Consiglio di Stato Sez. IV n. 1309 del 9 febbraio 2024
Rifiuti.Requisito di esperienza professionale necessario per l’iscrizione nell’Albo nazionale per le attività di bonifica
Le due attività di messa in sicurezza d’emergenza e di bonifica hanno certamente in comune le operazioni di rimozione delle fonti di inquinamento che, nel caso della messa in sicurezza, sono svolte in via d’urgenza proprio al fine di contenere l’inquinamento, evitando che si propaghi attingendo anche altre matrici ambientali: ma le diverse finalità dell’intervento, come pure la diversa tempistica, non elidono il dato della materiale comunanza delle operazioni di rimozione delle fonti di inquinamento che giustifica l’assimilabilità delle due attività ai fini della dimostrazione del requisito della qualificazione professionale in capo ai direttori tecnici, richiesta ai fini della iscrizione nella categoria 9 dell’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, ai sensi degli artt. 11 e 12 del D.M. 3 giugno 2014, n. 120, pur trattandosi di interventi non pienamente sovrapponibili, soprattutto quanto alle ulteriori operazioni di eliminazione delle sostanze inquinanti o di riduzione della loro concentrazione che attengono propriamente alla bonifica dei siti. Resta il fatto che anche per le operazioni non sovrapponibili le attività di messa in sicurezza sono comunque prodromiche a quelle di bonifica, come confermato dalla collocazione sistematica dei due istituti, entrambi disciplinati nel titolo V del d.lgs. n. 152 del 2006, dedicato per l’appunto alla “Bonifica di siti contaminati”: il nesso di strumentalità e quindi di complementarietà tra le due attività giustifica, in definitiva, la loro assimilabilità ai fini della dimostrazione del requisito di esperienza professionale necessario per l’iscrizione nell’Albo nazionale per le attività di bonifica.
Pubblicato il 09/02/2024
N. 01309/2024REG.PROV.COLL.
N. 01261/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1261 del 2019, proposto da Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali, nonché dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali - Sezione Regionale per la Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
C.E.R.I.S. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Dario Gioia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 1713/2018, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ceris S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2024 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La C.E.R.I.S. S.r.l. ha adito il T.a.r. per la Campania sezione staccata di Salerno, al fine di sentir dichiarare l’illegittimità del provvedimento n. 2779/2017, con il quale l’Albo dei Gestori Ambientali - Sezione Campania ha respinto la richiesta della medesima società di iscrizione nella categoria 9, classe D, “bonifica siti” per un importo fino ad euro 1.000.000,00, adducendo la mancata prova della pregressa esperienza del Responsabile Tecnico in lavori di “bonifica” – ex artt. 11 e 12 del D.M. 3 giugno 2014, n. 120 - avendo egli comprovato la sola esecuzione di lavori di “messa in sicurezza di emergenza”.
La sezione staccata di Salerno con sentenza n. 1713/2018 accoglieva il ricorso ritenendo l’attività di messa in sicurezza di emergenza assimilabile a quella di bonifica.
Avverso la predetta sentenza ha interposto appello il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del mare, in uno all’Albo Nazionale dei Gestori ambientali ed alla sezione regionale dell’Albo per la Campania, per chiederne la riforma in quanto errata in diritto.
Si è costituita in giudizio la C.E.R.I.S. s.r.l. per resistere all’appello, chiedendone il rigetto con conferma integrale della sentenza appellata.
Alla udienza pubblica del 18 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memoria conclusiva con la quale la parte appellata ha confutato i motivi di appello.
L’appello è infondato.
Con un unico, articolato motivo il Ministero dell’Ambiente lamenta: “Insufficiente motivazione. Errata interpretazione e applicazione degli artt. 239 e 240 codice Ambiente, nonché dei D.M. 120/2014 e 471/1999”.
