Il contributo della una politica ambientale in materia di rifiuti ad un uso più efficiente delle risorse.

di Massimo MEDUGNO

 





  1. Prologo

Quella del 2012 verrà ricordata come un estate calda, sotto molti punti di vista… e non solo sotto il profilo climatico.

Alle vicende di uno dei più grandi impianti siderurgici d’Europa si aggiungono le notizie sul tema dei rifiuti che provengono qua e là: le ecoballe andata a fuoco in Campania, discariche che vanno in fumo in Sicilia e le tensioni che percorrono alcune aree delle città di Roma legate alla localizzazione di un impianto di smaltimento

Non era molto diverso il dibattito in materia di rifiuti nell’estate del 2011. A parte la vicenda del Sistri (la cui improvvisa scomparsa si consumava in una notte a cui seguiva una resurrezione…anzi una sospensione fino al giugno 2013, alla luce delle ultime disposizioni legislative..), ho conservato memoria di un paio di articoli di quell’estate che mi sembrano ancora attuali.

Un primo articolo pubblicato da “il Fatto Quotidiano” del 25 agosto 2011 intitolato “L’economia della spazzatura”. In sintesi, l’articolo rifletteva su dove sta andando l’economia italiana (e di conseguenza sui beni che vengono esportati), evidenziando “che il 30% dei container che vanno in Estremo Oriente è colmo di immondizia.”

L’articolo definiva “l’immondizia” quella che è una vera e propria materia prima che viene utilizzata dall’industria cinese, alla spasmodica ricerca di materie prime.

Un secondo articolo, quello de “La Stampa”, pubblicato il 28 agosto, sempre del 2011, intitolato “ la mondezza di Napoli diventa Oro in Svezia”. L’articolo iniziava riferendo che la città di Halmstad riceverà un primo lotto di 5.000 tonnellate di rifiuti dalla Campania facendosi pagare 40 euro la tonnellata. Taglierà così del 20% le bollette degli utenti. L’articolo ricorda anche che in Svezia il consumo di rifiuti non riciclabili come combustibili si è quadruplicato e che oggi rappresentano circa il 15% del fabbisogno totale delle centrali termiche e termoelettriche.

Ci ridurremo a esportare rifiuti per dare ad altri materie prime ed energia?

A questa domanda, si deve dare una risposta che coniughi ambiente e sviluppo economico.

L’occasione, anche questa volta, mi è data da alcune dichiarazioni estive.

Faccio riferimento all’Assessore all’Ambiente della Regione Toscana, Bramerini, che commentando un esempio concreto di politica industriale in materia di riciclo sviluppata in Toscana, nell’agosto 2012 ha dichiarato: “Faccio questa proposta concreta al ministro: l'Italia segua l'esempio della Toscana e metta degli incentivi non solo per le energie rinnovabili, ma anche per le materie rinnovabili.” (da www.greenreport.it ).

Non è certo la sede e il momento per saltare sul carro degli incentivi, ma mi sembra che l’Assessore colga un aspetto importante collegato al destino manifatturiero (o meno) dell’Italia e, in fondo, alla collocazione stessa del nostro Paese nell’economia mondiale dei prossimi decenni 1. Ancora alcune dichiarazioni del Ministro Clini, sempre del mese di agosto 2012, che, rispetto alla situazione della gestione rifiuti a Roma indica l’esempio delle altre capitali europee: “Differenziare e riciclare” (Il Messaggero, Cronaca di Roma, 21 agosto 2012). E, infine, tristemente dovere ancora registrare: “Il progetto di Sottile: all’estero i rifiuti in surplus” (Il Corriere della Sera, Roma, 28 agosto 2012).

Premessa

Le politiche di gestione dei rifiuti e al riciclaggio non sono altro che una parte del più ampio capitolo dell’efficienza delle risorse. Esse sono state inserite nel marzo 2010 tra le sette iniziative prioritarie della Strategia Europa 2020 per un'economia a bassa emissione di gas di serra, per aumentare l'uso di fonti di energia rinnovabile e promuovere l'efficienza energetica.

Successivamente la Commissione Europea, il 2 febbraio 2011, ha pubblicato una comunicazione dal titolo “Affrontare le sfide dei mercati delle merci e delle materie prime” nella direzione di garantire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e che è strettamente legata all’iniziativa per l’uso efficiente delle risorse in Europa. L’impegno all’uso efficiente delle risorse era stato già rafforzato, nel novembre 2010, dal vertice del G20 di Seoul dove i Paesi si erano impegnati a indirizzare la volatilità dei mercati alimentari e l’eccessiva volatilità del prezzo del petrolio. Detta iniziativa si basa su tre pilastri:

  1. garantire condizioni di parità nell'accesso sostenibile alle materie prime tra tutti i Paesi;

  2. promuovere un approvvigionamento sostenibile di materie prime provenienti dall’UE;

  3. e, appunto, aumentare l’efficienza delle risorse e promuovere il riciclaggio.

Nella più recente “Roadmap verso un’Europa efficiente nell’utilizzo delle risorse”, pubblicata il 21 settembre 2011, la Commissione europea ha evidenziato come nel corso del XX secolo l’impiego di combustibili fossili nel mondo è cresciuto di 12 volte e l’estrazione di risorse materiali di 34 volte.

Nella UE, secondo la stessa Roadmap, ogni cittadino consuma ogni anno 16 t di materiali, 6 delle quali sono sprecate (la metà finisce in discarica). È però ormai evidente che l’epoca delle risorse abbondanti e a basso costo è finita, le imprese devono far fronte all’aumento dei prezzi di materie prime e minerali essenziali, la cui scarsità e instabilità sul fronte dei prezzi hanno ripercussioni negative sull’economia. Le fonti di minerali, metalli ed energia, così come gli stock ittici, il legno, l’acqua, i suoli fertili, l’aria pulita, la biomassa e la biodiversità stanno subendo pressioni, così come avviene per la stabilità del sistema climatico.



La Resource Efficiency Transition Platform



La Commissione europea ha istituito di recente una Resource Efficiency Transition Platform composta da rappresentanti ad alti livelli dei gruppi di stakeholder. Il ruolo della Piattaforma sara’ quello di facilitare la Commissione nell’individuare le priorita’ nel contesto della Roadmap, in particolare per quanto riguarda la definizione di indicatori e possibili obiettivi sull’uso delle risorse. La prima riunione della Resource Efficiency Transition Platform si e’ tenuta lo scorso 5 giugno. I gruppi di lavoro coinvolti nella Piattaforma dovrebbero elaborare una prima serie di raccomandazioni entro un anno e un secondo documento entro la metà del 2014. La Piattaforma è online all’indirizzo http://ec.europa.eu/environment/resource_efficiency





L’industria della Gran Bretagna chiede un’iniziativa forte per superare la scarsità delle materie prime.



Nell’agosto 2012 l’industria UK ha chiesto al Governo di un’azione urgente contro quello che viene definito il “material crunch”.



Tra le proposte indicate nel documento se ne segnalano due in particolare:



  • una “task force” per rivedere i target odierni e raccomandare cambiamenti delle politiche che migliorino il riciclaggio;

  • il bando dei materiali riciclabili negli impianti di recupero energetico e in discarica.



Per approfondimenti: http://www.eef.org.uk/

 



  1. La trasformazione dei rifiuti in risorsa

Una corretta gestione dei rifiuti e la loro trasformazione in risorsa rappresenta dunque un passaggio fondamentale verso un utilizzo efficiente delle risorse naturali. Il rispetto e l’applicazione dei principi comunitari della gerarchia della gestione dei rifiuti consente, come avviene da anni in molti Stati membri EU, di ridurre al minimo il ricorso alle discariche, di risparmiare risorse naturali, di aumentare la competitività di molti settori industriali, e non ultimo di ridurre l’impatto ambientale e le emissioni di gas ad effetto serra.

In alcuni Stati Membri, la gestione integrata dei rifiuti è migliorata negli ultimi anni con alti tassi di riciclaggio e recupero di materia ed energia e con quantità sempre minori smaltite in discarica. Al contrario in altri Stati, tra i quali Italia Spagna e Grecia, la discarica rimane la soluzione preponderante. Oggi circa il 50 % dei rifiuti prodotti dall’EU (3 mld. di t) viene ancora smaltita in discarica. Nella Figura seguente si riportano i dati Eurostat 2008 (gli ultimi disponibili) dei rifiuti prodotti in alcuni Stati per attività economica.

Rifiuti prodotti per attività economica (%) (dati Eurostat 2008)

In Italia e Spagna i rifiuti urbani incidono sul totale rispettivamente per il 18 e il 16 %. Negli altri Stati Membri considerati tale incidenza si attesta intorno al 8-9 %. Inoltre, in Italia i rifiuti derivanti dalle attività estrattive e dalle attività di costruzione hanno incidenza pari al 40 % sulla produzione totale di rifiuti: il dato più basso rispetto ai Paesi considerati. Nella Figura 2.1-2 vengono riportate le modalità di gestione dell’interna produzione dei rifiuti (Urbani, Speciali pericolosi e non pericolosi, rifiuti da costruzione e demolizione, etc.) nei principali Paesi europei





Gestione dei rifiuti (dati Eurostat 2008)

Da una prima analisi dei dati riportati in Figura, per il nostro Paese l’Italia risulta dei più bassi tassi di recupero dai rifiuti di energia delle frazioni combustibili.

Sull’intero panorama dei rifiuti prodotti, il ricorso alla discarica in Italia sembra essere in linea con quello degli altri Paesi europei. Se si considerano però i soli rifiuti urbani la discarica rimane ancora la soluzione più sfruttata (più del 50% dei rifiuti urbani prodotti).

