TAR Emilia R. (BO) Sez I Sent. 220 del 14 febbraio 2008
Rifiuti. Attività di recupero (rinnovo titoli abilitativi)

La richiesta di prosecuzione dell’attivita di recupero rifiuti, presentata oltre un anno dalla scadenza quinquennale dell’autorizzazione non può essere configurata come rinnovo, ma va giuridicamente inquadrata quale nuova domanda d’inizio d’attività. Nel silenzio della legge il termine massimo per il rinnovo di un’autorizzazione va individuato in quello della sua naturale scadenza non potendo farsi riferimento ad un limite temporale indeterminato secondo un’interpretazione che la stessa normativa sopra richiamata non sembra consentire.

REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER L'EMILIA-ROMAGNA
BOLOGNA
SEZIONE I

Registro Sentenze: 220/2208
Registro Generale: 1031/2000 – 394/2003 – 451/2005 – 862/2007

nelle persone dei Signori:
CALOGERO PISCITELLO Presidente
GIORGIO CALDERONI Consigliere
SERGIO FINA Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
Quanto al ricorso n. 1031/2000:
Visto il ricorso 1031/2000 proposto da:
F.LLI NICOLETTI SNC
rappresentato e difeso da:
MIGANI AVV. GIANCARLO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA MARSILI 15
presso
PETRELLA AVV. LUCIANA
contro
PROVINCIA DI RIMINI
rappresentato e difeso da:
MORRI AVV. MAURIZIO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA SANTO STEFANO 16
presso MANSERVISI AVV. ROBERTO
per l'annullamento
del provvedimento assunto dal Responsabile del Servizio Ambiente della Provincia di Rimini in data 12.6.2000 avente ad oggetto: “D.Lgs. n.22/97 e successive modifiche. Ditta F.lli Nicoletti di Nicoletti Aurelio & C. Snc Rimini. Divieto di prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti, presso l’impianto ubicato in Comune di Rimini via Torricella”;
di tutti gli atti pregressi e comunque connessi;
Quanto al ricorso n. 394/2003:
F.LLI NICOLETTI DI NICOLETTI AURELIO & C. SNC
rappresentato e difeso da:
MIGANI AVV. GIANCARLO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA MARSILI 15
presso
PETRELLA AVV. LUCIANA
contro
PROVINCIA DI RIMINI
rappresentato e difeso da:
MAGNANI AVV. ISABELLA
con domicilio eletto in BOLOGNA
STRADA MAGGIORE 47
presso BELLI AVV. BEATRICE
per l'annullamento
del provvedimento emesso dal Responsabile del Servizio Ambiente della Provincia di Rimini, in data 28.1.2003, prot.n. 4472/C302, rif. Int. N. 109/Amb. Notificato il 29.1.2003, prot.n. 4472/C302, Rif. Int. N. 109/Amb., notificato il 29.1.2003, con il quale è stato vietato alla Società ricorrente di iniziare l’attività di cui alla comunicazione del 31.10.2002, integrata in data 3.12.2002 e 4.12.2002;
di tutti gli atti pregressi, presupposti e comunque connessi;
Quanto al ricorso n. 451/2005:
SOC. F.LLI NICOLETTI AURELIO ED ELIO & C. SNC
rappresentato e difeso da:
MANTERO AVV. ALESSANDRO
con domicilio eletto in BOLOGNA
LARGO CADUTI LAVORO 1
presso
ZANETTI AVV. GIANNI
contro
PROVINCIA DI RIMINI
rappresentato e difeso da:
MAGNANI AVV. ISABELLA
con domicilio eletto in BOLOGNA
STRADA MAGGIORE 47
presso BELLI AVV. BEATRICE
e nei confronti di
MENGHI PEPINO
rappresentato e difeso da:
CAPARRINI AVV. CARLO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA LUIGI BUSI, 10
presso DONDARINI AVV. GIOVANNI
per l'annullamento
del provvedimento n. 4 del 20.1.2005 a firma del Responsabile del Servizio Ambiente della Provincia di Rimini per la parte in cui la Ditta ricorrente è stata diffidata a non svolgere alcuna operazione di frantumazione di rifiuti inerti “compresa la riduzione in pezzatura più piccola di grossi blocchi di cemento anche se svolta una tantum” corrispondentemente alla richiesta avanzata dalla Ditta in data 10.11.2004;
di ogni altro atto antecedente, conseguente e/o connesso;
Quanto al ricorso n. 862/2007:
SOC. F.LLI NICOLETTI AURELIO ED ELIO & C. SNC
rappresentato e difeso da:
MANTERO AVV. ALESSANDRO
con domicilio eletto in BOLOGNA
LARGO CADUTI LAVORO 1
presso
ZANETTI AVV. GIANNI
contro
PROVINCIA DI RIMINI
rappresentato e difeso da:
FLAMIGNI AVV. NICOLETTA
MAGNANI AVV. ISABELLA
con domicilio eletto in BOLOGNA
STRADA MAGGIORE 47
presso
BELLI AVV. BEATRICE
nonchè
ALBO NAZIONALE GESTORI AMBIENTALI
SEZIONE REGIONE EMILIA ROMAGNA
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA RENI 4
presso la sua sede
e nei confronti di:
CAMERA COMMERCIO DI BOLOGNA
MIN. AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMITATO NAZIONALE ALBO GESTORI AMBIENTALI presso il
MINISTERO AMBIENTE E TERRITORIO
ALBO NAZIONALE GESTORI AMBIENTALI presso il
MINISTERO AMBIENTE E TERRITORIO
Tutti non costituitisi in giudizio
e con l'intervento ad opponendum di
MENGHI PEPINO
rappresentato e difeso da:
CAPARRINI AVV. CARLO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA LUIGI BUSI, 10
presso DONDARINI AVV. GIOVANNI
per l'annullamento
del provvedimento n. 88/27.4.2007 del Responsabile del Servizio Ambiente della Provincia di Rimini, relativo al divieto d’inizio attività di recupero rifiuti (impianto in Comune di Rimini via Torricella), notificato alla ricorretne in data 2.5.2007;
della presupposta proposta di cui alla del.n. 10973/3.4.2007 del Presidente dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali sezione regionale Emilia Romagna e della comunicata decisione della Sezione in pari data (all. A del provvedimento);
di ogni altro atto antecedente, conseguente, preordinato e comunque connesso, compresa la nota 19015/17.4.2007 della Provincia di Rimini.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Visti gli atti d’intervento ad opponendum;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il Cons. dott. Sergio Fina;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
I ricorsi attesa la loro connessione soggettiva ed oggettiva vanno riuniti per essere congiuntamente decisi.
Con il primo ricorso – n. 1031/2000 - è impugnato il provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti consistenti in: laterizi, conglomerati, terra e rocce da scavo, presso l’impianto ubicato nel comune di Rimini –via Torricella- emesso dal dirigente del Servizio Ambiente della Provincia.
Occorre premettere che già con atto n. 439 del 28 10.1999 l’amministrazione provinciale aveva dettato precise prescrizioni per l’esercizio dell’attività che possono così sintetizzarsi: ammissione delle sole operazioni di messa in riserva di rifiuti non pericolosi da avviare al recupero; divieto delle operazioni di macinazione, vagliatura, selezione e separazione dele frazioni metalliche, nonché di pulizia, drenaggio, captazione delle acque di eluizione e di percolazione di cui al D.M. 5.2.1998; divieto di allargamento del sito di recupero rifiuti in danno dell’attività agricola; divieto di accumuli di rifiuti e di stoccaggio su pavimentazione atta ad avitare l’impaludamento e l’inerbamento; obbligo di delimitazione dell’impianto di gestione dei rifiuti rispetto all’area agricola.
Il provvedimento oggetto dell’odierna impugnazione è intervenuto a seguito di accertamenti svolti dall’ARPA dai quali è emersa l’inottemperanza della ricorrente ad alcune delle suddette prescrizioni.
Venendo al merito del ricorso si osserva che con il 1° motivo la società ricorrente rileva la violazione degli art.3, 7 e 8 della L. n. 241/1990 e la violazione dei principi di buon andamento e di ragionevolezza.
Il rilievo è infondato.
Deve anzitutto considerarsi che l’art. 21 octies della L. n. 241/1990 dispone la non annullabilità del provvedimento per violazione di norme sul procedimento quando per la natura vincolata dell’atto sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato e nella specie le condizioni per l’esercizio dell’attività autorizzata erano ben note all’interessata.