Deduce che la sentenza del T.a.r. sarebbe errata in quanto:
1. avrebbe omesso di valutare in concreto che le attività di messa in sicurezza e quelle di bonifica, fanno riferimento alla materiale realizzazione di opere diverse, con conseguente necessità di differenziare le competenze tecniche e il know-how richiesto alle imprese che tali differenti opere sono chiamate a realizzare;
2. ha omesso di considerare che se l’esperienza maturata nella caratterizzazione dei siti inquinati non è ritenuta utile a comprovare il requisito in questione, a fortiori devono intendersi escluse anche le attività propedeutiche di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza, in quanto espletate metodologicamente ancor prima dell’attività di caratterizzazione;
3. il riferimento letterale agli “eventuali ulteriori interventi di bonifica” contenuto nella definizione di attività di messa in sicurezza d’emergenza, accolta dall’art. 240, comma 1, lettera m) del d. lgs. n. 152 del 2006, non potrebbe avallare la tesi interpretativa accolta dal T.a.r. che vi ha rinvenuto un riferimento letterale alla possibilità di ricondurre tra le attività di bonifica anche quelle di messa in sicurezza d’emergenza.
Il motivo può essere trattato unitariamente, trattandosi di tre passaggi argomentativi complementari, ed è infondato.
L’oggetto della presente controversia è rappresentato dalla possibilità di considerare le attività di “messa in sicurezza di emergenza” e quelle di “bonifica”, equipollenti ai fini della prova del possesso della qualificazione professionale in capo ai direttori tecnici, richiesta ai fini della iscrizione nella categoria 9 dell’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, ai sensi degli artt. 11 e 12 del D.M. 3 giugno 2014, n. 120.
L’art. 240 del d. lgs. n. 152 del 2006 distingue le opere di bonifica da quelle di messa in sicurezza di emergenza. In particolare, la lett. m) qualifica come “messa in sicurezza d'emergenza”: “ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente”; la lett. p), invece, individua “la bonifica” come “l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)”.
Il T.a.r. è giunto a ritenere equivalenti le due attività, concludendo nel senso che “…l’attività di “messa in sicurezza d’emergenza”, oggetto della certificazione prodotta da parte ricorrente a corredo dell’istanza di iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per la l’attività di “bonifica dei siti”, sia idonea a costituire un’esperienza utile ai fini dell’ammissione alla categoria necessaria per l’esercizio di tale attività (categoria 9 classe D). Depone in tal senso, la previsione della messa in sicurezza anche d’urgenza all’interno del Titolo V del Codice dell’Ambiente, rubricato “Bonifica di siti contaminati” e recante la “disciplina degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati” (in tal senso, l’art. 239), poi specificamente previsti al successivo art. 240, non apparendo ostativo a tale conclusione la circostanza che il legislatore abbia ivi distintamente considerato la “messa in sicurezza d'emergenza” (lett. m) dalla “bonifica” (lett. p), emergendo dalle rispettive definizioni come la prima rientri nella seconda, quale intervento che - seppur “immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura” - è finalizzato (oltre che “a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito”) “a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente”, così da essere ricompresa nella nozione di “bonifica” offerta dallo stesso articolo, quale “insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse””.
Il T.a.r. ha poi aggiunto che: “Quanto sopra trova, inoltre, chiara conferma nella circolare del Comitato Nazionale richiamata da parte ricorrente, prot. n. 1650 del 28 ottobre 2005 che espressamente afferma come “le attività di bonifica dei siti cui è necessario fare riferimento ai fini dell’iscrizione nella categoria 9 sono quelle previste e disciplinate dall’art. 17 del d.lgs. 22/97 e dal D.M. 25 ottobre 1999, n. 471” (all’epoca vigenti) anch’essi relativi agli “interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento”, vieppiù chiarendo “che l’obbligo di iscrizione all’Albo nella categoria 9 sussiste per tutte le suddette attività, anche se svolte in forma parziale nell’ambito di un intervento complessivo di bonifica, ad esclusione della sola attività di progettazione”.”.
Il Collegio condivide tali argomentazioni che pertanto devono essere in questa sede ribadite in quanto resistono alle critiche mosse dagli appellanti.
Costoro, in particolare, insistono sulla diversità in concreto dell’attività “di messa in sicurezza d’emergenza” rispetto a quella “di bonifica” in quanto la prima sarebbe rivolta a contenere ed a circoscrivere la contaminazione prodotta da inquinanti al fine di impedirne la diffusione anche alle matrici ambientali sane, laddove la seconda sarebbe finalizzata ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti.
