Qual è il testo vigente dell'art. 188 T.U.A. sugli obblighi del produttore di rifiuti?

di Stefano MAGLIA

La Corte di Cassazione penale, con sentenza n. 13025 del 20 marzo 2014[1], è tornata a pronunciarsi sui profili di responsabilità che possono essere ascritti in capo al produttore dei rifiuti.
In particolare, è stato espressamente richiamato il principio di conservazione della responsabilità in capo al produttore iniziale di rifiuti “per l’intera catena di trattamento”, contenuto nell’art. 188, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, così come modificato dal D.L.vo 3 dicembre 2010, n. 205[2].
Nella motivazione della sentenza si legge infatti che “trova applicazione il disposto dell’art. 188, comma 1, del D.L.vo n. 152 del 2006, secondo cui il produttore iniziale dei rifiuti … che consegni tali rifiuti ad un altro soggetto che ne effettui, anche in parte, il trattamento … conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che essa sussiste anche nel caso in cui i rifiuti siano trasferiti per il trattamento preliminare ad uno dei soggetti consegnatari”.
La richiamata sentenza della S.C. è la prima pronuncia a fare esplicito riferimento al “nuovo testo” dell’art. 188 del D.L.vo n. 152/2006, interamente riscritto dal citato D.L.vo n. 205/2010 in considerazione dell’entrata in funzione del SISTRI, il sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti che dovrebbe comportare, una volta a regime, l’abbandono del previgente sistema basato sulla documentazione cartacea (MUD, FIR e registri di carico e scarico).

Tale decreto legislativo, mediante l’art. 16, ha infatti sostituito l’originaria versione dell’art. 188, definendo le “Responsabilità nella gestione dei rifiuti” ed imputandole non solo al produttore iniziale o altro detentore, ma anche ad un eventuale intermediario, commerciante, ente o impresa che effettuino operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti. Tale responsabilità permane comunque in capo al produttore o al detentore “per l’intera catena di trattamento” (comma 1).

Qualora, invece, il produttore iniziale, il produttore e il detentore dei rifiuti siano iscritti al SISTRI ed abbiano adempiuto agli obblighi da esso derivanti, la responsabilità è limitata alla “rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema” (comma 2).

Sono infine previsti, al comma 3, alcuni casi di esclusione di responsabilità nei confronti dei produttori iniziali di rifiuti non pericolosi, in quanto tali non iscritti al SISTRI, che raccolgono e trasportano i propri rifiuti.

E’ importante notare che il disposto dell’art. 188, come risultante dalla novella operata dal D.L.vo n. 205/2010, trae origine dalla normativa comunitaria. Il riferimento, in particolare, è all’art. 15 della Direttiva 2008/98/CE[3] sui rifiuti, il quale:

 

-          pone un principio generale ed inderogabile, in virtù del quale “Quando i rifiuti sono trasferiti per il trattamento preliminare dal produttore iniziale o dal detentore ad una delle persone fisiche o giuridiche di cui al par. 1[4], la responsabilità dell’esecuzione di un’operazione completa di recupero o smaltimento di regola non è assolta” (par. 2);

-          introduce una sorta di “opzione” per gli Stati membri, che “possono” precisare le condizioni della sopra richiamata responsabilità, nonché decidere in quali casi il produttore originario conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, o in quali ipotesi la responsabilità del produttore e del detentore può essere condivisa o delegata tra i diversi soggetti della catena di trattamento (par. 3).

 

La scelta effettuata dal legislatore italiano è stata quella di avvalersi di tale ultima facoltà mediante la riscrittura dell’originario art. 188, che peraltro risulta inscindibilmente legato, quanto a contenuti (ed operatività) al sistema SISTRI.