Occorre poi ricordare che trattandosi di salute della collettività sussistevano effettivamente particolari ragioni di celerità del procedimento e che nei confronti della ricorrente era già stato adottato, soltanto pochi mesi prima, un analogo provedimento interdittivo dell’attività di recupero rifiuti per inosservanza dei disposti divieti, sicchè la ricorrente medesima doveva ritenersi perfettamente al corrente delle inevitabili conseguenze del suo operato.
Con il 2° motivo si deduce l’eccesso di potere per erronea rappresentazione dei fatti.
Anche tale rilievo appare inconsistente.
Come rilevato in premessa il provvedimento impugnato è stato adottato sulla base di sopralluoghi effettuati dall’ARPA le cui risultanze riportano fatti e situazioni che appaiono incontestabili nella loro entità stante il carattere fidefacente delle relazioni e dei rapporti redatti dal pubblico ufficiale.
La riferita circostanza secondo cui per una delle contestazioni e cioè per la recinzione parziale e l’allargamento del sito, non sussiterebbe una prova certa, non è di per sé sufficiente ad invalidare l’insieme degli addebiti formulati nei confronti della ricorrente.
Con il 3° motivo si prospetta la violazione dell’art.33/4°c del D.lgs n. 22/1997.
Il profilo è destituito di giuridico fondamento.
Ai sensi di tale disposizione la Provincia dispone con provvedimento motivato il divieto d’inzio ovvero di presecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente dette attività e i suoi effetti entro un termine prefissato dall’amministrazione.
Per ciò che attiene al fondamento delle contestazioni formulate dalla Provincia si è già ampiamente argomentato e quindi sembra del tutto inutile il ripetersi, mentre in ordine alla circostanza evidenziata dalla ricorrente circa l’assenza di un termine prestabilito dall’amministrazione va detto che in tale caso l’intimazione, nella specie, a non proseguire l’attività, deve considerarsi non collegata ad uno specifico termine e quindi efficace fino alla rimozione, da parte dello stessa ricorrente, gestore del sito, delle cause ostative allo svolgimento dell’attività di recupero rifiuti.
Con il 2° ricorso – n. 394/2003 – s’impugna il provvedimento di divieto d’inizio attività di cui alla comunicazione del 31.10.2002 e successive integrazioni, sotto il duplice profilo dell’eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento e inoltre per erronea rappresentazione dei fatti.
I rilievi sono infondati.
Occorre anche nel caso in esame partire dai dati essenziali forniti dalla relazione dell’ARPA/ASL nella quale si legge che:
- le migliorie strutturali/gestionali, cioè l’uso del frantoio mobile, non si ritengono soluzioni atte a garantire in maniera assoluta le problematiche di poverosità/rumorosità;
- non appaiono individuabili prescrizioni tecniche che abbiano valenza assoluta di tutela igienico/sanitaria nei confronti del vicino insediamento abitativo sicchè è ipotizzabile un notevole disagio per i cittadini residenti;
- valutata la prevedibilità del rilascio di esalazioni maleodoranti si ritiene necessario escludere ogni operazione di recupero dei rifiuti, compresa quella di messa in riserva dei rifiuti stessi.
Ora sulla base dei presupposti appena indicati l’amministrazione provinciale non poteva disattendere le valutazioni dell’organo tecnico, valutazioni che sono espressamente richieste dal D.lgs. n.22/1997 ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di recupero rifiuti.
Ne discende che non può ritenersi viziato, nei termini illustrati dalla ricorrente, l’impugnato provvedimento di divieto.