In senso contrario deve ribadirsi, oltre quanto già osservato dal T.a.r., che le due attività hanno certamente in comune le operazioni di rimozione delle fonti di inquinamento che, nel caso della messa in sicurezza, sono svolte in via d’urgenza proprio al fine di contenere l’inquinamento, evitando che si propaghi attingendo anche altre matrici ambientali: ma le diverse finalità dell’intervento, come pure la diversa tempistica, non elidono il dato della materiale comunanza delle operazioni di rimozione delle fonti di inquinamento che giustifica l’assimilabilità delle due attività ai fini della dimostrazione del requisito in parola, pur trattandosi di interventi non pienamente sovrapponibili, soprattutto quanto alle ulteriori operazioni di eliminazione delle sostanze inquinanti o di riduzione della loro concentrazione che attengono propriamente alla bonifica dei siti.
Resta il fatto che anche per le operazioni non sovrapponibili le attività di messa in sicurezza sono comunque prodromiche a quelle di bonifica, come confermato dalla collocazione sistematica dei due istituti, entrambi disciplinati nel titolo V del d.lgs. n. 152 del 2006, dedicato per l’appunto alla “Bonifica di siti contaminati”: il nesso di strumentalità e quindi di complementarietà tra le due attività giustifica, in definitiva, la loro assimilabilità ai fini della dimostrazione del requisito di esperienza professionale necessario per l’iscrizione nell’Albo nazionale per le attività di bonifica.
E’ indubbiamente vero quanto eccepisce l’Avvocatura sul fatto che le operazioni di bonifica, rispetto a quelle di messa in sicurezza d’emergenza, sono solo “eventuali” in quanto potrebbe non essere necessario far seguire un’opera di successiva rimozione degli effetti prodottisi in caso di “inquinamento”, ovvero non essere fisicamente possibile alcun intervento in tal senso (come accade in caso di inquinamento dell’aria); ma ciò che rileva non è tanto la sussistenza o meno di un nesso di necessaria strumentalità tra la messa in sicurezza d’emergenza e la bonifica, quanto il fatto che il legislatore qualifichi le eventuali successive operazioni di bonifica come “ulteriori” rispetto alle operazioni di messa in sicurezza d’emergenza, in tal modo ascrivendo entrambe le tipologie di intervento ad un medesimo genus, quello delle attività di bonifica ambientale, con conseguente computabilità delle esperienze maturate nel settore della messa in sicurezza anche ai fini delle operazioni ulteriori di bonifica, sebbene queste ultime, come evidenziato, possono investire anche attività di rigenerazione delle matrici ambientali laddove contaminate.
Non rileva che ai fini della dimostrazione dei requisiti per l’iscrizione in categoria 9 il Comitato nazionale abbia ritenuto di escludere le attività di caratterizzazione dei siti inquinati poiché in questo caso le operazioni di analisi del rischio non presentano affinità rispetto a quelle di bonifica; la caratterizzazione rappresenta certamente una fase di accertamento preliminare necessaria rispetto alla bonifica ma resta tuttavia incentrata su una attività di studio e di conoscenza delle caratteristiche del sito, non sulla messa a punto di operazioni di intervento, con conseguente irrilevanza anche della anteriorità temporale della messa in sicurezza rispetto alla caratterizzazione su cui insiste la difesa erariale per sminuirne la connessione e quindi la omogeneità con le attività di bonifica.
Stante il carattere dirimente delle osservazioni che precedono può farsi luogo all’assorbimento della ulteriore doglianza con cui le appellanti criticano la sentenza della T.a.r. nella parte in cui ha desunto argomenti a sostegno della fondatezza della domanda dalla circolare n. 1650/2005 del Comitato Nazionale.
Alla luce delle motivazioni esposte l’appello deve pertanto essere respinto.
La novità della questione di diritto controversa giustifica la compensazione integrale delle spese di lite del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese del grado tra le parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Gerardo Mastrandrea, Presidente
Silvia Martino, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere