TAR Lazio (RM) Sez.II-bis n.1320 del 25 gennaio 2017
Rumore. Divieto generalizzato di voli civili notturni

Appare irragionevole la previsione di un divieto di voli civili notturni generalizzato ed indistinto, senza operare alcuna differenziazione della portata del divieto in relazione delle singole situazioni di effettivo inquinamento acustico e di effettivo danno o pericolo per la salute e per l’interesse ambientale protetto, i quali devono essere accertati in concreto mediante apposito procedimento amministrativo, non essendo conforme alle leggi primarie, ai principi generali di ragionevolezza e di proporzionalità e al principio costituzionale di libera circolazione di persone e merci l’imposizione di un divieto indiscriminato di volo notturno esteso a realtà territoriali e ambientali disomogenee.

Pubblicato il 25/01/2017

N. 01320/2017 REG.PROV.COLL.

N. 02974/2000 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2974 del 2000, proposto da:
Soc Aeroporti di Roma S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocato Lucio Ghia C.F. GHILCU42H04F839G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Quattro Fontane, 10;

contro

Ministero dell'Ambiente, Ministero dei Trasporti e della Navigazione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Lazio non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del decreto del Presidente della Repubblica n. 476 del 9 novembre 1999, avente ad oggetto “Regolamento recante modificazioni al d.p.r. n. 496/97 concernente il divieto di voli notturni”;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2017 la dott.ssa Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Parte ricorrente propone azione impugnatoria avverso il D.P.R., meglio indicato in epigrafe nei suoi estremi, il quale, a seguito della sentenza del TAR Veneto n. 535 del 1999 – recante l’annullamento del regolamento contenuto nel D.P.R. n. 496 del 1997, passata in giudicato – avrebbe sostanzialmente reiterato il divieto di voli civili notturni già oggetto di annullamento giurisdizionale.

A sostegno della proposta azione deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

1 – Violazione del giudicato di cui alla sentenza del TAR Veneto n. 535 del 1999. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

2 – Violazione dell’art. 11 della legge n. 447 del 1995. Violazione dei principi sul procedimento. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

3 – Violazione dei principi di buon andamento, economicità ed efficacia dell’attività amministrativa. Violazione dei principi di semplificazione dei procedimenti amministrativi. Violazione di legge, violazione degli artt. 97 della Costituzione, 1 e ss. della legge n. 241 del 1990, 20 della legge n. 59 del 1997.

Si sono costituiti in resistenza il Ministero dell’Ambiente ed il Ministero dei Trasporti sostenendo, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza del ricorso, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Ha spiegato intervento ad adiuvandum Poste Italiane S.p.a., ribadendo le censure già formulate dal ricorrente, ed evidenziando, ulteriormente, l’irrazionalità dell’esclusione dei voli postali dalla deroga al divieto di voli notturni, prevedendo per tali voli la previa autorizzazione demandata ad un adottando decreto ministeriale.

Con ordinanza n. 3091/2000 è stata dichiarata l’improcedibilità della domanda cautelare stante l’avvenuta sospensione del gravato D.P.R., con efficacia erga omnes, con ordinanza del TAR Veneto n. 310 del 2000 relativa ad un diverso ricorso.

Con memoria successivamente depositata, parte ricorrente ha rappresentato l’intervenuto annullamento del gravato D.P.R. con sentenza di questo T.A.R. n. 10119 del 2014, chiedendo la cancellazione della causa dal ruolo in attesa della pronuncia del giudice di appello su tale pronuncia.

Alla pubblica udienza del 18 gennaio 2017, la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

2 – Così dato atto dell’oggetto del giudizio, il Collegio ritiene di dover meglio precisare le ragioni – già illustrate in udienza - del mancato accoglimento della richiesta, formulata da parte ricorrente, di cancellazione della causa dal ruolo.

Nell'ordinamento giuridico processuale vigente non esiste una norma giuridica o un principio ordinamentale che attribuisca alle parti in causa il diritto al rinvio della discussione del ricorso, atteso che le stesse hanno solo la facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, ma la decisione finale in ordine ai concreti tempi della decisione spetta comunque al giudice; e ciò in quanto la richiesta di cancellazione della causa dal ruolo ovvero di rinvio della trattazione di una causa deve trovare il suo fondamento giuridico in gravi ragioni idonee ad incidere, se non tenute in considerazione, sulle fondamentali esigenze di tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantite, atteso che, pur non potendo dubitarsi che anche il processo amministrativo è regolato dal principio dispositivo, in esso non vengono in rilievo esclusivamente interessi privati, ma trovano composizione e soddisfazione anche gli interessi pubblici che vi sono coinvolti.

