La rimozione dei sindaci (in Campania: art. 3 d.l. 6.11.2008, n. 172, convertito dalla legge 30.12.2008, n. 210): due recenti sentenze

di Alberto Pierobon

(*) primi appunti di lettura

pubblicato su gazzetta enti locali on line del 17 maggio 2010

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma sez. I, 18.3.2010, n. 4275 è intervenuto sulla inosservanza degli obblighi posti a carico del Comune per quanto concerne lo stato di emergenza in materia di rifiuti, ovvero sulla rimozione del Sindaco (ex art.142, comma 1-bis, D.LGs. 267/2000 ss.mm. e ii.) affermando la competenza del Presidente della Repubblica.
Dopo la modificazione apportata dalla legge 25 marzo 1993, n. 81 alle ipotesi di scioglimento del consiglio comunale, disposto con decreto del Presidente della Repubblica, anche il provvedimento di rimozione del sindaco, adottato ai sensi dell'art. 40 della legge 8.6.1990, n. 142, comportando la necessità di sciogliere il consiglio comunale, appartiene alla competenza del Presidente della Repubblica (Cons. Stato, sez. IV, 28.5.1997, n. 582).
Tale orientamento è stato anche di recente confermato, rilevando che la rimozione del Sindaco e lo scioglimento del consiglio comunale sono due aspetti inscindibili del medesimo procedimento, atteso che alla prima consegue inevitabilmente il secondo (ex art. 141, comma 1, lett. b), punto 1, del cit. d.lgs. 267/2000). La decisione di operare la concentrazione unitaria in un'unica determinazione complessiva a carico dell'autorità competente ad adottare l'atto conclusivo del procedimento risulta quindi una scelta conforme a criteri di ragionevolezza e di economicità dell'azione amministrativa (Cons. Stato, sez. VI, 15.3.2007, n. 1264).
La questione relativa alla possibilità di disporre la rimozione del sindaco, alla luce dell’art. 142, comma 1-bis, del d.lgs. n. 267 del 2000, nell’imminenza della scadenza dello stato di emergenza (nel caso di specie, il giorno antecedente la scadenza dello stato di emergenza) fa emergere, più che un problema di legittimità, una perplessità ascrivibile all’area della valutazione dell’opportunità dell’atto, palesemente estranea alla giurisdizione di legittimità.
Le disposizioni degli artt. 141 e 142 del d.lgs. 267/2000, consentono al Governo di intervenire sugli organi degli enti locali in base al presupposto della sussistenza di gravi e persistenti violazioni di legge, e devono ritenersi compatibili con il sistema complessivo di equiordinazione degli enti locali con lo Stato e le regioni e con la più accentuata autonomia degli stessi ex art. 114 Cost., recati dal nuovo titolo V della Costituzione.
È illegittimo il decreto del Presidente della Repubblica di rimozione del Sindaco e, per l’effetto, di scioglimento del relativo consiglio comunale, adottato ai sensi degli artt. 141, comma 1, lett. b), n. 1 e 142, comma 1-bis, del d.lgs. n. 267/2000, norma, quest’ultima, introdotta in sede di decretazione d’urgenza (art. 3 del decreto-legge 6.11.2008, n. 172, convertito dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210), considerato che, nel caso di specie, il procedimento seguito non risulta aver soddisfatto il necessario accertamento della antigiuridicità della condotta, più rigoroso rispetto alla fattispecie di cui al comma 1 dell’art. 141 cit., in quanto sia preventivo, sia successivo alla contestazione formale ed al decorso del termine assegnato per provvedere.
Sotto questo profilo, le comunicazioni dell’amministrazione straordinaria, poste a base del provvedimento di rimozione, appaiono del tutto insufficienti ad integrare per tenore, coerenza temporale ed espositiva ed estremi formali, una seria ed effettiva contestazione di uno specifico e grave inadempimento preordinata alla rimozione di un organo elettivo di un ente territoriale.