Diverso è, per esempio, il caso della Francia, dove l’articolo L541-2 del Code de l’environment dispone più puntualmente che “Tout producteur ou détenteur de déchets est responsable de la gestion de ces déchets jusqu’à leur élimination ou valorisation finale, même lorsque le déchet est transféré à des fins de traitement à un tiers”. E’ interessante notare che la normativa francese ha espressamente introdotto, nel medesimo articolo, il principio in virtù del quale qualsiasi produttore o detentore di rifiuti è tenuto ad assicurarsi che il soggetto terzo, al quale egli conferisce i propri rifiuti, sia a ciò debitamente autorizzato[5]. Il successivo articolo L541-23 prevede altresì la responsabilità solidale di chiunque consegni o faccia consegnare dei rifiuti a un soggetto non autorizzato a prenderli in carico[6].
Con riferimento invece alla Spagna, si segnala che l’art. 17, comma 8 della Ley 28 luglio 2011, n. 22[7], si limita a prevedere che la responsabilità del produttore dei rifiuti, nel caso in cui non realizzi esso stesso il trattamento dei medesimi, cessa nel momento in cui egli affida i rifiuti ad un’impresa autorizzata al trattamento, sempre che quest’ultima sia “documentalmente accreditata” e che rispetti completamente tutti i requisiti previsti dalla legge. Non viene invece fatto cenno alla nozione di “intera catena di trattamento”.

Ad ogni modo, a prescindere dal contenuto della norma in esame, occorre preliminarmente rilevare che l’art. 188, come modificato dal D.L.vo n. 205/2010, pone un problema relativo alla sua vigenza. Infatti, secondo quanto previsto dal D.L.vo n. 205/2010, la nuova formulazione della norma (e di quelle di cui agli artt. 189, 190 e 193!) entrerà in vigore solo all’indomani della piena operatività del SISTRI[8].

A tal proposito preme innanzitutto chiarire che il fatto di avere collegato il disposto del nuovo 188 al SISTRI ha creato numerosi problemi interpretativi, discendenti dal tuttora faticoso cammino del sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti.

Infatti, mentre per taluni soggetti il sistema di tracciabilità dei rifiuti è ufficialmente entrato in vigore a decorrere dal 1 ottobre 2013, per altri (ossia i produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi, nonché i Comuni e le imprese di trasporto di rifiuti urbani, pericolosi e non, della Regione Campania) il SISTRI si applica a far data dal 3 marzo 2014. E’ stata infine prevista una fase di sperimentazione, che prenderà avvio il 30 giugno 2014, per le operazioni concernenti i rifiuti urbani pericolosi (con l’esclusione dei produttori iniziali di rifiuti urbani, estranei al SISTRI). L’applicazione delle sanzioni per il mancato rispetto degli obblighi derivanti dal SISTRI, contenute negli artt. 260-bis e 260-ter del D.L.vo n. 152/2006, è stata invece fissata a decorrere dal 1 gennaio 2015.

Alla luce di questo ingarbugliato e confuso contesto normativo, esistono due opposte interpretazioni in dottrina: da un lato vi è chi sostiene che con l’avvio, in data 1 ottobre 2013, prima, e in data 3 marzo 2014, poi, del SISTRI per tutte le categorie di soggetti obbligati, l’art. 188 sia da considerarsi ad oggi vigente nella sua nuova versione; al contrario, dall’altro lato vi è chi sostiene che la versione dell’art. 188 da applicare, allo stato attuale, sia quella ante novella, e che occorrerà riferirsi al nuovo testo solo una volta entrate in vigore anche le relative sanzioni SISTRI (ossia a partire dal 1 gennaio 2015).
A parere di chi scrive, si potrebbe prospettare una terza ipotesi. A nostro avviso, infatti, si potrebbe sostenere che ad oggi (ed anche in futuro), accanto al novellato art. 188, applicabile agli obbligati al SISTRI per i quali il sistema ha già preso avvio (comma 2), permanga in vigore anche, contemporaneamente, la vecchia formulazione di tale articolo. Ciò in quanto le disposizioni del “nuovo” art. 188 sono modellate sul sistema SISTRI, che nelle intenzioni del legislatore avrebbe invece dovuto soppiantare in toto il sistema documentale previgente, imperniato su FIR, MUD e registri di carico e scarico. In realtà, invece, il campo di applicazione del SISTRI risulta ad oggi notevolmente ristretto (in sostanza coinvolge solo i rifiuti pericolosi) ed in prospettiva i soggetti non rientranti nel suo campo di applicazione saranno sicuramente la maggioranza: a tal proposito ci si potrebbe chiedere quale tipo di responsabilità (e in che misura) potrebbe configurarsi in capo ad un soggetto non obbligato ad iscriversi al SISTRI, anche alla luce del fatto che non è affatto chiaro cosa s’intenda per responsabilità estesa all’”intera catena del trattamento”.

A prescindere, poi, dagli interrogativi circa quale versione dell’art. 188 sia da considerare in vigore e da quando, com’è possibile che oggi la Corte di Cassazione applichi, e dunque reputi vigente, il nuovo art. 188 se non vi è certezza circa la “piena” entrata in vigore del SISTRI? La stessa S.C. infatti, nella già citata sentenza n. 13025 del 20 marzo 2014, dà di fatto per scontato – richiamando tale formulazione dell’art. 188 – che il SISTRI sia da considerarsi, oggi, interamente a regime. A tal proposito preme richiamare l’orientamento espresso nella sentenza n. 28909 del 8 luglio 2013, della stessa S.C., che rilevava come non potendosi considerare il SISTRI “pienamente in vigore”, fosse necessario qualificare la condotta di smaltimento di rifiuti non pericolosi di natura eterogenea aventi un codice CER diverso da quello indicato nel FIR quale reato ai sensi dell’art. 256, comma 1, lett. a) D.L.vo n. 152/2006. Anche in questo caso, tuttavia, la S.C. non ha specificato il momento a partire dal quale il SISTRI sia da considerarsi pienamente in vigore. Dovremmo quindi ritenere che ad oggi il sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti sia da considerarsi pienamente in vigore? Se si, in virtù di quale circostanza?

Si richiama a tal proposito, per completezza, il parere originariamente espresso dalla S.C. nella rel. n. III/03/2011, ove si legge che “il far dipendere l’entrata in vigore di alcune disposizioni operative fondamentali per l’avvio del sistema di tracciabilità dei rifiuti (art. 188, 188-bis, 188-ter, 189, 190 e 193) dal giorno successivo alla scadenza del termine previsto dal D.M. 17 dicembre 2009, ha determinato un sostanziale sovvertimento della gerarchia delle fonti, in quanto si demanda ad una fonte secondaria (il D.M. 17 dicembre 2009), il dies a quo per l’applicazione delle fattispecie, alcune aventi rilevanza anche penale”.

Preme altresì rilevare, come già accennato, che non è chiaro cosa il legislatore intenda per “intera catena di trattamento” (cfr. art. 188, comma 1, nuova formulazione), stante la mancanza, nell’art. 188 così come nella restante normativa di riferimento, di una puntuale definizione della medesima.
L’art. 15 della Direttiva 2008/99/CE fa riferimento alla “esecuzione di un’operazione completa di recupero o smaltimento”, mentre l’art. 183, comma 1, lett. s), qualifica come “trattamento” le “operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento”, ma non detta indicazioni utili ai fini dell’esatta interpretazione del contenuto del nuovo art. 188.

Né dalla giurisprudenza si ricavano informazioni più puntuali. Nella già citata sentenza n. 13025 del 20 marzo 2014 la S.C. si limita ad un laconico richiamo della nuova formulazione dell’art. 188, precisando solamente che la responsabilità sussiste anche nel caso in cui i rifiuti siano trasferiti per il trattamento preliminare ad uno dei soggetti consegnatari, e concludendo – in maniera piuttosto semplicistica – che chi conferisce i propri rifiuti a terzi per il recupero o lo smaltimento ha il “dovere di accertare che questi ultimi siano debitamente autorizzati allo svolgimento di siffatte operazioni” (principio, questo, già più volte affermato in passato dalla Corte stessa).
Pensiamo alle conseguenti problematiche concrete ed operative. Quale può essere il momento/documento che attesti la “fine” di tale catena? Una sorta di certificato di avvenuto recupero/smaltimento? E su quale modello? E materialmente come potrà un produttore seguire tale catena?

La questione si pone anche per il caso di soggetti iscritti al SISTRI, la cui responsabilità, stando al comma 2 del nuovo art. 188 “è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema”: cosa significa? Forse che occorrerà fare riferimento al momento in cui il produttore dei rifiuti appone la propria firma sulla c.d. “Scheda Area Movimentazione” per considerare cessata la sua responsabilità?

