Un eBook per tornare a Itaca?

di Alberto PIEROBON

pubblicato su osservatorioagromafie.it. Si ringraziano Autore ed Editore

È uscito a metà settembre lo eBook Governo e gestione dei rifiuti urbani: approcci, metodi, percorsi e soluzioni , ove torno ad aprire il discorso e l’analisi su più questioni e approcci riguardanti i rifiuti urbani. Aspetti che trovo essere peculiari della nostra situazione italiana, nella rumorosità delle iniziative e nel chiasso delle tante novità normative, soprattutto sfornate negli ultimi tre anni, in una loro «italianizzazione», che altera ed adultera (se non complica) la realtà italiana rispetto ad altri Paesi, nonostante gli imbellimenti che si cerca di attribuire ad una situazione che, gestionalmente parlando, rimane drammatica1.

Ero titubante nello scrivere (anche nel come, il cosa, il quanto, ecc.) lo eBook, per più motivi. Anzitutto contingenti: un periodo che mi ha visto impossibilitato, per problemi di salute, a fisicamente compulsare appunti, ricerche e lavori archiviati e/o in progress. Questa scarsa propensione fisica e di energia, forse ha avuto un lato positivo: portarmi a guardare e dire l’essenziale, tralasciando tutto quel grande dispendio di tempo e di forze soventemente dedicate 2 dagli esperti e consulenti, alle note infarcite di citazioni e di giurisprudenza (talvolta non perspicuamente selezionata, quasi mai univoca), nei loro emicranici rinvii, estratti, stampelle e rinforzi che spesso conducono a dedicarsi... ai rivoli delle questioni, ai loro piccoli rami, alle foglie cadute... smarrendo così una visione di insieme, se non il senso della storia e delle scelte (condivisibili o meno che siano) di politica legislativa e della burocrazia.

Puntavo (e punto) ad un aspetto che ritengo essere positivo: se avrò meno tempo e forze, allora so le «cose che non farò» 3 e cercherò di andare, come si dice, «alla sostanza» di questo o quell’argomento, senza tanta prosopopea o troppi ricami. Tutto ciò però – come richiestomi dai sodali e dagli addetti al settore – non può avvenire senza tralasciare dei pur minimi rinvii alle fonti e agli autori che, nel nostro cammino, sui singoli punti o sugli aspetti metodologici, ci stimolano, indicando altre prospettive, volgendoci ad approfondire e tessere ulteriori riflessioni, legando la pratica alla teoria e viceversa.

Pertanto, assecondando queste richieste, non ho abdicato – quantomeno a fini di correttezza e di trasparenza, onde consentire ai pazienti lettori la verifica dei miei «passaggi» – all’inserire, quasi come fossero pensieri a grappolo, riflessioni a margine, ecc., idee e/o frammenti di pensieri, flash di letture e piccole considerazioni, peraltro sempre derivanti dalle mie vissute esperienze 4.

Rimango un artigiano che, pazientemente e infinitamente, ricerca nel proprio procedere – che è esistenziale e professionale: elementi per me indistinguibili 5 – ogni indizio e ogni traccia, ricucendo i pezzi, collegando e intrecciando: scoprendo la molteplicità e l’unità 6.

Un esempio, tra i molti che si possono fare, è quello della differenza tra il parlare quale un «decodificare», come avviene nel rapporto tra il paziente e l’analista e il transfert. Oppure, sempre nel rapporto tra il paziente e l’analista, quando si utilizza il «dica a me», talchè viene a riconoscersi anticipatamente il «ruolo» in ciò che sarà detto 7. Si può forse osservare che il parlare «decodificativo» appartiene all’attività che rientra nell’ambito investigativo applicabile, ad esempio, nel monitoraggio e nel controllo della gestione dei rifiuti, mentre il secondo parlare riguarda quello «convenzionale» o «giuridico», ad esempio dell’attività autorizzativa, più esattamentre nel rapporto tra gli uffici autorizzativi e il soggetto istante.

Tento una provocazione, con una frase-feticcio 8: siamo quando non siamo più invisibili gli uni agli altri. Il che potrebbe dirsi in un altro modo: siamo invisibili perchè qualcuno crede che esista solo la visibilità intesa come quella convenzionale-giuridica che «vede» (anzi, vuole far vedere) le cose e le persone. In questo guardando le cose esse sono, esistono, ma altre cose e persone rimangono invisibili, pur esistendo.