La rimozione è stata fondata sull’accertamento della “grave e reiterata inerzia del predetto amministratore, nonostante le numerose diffide dal parte del Sottosegretario di Stato della Presidenza del Consiglio dei ministri delegato alla gestione dell’emergenza rifiuti nella Regione Campania, nel fronteggiare l’abbandono incontrollato dei rifiuti, anche su aree private, in violazione dei doveri del sindaco, di cui all’art. 192, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” nonchè della “violazione, protrattasi per un lungo periodo di tempo, dell’art. 198, comma 1, del sopramenzionato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
Ad avviso del ricorrente, nella fattispecie non sussistevano le condizioni per dar luogo all’applicazione del grave rimedio.
E ciò in quanto, alla luce di una corretta lettura della ratio e delle finalità dell’art. 142, comma 1-bis del tuel, volto non a colpire ex se le inadempienze rilevate a carico dei comuni, bensì a consentire il superamento dello stato di emergenza determinato dai rifiuti, anche mediante il coinvolgimento degli enti locali e l’apporto di un connotato cogente agli obblighi gravanti sugli stessi nelle attività di competenza, è innanzitutto da escludere che la misura possa essere adottata, come nella specie, senza l’individuazione di concrete responsabilità ed il giorno antecedente la scadenza, per la Campania, dello stato di emergenza stesso (primo motivo: violazione dell’art. 12 delle preleggi – violazione e falsa applicazione degli artt. 141 e 142 del t.u.e.l. – eccesso di po tere per illogicità, sviamento e manifesta ingiustizia).
Prosegue il ricorrente esponendo che il decreto di rimozione è altresì illegittimo per incompetenza, essendo stato adottato dal Presidente della Repubblica, anziché dal Ministro dell’interno, come previsto dall’art. 142, comma 1-bis, del t.u.e.l. (secondo motivo: incompetenza – violazione dell’art. 1 della l. 12 gennaio 1991, n. 13, che individua tassativamente gli atti da adottarsi nella forma del d.p.r.).Con la terza censura si entra nel merito della vicenda (violazione e falsa applicazione degli artt. 107, 141 e 142 tuel, 191 e 198 d. lgs. n. 152 del 2006, 9 l. n. 209 del 2006, 8, comma 4, o.P.C.M. n. 3868 del 2008, 1, comma 2, o.P.C.M. n. 3804 del 2009 - eccesso di potere per illogicità, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto e sviamento).
Il ricorrente rappresenta che le numerose diffide menzionate negli atti impugnati constano, in realtà di quattro inviti inoltrati dall’Amministrazione straordinaria nei mesi di agosto e settembre 2009: il che fa escludere che la asserita condotta violativa si sia protratta, come affermato, per un lungo periodo di tempo. Espone, poi, che l’art. 142, comma 1-bis, del d.lgs. 267/2000 è volto a sanzionare non carenze gestionali ovvero difficoltà oggettive del servizio di raccolta dei rifiuti (che nel territorio considerato sono particolarmente rilevanti, stante la sua estensione, nonchè la densità e la composizione della popolazione residente), bensì concrete responsabilità in tema di disciplina delle modalità dello stesso, riconducibili al sindaco o al singolo assessore o consigliere comunale. E, nella s pecie, alcuna inadempienza nell’organizzazione del servizio nel periodo in cui egli ha rivestito la carica è imputabile all’amministrazione, che ha adottato, prima, le ordinanze di cui agli artt. 50, d.lgs. 267/2000 e 191, d.lgs. 152/2006, resesi necessarie in virtù dell’esito infruttuoso delle gare bandite, affidando il servizio della raccolta dei rifiuti ad una ditta col quale è stato poi risolto il contratto per gravissime inadempienze della società, talchè il medesimo servizio è stato poi affidato al Consorzio Intercomunale anche per la raccolta differenziata, con piano approvato dall’Amministrazione straordinaria e adottato con ordinanza sindacale e ciò ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 61 del 2007, che imponeva ai comuni campani di avvalersi per tale ultimo servizio dei consorzi di bac ino. Entrato, infine, in vigore l’art. 11, comma 8 del d.l. n. 90 del 2008, è subentrato nelle relative attività il Consorzio Unico Napoli-Caserta: ma, poiché quest’ultimo non ha mai garantito un puntuale svolgimento del servizio, e l’amministrazione straordinaria, come avrebbe potuto, non ha fatto ricorso alla nomina di commissari ad acta per sopperire alle deficienze del Consorzio, il Comune è costantemente intervenuto per porre rimedio alle relative carenze, mediante contestazioni, assunzione diretta degli oneri economici di taluni interventi di rimozione, o manifestazione di disponibilità in tal senso. Tra l’altro, nel corso del 2009 il comune ha anche approvato il progetto per la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilabili.