Inoltre nel 2008, dall’Italia sono state esportate circa 2,5 Mt di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (Import 2008 pari a circa 2 Mt)2. Dagli ultimi dati ISPRA disponibili, nel 2009 si è verificato un aumento significativo delle quantità totali di rifiuti speciali esportate dal nostro Paese (3,2 Mt)3: ad esempio, nel 2010 sono state esportate 1,6 Mt di carta da macero (a fronte di un import di 500 mila) e circa 260 mila t di plastiche (a fronte di un import di 140 mila t). In entrambi i casi il principale mercato è la Cina4. Tale trend dovrebbe essere invertito nell’ottica di un utilizzo efficiente delle risorse.

Come sopra illustrato, i rifiuti urbani sono solo una componente della produzione totale di rifiuti e pesano per meno del 20% sul totale dei rifiuti generati in Italia. Tuttavia, per difficoltà di raccolta e gestione e per potenzialità di recupero perse, sono proprio i rifiuti urbani che meritano la maggiore attenzione.

Pertanto in Italia esistono notevoli margini di miglioramento dei livelli di recupero di materia e recupero di energia dei flussi attualmente monitorati.

Ciò significa, da una parte, migliorare il ciclo dei rifiuti e delle materie prime secondarie utilizzate nel recupero della materia, dall'altra, utilizzare di più i rifiuti per produrre energia come strumento per supportare il riciclo (nel rispetto, quindi, della gerarchia comunitaria) e contribuire alla competitività del Paese in termini di bolletta energetica e di rispetto della Direttiva Emissions Trading.

 

  1. Quadro di riferimento programmatico e normativo

Nell’ottica di trasformare i rifiuti in risorse e migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse va evidenziato che il quadro di riferimento normativo e programmatico rappresentato dalla Direttiva Rifiuti n. 98/2008 (recepita dall’Italia con il Dlgs n. 205/2010) offre una serie di indicazioni.



  1. Obiettivi di riciclaggio dei rifiuti provenienti dai nuclei domestici.

In proposito va preliminarmente ricordato il Considerando n. 28 della Direttiva 98 secondo cui “La presente direttiva dovrebbe aiutare l’Unione Europea ad avvicinarsi a una “società del riciclaggio”, cercando di evitare la produzione di rifiuti e di utilizzare i rifiuti come risorse (…)”. Ancora più significativo il Considerando n. 29, secondo il quale “Gli Stati membri dovrebbero sostenere l’uso di materiali riciclati (come la carta riciclata) in linea con la gerarchia dei rifiuti e con l’obiettivo di realizzare una società del riciclaggio e non dovrebbero promuovere, laddove possibile, lo smaltimento in discarica o l’incenerimento di detti materiali riciclati”.

Proprio tenendo conto del Considerando n. 28 (sopra ricordato) il comma 2 dell’art. 11 (“Al fine di rispettare gli obiettivi della presente direttiva e tendere verso una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse”) prevede l’adozione di una serie di misure da parte degli Stati membri. Innanzi tutto:

  • entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti da nuclei domestici, sarà aumentata complessivamente almeno del 50% in termini di peso: detta preparazione e riciclaggio potrà comprendere flussi di altra origine se simili a quelli domestici;

  • sempre entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di rifiuti di costruzione e demolizione non pericolosi, escluso le terre e rocce non contenenti sostanze pericolose (voce 17 05 04) , sarà aumentata almeno al 70% in termini di peso.

Sarà la Commissione europea a definire le modalità dettagliate di attuazione e di calcolo per verificare la conformità con gli obiettivi sopra indicati.

Dette modalità potranno includere periodi di transizione per gli Stati membri che nel 2008 abbiano riciclato meno del 5% rispetto ad una delle due categorie sopra indicate (rifiuti provenienti da nuclei domestici; rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi) (art. 11, comma 3). In questa attività la Commissione seguirà la procedura di regolamentazione tramite la c.d. “Comitologia” ovvero con il supporto degli Stati membri.

Gli obiettivi sopra indicati sono ora trattati dal nuovo art. 181 del DLgs n. 152/2006, come innovato dall'art. 6 del DLgs n. 205/2010 che ha recepito la citata Direttiva 98.

Nel comma 1 vengono definite le autorità competenti nella promozione del riciclaggio di alta qualità e nel soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio.

Secondo questo comma, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformità a quanto previsto dall’articolo 205. In piena aderenza al disposto della Direttiva resta fermo l'obiettivo che, le autorità competenti entro il 2015, effettuino la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro.

Il comma 3 prevede, quindi, con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per l'adozione di misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformità ai criteri di priorità previsti nonché misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità, privilegiando la raccolta differenziata, eventualmente anche monomateriale, dei rifiuti.

In conclusione, va evidenziato che gli obiettivi riguardano proprio i rifiuti provenienti dai nuclei domestici (e rispetto alle quali vi sono le maggiori criticità, si veda il Prologo e la Premessa di cui sopra) proprio per “tendere verso una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse”.



 

  1. Autosufficienza e prossimità

 

Già l’art. 5 della Direttiva 75/442 prevedeva che gli Stati membri, di concerto con gli altri Stati membri, quando opportuno, adottassero le misure appropriate per una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento. Questa rete avrebbe dovuto consentire alla Comunità di raggiungere, nel suo insieme, l’autosufficienza in materia di smaltimento di rifiuti e ai singoli Stati membri di mirare al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti. Tale rete, sempre secondo lo stesso art. 5, avrebbe dovuto, inoltre, permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini.