Anche nei rifiuti, come in altri campi o saperi cosiccome disciplinati, se si guardano – con la strumentazione che ci viene richiesta o imposta dalla normativa o dalla tecnica utilizzata – i dati, le informazioni e/o i documenti di cui alle ricostruzioni tecno-giuridiche, ci si limita a vedere e far vedere solo «quelle» determinate cose che sono state collocate in un certo «ordine» e/o entro certe categorie (ad esempio: rifiuti, non rifiuti; tipologie; ecc.), come pure si fanno vedere solo «quei» determinati soggetti (gestori e dintorni) che, appunto, si vogliono far (credere di) vedere.

È solo oltrepassando queste categorie e/o saperi regionali 9, mettendole a disposizione degli altri 10, ricorrendo alla decifrazione 11 che arriviamo – mi si conceda una frase che può sembrare assurda – nella terra del visibile-invisibile, dove comunque «tutto» esiste.

Stando sempre nell’esempio dei rifiuti: quando ci sono dei soggetti (non necessariamente dei gestori e quelli canonici definiti dall’art. 183 del Testo Unico ambientale 12) che si inventano l’esistenza di «cose» quali, ad esempio, sono i «flussi» dei rifiuti – nella loro dimensione quali-quantitativa,ecc. – in una attività che non è quella che è stata formalmente autorizzata o dichiarata, si sta «giocando» – ancora una volta – sul confine tra visibile-invisibile.

In altre parole, si fa credere – e quindi si fa esistere – quel che interessa, in ciò utilizzando e basandosi su quel che necessariamente (per comando, per norma) è considerato, appunto, il visibile, cioè l’esistente. Al contempo questi p.c.d. «imbroglioni» (non necessariamente criminali) confidano nella invisibilità, in quel che non si fa guardare 13. E, quindi non vedendo delle «cose», non le si fanno esistere. Così, nella invisibilità i soggetti ed i comportamenti posti in essere (nel mondo dei rifiuti come in altri) quali attività, negli oggetti e nelle loro relazioni, diventano fatti artificiosi che sfuggono alle regole della visibilità, salvo vengano poi riacciuffate in altri modi e metodiche.

Difatti, tutti questi soggetti-attività-relazioni possono non apparire, potendo sottrarsi alla visibilità, come abbiamo sopra esemplificato, nella calcolata scelta di taluni, poichè – appunto – è la visibilità che crea la realtà: le cose, i soggetti e i loro atti 14.

Altra, non dissimile, situazione è quella che discende da «quel “mito performativo” per il quale dire significa fare, e dunque che una cosa diventa vera per il solo fatto che la facciamo» 15, cosiccome avviene anche nel «giocare» sul complicato rapporto tra il passato e il presente: «meglio: tra i “fatti” del passato e quelli del presente», preparando così «l’induzione che darà alle relazioni tra il presente ed il passato il valore di uniformità» 16.

Nello eBook mi sono intrattenuto, cercando di sfoltire le difficoltà, anche linguistiche, utilizzando a tal fine più casistiche ed esemplificazioni (schemi, immagini, grafici, ecc.), ma sempre partendo dalle mie vive e concrete esperienze.

Andando ad altri aspetti di approccio e metodologici: la materia dei rifiuti, se guardata sotto il profilo della governance e della gestione dei rifiuti urbani, può pensarsi come una scienza sociale, a contenuto anche empirico, in uno specifico contesto, non riducendosi essa alla sola «cassetta per attrezzi», cioè ad una mera tecnica di analisi applicata, neutrale per le scelte sociali. Questa materia, intrecciata necessariamente con altre (servizi pubblici e quindi monopoli, mercato e concorrenza; tariffazione e quindi fiscalità, nel rapporto tra l’autorità e gli utenti-cittadini, ecc.) sembra essere una ottima griglia di lettura di una società e dei politici che dichiarano di volerla migliorare.

Come ho già altrove osservato, spesso occorre capire e giocare contro gli avversari con la tecnica dello judoka piuttosto che pensare di creare un campo di battaglia tra soggetti antagonisti che si fronteggiano con «distacco» secondo la mentalità e i modi cui siamo stati abituati dalla nostra cultura occidentale 17.