Ciò posto, la pendenza di un procedimento di appello su di una sentenza di primo grado concernente la medesima questione oggetto del presente giudizio, non costituisce valida ragione per disporre la cancellazione della causa dal ruolo, non rientrando tale fattispecie tra le situazioni particolarissime, costituenti gravi motivi, direttamente incidenti sul diritto di difesa delle parti, che rendono il rinvio dell'udienza doveroso, tra le quali vanno annoverati i casi di impedimenti personali del difensore o della parte, nonché quelli in cui, per effetto delle produzioni documentali effettuate dall'Amministrazione, occorra riconoscere alla parte che ne faccia richiesta il termine per la proposizione dei motivi aggiunti.

L’attesa della definizione del giudizio di appello, invero, avrebbe – laddove confermativa della sentenza impugnata - unicamente l’effetto di condurre ad una declaratoria di improcedibilità del ricorso in esame, ma tale risultato non integra un grave motivo meritevole di disporre la cancellazione della causa dal ruolo, tenuto conto della risalenza temporale del ricorso e della possibilità, per la parte ricorrente, di poter proporre comunque appello avverso la presente decisione.

3 – Avuto riguardo ai profili preliminari del giudizio, il Collegio è tenuto a pronunciarsi sulla ritualità dell’intervento ad adiuvandum spiegato da Poste Italiane S.p.A.

L’intervento deve essere dichiarato inammissibile, vantando l’interventore una posizione autonomamente lesa dal gravato provvedimento, assumendo quindi la veste di soggetto cointeressato legittimato a proporre l'impugnazione in via autonoma.

Difatti, nel processo amministrativo l'intervento ad adiuvandum presuppone la titolarità di una posizione giuridica dipendente da quella dedotta dal ricorrente in giudizio, ad essa accessoria e non autonoma, poiché in questa seconda ipotesi l'interveniente ad adiuvandum, titolare di posizione autonoma, è tenuto ad impugnare il provvedimento ritenuto lesivo, non potendo eludere con l'intervento ad adiuvandum il termine decadenziale previsto dalla legge per contestare gli atti illegittimi.

Occorre, difatti, guardare all'interesse fatto valere dal soggetto interventore, il quale, nella fattispecie in esame, lamenta una lesione alla propria posizione giuridica discendente dal contestato D.P.R., peraltro anche per profili estranei a quelli contenuti nel ricorso in esame, censurando specificamente, l’interventore ad adiuvandum, il divieto di volo notturno per i voli postali e l’irrazionalità dell’esclusione di tali voli dalla deroga al divieto di voli notturni e della sottoposizione degli stessi alla previa autorizzazione demandata ad un adottando decreto ministeriale, in tal modo ampliando il thema decidendum fissato dal ricorrente nell'atto introduttivo del giudizio.

Posto, quindi, che nel processo amministrativo, per l'ammissibilità dell'intervento ad adiuvandum, l'iniziativa processuale deve essere espressione di un interesse, a seconda delle formulazioni, connesso, derivato, dipendente o almeno accessorio o riflesso rispetto a quello proprio della parte principale, l’intervento di Poste Italiane S.p.a. deve essere dichiarato inammissibile in quanto proposto da soggetto cointeressato legittimato a proporre l'impugnazione in via autonoma.

Né tale intervento, in ossequio alla teoria del raggiungimento dello scopo e in applicazione del principio di conservazione degli atti processuali, può essere qualificato come ricorso autonomo, non risultando notificato nel termine decadenziale prescritto per l’impugnazione.

4 – Avuto riguardo al merito dell’azione impugnatoria, il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dai principi espressi nella sentenza di questo TAR n. 10119 del 2014, la quale, con riguardo all’impugnativa del medesimo D.P.R., ha accolto il ricorso.

Il gravato regolamento, invero, appare censurabile sotto il profilo della irragionevolezza della previsione di un divieto di voli civili notturni generalizzato ed indistinto, senza operare alcuna differenziazione della portata del divieto in relazione delle singole situazioni di effettivo inquinamento acustico e di effettivo danno o pericolo per la salute e per l’interesse ambientale protetto, i quali – a differenza di quanto avvenuto – devono essere accertato in concreto mediante apposito procedimento amministrativo, non essendo conforme alle leggi primarie, ai principi generali di ragionevolezza e di proporzionalità e al principio costituzionale di libera circolazione di persone e merci l’imposizione di un divieto indiscriminato di volo notturno esteso a realtà territoriali e ambientali disomogenee.

