Breve aggiornamento sulla combustione di stoppie e la Cassazione

a cura di Gianfranco AMENDOLA

Nel mio ultimo articolo sulla combustione di stoppie pubblicato in questo sito1, mi ero riservato un seguito dopo la pubblicazione (in corso) di una sentenza in proposito della suprema Corte.

Tanto per ricapitolare, si parlava del (nuovo) comma 6-bis dell’art. 182 D. Lgs 152/06, a norma del quale “le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facolta' di sospendere,differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attivita' possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumita' e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)".

In proposito avevo evidenziato che, se si considera che i materiali di cui all’art. 185, comma 1, lett. f) sono “paglia, sfelci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso ..”, il loro “abbruciamento”, se eseguito nel rispetto delle condizioni imposte dal citato comma 6-bis dell'art. 182, non costituisce attività di gestione di rifiuti, e , pertanto, non può integrare alcun illecito previsto dalla normativa sui rifiuti.

E mi riservavo un approfondimento, dopo aver letto una sentenza (in fase di deposito) della Cassazione, con riferimento "al penultimo periodo del comma 6-bis (quello relativo al divieto nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi) in quanto esso sembra operare come divieto assoluto a sè, senza alcun collegamento con quanto stabilito nel periodo precedente, e, quindi, prescindendo dalla valutazione se si rientra nelle attività di gestione di rifiuti".

La sentenza è stata depositata e stabilisce : "Non occorre neppure verificare se l'abbruciamento sia avvenuto in un periodo in cui la regione avesse dichiarato massimo rischio per gli incendi boschivi, dal momento che il legislatore, nello statuire che in tal caso "la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata", non fa riferimento ad una qualificazione penale, bensì pone un generico divieto che, pertanto, difettando della tassatività necessaria ex articolo 25 Cost. per configurare un illecito penale non può che ricondursi sul piano dell'illecito amministrativo "2.

Si noti, tuttavia, che a tale conclusione la suprema Corte perviene in un caso in cui ha ritenuto sussistere le condizioni prescritte dalla "nuova normativa.. nella quale si ravvisa un inequivoco contenuto depenalizzante" ma nulla dice (in quanto sarebbe stato superfluo) sulle possibili conseguenze in caso non fossero state presenti le condizioni "depenalizzanti" imposte dalla nuova normativa.

Ribadisco, in proposito quanto avevo già sostenuto nell'articolo citato: "Resta da capire che cosa succede quando questo materiale agricolo o forestale non pericoloso venga bruciato al di fuori delle condizioni previste dal comma 6-bis, primo periodo, dell'art. 182. A nostro sommesso avviso, fermo restando che, in virtù dell’espresso disposto del (nuovo) secondo periodo del comma 6 dell’art. 256-bis, non si applicano, comunque, le disposizioni relative ai delitti previsti dal citato articolo, possono essere applicate, ricorrendone i presupposti, le sanzioni contravvenzionali in tema di smaltimento illecito di rifiuti di cui all’art. 256, comma 1, lett. a). Infatti, in tal caso, mancano le condizioni richieste per la esclusione dell' "abbruciamento" dalle attività di gestione di rifiuti; e, quindi, resta applicabile il disposto dell'art. 256, comma 1, lett. a), relativo, appunto, alle attività di gestione di rifiuti non autorizzate".

Sanzione penale che, quindi, in mancanza delle dette condizioni, si applicherebbe comunque anche (ed a maggior ragione) se l' "abbruciamento" di stoppie avvenisse in periodo vietato. Con, in più, la sanzione amministrativa di cui parla la Cassazione.

Infine, per completezza, vorrei dar conto del pensiero della Cassazione, così come risulta da alcune sentenze da poco depositate, a proposito dell'elemento soggettivo nei casi in cui, prima della nuova disciplina, vi fosse stata una combustione di stoppie consentita da provvedimenti generali amministrativi (nella specie, un regolamento della regione Campania del 2012).

In tali casi, secondo la suprema Corte, non si può escludere l'elemento psicologico del reato"unicamente sulla base del regolamento suddetto... senza addurre alcun concreto elemento attinente alla specifica condizione psicologica dell'imputato, e facendo riferimento, anzichè all'individuo cui è stato contestato il reato, soltanto ad un soggetto astratto che definisce <<il contadino>>".3

Giunge, invece, a conclusione opposta di "incolpevole affidamento" se, in più, vi siano anche "dichiarazioni spontanee dell'imputato ai militari che hanno accertato l'abbruciamento"4 ; ove, evidentemente, l'imputato aveva evidenziato la sua buona fede richiamando il regolamento regionale.

1 Abbruciamento di scarti vegetali, inquinamento da leggi e Cassazione, ottobre 2014

2 Cass. pen., sez. 3, 8 ottobre 2014, n. 47663, De Santis

3 Cass. pen. sez. 3, 9 luglio 2014, n. 41715, Guarino

4 Cass. pen. sez. 3, 9 luglio 2014, n. 41713, D'Alelio