Un’altra, più rilevante, contingenza che contrassegna la disciplina dei rifiuti come pure quella ambientale – che si consolidano e strutturano – è costituita dal «momento» che stiamo attraversando, invero da lustri, di una forte crisi sociale ed economica, peraltro non riguardante solo il nostro povero Paese.

Già lo chock della crisi pandemica, nel terrore sanitario, ha prostrato molte persone, scorato imprenditori, incupito gli animi, rabbuiato gli scenari e rubato il nostro futuro, soprattutto ai giovani. La crisi COVID (la «SARS2») ha altresì consentito di invocare e di ricorrere alla «normalità» (sic!) della disciplina (appunto perdurante e continua) cosiddetta «emergenziale-eccezionale», ricorrendo alla spesa pubblica18 , cercando di accorciare talune procedure, di togliere certuni ostacoli, per il più efficace ed efficiente raggiungimento degli obiettivi come stabiliti dai vari soggetti e fonti, ecc.

Siamo forse ad un ritorno forzato di quella che impropriamente viene chiamata «economia keynesiana» 19 per evitare una nuova «grande depressione», dove si dovrà fronteggiare la crescita del debito, soprattutto per le nuove generazioni.

Obiettivi questi – lo evidenzio non in solitudine – talvolta non sempre del tutto pertinenti alla tematica sanitaria, pur se ad essa ricondotti, non esistendo settori tematici naturalmente separati o non collegabili tra loro, se non convenzionalmente. E questo è un altro insegnamento che ci conduce – come emerge nello eBook – ad altre considerazioni di approccio e di metodo, anche nella materia ambientale, segnatamente dei rifiuti.

Infine, col nemico pandemico, si è aggiunta l’esplosione della guerra Russia-Ucraina (o, come qualcuno evidenzia, della compagine delle nazioni appartenenti alla NATO, contrapposta ad altre) e la crisi energetica 20 che, assieme a quella sull’approvvigionamento delle materie prime 21, provoca tragiche conseguenze, se non disastri, imprenditoriali e al bilancio delle famiglie, in una popolazione già vittima di tanti scandali finanziari, bancari, speculazioni, corruttele, dissesti e tanto altro ancora.

Senza poi dire della dipendenza geopolitica che diventa drammatica e sulla quale si innestano altri elementi perturbatori collegati al nostro sistema valoriale e di diritto, anche con riferimento alla situazione di libertà e dei diritti (umani) in cui versano taluni Paesi fornitori di materie prime e/o di gas e petrolio (Egitto, Congo, Mozambico, ecc.).

Come sappiamo, le crisi non si gestiscono nella proliferazione di norme, bensì in una visione orientata e sintetica che abbia un senso, oltre che una soluzione, comunque fuori dalle azioni rapide e facili che si basano sul pensiero «povero» della tecnologia.

Cambiando le relazioni umane, serve una nuova esegesi (se non teologia), nei travestimenti di quel che si chiama «male», nelle involuzioni della post-democrazia, nelle forzate conciliazioni dell’apparato politico, nelle crescenti disuguaglianze sociali ed economiche, nella dominazione della tecnofinanza, ecc.

Così nell’eBook assumo la posizione per la quale «è il non far bene il bene che lascia crescere il male. C’è un solo modo per combattere il male: fare il bene, ma farlo bene». Ecco perché bisogna guardare più al «bene», cercando, per quanto possibile, di «minimizzare il male», peraltro inestirpabile 22. Invero, Mefistofele si definisce come «una parte di quella forza che persegue sempre il male e ottiene sempre il bene», ma nei Promessi sposi vediamo che «Anche il diavolo soggiace alla legge delle conseguenze non intenzionali» 23.

Qualcuno potrà dire: forse questo significa che una siffatta situazione condiziona e, anzi, per le suddette negative contingenze, potrebbe funestare lo scritto? Oppure, al contrario, guardando sempre al positivo, si può affermare che la medesima, complessiva, situazione ha qualcosa da insegnare a noi tutti? Entrambe le tesi sono riduttive.

