate con i valori limite correlati ai codici di pericolo previsti per ciascuna sostanza.

I limiti a cui riferire le concentrazioni rilevate, sono differenti a seconda delle classi di pericolo interessate che possono variare da HP1 ad HP15 a seconda delle sostanze in esso presenti e sono quelli definiti dal regolamento n 1357/2014.

Solo una tale caratterizzazione permetterà la classificazione corretta di un rifiuto con il codice che gli compete sia che esso sia quello del rifiuto pericoloso che quello del rifiuto non pericoloso; a questo fine sarà indispensabile eseguire le indagini indicate nell’allegato alla Decisione 2000/532/CE così come modificato dalla Decisione 2014/955/UE, esse per quanto possibile, dovranno essere eseguite mediante caratterizzazione chimica.

Conoscere la composizione di un rifiuto è il presupposto per stabilire se esso è pericoloso o meno, perciò si dovrà verificare con certezza quali siano le sostanze in esso presenti e conseguentemente le caratteristiche di pericolo che gli competono.

Nel caso in cui le conoscenze della sua composizione siano insufficienti, si potrà procedere anche a test appropriati che rendano conto complessivamente di tutte le caratteristiche di pericolo del rifiuto.

Se le indagini svolte non evidenziano nessuna sostanza che, per la sua natura o per la concentrazione con la quale è presente nel rifiuto, è correlabile ad una classe di pericolo, ovvero la determinazione delle caratteristiche di pericolo mediante test non né rileva alcuna, il rifiuto sarà da classificare come non pericoloso. Se invece le sostanze presenti nel rifiuto non sono note e se non vi è alcuna possibilità di determinarle, il rifiuto deve essere classificato come pericoloso.

In conclusione, per quanto riguarda l’assegnazione del codice del rifiuto che compete ai reflui degli impianti di lavaggio degli autoveicoli, le possibilità sono le seguenti:

  • se la caratterizzazione ha evidenziato la presenza di sostanze pericolose o la caratterizzazione è stata incompleta: il codice da attribuire è EER 07 06 11*: fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose;
  • se la caratterizzazione completa non ha evidenziato la presenza di sostanze pericolose: il codice da attribuire è EER 07 06 12: fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11.