Con il 3° ricorso – n. 451/2005 – si chiede l’annullamento del provvedimento in data 20.1.2005 di diffida a svolgere attività di frantumazione di rifiuti inerti.
Con riferimento a quest’ultimo mezzo deve rilevarsi che già con il precedente provvedimento impugnato con ricorso n. 394/2003 veniva disposto il divieto di svolgere qualsiasi operazione di messa in riserva e di recupero rifiuti, sicchè la diffida a compiere le operazioni già vietate in precedenza non può che avere natura esclusivamente monitoria, come tale insuscettibile di assumere portata lesiva della posizione della ricorrente.
A diversa conclusione deve pervenirsi con riguardo al 4° ricorso – n.862/2007 – con il quale è impugnato il provvedimento n. 88 del 27.4.2007 di divieto d’inizio attività di recupero rifiuti.
Anche nel caso in esame i profili d’impugnazione incentrati sulla violazione dell’art.216 D.lgs.n. 152/2006 e della Dir C.E. 5.4.2006 e inoltre della L. 241/1990, nonché sull’eccesso di potere appaiono infondati.
A tale riguardo deve in primo luogo rilevarsi che la richiesta di prosecuzione dell’attivita di recupero rifiuti, presentata oltre un anno dalla scadenza quinquennale dell’autorizzazione non può essere configurata come rinnovo, ma va giuridicamente inquadrata quale nuova domanda d’inizio d’attività.
Nel silenzio della legge il termine massimo per il rinnovo di un’autorizzazione va individuato in quello della sua naturale scadenza non potendo farsi riferimento ad un limite temporale indeterminato secondo un’interpretazione che la stessa normativa sopra richiamata non sembra consentire.
Quanto al merito del divieto occorre anche qui riportarsi alla relazione dell’ARPA e dell’ASL di Rimini nella quale oltre alla circostanza della vicinanza dell’area ad un insedimaento abitativo, viene in particolare evidenziato che nella documentazione istruttoria non vengono individuati idonei sistemi di smaltimento delle acque di dilavamento dei piazzali utilizzati e non viene fatto cenno agli adempimenti in materia di inquinamento acustico. Inoltre, afferma la relazione, il contemporaneo utilizzo di mezzi operatori potrebbe determinare gravi situazioni di rischio sanitario.
Alla stregua delle predette indicazioni e sulla base del D. lgs n. 22/1997 e del D.M. 5.2.1998 l’amministrazione provinciale non poteva disattendere le valutazioni dell’organo tecnico, valutazioni che, come già sottolineato, sono espressamente previste dalla richiamata normativa.
In sostanza il provvedimento della Provincia si poggia sull’insufficiente predisposizione, da parte della società ricorrente, di strumenti idonei a prevenire danni alla salute dei residenti e non, ad esmpio, sul dato tecnico del superamento dei limiti di emissioni inquinanti, sul quale, peraltro, neppure esiste uno specifico motivo d’impugnazione, sicchè anche sotto questo profilo la prospettata consulenza tecnica, di cui è cenno nel ricorso, non appare necessaria in quanto non assumerebbe, in presenza di generiche affermazioni che non individuano un decisivo e specifico quesito tecnico, carattere risolutivo delle questioni poste.
Per tutte le considerazioni che precedono i ricorsi nn 1031/2000, 394/2003 e 862/2007 vanno respinti, mentre il ricorso n. 451/2005 deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese possono compensarsi tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna – Bologna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe respinge quelli di cui ai nn. 1031/2000, 394/2003 e 862/2007 e dichiara inammissibile il ricorso n. 451/2005.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 17 gennaio 2008.

Presidente f.to Calogero Piscitello

Cons. rel. Est. F.to Sergio Fina

Depositata in Segreteria in data 14.2.2008
Bologna li 14.2.2008
Il Segretario
f.to Luciana Berenga