Risulta, quindi, censurabile la scelta di imporre il divieto di volo – fatta eccezione per i voli di Stato, sanitari e di emergenza - in via preventiva, senza il preliminare accertamento di situazioni di inquinamento acustico negli aeroporti interessati e delle effettive emergenze che possano giustificare la soluzione inibitoria adottata in via generale, potendo solo tale previo accertamento giustificare, in relazione alle specificità della realtà dei singoli aeroporti, l’imposizione del divieto.

L’imposizione di tale divieto generalizzato non risulta, inoltre, essere stata preceduta dalla previa valutazione della idoneità del ricorso a diverse misure di contenimento acustico prevista dalla normativa vigente o della impossibilità, attraverso l’adozione di tali misure alternative, di raggiungere gli obiettivi stabiliti.

Il gravato regolamento si pone, quindi, in contrasto con la direttiva 2002/30/CE e con il D.Lgs. 17.1.2005 n. 13 di attuazione della medesima, il quale espressamente subordina – all’art. 4, comma 5 - le restrizioni operative del traffico aereo al caso in cui le valutazioni effettuate abbiano dimostrato che l’attuazione di ogni altra misura di contenimento acustico prevista dalla normativa vigente non consenta di raggiungere gli obiettivi stabiliti, mentre il successivo art. 6 prevede la costituzione di un comitato tecnico-consultivo al fine di emanare linee di indirizzo per l’adozione delle restrizioni operative, tenendo conto delle proposte delle commissioni aeroportuali competenti, per individuare e proporre all’E.N.A.C. le ipotesi di eventuali restrizioni operative ritenute idonee ad evitare il ripetersi del superamento dei limiti acustici.

La riscontrata carenza istruttoria rileva, inoltre, anche sotto un ulteriore profilo, integrante al contempo il vizio di violazione di legge, posto che l’art. 11 della legge n. 447 del 1995 – recante la legge quadro sull'inquinamento acustico – prescrive che i regolamenti di esecuzione sono emanati “avvalendosi anche del contributo tecnico-scientifico degli enti gestori dei suddetti servizi”, laddove nessun contributo tecnico scientifico da parte degli enti gestori – per come affermato da parte ricorrente e non contestato dalle resistenti Amministrazioni - è stato acquisito.

Conseguenza del rilevato difetto di istruttoria – istruttoria che avrebbe dovuto essere condotta, previa verifica della possibilità del ricorso a diverse misure antirumore o a restrizioni operative idonee a garantire il rispetto dei limiti acustici, anche in relazione alla concreta localizzazione dei singoli aeroporti e delle tipologie di aeromobili, tenuto conto della disomogeneità delle realtà territoriali e ambientali e delle diversità tecnologiche degli aeromobili - è l’irragionevolezza del divieto generalizzato di voli notturni in quanto volto a disciplinare in modo uniforme situazioni tra loro diverse, senza indagare - in relazione ai diversi contesti - in ordine alla reale necessità, per la tutela degli interessi perseguiti, della reale necessità di una inibitoria assoluta, in violazione quindi anche del principio di proporzionalità ed adeguatezza dell’azione amministrativa.

In conclusione, il ricorso in esame, per le considerazioni dianzi illustrate, deve essere accolto stante la rilevata fondatezza delle censure proposte avverso il divieto generalizzato di voli notturni - e con assorbimento delle censure non esaminate, il cui eventuale accoglimento non potrebbe arrecare alcuna ulteriore utilità a parte ricorrente rispetto all’interesse azionato – il che conduce all’annullamento del gravato decreto del presidente della Repubblica nella parte in cui stabilisce il divieto indiscriminato di voli civili notturni, ad eccezione dei voli di Stato, sanitari e di emergenza.

La peculiarità della vicenda contenziosa e l’incertezza derivante dalla pendenza del giudizio di appello su analoga decisione giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Roma - Sezione Seconda Bis

definitivamente pronunciando sul ricorso N. 2974/2000 R.G., come in epigrafe proposto, così statuisce:

dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum spiegato da Poste Italiane S.p.A.;

- accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il gravato regolamento nella parte in cui dispone il divieto generalizzato di voli notturni;

compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente, Estensore

Antonella Mangia, Consigliere

Antonio Andolfi, Primo Referendario

         
         
IL PRESIDENTE, ESTENSORE        
Elena Stanizzi