Più che le teorie e/o le suggestioni del momento rimango fermamente convinto che si debba mostrare gli «effetti» di quanto consegue dalle teorie e/o dai modelli e, soprattutto, che il vissuto e la esperienza di ognuno possano generare una migliore comprensione dei fenomeni, consentendo di affrontare le crisi non solo individuali, bensì collettive, presenti come future. Ecco perché seguendo un argomento, un problema, una questione da capire, da interpretare, da impostare, da analizzare, da risolvere, da dibattere, ecc., mi pare sia più fruttuoso evitare quella «cumulazione» (se non inflazione) di dati e parole, muovendo piuttosto la nostra comprensione dal loro originarsi ed evolversi, nel loro contesto e negli aspetti relazionali, come pure dalle loro «ambiguità».

Non ha quindi molto senso affrontare, una qualsivoglia tematica guardando alla sola normativa, ad esempio, la legislazione sui rifiuti, in particolare il TUA, ponendosi domande perlopiù canoniche-retoriche, tra le quali: cosa sono (e non sono) i «vari» rifiuti per il diritto? qual è (o quale dovrebbe essere) la loro gestione? come ci si deve comportare nelle più ricorrenti casistiche? Come vengono esse lumeggiate dalla giurisprudenza e dalla dottrina? Cosa si può utilizzare di questi insegnamenti o studi e avanti di questo passo!

Come sappiamo, è nell’agire pratico – connesso inevitabilmente al proprio vissuto e pure alle nostre scelte 24 – che, implicitamente o non, si assume un approccio, pervenendo, consapevolmente o non, ad un modello epistemologico. Nella diversa prospettiva dell’umanesimo esistenzialista, Sartre scriveva che «non c’è realtà se nell’azione (...) l’uomo non è niente altro che quello che progetta di essere: egli non esiste che nella misura in cui si realizza; non è, dunque niente altro che l’insieme dei suoi atti, niente altro che la sua vita», aggiungendo che «princìpi troppo astratti falliscono nel definire l’azione», sempre concreta nel suo contenuto e, di conseguenza, imprevedibile poiché «c’è sempre una invenzione». Ciò in una vitalità che forse – sul piano logico, non certo dialetticamente – elimina l’infelicità. 25

Anche quando ci limitiamo agli aspetti di uno scorretto e/o di un cattivo e/o di un mancato funzionamento del sistema gestionale dei rifiuti e/o alle singole, particolari, problematiche che si pongono e/o che emergono – sempre relativamente alla quotidiana attività concernente la gestione dei rifiuti – le situazioni che si pongono vanno affrontate e risolte concretamente.

Dei problemi, vari e molteplici, si deve avere percezione e consapevolezza, cosiccome dei limiti e dei condizionamenti derivanti dalle varie (implicite o non che siano) teorie, norme, metodi e ordini. L’approccio che allora si impone è la «complicazione» assieme alla «incertezza»: entrambi, va subito detto in modo chiaro, sono aspetti ineludibili e sempre sistemici.

Così hanno poco rilievo, addirittura può diventare inutile, semplificare e/o parcellizzare i problemi (anche nella comunicazione, se non col linguaggio) 26, nel tentativo di fornire una soluzione spicciola, comoda e/o utilitaristica.

L’esempio, se non la cultura delle grandi imprese vieppiù colonizza «le categorie, il linguaggio, i valori e le virtù delle multinazionali (che NdR) stanno creando e offrendo una grammatica universale adatta a descrivere e produrre tutte le storie individuali e collettive “vincenti”» 27. Qui l’ecologia, pur nel suo strano calderone ideologico, potrebbe usarsi come un contropotere, come «controfuoco» al mercato, consentendo di resistere ad un mercato (e alle sue regole e valori) penetrante la società (anche perché scompaiono le controsocietà: partiti, chiesa, ecc.) 28.

Nello scritto ho voluto portare più esempi casistici 29, intersecati dalla normativa, prassi, esperienze e loro prospettive. Evitando l’effetto cumulazione e l’affollamento, convinto con Montaigne che «È preferibile una mente ben conformata ad una mente affollata».