Il ricorrente, inoltre, lamenta che sia stata imputata la violazione dell’art. 192, comma 3 del d.lgs. 152/2006, senza considerare che i siti interessati dal preteso disservizio afferivano non a proprietà privata, bensì a strade comunali, e che l’art. 5, comma 5, del d.l. n. 263 del 2006 affida all’Amministrazione straordinaria le iniziative in materia volte ad evitare pregiudizi alla salute ed all’incolumità pubblica.
La quarta censura (violazione e falsa applicazione degli artt. 141 e 142 t.u.e.l. – eccesso di potere per illogicità, sviamento e difetto di motivazione) è diretta avverso le contestazioni mosse dall’amministrazione straordinaria: il ricorrente, esponendo che tutte sono state, comunque, prontamente riscontrate, lamenta, quanto alla prima, che essa esorbiti dalla fattispecie normativa di riferimento, attinendo ai rapporti negoziali con i disciolti consorzi prima e con il Consorzio unico poi, e, segnatamente, alla esposizione debitoria del comune, quanto alle tre successive, intervenute nell’arco temporale dell’agosto-settembre 2009, che esse non configurano gravi inadempienze, non assegnano il termine per provvedere e non prospettano misure sanzionatorie. Con l’ultima censura (violazione degli artt. 7 e ss. legge 241 /1990 e falsa applicazione dell’art. 142 t.u.e.l.) si lamenta la carenza della comunicazione dell’avvio del procedimento da parte del Sottosegretario di Stato.
Nel merito: si invoca la giurisprudenza amministrativa in tema di competenza dell’atto adottato nella forma del decreto del Presidente della Repubblica a disporre la rimozione del sindaco in applicazione del tuel, e se ne rappresenta l’alto tasso di discrezionalità; quanto alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, si segnalano i poteri di deroga alla legge 241/1990 di cui è attributaria l’amministrazione straordinaria per la gestione dell’emergenza dei rifiuti e si invoca, in ogni caso, l’art. 21-octies della stessa verte anche sulla proposta di rimozione, formulata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri delegato alla gestione dell’emergenza rifiuti nella Regione Campania, organo straordinario che, sebbene autonomo, fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri: gli atti assunti da tale organo sono, pertanto, riferibili alla stessa Presidenza del Consiglio, che ha nei confronti del commissario delegato un carattere di supervisione e di indirizzo (così, per una fattispecie concernente l'emergenza rifiuti in Sicilia, Cons Stato, IV, 28.4.2004, n. 2576).
Costituendo, poi, la rimozione una interruzione patologica dello svolgimento di una carica pubblica, sussiste l’interesse del rimosso ad agire avverso il relativo provvedimento, indipendentemente dalla eventuale concomitanza di altre cause di cessazione dalla stessa.
Nell’ordine logico:

  • l'art. 142, comma 1-bis, del d.lgs. 267/2000 prevede che “Nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 – condizione sussistente in Campania all’atto del procedimento in esame, ndr –in caso di grave inosservanza degli obblighi posti a carico delle province inerenti alla programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale ed alla individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, ovvero in caso di grave inosservanza di specifici obblighi posti a carico dei comuni inerenti alla disciplina delle modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, della raccolta differenziata, del la promozione del recupero delle diverse frazioni di rifiuti, della raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio ai sensi degli articoli 197 e 198 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche come precisati dalle ordinanze di protezione civile, il Sottosegretario di Stato delegato alla gestione dell'emergenza assegna all'ente interessato un congruo termine perentorio per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, su proposta motivata del medesimo Sottosegretario, con decreto del Ministro dell'interno possono essere rimossi il sindaco, il presidente della provincia o i componenti dei consigli e delle giunte”;
  • l’ art. 141, comma 1, lett. b), del d.lgs. 267/2000 dispone, per quanto qui di stretto interesse, che i consigli comunali sono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, quando, a causa della rimozione del sindaco, non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi;
  • l’art. 192, comma 3, del d.lgs 152/2006 prevede che “Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”;
  • l’art. 198, comma 1 del d.lgs. 152/2006 prevede che “I comuni concorrono, nell'ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all'inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui al l'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”.