Tali considerazioni, peraltro, introducono riflessioni circa i profili attinenti la vigilanza ed il controllo. Quali verifiche potranno infatti essere svolte sui soggetti non aderenti al SISTRI? Quale documentazione potrà essere loro richiesta al fine di verificare il corretto adempimento degli obblighi di cui sono i destinatari?

Infine, si segnala che l’art. 188, comma 2, nuova versione, dispone che “al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), la responsabilità di ciascuno di tali soggetti è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema”.

Al riguardo si rammenta che fino al 31 dicembre 2014 – nei confronti dei soggetti obbligati ad aderire al SISTRI – non trovano applicazione le sanzioni di cui agli artt. 260-bis e 260-ter, del D.L.vo 152/06, relative agli adempimenti del SISTRI. E’ inoltre previsto un decreto ministeriale, di prossima emanazione, che dovrebbe modificare – fra l’altro – la disciplina delle sanzioni relative al SISTRI.
Ad ogni modo, dalla disamina del novellato comma 2 dell’art. 188, parrebbe evincersi, a parere di chi scrive, che chi è tenuto a (o comunque decide di) aderire al SISTRI non incorre in nessun caso in sanzioni penali, in quanto l’art. 260-bis del Codice dell’ambiente – a parte il comma 6 – prevede solo sanzioni amministrative pecuniarie. Se ciò fosse confermato, tale aspetto potrebbe costituire la spinta all’adesione volontaria al SISTRI – in ipotesi – di quell’ampia platea di soggetti che non vi sarebbero obbligati, nell’ambito di quella che noi avevamo già definito “un’operazione di marketing” realizzata dal legislatore italiano.

Da ultimo, tali considerazioni introducono riflessioni circa i profili di proporzionalità delle sanzioni SISTRI. L’art. 5 della Direttiva 2008/99/CE[9] stabilisce infatti che “Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui agli articoli 3 e 4 siano puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”. Nel caso delle sanzioni SISTRI ci si domanda dove possa essere ravvisata la “proporzionalità”, considerato che i soggetti obbligati ad aderirvi (coinvolti, a vario titolo, nella gestione di rifiuti pericolosi, in quanto tali potenzialmente più lesivi per l’ambiente) sono, di fatto (a con una sola eccezione), passibili solo di sanzioni amministrative pecuniarie, mentre tutti gli altri attori della catena dei rifiuti, non tenuti ad iscriversi al SISTRI (e quindi non coinvolti nella gestione di rifiuti pericolosi), possono essere destinatari anche di sanzioni penali.
Pertanto, ed a fronte di tali considerazioni, si reputa fondamentale un definitivo chiarimento del legislatore sul punto, al fine di evitare inevitabili controversie e problemi.

 



 

[1] Fattispecie relativa ad attività di illecito smaltimento di rifiuti speciali (nella specie, ingenti quantità di materiale abrasivo di scarto, c.d. grit esausto, prodotto da lavori di verniciatura di carene di navi);

[2] “Disposizioni di attuazione della Direttiva 1008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 288 del 10 dicembre 2010, Suppl. Ordinario n. 269, ed in vigore dal 25 dicembre 2010;

[3] “Direttiva 2008/08/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. L 312 del 22 novembre 2008;

[4] Vale a dire “un commerciante, un ente o un’impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto addetto alla raccolta dei rifiuti pubblico o privato”;

[5] “Tout producteur ou détenteur de déchets s’assure que la personne à qui il les remet est autorisée à les prendre en charge”;

[6] “Toute personne qui remet ou fait remettre des déchets à tout autre qu’une personne autorisée à les prendre en charge est solidairement responsable avec lui des dommages causés par ces déchets”;

[7] Ley 22/2011, de 28 de julio, de residuos y suelos contaminados;

[8] Cfr. art. 16, comma 2, D.L.vo n. 205/2010, secondo il quale “Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, e successive modificazioni”. Si noti che il D.M. 17 dicembre 2009 è stato successivamente abrogato ad opera del D.M. 18 febbraio 2011, n. 52;

[9] “Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. L 328 del 6 dicembre 2008.