Ad esempio, guardando ad un Centro di raccolta dei rifiuti urbani, esso va relazionato al servizio pubblico locale, anche nel confine del regime di privativa con i rifiuti speciali, e quindi vanno guardati i medesimi rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche (tra rifiuti similari, cioè urbani e rifiuti speciali), come pure i rifiuti prodotti dall’utenza domestica (quindi rifiuti urbani) ancorché vengano «consegnati» ad un appaltatore che potrebbe (ecco la paradossalità del ragionamento che stressa i concetti e le definizioni, cercando di ricomporle in un senso) entrare, o meno, nel circuito del servizio pubblico, ponendo varie questioni le quali, ben investigate, mostrano meglio certuni istituti (ad es. l’iscrizione agli Albi dei gestori ambientali) e/o tolgono le maschere ad alcune definizioni (qualificazione del rifiuto, dei produttori, detentori, soggetti e loro attività, ecc.).

Un altro argomento che obiettivamente è di tendenza, se non surrettiziamente incentivato (nascondendo una relazione di potere) dai nuovi obiettivi europei di recupero, è il recupero energetico che viene nell’eBook guardato a partire dai flussi dei rifiuti urbani utilizzabili, grazie alle diverse operazioni di recupero e/o di smaltimento 30, nei riflessi autorizzativi (modifiche sostanziali e non), nella differenza tra la misurazione in capacità termica e quantità di rifiuti espressa in tonnellaggio da trattare, il tutto collegato alla programmazione e al rapporto tra l’ente titolare (Comune, autorità di ambito, ecc.) e il gestore, sia esso un appaltatore o un concessionario (anche in house).

Del resto il servizio pubblico locale entra nella regolazione statale (dell’ARERA) e locale, il che conduce ai diversi scenari e rapporti con gli enti titolari della funzione e con quelli gestori, da analizzarsi a livello di programmazione, di organizzazione, del sistema tariffario, ecc.

Proprio gli aspetti strategici e pianificatori-programmatori impongono di esaminare il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti, assieme agli anzidetti obiettivi europei e nazionali dei rifiuti urbani, soprattutto nella redazione del Piano di gestione dei rifiuti coinvolgendo vari soggetti (non solo istituzionali) nei loro ruoli e livelli di competenza. Per far meglio questo occorre chiarirsi i modelli e i metodi che si applicano non solo ai piani, ma pure ai budget, bilanci, progetti.

Infatti, un primo e fondamentale problema per chi si dedica a questi aspetti riguarda l’attività di censimento, di classificazione e di intercettamento dei flussi dei rifiuti urbani tra governance, gestione e pianificazione. In particolare, il flusso dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali di cui al codice EER 191212 che può cambiare il rapporto parte-tutto, sia quantitativamente che qualitativamente, nonché per altri aspetti. Tanto che questo flusso di rifiuti «grigi» impone di capire donde si originano, seguendoli (non senza tracciarli) sino ai loro destini (anche esteri). Anche questi flussi passano (e non passano) per le operazioni di recupero/smaltimento e tra rifiuti urbani e speciali, di qui la necessaria manifestazione da parte delle autorità preposte, come pure del Comune o dell’autorità di ambito giammai lasciando in capo ai gestori siffatte scelte.

Scelte che, ognun se ne avvede, impingono sui princìpi di autosufficienza e di prossimità, ovvero nella governance e nella gestione dei rifiuti (concetti, pianificazione, scelte, servizi pubblici), e che si relazionano tra le attività di recupero/riciclaggio e quelle di smaltimento, nei tanti meccanismi e dinamiche non solo giuridiche, bensì operative.

In queste considerazioni e ricostruzioni, non poteva rimanere trascurata l’impiantistica intermedia dell’ambito territoriale ottimale, chiuso o aperto che possa essere. Anzi la comparazione tra i diversi ATO nella loro chiusura (reale o fittizia che sia) od apertura (anche qui da capire caso per caso) consente di capire i diversi effetti e la configurazione reale dei princìpi di prossimità e di autosufficienza.

Insomma, come ben evidenziava Giovanni della Croce «per andare dove non sai, devi passare per dove non sai».

È la curiosità del diverso e del nuovo, anche nello «spaesamento» che, pur rendendoci inquieti, diventa una occasione per impreziosire la nostra esistenza e le nostre ricerche, affinando i nostri sensi, che vanno presi sul serio, cosiccome facevano i nostri antenati. Si esplorano così gli istinti, ma anche le situazioni, allargando i nostri confini, rimettendo in gioco tutto, persino noi stessi 31.Occorre lasciarsi mobilitare dalle domande, non necessariamente possedere le risposte32 . In questo cammino (forse un inconsapevole pellegrinaggio) si torna a Itaca?