Il ricorrente segnala che il decreto di rimozione è stato adottato dal Presidente della Repubblica, anziché dal Ministro dell’interno, come previsto dall’art. 142, comma 1-bis, del t.u.e.l. Denunzia, pertanto, l’incompetenza e la violazione dell’art. 1 della legge 12.1.1991, n. 13, che individua tassativamente gli atti da adottarsi nella forma del d.P.R. Il motivo non è fondato.Il Collegio, invero, anche tenendo conto della fondatezza delle censure attinenti al merito della vicenda – di cui in seguito – ritiene, sul punto in trattazione, di aderire senz’altro all’orientamento giurisprudenziale, formatosi sul previdente ordinamento di settore, che ritiene che dopo la modificazione apportata dalla l. 25 marzo 1993, n. 81 alle ipotesi di scioglimento del consiglio comunale, disposto co n decreto del Presidente della Repubblica, anche il provvedimento di rimozione del sindaco, adottato ai sensi dell'art. 40, legge 8.6.1990, n. 142, comportando la necessità di sciogliere il consiglio comunale, appartenga alla competenza del Presidente della Repubblica (Cons. Stato, IV, 28.5.1997, n. 582).Del resto, tale orientamento è stato anche di recente confermato, segnalandosi che la rimozione del sindaco e lo scioglimento del consiglio comunale sono due aspetti inscindibili del medesimo procedimento, atteso che alla prima consegue inevitabilmente il secondo, come sancito dall'art. 141, comma 1, lett. b), punto 1), del t.u. enti locali; la decisione di operare la concentrazione unitaria in un'unica determinazione complessiva a carico dell'Autorità competente ad adottare l'atto conclusivo del procedimento, piuttosto che dare luogo all'artifici osa scissione in due statuizioni contestuali, risulta quindi opzione conforme a criteri di ragionevolezza e di economicità dell'azione amministrativa (Cons. Stato, VI, 15.3.2007 , n. 1264).Il Collegio, poi, non rilevando nella applicata disposizione dell’art. 142, comma 1-bis del tuel alcuna preclusione di carattere temporale, ritiene che l’ulteriore questione introdotta dal ricorrente, ovvero se la corretta lettura della ratio e delle finalità della norma stessa imponeva di escludere che la rimozione potesse essere disposta, come nella specie, il giorno antecedente la scadenza dello stato di emergenza (primo motivo: violazione dell’art. 12 delle preleggi – violazione e falsa applicazione degli artt. 141 e 142 del t.u.e.l. – eccesso di potere per illogicità, sviamento e manifesta ingiustizia), fa emergere, più che un p roblema di legittimità, una perplessità ascrivibile all’area della valutazione dell’opportunità dell’atto, palesemente estranea alla presente sede giudiziale.Passando, quindi, allo stretto merito dell’odierno contenzioso, il Collegio sottolinea, in via generale, che la giurisprudenza amministrativa (da ultimo, Cons. Stato, n. 1264 del 2007 cit.) ha ritenuto compatibile con il sistema complessivo di equiordinazione degli enti locali con lo Stato e le regioni e con la più accentuata autonomia degli stessi ex art. 114 Cost, recati dal nuovo Titolo V della Costituzione, le disposizioni degli artt. 141 e 142 tuel, che consentono al Governo di intervenire sugli organi degli enti locali in base al presupposto della sussistenza di gravi e persistenti violazioni di legge. Ciò in quanto, si è osservato, il vigente ordinamento costituzionale contempla due forme di ingerenza statale nell'autonomia delle amministrazioni locali: quella di natura sostitutiva di cui all'art. 120 Cost., che fa fronte ad esigenze oggettive da perseguire con un intervento surrogatorio, e quella, riferibile sotto il profilo sistematico agli artt. 126 e 117, comma 2, lett. p), Cost., che è espressione di un potere di controllo sugli organi e presuppone la sussistenza di violazioni da sanzionare, in vista del soddisfacimento di un rilevante interesse nazionale.In altre parole, la rimozione degli amministratori degli enti locali, per atti e comportamenti contrari alla Costituzione, per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico, è espressione di una norma di chiusura del