Inoltre, gli Stati membri avrebbero avuto la facoltà di prendere i provvedimenti necessari per impedire movimenti di rifiuti non conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti comunicandoli alla Commissione e agli Stati membri.

Nell’art. 16 della nuova Direttiva Rifiuti resta fermo il principio che gli Stati membri adottano le misure per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento di rifiuti e di recupero dei rifiuti urbani non differenziati (“provenienti dalla raccolta domestica”).

Ciò include i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.

Vengono, quindi, introdotte due significative novità.

La prima è la possibilità di limitare le spedizioni in uscita dei rifiuti per motivi ambientali ovvero qualora detti rifiuti non siano recuperati con standard equivalenti a quelli europei secondo quanto previsto dal Regolamento n. 1013/2006. Non si tratta della prima volta che le normative comunitarie si occupano di questa materia e si tratta di una affermazione piuttosto significativa.

La seconda, in deroga al medesimo Regolamento n. 1013, riguarda la facoltà di limitare le spedizioni in entrata dei rifiuti destinati ad impianti di incenerimento qualora ciò producesse un impatto negativo sui piani di gestione nazionali 5.

Come noto il Regolamento n. 1013/2006 sulle spedizioni dei rifiuti, è entrato in vigore nel luglio 2007 ed ha sostituito il precedente Regolamento n. 259/1993.

Il Regolamento 1013 citato riduce le tre liste verde, ambra e rossa in due. Sotto il profilo procedurale per la verde è sufficiente che il materiale venga accompagnato dal nuovo modulo previsto dall’Allegato VII del Regolamento n. 1013 e venga gestito in impianti autorizzati, mentre per i rifiuti in lista ambra e rossa è necessaria la preventiva procedura di notifica scritta. Casi particolari sono previsti per alcuni Paesi dell’Unione Europea e dell’area non OCSE.

In particolare il Regolamento 1013 (insieme con i successivi n. 1379 e 1418, entrambi del 2007) innova documenti e modalità, rafforzando il monitoraggio. Per questo l’art. 28 dello stesso Regolamento n. 1013, ammettendo che vi possa essere disaccordo sulla definizione di rifiuto, prevede che si applichi la normativa sui rifiuti, ma comunque fa espressamente salva la possibilità di applicare la normativa dello stato di destinazione nel caso in cui essa sia conforme a quella comunitaria e internazionale.

Ma il Regolamento n. 1013 si fa carico, oltre che di esigenze ambientali, anche di quelle di competitività. In questo senso deve essere letto il riferimento a condizioni uniformi di riciclo nel Paese di destinazione: qualora queste non fossero conformi a quelle del paese di spedizione è prevista, a certe condizioni, la possibilità di opporsi alla spedizione.

Infatti, secondo il Regolamento n. 1013 il principio dell’autosufficienza viene ottemperato nel “caso di rifiuti pericolosi prodotti in uno Stato membro di spedizione in quantitativi annui talmente limitati per cui risulti antieconomico approntare nuovi impianti specializzati in detto Stato” (art. 11, paragrafo 3).

Le obiezioni alle spedizioni di rifiuti destinati al recupero sono regolamentate dall’art. 12. Se ne ricordano alcune:

  • se il rifiuto è destinato a smaltimento e non a recupero;

  • se l’attività è inclusa nella Direttiva IPPC, ma non applica le BAT;

  • se il rifiuto non viene trattato in linea con gli standard ambientali europei e gli obblighi previsti nella legislazione europea.

Quest’ultimo aspetto può essere meglio compreso se si rilegge il Considerando n. 22 del Regolamento 1013, che fa riferimento all’istituzione “di condizioni uniformi per il riciclo e concorrere a garantire che non sia ostacolato lo sviluppo di un mercato del riciclo economicamente conveniente. E’ necessario, pertanto, sviluppare condizioni uniformi a livello comunitario per il riciclo, mediante l’applicazione di norme comuni in determinati settori, se del caso e anche in relazione ai materiali secondari, per migliorare la qualità del riciclo”.

Quali e come accertare questi “standard” e “condizioni uniformi” sembra restare una questione irrisolta a livello comunitario e appare demandata ai singoli Stati membri.

Tuttavia, proprio la Decisione n. 753 del 2011 per il calcolo degli obiettivi di riciclaggio emanata in attuazione della Direttiva Rifiuti, dà qualche indicazione in merito. Essa prevede, infatti, regole e modalità di calcolo per verificare il rispetto degli obiettivi di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio. L’art. 2 prende in considerazione il caso dei rifiuti esportati fuori dell'Unione per essere preparati a essere riutilizzati, riciclati o sottoposti a un'altra forma di recupero di materiale. Essi sono contabilizzati come preparati a essere riutilizzati, riciclati o sottoposti a un'altra forma di recupero soltanto in presenza di prove attendibili attestanti che l'invio è conforme alle disposizioni del regolamento (Ce) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, in particolare dell'articolo 49, paragrafo 2 e cioè con la garanzia che essi siano gestiti secondo metodi ecologicamente corretti per tutta la durata della spedizione, compreso il recupero.

Va ricordato che l’art. 16 della Direttiva, riguardante “standard equivalenti a quelli europei”, conta almeno un precedente.

Infatti, l’ultima Direttiva in materia di imballaggi (2004/12/CE) prevede, ad esempio, che i rifiuti di imballaggio esportati saranno presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento dei nuovi obiettivi previsti, solo se esistono6 “prove tangibili” che l’operazione di recupero e/o riciclaggio sia stata effettuata con modalità “grosso modo equivalenti” a quelle previste al riguardo della legislazione comunitaria.

I successivi commi 2 e 3 dell’art. 16 riprendono in parte quanto già previsto dalla preesistente Direttiva.

Secondo il comma 2 la “rete” è concepita in modo da consentire alla Comunità di raggiungere, nel suo insieme, l’autosufficienza in materia di smaltimento di rifiuti e di recupero dei rifiuti non differenziati provenienti dalla raccolta domestica e ai singoli Stati membri di mirare individualmente al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti. Tale rete, secondo il successivo comma 3, deve, inoltre, permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini.

In ultimo, il comma 4 introduce una clausola di “chiusura” in materia. Essa chiarisce che “I principi di prossimità e autosufficienza non significano che ciascuno Stato debba possedere l’intera gamma di impianti di recupero finale nel suo interno”.

Le norme comunitarie trovano nella normativa nazionale un adeguato recepimento.Il nuovo comma 3 dell'art. 182 (come modificato dall'art. 8 del Dlgs n. 205/2010) prevede espressamente che sia “vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.”

Altra disposizione di grandissimo interesse riguarda i c.d. “waste by waste” ed è prevista dal nuovo comma 2 dell'art. 182 (sempre ad opera dell'art. 8 del Dlgs n. 205 citato) che dispone per lo smaltimento “(...) ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di recupero”.

Alla luce del principio dell’autosufficienza (già stabilito espressamente dall’art. 5, comma 3, lett. a) del DLgs n. 22/97) ed ora riconfermato dall’art. 182, comma 3 lett. a) del DLgs n. 152/2006, il divieto di smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale è pienamente applicabile solo ai rifiuti urbani non pericolosi nonché ai rifiuti speciali assimilabili (sentenze n. 196 del e n. 335 del 19 ottobre 2001 della C. Costituzionale)7; dall’altro lato, si è invece statuito che il principio dell’autosufficienza locale e il connesso divieto di smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale non possa valere per quelli “pericolosi”, i quali necessitano di processi di smaltimento appropriati e specializzati (sentenza n. 281 del 14 luglio 2000 della C. Costituzionale)8. Di recente la Corte Costituzionale (sentenza n. 10 del 23 gennaio 2009)9 ha dichiarato l’illegittimità della legge della Regione Puglia nella parte in cui limita lo smaltimento di rifiuti speciali (pericolosi e non) provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi in cui le strutture site nella Regione costituiscano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali.

Ma in tema di autosufficienza e prossimità è fondamentale il nuovo art. 182 bis (“Principi di autosufficienza e prossimità”) come modificato dall'art. 9 del Dlgs n. 205/2010.

Il primo comma, infatti, prevede che lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati siano attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

    1. realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;

    2. permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;

    3. utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

Il successivo comma 2 prevede che sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l’ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza la necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti.

L'ultima parte del secondo comma è particolarmente interessante: secondo questa disposizione può essere altresì limitato, con le stesse modalità, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.

Tutti questi provvedimenti dovranno essere notificati alla Commissione europea.

In stretta connessione con queste disposizioni va considerato il comma 5 dell'art. 181 che introduce il concetto della “prossimità” agli impianti di recupero, secondo il quale “per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero.”



Recycling made in Europe



Syctom, l’Agenzia Municipale per i Rifiuti Domestici di Parigi, include nel contratto di vendita di carta e cartone recuperati una clausola di prossimità.

Un recente studio spagnolo ITENE quantifica l’impatto ambientale del trasposto di carta da macero dalla Spagna alla Cina considerando sia il trasporto via terra che via mare. Il trasporto di un container di 25 tonnellate di macero dalla Spagna alla Cina comporterebbe tra le 5 e le 7 tonnellate di emissioni di CO2. Basti pensare che la distanza minima tra una località spagnola di carico del macero, ad esempio Barcellona, e la città più vicina della Cina (Shenzhen) è di ben 14.893 Km.

Lo studio è in linea con la legislazione spagnola in materia di rifiuti dallo scorso luglio prevede il così detto “riciclo di prossimità” o “recycling made in Europe” (paragrafo 16.3 della direttiva spagnola sui rifiuti). Sono infatti previste misure temporanee da parte dell’autorità pubblica per dare priorità al riciclo del macero entro i confini europei per motivi di impatto ambientale.

La norma spagnola trova qualche analogia con il recepimento italiano della Direttiva Rifiuti, avvenuto con il Decreto Legislativo n. 205/2010, che prevede “…per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero … di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero” e i produttori di carta supportano la prossimità dell’export come occasione territoriale sotto il profilo industriale e sociale.

http://www.itene.com/itene/html_es/i_d_i/papelchina.htm

 

 



 

Con l’autosufficienza e la prossimità si intendono affrontare due problematiche essenziali:

  • una rete di impianti nel territorio tale da garantire un minimo di autosufficienza;

  • per quanto concerne il recupero in particolare, creare le condizioni affinché nei territori prossimi alla raccolta dei materiali vi possa essere un’opportunità sotto il profilo industriale e sociale.

 

  1. Impianti di recupero di preminente interesse nazionale per lo sviluppo del Paese.

Il DLgs n. 152/2006 dà un grande rilievo agli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti tanto da prevedere l’individuazione di quelli di “preminente interesse nazionale” da realizzare ai fini della modernizzazione e dello sviluppo del Paese.

Infatti, l’art. 195, comma 1 lett f) prevede l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell'erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili.

Una consapevolezza che non può certo prescindere dall’altra: quella della difficoltà di un tale impegno.

Infatti, l’art. 195, comma 1 lett g) prevede, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione;

Iniziative improntate tutte ad un sano pragmatismo: infatti l’art. 199, comma 1 lett m) prevede le iniziative volte a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino.

In questi mesi c’è un gran scrivere e parlare di infrastrutture necessarie al Paese. Anche qui le norme sono un chiaro indirizzo per affrontare le lacune e le carenze che sono davanti agli occhi di tutti.

  1. Il ruolo dell’industria.

Appare evidente che l’”ordine di priorità” nella gestione dei rifiuti, più che essere “garantito” dall’art. 4 della Direttiva Rifiutri che lo indica espressamente (i c.d. “five-steps”) e dall'art. 179, comma 1 del Dlgs 152/2006 che è concretizzato dall’art. 11, comma 2 della Direttiva Rifiuti e dall'art. 181 del recepimento italiano.

Quest’ultimi, infatti, introducono degli obiettivi vincolanti per la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio, che verranno verificati dalla Commissione e rispetto al quale gli Stati membri dovranno inviare una relazione alla stessa.

Più che l’”ordine di priorità”, sarà il rispetto degli obiettivi previsti, che consentirà all’Unione Europea di avvicinarsi a una “società del riciclaggio” 10.

La Direttiva 98 non si riferisce all’industria solo in quanto settore riciclatore (si veda l’art. 11, comma 2 ), ma anche in quanto produttore del bene.

Per rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e l'altro recupero dei rifiuti, gli Stati membri possono adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia soggetto ad una responsabilità estesa del produttore. Tale responsabilità include la successiva gestione del rifiuto (art. 8, comma 1).

Nell'applicare la responsabilità estesa del produttore, gli Stati membri terranno conto della fattibilità tecnica e della praticabilità economica nonché degli impatti complessivi sociali, sanitari e ambientali, rispettando l'esigenza di assicurare il corretto funzionamento del mercato interno (art. 8, comma 3).

Da questa sintetica ricognizione sembra emergere quanto segue:

  • è fondamentale il collegamento tra raccolta dei rifiuti e industrie che riciclano. L’industria è considerato l’“asset” fondamentale per realizzare la società del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse. Questo è il senso del passaggio riguardante il “(….) fine di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i settori di riciclaggio pertinenti” (art. 11, comma 1);

  • la eventuale responsabilità estesa del produttore si riferisce a soggetti industriali che fabbricano ed immettono i beni sul mercato e riguarda anche la successiva gestione del rifiuto: ai gestori ambientali spetta, invece, il compito precipuo di fornire i necessari servizi ai produttori.

  • in ogni caso la Direttiva e, quindi, il recepimento introducono degli obiettivi di riciclaggio vincolanti.

I produttori e i settori industriali che riciclano sono, quindi, i riferimenti essenziali nella società del riciclaggio prevista dalla direttiva.

Fondamentale sarà, quindi, che la raccolta consenta degli adeguati standard qualitativi: ciò ovviamente sarà più semplice per le filiere “chiuse” (dove cioè il produttore è anche un riciclatore).

Ai produttori spetterà il compito fondamentale (nel caso di responsabilità estesa del produttore) di organizzare il sistema e di gestire direttamente il rifiuto avvalendosi ovviamente dei fornitori di servizi, in maniera tale che possano essere raggiunti gli obiettivi ambientali previsti in materia di riciclaggio.

  1. Un esempio pratico: il settore cartario

La filiera cartaria ha superato ampiamente gli obiettivi previsti dal legislatore europeo in materia di rifiuti di imballaggio: oltre il 79% dei rifiuti di imballaggio cellulosici sono stati riciclati nel 2011, pari a 3,5 milioni di tonnellate. Il Rapporto ASSOCARTA 2012 mostra come il tasso di riciclo (rapporto tra consumo di macero e consumo di carta e cartone) si sia attestato nel 2011 sul 47,2% (48,1% nel 2010). Sempre il Rapporto ASSOCARTA riporta che l’”European Declaration of Paper Recycling” (sottoscritta da 7 organizzazioni europee) lanciata dall’European Recovered Paper Council istituito presso CEPI fin dal 2000 con lo scopo di monitorare i progressi dell’industria europea nel campo del riciclo, ha fissato l’obiettivo di portare il tasso di riciclo per il complesso dei 29 paesi (UE 27 + Norvegia e Svizzera) al 70% entro il 2015. Il precedente obiettivo del 66% entro il 2010 era stato raggiunto e superato fin dal 2008.

La filiera cartaria del riciclo rappresenta quindi una componente chiave della Green Economy.

E, quindi, non esiste un’industria e l’industria del riciclo, ma c’è (già) un’industria che ricicla, che ha fatto dell’efficienza la sua ricetta vitale, ma che può fare ancora molto su questa via.

Basta volerlo e riportare la competitività dell’industria cartaria (come di altre) allo stesso livello dei concorrenti europei ed internazionali. Come? Ecco alcune proposte:

  1. emanare rapidamente misure per contenere i costi dell’energia del settore ed in particolare quello del gas, tramite innanzitutto lo “sbottigliamento” dei gasdotti perché la spesa per l’acquisto dell’energia rappresenta per il settore cartario una delle prime voci di costo con un’incidenza media del 20%, con punte anche del 40%. Il differenziale del prezzo del gas rispetto ai paesi europei è stato per tutto il 2011 di 5,7€/MWh. Se consideriamo che il gas costituisce il 90% dei costi energetici, nel primo caso di incidenza media del 20% sul costo di produzione, una riduzione del prezzo del gas del 10% porterebbe quest’ultimo dal 20% al 17% cioè a una contrazione dei costi totali intorno al 2%. Va ricordato che l’alto uso del gas è collegato all’ampia diffusione della tecnologia della cogenerazione, arrivata a soddisfare circa il 60% del fabbisogno elettrico del settore. Essa costituisce un “asset” che deve essere preservato e sostenuto anziché gravato da oneri ingiustificati sotto il profilo economico e giuridico. Il differenziale di costo del gas negativo per l’Italia viene riconosciuto anche dalla bozza di SEN nella parte in cui dice che sbottiglieranno il Transitgas. Ma senza attendere neanche i benefici per l’industria di questa azione la stessa bozza di SEN afferma istituiranno un conto energia termico alimentato dalle tariffe gas (costo annuo di 900 milioni di euro, ovvero se fosse spalmato piatto su tutti circa 1 centesimo di euro a mc ovvero anche 4% del prezzo del gas). Bisognerebbe chiedere che il conto non venga spalmato in maniera piatta su tutti ma meno sugli energivori e di più sul riscaldamento. Sono queste le contraddizioni in cui cade la politica industriale e ambientale nazionale;

  2. dare attuazione alle disposizioni di legge che impongono il recupero energetico prioritario per i rifiuti che provengono dal riciclaggio, prevedendo un più ampio ricorso agli impianti industriali esistenti; semplificare le procedure per la costruzione di nuovi impianti di termovalorizzazione asserviti al riciclaggio della carta, superando gli attuali limiti territoriali e regionali;

  3. avviare una riflessione sul raggiungimento degli obiettivi di riciclo previsti dalla Direttiva comunitaria 2008/98 ed all’attuazione delle disposizioni previste nella stessa direttiva e nel Regolamento 1013/2006 sui movimento transfrontalieri dei rifiuti, puntando in particolare sul principio di prossimità per il macero raccolto sul territorio nazionale, con l’obiettivo di costruire la Recycling Society. Va considerato, dunque, il comma 5 dell'art. 181 che introduce il concetto della “prossimità” agli impianti di recupero, secondo il quale “per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero”.

L’ambito in cui attuare il “principio di prossimità” dovrebbe trovare applicazione correntemente nei vari atti di enti e amministrazioni, ma anche - ad esempio – nell’accordo ANCI-CONAI. Va. Inoltre, considerato l’art. 16 della Direttiva n. 98, riguardante “standard equivalenti a quelli europei”, conta almeno un precedente. Infatti, l’ultima Direttiva in materia di imballaggi (2004/12/CE) prevede, ad esempio, che i rifiuti di imballaggio esportati saranno presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento dei nuovi obiettivi previsti, solo se esistono11 “prove tangibili” che l’operazione di recupero e/o riciclaggio sia stata effettuata con modalità “grosso modo equivalenti” a quelle previste al riguardo della legislazione comunitaria

La recente Decisione n. 753 del 2011 per il calcolo degli obiettivi di riciclaggio, emanata in attuazione della Direttiva Rifiuti, dà qualche utile indicazione in merito. Essa prevede, infatti, regole e modalità di calcolo per verificare il rispetto degli obiettivi di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/Ce richiamata. L’art. 2 prende in considerazione il caso dei rifiuti esportati fuori dell'Unione per essere preparati a essere riutilizzati, riciclati o sottoposti a un'altra forma di recupero di materiale. Essi sono contabilizzati come preparati a essere riutilizzati, riciclati o sottoposti a un'altra forma di recupero soltanto in presenza di prove attendibili attestanti che l'invio è conforme alle disposizioni del regolamento (Ce) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, in particolare dell'articolo 49, paragrafo 2 e cioè con la garanzia che essi siano gestiti secondo metodi ecologicamente corretti per tutta la durata della spedizione, compreso il recupero.