1 Non solo per i rifiuti e non solo impiantisticamente parlando. Per una ricostruzione parallela e incrociata, in questa chiave di lettura, degli ultimi 150 anni delle materie rifiuti, servizi pubblici ed entrate (tributarie-tariffarie) sia permesso rinviare a A. Pierobon, L’estuario unificato dei rifiuti urbani: servizi pubblici, privativa, tariffa , in Azienditalia, 6, 2021. Purtroppo il nostro Paese continua a versare in una continua situazione emergenziale e di crisi, in questo settore, come in altri.

2 Come vuole l’accademia, come vogliono certuni criteri redazionali di varie riviste, anche nell’accanimento di non pochi commentatori, formatori, consulenti, ecc.

3 «Things I’ll not do (Nostalgias)» l’ultima, emblematica, poesia di A. Ginsberg.

4 Intrecciate al tempo e ai problemi, come si affacciano nel nostro procedere, nel nostro sostare...

5 Nella certezza di quel carisma che nasce dal riunire insieme, pascalianamente, «i due capi della corda» F. Mercadante,Presentazione, in V. Lattanzi, Giuseppe Capograssi. I sentieri dell’uomo comune, Chieti, 2011, 10.

6 Come pure mettendo assieme l’unico approdo convincente: l’immanente e il trascendente nei passaggi che si situano ad un «altro» livello, fuoriuscendo dalla certezza del credere, superando così le logiche e le retoriche cui siamo adusi, se non ingabbiati.

7 Cfr. M. Balmary, Il monaco e la psicanalista. In dialogo per una autentica libertà interiore , Milano, 2008.

8 Suscitato dalla prima lettera di San Giovanni ove «Siamo invisibili in quanto divini gli uni per gli altri». Ma, allora, cosa può assicurarci che esistiamo? Sembra paradossale però basta fermarsi un attimo per riflettere su questo: esistiamo nel credere che qualcuno ci vede nell’invisibile e quindi crede che noi siamo.

9 Anche nelle loro strategie di rinvio, tendenti a divenireinward looking: cfr. G. Becattini,Le responsabilità dell’economista, in Aa.Vv.,Nuovi approcci nella ricerca economica, Lecce, 1991, 15 et passim.

10 Nella responsabilità da parte dei detentori di un sapere «nel divulgarlo e metterlo a disposizione di tutti. Ovviamente c’è una spiegazione di questo diniego: il principio manzoniano dell’Azzeccagarbugli, che preferisce non mettere a disposizione degli altri la propria conoscenza per non perdere la possibilità di manipolare le idee e gli affari altrui» S. Zamagni, Economia ed etica. La crisi e la sfida dell’economia civile, Brescia, 2009, 87.

11 Evitando l’esoterico.

12 Il «TUA» è il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ss.mm.ii. L’art. 183 reca le definizioni: si vedano tra i «soggetti» quelli di cui alle lettere: f) produttore dei rifiuti; h) detentore; i) commerciante; h) intermediario; ecc. che vanno interrelati alle «attività» e/o alle «operazioni» di cui alla «gestione dei rifiuti» lett. n) e seguenti, nonché alle condotte di cui all’art. 256 (Traffico illecito di rifiuti) e altre.

13 Proprio perchè non si crede si possa vedere.

14 Spero si comprenda meglio: esistono le cose e i soggetti visibili e invisibili, ovvero una zona di ambiguità dove può costruirsi una determinata («quella») realtà.

15 S. Zamagni, Economia ed etica, cit., 33 perché «è dalla pervasività nella nostra cultura del principio di efficienza che discende quel “mito performativo”».

16 F. Tuccari, Il futuro della democrazia secondo Pareto. Attualità/inattualità di un classico , in V. Marchis (a cura di), Misurare il futuro. Ingegneri, scienziati, economisti e politici (con Pareto) alla scoperta dell’inconoscibile , Giornata di Studi Aula Magna di Palazzo Arsenale 10 novembre 2017, Torino, 2018, 78.