sistema di controllo sugli organi degli enti stessi (Cons. Stato, IV, 15.11.2004, n. 74 55).Il paradigma delineato dalle citate statuizioni si rispecchia perfettamente nel sopra riportato disposto del comma 1-bis dell’art. 142, d.lgs. 267/2000, introdotto in sede di decretazione d’urgenza (art. 3, d.l. 6.11.2008, n. 172, convertito dalla legge 30.12.2008, n. 210) nell’ambito delle misure ordinamentali volte a far fronte ai gravissimi problemi di smaltimento dei rifiuti che hanno interessato parti del territorio nazionale.Ne consegue che non può versarsi in dubbio che la rimozione del sindaco ex art. 142, comma 1-bis, del t.u.e.l. ha, come le fattispecie generali di cui agli artt. 141 e 142 nell’ambito delle quali si inserisce, natura schiettamente sanzionatoria, e costituisce, pertanto, l’extrema ratio per il ripristino della legalità violata in relazione al perseguimento di un interesse fondame ntale dello Stato connesso alla salute della comunità. Ciò posto, non può che convenirsi con il ricorrente quando sostiene che deve escludersi che la rimozione ex art. 142, comma 1-bis, cit. possa essere correlata ad una responsabilità oggettiva, in specie del vertice dell’ente territoriale. Si oppongono ad una siffatta conclusione la natura sanzionatoria del rimedio, i corrispondenti principi generali ordinamentali, le considerazioni formulate dalla giurisprudenza di cui sopra, e, in specie, la definizione della rimozione come misura, per quanto estrema, di controllo sugli organi, e lo stesso dato letterale rinveniente dall’art. 142, comma 1-bis, che contempla disgiuntivamente più soggetti, anche nell’ambito del medesimo ente provincia o comune (sindaco, presidente della provincia o i componenti de i consigli e delle giunte).Si osserva, inoltre, che sia la gravità che deve connotare, sempre alla luce della lettera della norma, l’inosservanza degli obblighi presidiata con la rimozione, sia il rimedio individuato mal si conciliano con l’esclusione della responsabilità soggettiva.Deve ritenersi, pertanto, che la rimozione in parola richiede la congruenza tra l'atto ed i presupposti assunti a sua giustificazione, e, indi, la violazione grave ed imputabile al rimosso, nonchè il rigoroso rispetto dei profili formali e procedimentali che connotano l’alveo provvedimentale in cui essa si situa, condizioni che concorrono a determinare il legittimo ricorso all’istituto.Ed è il caso di aggiungere che la necessità della loro sussistenza non viene minimamente scalfita dalla “specialità” del comma 1-bis dell’art. 142 del tuel (o delle ragioni che lo sottendono). Quanto alla individuazione della condotta imputabile, è, anzi, da ritenere che la disposizione reca, diversamente dalla norma originaria in cui si è inserita, una più precipua indicazione dei precetti alla cui violazione la rimozione fa da deterrente.Invero, il comma 1 dell’art. 142 del tuel collega la rimozione a fattispecie generiche ed indeterminate (“il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico”), tanto che la giurisprudenza ha osservato che la disposizione non contiene una casistica mi nuziosa e tassativa delle fattispecie rilevanti, che, oltre ad essere impossibile, vanificherebbe lo stesso scopo della previsione normativa (Cons. Stato, V, 10.2.2000, n. 736).
Laddove, invece, il comma 1-bis dell’art. 142 t.u.e.l. precisa che, nella materia considerata, la grave inosservanza deve riguardare:

  • gli obblighi posti a carico delle province inerenti alla programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale ed alla individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti;
  • la grave inosservanza di specifici obblighi posti a carico dei comuni inerenti alla disciplina delle modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, della raccolta differenziata, della promozione del recupero delle diverse frazioni di rifiuti, della raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio ai sensi degli articoli 197 e 198 del decreto legislativo 3.4.2006, n. 152, anche come precisati dalle ordinanze di protezione civile.

Quanto, invece, ai profili procedimentali, nessun dato testuale o normativo della disposizione dell’art. 142 tuel o del suo comma 1-bis autorizza a concludere che la fattispecie non sia assistita, come tutte quelle di natura sanzionatoria, dalla necessità da parte dell’autorità procedente di un’accurata istruttoria volta ad accertare l’inadempimento, e, indi, dell’avvio di un confronto procedimentale con l’interessato, mediante una formale ed esauriente contestazione dell’addebito. Vieppiù, la norma addirittura impone una fase procedimentale intercorrente tra l’accertamento della violazione e il provvedimento di rimozione, nella quale all'ente interessato deve essere assegnato un congruo termine perentorio per adottare i provvedimenti dovuti o necessari.Deve, pertanto, concludersi che, nella specie, l’accertamento della antigiuridicità della condotta è più rigoroso, in quanto sia preventivo, sia successivo alla contestazione formale ed al decorso del termine assegnato per provvedere: l’esigenza della comminatoria della sanzione risulta, pertanto, recessiva rispetto al ripristino delle condizioni di legalità del servizio, che, quindi, è il vero bene protetto dalla norma.Ciò posto, per le considerazioni di cui in seguito, il procedimento all’esame non risulta aver soddisfatto le condizioni di cui sopra, come fatto constare dal ricorrente nel terzo motivo di gravame (violazione e falsa applicazione degli artt. 107, 141 e 142 t.u.e.l., 191 e 198 d.lgs. n. 152 del 2006, 9 legge n. 209 del 2006, 8, comma 4, o.P.C.M. n. 3868 del 2008, 1, comma 2, o.P.C.M. n. 3804 del 2009 - eccesso di potere per illogicit&agrav e;, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto e sviamento).
Si rileva la totale insufficienza delle comunicazioni intercorse con l’interessato ad integrare per tenore, coerenza temporale ed espositiva ed estremi formali, una seria ed effettiva contestazione di uno specifico e grave inadempimento preordinata alla rimozione di un organo elettivo di un ente territoriale. È anche d’uopo osservare che la contestazione emergente da siffatte comunicazioni è la carente organizzazione della raccolta dei rifiuti nelle strade comunali.Ne deriva che risulta anche improprio il richiamo motivazionale del provvedimento di rimozione all’abbandono incontrollato dei rifiuti su aree private, e alla violazione, da parte del Sindaco, dei doveri di ordinanza di cui all’art. 192, comma 3, del d.lgs. n.152 del 2006. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere accolto, disponendosi, per l’effet to, l’annullamento degli atti impugnati nei limiti dell’interesse del ricorrente.
Altra prospettazione si rinviene nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 31.3.2010, n. 1825 (depositata il 31 marzo scorso), in riferimento ai sindaci campani rimossi per “negligenza” nella gestione dell'emergenza che viene affermata la posizione del Ministro dell'Interno e del Sottosegretario all’emergenza rifiuti in Campania.Trattasi dello scioglimento di tre enti locali campani voluti dal Ministero dell’Interno, su sollecitazione del Sottosegretario per l’emergenza rifiuti,  in quanto gli stessi enti sarebbero stati inadempienti nella gestione dei rifiuti Più esattamente, com’è noto nel 1997 veniva approvato il piano di gestione dei rifiuti urbani che prevedeva, tra altro, un sistema di impianti in dustriali di termovalorizzazione dei rifiuti alimentato grazie a un sistema di raccolta differenziata organizzata a livello della regione Campania. Con ordinanza ministeriale 31 marzo 1998, n. 2774, veniva deciso di indire una gara d'appalto per affidare per un periodo di dieci anni il trattamento dei rifiuti ad operatori privati capaci di realizzare impianti per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti, nonché impianti per l'incenerimento e termovalorizzatori. L’aggiudicazione avveniva nel 2000 nei confronti di importanti società che dovevano realizzare e gestire sette impianti per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti (CDR) e due impianti di termovalorizzazione, ubicati rispettivamente ad Acerra e a Santa Maria La Fossa, cosicchè i Comuni della regione Campania erano tenuti ad affidare il trattamento dei loro rifiuti urbani e assimilati a dette società. La realizzazione del piano e la costruzione degli impianti avvenne tardivamente, inoltre furono accertate carenze progettuali, tanto che i rifiuti furono avviati allo smaltimento (in discarica) fino alla loro saturazione, oppure depositati nelle cosiddette aree di stoccaggio. La Procura della Repubblica di Napoli avviò anche un'inchiesta volta a dimostrare la responsabilità per reati di frode nelle pubbliche forniture, risolvendo i contratti in essere con gli appaltatori. Il Consiglio di Stato osserva che appare essenziale considerare che fra le ragioni della crisi (dovuta a molteplici fattori non tutti rientranti nelle competenze comunali) vi è anche l’inadempienza dei comuni agli obblighi di effettuazione della raccolta differenziata e, nelle fasi acute della crisi, di raccolta pura e semplice dei rifiuti che ve nivano abbandonati in modo incontrollato nelle vie ed aree pubbliche, provocando una obiettiva situazione di grave degrado e di pericolo per la salute pubblica. In questo scenario i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che le sollecitazioni e le diffide impartite dal Sottosegretario delegato per la gestione dell’emergenza o, per suo conto, dalla sua struttura, vanno considerate, in buona sostanza, sufficienti ad integrare il disposto normativo di cui all’art. 142, comma 1-bis, del d.lgs. n. 267/2000. Più esattamente “era sussistente la responsabilità politico-amministrativa giustificatrice degli interventi repressivi ‑ adottati con decreto del Presidente della Repubblica ‑ tesi al ripristino della legalità ed alla sanzione delle inerzie”. In tale situazione di emergenza “é esigibile dall'Ente loc ale una condotta ulteriore, che sia espressiva di un impegno eccezionale all'altezza della situazione concreta da affrontare, comportante ad es. l'uso dei poteri eccezionali di ordinanza conferiti al sindaco ed esercitabili per ragioni di salute pubblica, concordemente alla struttura del sottosegretario delegato, che ha ricercato, sul territorio, come attestato dalla corrispondenza, collaborazione e disponibilità, constatando il perdurare di inerzie colpevoli nell'adempimento agli obblighi di raccolta”. Secondo i giuridici, gli amministratori locali in siffatta situazione dovevano attivarsi per svolgere attività che “non erano complesse, ma basilari ed essenziali per la collettività quali la semplice rimozione di accumuli di rifiuti abbandonati in modo incontrollato”, ovvero tramite i “più consoni interventi di prevenzione am ministrativa in sede locale (usando ad es. la polizia municipale e concentrando gli sforzi al fine di fronteggiare l'emergenza)” (1). In conclusione, i giudici hanno ribaltato quanto disposto dalla sentenza del TAR Lazio che, all'inizio del marzo scorso, aveva reintegrato i tre sindaci dei Comuni di Maddaloni, Castel Volturno e Casal di Principe.

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(*) Primi appunti di lettura.

(1) In verità la rimozione dei rifiuti abbandonati logicamente presuppone la garanzia della loro conferibilità (dopo la raccolta e il trasporto) ad un impianto (sia esso intermedio e/o finale). Se nella dinamica dei flussi dei rifiuti prodotti,ma non raccolti (e quindi…. abbandonati), depositati in impianti e/o avviati allo smaltimento e/o al recupero/riciclaggio, non si riscontra una fluidità gestionale è chiaro che -  in una logica che potrebbe icasticamente definirsi quasi “idraulica” (sovente utilizzata nell’ottimizzazione logistica, per esempio del traffico veicolare) – i predetti flussi vengono ad interrompersi, facendo “straripare” i rifiuti, anzitutto nel luogo di conferimento, da parte dell’utenza (che non può certo ten erli per lungo tempo in casa e quindi li “allontana” dall’abitazione, “confidando” nelle attività del servizio pubblico, peraltro finanziato tramite la tassa o la tariffa rifiuti) ovvero nelle vie ed aree pubbliche, e puranche nel territorio (fossati, campi, altre aree, eccetera).