L’attuazione delle proposte sopraindicate può dare slancio a un settore importante della Green Economy proprio nella logica della Recycling Society indicata dall’ultima Direttiva Rifiuti, la n. 98/2008 e che è parte di una Filiera che fattura ogni anno 35 milioni di euro, con 250 mila addetti diretti.

In conclusione, il quadro normativo e programmatorio nazionale (grazie anche al determinante contributo della Direttiva Rifiuti comunitaria) sembra contenere alcune linee di azione particolarmente significative. Grande rilevanza hanno, inoltre, gli aspetti energetici che incidono fortemente sulla competitività dell’industria che ricicla e dai quali non possiamo prescindere se vogliamo raggiungere gli obiettivi della Recycling Society.

Senza industria non si ricicla…Al massimo potremmo diventare degli ottimi raccoglitori a beneficio di altre economie. Problematiche abbastanza chiare come altrettanto definite le linee di azione da percorrere(e qui c’è molto da migliorare) con tenacia e pacatezza.

 

1 Anche perché quando si pone al centro l’obiettivo di incentivare il riciclaggio, gli esiti non sono sempre soddisfacenti. Scorrendo l’Atto Camera 4240 B se ne ha una dimostrazione. Troviamo, infatti, l’art. 2 del ddl che modifica il d.lvo 152/06 che recita:

(Modifica all’articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di criteri di priorità nel trattamento dei rifiuti)

1. All’articolo 179, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «A tal fine i soggetti detentori che conferiscono rifiuti per il trattamento sono tenuti a intervenire per assicurare, nel caso in cui la dinamica dei prezzi di mercato produca esiti diversi, che il prezzo riconosciuto per il conferimento al riciclo sia, per la medesima tipologia di rifiuti, superiore a quello riconosciuto per il conferimento al recupero energetico. La violazione di tale obbligo è punita con la sanzione pecuniaria di 200 euro per ogni tonnellata di rifiuti».

E’ ben noto, infatti, che le norme di incentivazione all’impiego di biomasse quale fonte energetica stanno innalzando il costo di quelle materie prime che sono anche biomasse energetiche.

Ma è altrettanto vero che se questa proposta diventasse norma determinerebbe un ulteriore elemento per aumentare i costi della filiera energetica e delle materia prime. Con l’unico effetto….di incentivare lo smaltimento in discarica.

Eh si perché pagherebbe il “conferitore” anche le eventuali sanzioni per la violazione dell’obbligo. Insomma il rimedio sembra peggio del male.

Tuttavia, per limitare l’incremento dei costi delle materie prime/ biomasse un modo c’è, semplice e lineare, a beneficio dell’ambiente e dei costi del sistema: abbassare gli incentivi per le biomasse avviate a recupero energetico.





 

2 Fonte: "Rapporto Rifiuti speciali", ISPRA (2010), Movimento transfrontaliero rifiuti

3 Fonte: "Annuario dei dati ambientali 2011", ISPRA, Produzione e gestione dei rifiuti speciali

4 Fonte: “Il Riciclo Eco efficiente” (2012), pag.19

5 Peraltro, gli impianti di incenerimento di rifiuti solidi urbani potranno essere considerati impianti di recupero (allegato II) solo se la loro efficienza energetica sarà uguale o superiore a:

0,60 per gli impianti autorizzati o funzionanti prima del 1 gennaio 2009;

0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008.

6 Regole di questo tipo non devono sorprendere neanche in prospettiva storica.

La Repubblica di Venezia durante il secolo XIV vietò l’esportazione degli stracci utilizzati per far carta, mentre durante la “guerra fredda” altri scarti (vere e proprie materie prime), erano considerati strategici.

Infatti, queste materie prime (siano esse classificate rifiuti o meno, ma merceologicamente note come carta da macero, rottami, residui plastici ecc) sono molto importanti per l’industria manifatturiera europea. E proprio in Europa assistiamo al maggiore impulso verso la “Recycling Society” e a sistemi di raccolta differenziata, secondo regole di responsabilità ambientale che coinvolgono produttori, distributori ed anche i normali cittadini.

7 Pubblicata in www.cortecostituizionale.it.

8 Pubblicata in www.cortecostituzionale.it.

9 Pubblicata in www.cortecostituzionale.it

10 Si veda CEPI Guidelines for Transposition and Implementation of the Waste Directive 2008/98, Bruxelles, 2009 consultabile su www.cepi.org., sul punto pag. 11

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