17 A. Pierobon,Modelli, propensioni ed efficacia di piani e budget, in Azienditalia, 4, 2020, ove sempre nell’esempio paradigmatico della battaglia, se non della guerra - richiamabile per un piano, un budget, un bilancio - gli opposti (se non i distinti) separati dalla complessità della realtà (della situazione specifica) vengono fatti combattere da antagonisti, come in un match di pugilato ove ognuno dei contendenti ha e utilizza una propria forza, tecnica e strategia, rimanendo però, come dire... «distaccati». Invece, la strategia della propensione porta al judo, al principio del Ju , della flessibilità resistente da combinare con la forza dell’avversario: qui si può meglio ideare (si badi: con la mente di non opposizione) di attaccare, ma ciò mentre l’avversario attacca, il che implica l’intuizione dell’opportunità/momento che si crea da solo (è un attimo fuggente) grazie all’iniziativa altrui. In altre parole si entra dimessamente nell’azione sfruttando l’energia del «nemico», passando dalla forma alla non forma «raggiungendo morbidezza e adattabilità per afferrare l’istante giusto per l’attacco». Così, in certuni contesti la parte pubblica (es. uffici autorizzatori) non va contrapposta a quella privata (es. chi richiede una autorizzazione), come in un ring pensando ad un antagonista da distruggere/vincere nel distacco. In certe situazioni va strategicamente evitato il pugilato per fare judo, di qui le forme e i modi che si possono inventare, pur nel rispetto del diritto.

18 Non tralasciando che come già segnalava Macchiavelli «passata la necessità, tu ritolto loro quello che hai forzatamente loro dato». Insomma i conti... si pagano. Inoltre, compito dello Stato deve essere semplicemente suppletivo e non sostitutivo, «deve essere flessibile, talvolta promotore, talvolta regolatore e di tutela» così F. Giacomin, L’etica in economia: la modernità dei valori del capitalismo personale , in Atti del Convegno per il XXX anniversario del decreto sull’eroicità delle virtù di G. Toniolo, 10 novembre 2011, Castello «Brandolini-Colomban» Cison di Valmarino (Treviso), Economia capitalistica economia umana? Giuseppe Toniolo: uno studioso a servizio dell’uomo , Roma, 2022, 51.

19 Cfr. L.L. Pasinetti, Keynes e i keynesiani di Cambridge, Roma-Bari, 2010, XIX poiché «gli allievi di Keynes, presi nel loro insieme, appaiono più coesi come gruppo di pensatori critici che come fondatori di un nuovo paradigma teorico» talché F. Caffè aveva parlato di una «rivoluzione incompiuta» cit. ibidem, 7.

20 Oltre dodici anni fa preconizzata da A. Minc, I dieci giorni che sconvolgeranno il mondo, Milano, 2010, 18-19 l’Autore ipotizza ne «Il giorno in cui Gazprom lancerà un’OPA su Total» la ritorsione della Russia verso l’Europa con una riduzione delle forniture di gas.

21 Cfr. R. Russell, Guerre dei prezzi. Come i mercati delle materie prime creano un mondo caotico , Torino, 2022, 7 ss. ove l’autore ci partecipa che «nel raccontare le nostre storie di mostri, non avevamo fatto caso a una caratteristica archetipica. I mostri aggrediscono donne e uomini non in campo aperto, ma sempre in un labirinto contorto». Un labirinto «fatto di prezzi (che NdR) accordano la catena dell’offerta globale che si snoda tra le culture e i continenti senza che una qualche autorità centrale debba dare ordini a nessuno (in scambi che NdR) incorporano nei loro prezzi l’impatto degli shock climatici, le rivoluzioni politiche e gli spostamenti demografici prima ancora che accadono (..). Sono motori di coordinamento, che muovono cibo, carburante, beni manifatturieri, risparmi, titoli e debito da una parte all’altra del globo (creando NdR) un ordine spontaneo intorno a noi (...) la loro invisibile forza governa (...) le nostre vite di ogni giorno. Viviamo tutti in un mondo governato dai prezzi (...). Un motore di caos».

22 Concetto echeggiante tra Diderot e Padre Mariano. Il bene e il male coesistono, fuori dal manicheismo che li vede contrapposti. Come affermava Sant’Agostino: «riconoscendo il bene come bene, si può scegliere il bene». È un effetto della nostra scelta (nel presupposto della nostra libertà), in questo senso il male è una perversione della volontà che rinuncia al bene. Anni fa, su questa scia argomentativa, osservavo che «una riforma radicale e improvvisa non è realizzabile, né consigliabile», in proposito A. Pierobon,Territori e mappe della «Green economy» italiana, in Azienditalia, 4, 2016.

23 D. Antiseri, Che cosa vuol dire essere razionali, in D. Antiseri - R. Boudon - R. Viale, Teoria della razionalità, II, Roma, 1993, 64. E, nella Colonna infame, il Manzoni mostra la Provvidenza non estranea: «Non paia strano il vedere uomini i quali non dovevan essere anzi non eran certamente di quelli che vogliono il male, vederli, dico, violare così apertamente e crudelmente ogni diritto; giacché il credere ingiustamente, è strada a ingiustamente operare, fin dove la ingiusta persuasione possa condurre; e se la coscienza esita, s’inquieta, avverte, le grida d’un pubblico hanno la funesta forza (in chi si dimentica d’avere un altro giudice) di soffocare i rimorsi; anche d’impedirli» cit. da G. Vigorelli, Il Manzoni e il silenzio dell’amore, Roma, 1954, 78.

24 Che possiamo chiamare anche «politiche».

25 Per Leopardi non è così se scriveva nello Zibaldone che «intanto l’infelicità necessaria de’viventi è certa». Al contempo si distrugge quel che si pone prima al bene/male; vero/falso; perfetto/imperfetto, in tal modo tutti diventiamo come dire... «perfetti» (sic!). Cfr. anche Z. Bauman, Meglio essere felici, Roma, 2017.

26 Il che è avvertito anche dagli esperti in materia, ex multis P. Ficco, Sostenibilità è anche una comunicazione che si pone in continuità tra passato e futuro , Editoriale, Rifiuti. Bollettino di informazione normativa, n. 306, giugno 2022.

27 L. Bruni, La foresta e l’albero. Dieci parole per un’economia umana, Milano, 2016, 13. Altrove afferma, Id., L’economia che fa vivere. Diario di un economista in un’età di crisi , Padova, 2022, 35 «Nel mondo economico c’è un bisogno crescente di una nuova classe dirigente, meno esperta di tecniche e di strumenti, e più esperta in umanità; meno occupata in infinite riunioni e più presente in mezzo ai lavoratori, per vederli lavorare e quindi conoscerli». Anche perché «L’ecologia va inserita dentro l’economia, in quella ecologia-economica integrale che è il grande messaggio della Laudato si’» ibidem, 140.

28 A. Minc, Il denaro pazzo, Milano, 1993, 141, 162, 166. Va detto che «Gli ecologisti non indagano mai sulla disoccupazione di lunga durata, sul reddito minimo, sull’esclusione» ignorando così il lavoro e qui sta «la tentazione reazionaria dell’ecologia» ibidem, 168. Peraltro l’ecologia «non ha affatto sconvolto quella toccante unanimità: i partiti di sinistra e di destra s’indaffarano nello stesso modo, colorando di verde i loro discorsi e giocando, quando ne hanno il potere, su alcuni semplici simboli» ibidem, 238.

29 Oltre 40 casistiche sono spiegate e contestualizzate in A. Pierobon, Ho visto cose. Tutti i trucchi che rubare in Italia raccontati da un manager pubblico , Milano, 2017,

30 Che vanno collegate e svelate anche nell’esistenza (o meno) delle attività di cui alle operazioni cosiddette preparatorie e/o propedeutiche (necessarie o meno è appunto da capirsi - oltre il dato normativo - con delle «microanalisi» ad hoc) sulle quali una utilissima ricostruzione è offerta da A. Galanti, Trattamento meccanico dei rifiuti indifferenziati e abusività della condotta , in Lexambiente, 2, 2022, ove, giustamente, ci si richiama ai BREF e alle BAT il cui rispetto costituisce la base per il rilascio e il rinnovo delle AIA.

31 Come avviene nel «pensiero autobiografico»: ridando un senso, sentendo di vivere, ripatteggiando con quanto si è stati, mitigando la nostra soggettività nella rappacificazione e compassione, ci si libera e ci si ricongiunge anche col passato e col futuro. Cfr. D. Demetrio, Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Padova, 1996.

32 «Per i profeti camminare è più importante di capire il senso della corsa» così A.C. Scardicchio,Questa grammatica della vita spirituale, in L. Bruni, E c’era soltanto una voce. Piccolo saggio sulla vocazione, Otranto, 2021, 11-12.