Cass.Sez. III n. 28905 del 8 luglio 2013 (Ud 24 gen 2013)
Pres.Fiale Est.Grillo Ric.Staiano ed altro
Tutela Consumatori.Somiglianza del segno distintivo e attitudine ingannatoria

Il reato di cui all'art. 517 cod. pen. è integrato dalla somiglianza del segno distintivo tale da creare confusione nel consumatore mediamente diligente sulla provenienza del prodotto, non essendo necessaria né la registrazione o il riconoscimento del marchio, né la sua effettiva contraffazione né, infine, la concreta induzione in errore dell'acquirente sul bene acquistato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il reato con riferimento alla messa in vendita di un orologio da polso che conteneva dati identificativi ed un marchio molto simili a quello di un modello brevettato).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. FIALE Aldo - Presidente - del 24/01/2013
Dott. GRILLO Renato - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 231
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere - N. 22700/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
STAIANO SILVIO N. IL 14/11/1970;
STAIANO ALBA N. IL 17/04/1962;
avverso la sentenza n. 11534/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 10/06/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GAETA Pietro che ha concluso per l'inammissibilità (ricorso depositato da soggetto privo di delega) anche con riferimento al merito;
Udito per la parte civile l'Avv. Marino Virgilio di Napoli;
Udito il difensore Avv. Majorano Lucia di Napoli.
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza del 10 giugno 2011 la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di quella città del 15 luglio 2008 emessa nei confronti di STAIANO Silvio e STAIANO Alba - imputati in concorso tra loro - del reato di cui agli artt. 110 e 517 cod. pen. reato commesso in Capri dal 1995 con condotta perdurante, con la quale i predetti erano stati condannati - previa concessione delle circostanze attenuanti generiche - alla pena di mesi quattro di reclusione ciascuno oltre al risarcimento dei danni causati alle parti civili costituite.
1.2 A detta conclusione la Corte territoriale era pervenuta, confermando il giudizio espresso dal Tribunale in ordine alla sussistenza del reato contestato ad entrambi gli imputati, ribadendo, in particolare, che il prodotto commerciale denominato "Caprì s Watch" (un orologio da polso raffigurante nel quadrante l'orologio della piazzetta dell'isola di Capri) conteneva dati simili e una denominazione che induceva i potenziali clienti-acquirenti a confusione circa l'originalità del prodotto rispetto a quello - assolutamente simile - brevettato da PEREZ Giuseppe e denominato "Capri Time". Nessuna incertezza veniva individuata circa l'attribuibilità del fatto ad entrambi gli imputati in quanto gestori di un esercizio commerciale ("Asperula Stellina") nel quale veniva venduto l'orologio recante la denominazione Caprì s Watch. Infine la Corte territoriale confermava il trattamento sanzionatorio e in relazione alla gravità del fatto negava la invocata sostituzione della pena detentiva con la sanzione corrispondente della multa.
1.3 Propongono ricorso i due imputati a mezzo del loro difensore fiduciario e deducono: a) estinzione del reato per prescrizione, maturata - per effetto di sospensioni intervenute medio tempore - il 24 luglio 2011 in relazione al tempus commissi delicti individuato dalla Corte territoriale nel 4 luglio 2003; b) nullità della sentenza per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale (art. 517 cod. pen., oltre che per difetto di motivazione, censurando l'apoditticità del percorso argomentativo seguito dal giudice distrettuale soprattutto in ordine alla individuazione degli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 517 cod. pen.; c) nullità della sentenza per analogo vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del reato); d) nullità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione in punto di diniego della sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria di specie corrispondente; e) nullità della sentenza in punto di conferma delle statuizioni civili che avrebbero dovuto essere circoscritte alla parte civile RUOCCO titolare della ditta individuale "Virginia Gioielli" quale distributore e rivenditore del prodotto denominato "Capri Time", con esclusione di PEREZ Giuseppe, originario inventore del prodotto da lui brevettato, in quanto soggetto non avente più diritto a tutela per intervenuta scadenza del brevetto.
1.4 La parte civile ha fatto pervenire note difensive (con allegati) ritualmente e tempestivamente depositate, con le quali insiste nel rigetto del ricorso.
2. Nel corso dell'odierna udienza in sede di requisitoria il P.G. ha eccepito l'inammissibilità del ricorso in quanto depositato da soggetto privo di delega e comunque la inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Per una corretta soluzione della complessa (soprattutto per quanto attiene agli sviluppi giudiziari della vicenda giudiziaria sia in sede civile che penale), quanto annosa vicenda che vedeva in conflitto due esercenti commerciali operanti sul suolo di Capri titolari di ditte individuali specializzate nella vendita di prodotti (orologi) aventi caratteristiche similari, occorre prendere le mosse dal capo di imputazione contestato agli odierni ricorrenti. 2. Costoro sono chiamati a rispondere del reato di cui all'art. 517 cod. pen. "perché, in concorso tra loro, quali gestori della ditta Asperella Stellina con sede in Capri, Via Camerette n. 21, Staiano Silvio, quale legale rappresentante della società dal 3 dicembre 1999, ponevano in vendita e ponevano comunque in circolazione orologi da polso denominati Caprì s Watch prodotti industriali recanti i segni distintivi (orologi da polso con quadrante costituito dalla riproduzione del quadrante dell'orologio della piazzetta di Capri) propri dell'orologio denominato Capri Time, già oggetto di brevetto n. 44292 del 12.1.1987 e del marchio di impresa del 29.10.1991 nr. Q552952, rilasciati in favore di Perez Giuseppe, tanto da indurre in inganno il compratore sull'origine o provenienza e qualità del prodotto" Reato commesso in Capri dal 1995 con condotta perdurante. 3. Ciò premesso appare preliminare a qualsiasi statuizione da parte di questa Corte affrontare il tema introdotto dal P.G. in sede di requisitoria afferente alla inammissibilità del ricorso perché intempestivo in quanto depositato da soggetto privo di specifica delega. Tale rilievo non appare fondato. La questione, non nuova nella giurisprudenza di questa Corte, è stata risolta nel senso di ritenere sufficiente - in coerenza con quanto disposto dall'art. 582 c.p.p., comma 1 (norma che prevede la possibilità di presentare in cancelleria l'atto di impugnazione, oltre che personalmente "a mezzo di incaricato") - anche una delega orale desumibile financo dalla natura dei rapporti o delle relazioni intercorrenti tra il presentatore e il sottoscrittore dell'atto, senza che occorra l'autentica della sottoscrizione, formalità non richiesta dalla norma processuale de qua (Cass. Sez. Un. 22.4.2010 n. 20300, Lasala Rv. 246905; Cass. Sez. 5 11.1.2007 n. 8096, Lussana e altri, Rv. 235735).
3.1 Non si ritiene di condividere, alla stregua dei criteri testè enunciati, l'orientamento più rigoroso espresso da altra pronuncia secondo la quale - richiamandosi un precedente, datato indirizzo (Cass. Sez. 1, 30.1.1997, n. 641; Cass. Sez. 1, 18.3.1996, n. 1736) - è comunque necessario che, laddove l'atto di impugnazione venga presentato da soggetto incaricato, tale specifica qualità risulti da una esplicita delega rilasciata dal "titolare del diritto di impugnazione" ovvero da inequivoca attestazione con la quale il pubblico ufficiale, cui l'impugnazione viene presentata, dia atto della dichiarazione resagli dal presentatore di agire per delega del suddetto titolare. (Cass. Sez. 6 n. 28713/12).
3.2 Tale indirizzo, peraltro sostanzialmente isolato, è contraddetto, oltre che dai precedenti dianzi enunciati anche da numerose altre decisioni che fanno leva sul duplice rilievo della assenza di particolari formalità richieste dalla norma processuale e della certezza sulla legittima provenienza dell'atto, ben potendosi desumere l'identità del presentatore non munito di delega scritta (peraltro non necessaria) dal complessivo esame del documento (in termini Cass. Sez. 5A 6.7.2010 n. 38722, Canfora, Rv. 248896; Cass. Sez. Sez. 6A 12.4.2007, n. 21866, Mancini ed altri Rv. 236696). 3.3 Conclusivamente poiché la norma processuale enunciata non indica, ne' richiede, particolari formalità, una eventuale delega può essere rilasciata dall'interessato in forma orale a condizione che, considerata la natura del rapporto tra l'incaricato e il titolare del diritto di impugnazione, si abbia la garanzia in ordine all'autenticità della sottoscrizione dell'atto e alla legittimità della sua presentazione, riconducibile, in concreto, al relativo avente diritto.
4. Ciò detto, e passando a trattare il merito del ricorso, la questione inerente alla maturata prescrizione del reato può essere affrontata solo all'esito dell'esame dei singoli motivi del ricorso:
una loro manifesta infondatezza precluderebbe infatti la declaratoria di estinzione, in quanto, come del resto riconosciuto dagli stessi ricorrenti, la prescrizione è maturata successivamente alla sentenza di appello.
4.1 Ritiene la Corte che, sebbene i motivi di ricorso contengano argomentazioni già sottoposte al vaglio della Corte territoriale, sia per quanto riguarda la materialità del reato di cui all'art. 517 cod. pen. sia il profilo soggettivo, il giudice distrettuale non abbia fornito risposte pienamente appaganti. Vero è che la sentenza impugnata, confermativa della sentenza del Tribunale richiama per relationem le considerazioni svolte in quest'ultima decisione e che, per giurisprudenza costante di questa Corte, la struttura motivazionale della sentenza di appello, laddove le due pronunce di primo e di secondo grado risultino concordanti nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a base delle rispettive decisioni, si salda e si integra con quella precedente di primo grado (Cass. Sez. 2 10.1.2007 n. 5606, Conversa e altri; Rv. 236181; Cass. Sez. 1 26.6.2000 n. 8868, Sangiorgi, Rv. 216906; Cass. Sez. Un. 4.2.1992 n. 6682, Pm: p.c, Musumeci ed altri, Rv. 191229). 4.2 Ma tanto non esime il giudice dell'appello, laddove investito di specifiche questioni, di fornire risposte adeguate, pena il vizio di motivazione sotto il profilo della carenza.
5. Come ricordato dalla Corte di Appello, PEREZ Giuseppe era titolare di un brevetto per modello ornamentale n. 44292 rilasciato il 12 gennaio 1987 ed avente per oggetto "orologio da polso con quadrante costituito dalla riproduzione dell'orologio di Capri", nonché titolare di altro brevetto per marchio di impresa "denominativo" costituito dalla dizione "Capri Time", richiesto il 27 giugno 1985, rinnovato sia nel 1995 che nel 2005 e, infine, di un brevetto per marchio di impresa cd. "figurativo" richiesto il 23 gennaio 1989 e costituito dalla raffigurazione di un quadrante di orologio rotondo entro una incorniciatura quadrata, riproducente il quadrante dell'orologio del campanile della piazzetta di Capri. In base a tali presupposti la Corte ha affermato che poteva dirsi acclarata "la circostanza che il PEREZ creò un qualcosa di originale che non esisteva" (pag. 2 della sentenza impugnata). Nel passare in rassegna gli elementi di analogia tra i due prodotti (quello un tempo brevettato dal PEREZ e poi rivenduto a RUOCCO Silvio, e quello creato dagli imputati) in effetti la Corte ha analizzato alcuni dati (quadrante pressoché identico, vicinanza dei due negozi, forme di pubblicità simili, preesistenza di titoli di privativa ancorché uno dichiarato nullo) per poi concludere per la sussistenza del reato in quanto caratterizzato da una condotta di induzione in errore dei consumatori, in quanto sia la denominazione di origine che la pubblicità erano identiche e tali da ingenerare confusione del compratore (v. pag. 3 della sentenza). 5.1 Secondo l'orientamento di questa Corte, in materia di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, la riproduzione di una figura o di un personaggio di fantasia di per sè costituente marchio o segno distintivo del prodotto (cosiddetto "marchio figurativo") impone, ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 517 cod, pen., che detta raffigurazione sia idonea ad ingenerare in qualche modo confusione nei consumatori in ordine ad una determinata origine, provenienza o qualità della merce risultante dal marchio apposto e regolarmente registrato. Ma laddove la riproduzione abusiva delle immagini apposte sugli oggetti abbia solo la finzione di richiamare l'interesse dei possibili acquirenti per venire incontro ai gusti della clientela il reato de quo non può configurarsi (Cass. Sez. 3 9.4.2008 n. 27986, Andriulo, Rv. 240927, più di recente Cass. Sez. 5 30.11.2011 n. 2975, P.M. in proc Mosconi, Rv. 251936). 5.2 Nessun dubbio che gli elementi caratterizzanti la fattispecie delineata dall'art. 517 cod. pen. siano costituiti da una somiglianza di segni distintivi tale da creare confusione nell'utente in merito alla provenienza dei prodotti, fermo restando che è richiesta, ai fini della integrazione della fattispecie, la media diligenza da parte del consumatore. Così come si richiede la attitudine del marchio imitato a trarre in inganno il consumatore sulle caratteristiche essenziali del prodotto, non essendo indispensabile, ai fini della configurabilità del reato, ne' la registrazione o riconoscimento del marchio, ne' la sua effettiva contraffazione, ne' la concreta induzione in errore dell'acquirente sul bene acquistato, (Cass. Sez. 3 30.4.2009 n. 23819,. P.M. in proc. Rongzhen, Rv. 244023). Quel che rileva, è, dunque, la capacità ingannatoria del prodotto desumibile dai vari segni esteriori: segni che la Corte territoriale ha individuato, nonostante da parte dell'appellante fossero stati segnalati numerosi elementi che rendevano possibile una distinzione tra i due prodotti, tale da neutralizzare la capacità ingannatoria dell'orologio prodotto dagli odierni ricorrenti, quale indici di sintomatici: vero è, però, che l'indagine condotta dalla Corte avrebbe potuto essere sviluppata in modo più penetrante in relazione alle doglianze mosse dagli imputati in quanto, comunque, alcune differenze (anche se considerate non decisive) tra i due prodotti erano state accertate dalla stessa Corte di Appello. 5.3 Anche sul fronte dell'elemento soggettivo del reato - incentrato sul dolo generico inteso quale consapevolezza della natura mendace ed ingannevole del segno utilizzato (in termini Cass. Sez. 3 12.10.2011, n. 46198, Cristellon, Rv. 251606) - il giudizio espresso dalla Corte avrebbe dovuto essere meglio articolato in relazione agli elementi rassegnati nell'atto di appello (in particolare l'esito di altro procedimento penale carico di STAIANO Alba definito con decreto di archiviazione; atteggiamento "tollerante" degli stessi denuncianti;
inoltro della domanda di registrazione del marchio Caprì s Watch sin dal mese di luglio 1997 e di brevetto per modello ornamentale per orologio cronografo con segnali diversi rispetto a quello denominato Capri Time - vds. pagg. 10 e 11 del ricorso). Tali fattori avrebbero, infatti, dovuto essere comparati con quelli di opposto segno che la Corte ha ritenuto decisivi per ribadire la sussistenza del dolo. 5.4 In effetti, a prescindere dalle contrarie osservazioni contenute nella memoria della parte civile (pagg. 10-13) che segnalano l'esaustività della sentenza impugnata anche sul fronte dell'elemento soggettivo del reato, la decisione impugnata si caratterizza per una affermazione netta, seppur non pienamente analitica, circa la materialità del reato (idoneità ingannatoria del prodotto), senza il necessario approfondimento sul fronte dell'elemento soggettivo che pure la situazione imponeva, anche tenuto conto delle specifiche doglianze contenute nell'atto di appello.
5.5 Tale vizio motivazionale (che assorbe anche il 4 motivo di ricorso) imporrebbe un annullamento con rinvio che, tuttavia appare superfluo in relazione alla maturata prescrizione del reato. 6. Il relativo termine, come dedotto dai ricorrenti e come pacificamente emerge dagli atti e dalla data di commissione del reato come affermata dalla Corte di Appello (4 luglio 2003 - vds. pag. 3 della sentenza impugnata), è scaduto il 24 luglio 2011, stante le sospensioni della prescrizione intervenute nel corso del giudizio di primo grado tra il 23.12.2007 e il 5.2.2008 e nel corso del giudizio di appello tra il 18.2.2011 e il 30.3.2011 tra il 30.3.2011 e il 27.5.2011, per un totale di mesi sei e giorni diciannove. 6.1 Vale, sul punto, il principio affermato dalle SS.UU. di questa Corte secondo il quale nella ipotesi di maturazione del termine prescrizionale successivamente alla sentenza di appello è solo l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi a precludere la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., non potendo considerarsi formato un valido rapporto di impugnazione (Cass SS. UU 22.11.2000 n. 32; Cass. Sez. 2 20.11.2003 n. 47383;
Cass. Sez. 4 20.1.2004 n. 18641).
7. La sentenza impugnata - alla stregua delle considerazioni che precedono - va annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
8. Vanno, tuttavia, mantenute le statuizioni civili non apparendo fondata la richiesta di annullamento parziale contenuta nel 5 motivo di ricorso, per le condivisibili ragioni espresse, al riguardo, dalla Corte di Appello: invero correttamente la Corte territoriale ha ritenuto anche il PEREZ soggetto danneggiato dal reato, in quanto inventore del prodotto, anche se il brevetto per modello ornamentale da lui registrato era scaduto, in quanto era comunque vigente il marchio figurativo da lui creato, non dichiarato nullo contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti.
8.1 Conseguentemente i ricorrenti vanno condannati al pagamento in favore delle parti civili, delle spese da esse sostenute in questo grado che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori di legge.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del grado in favore delle costituite parti civili che liquida in Euro 3.000,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2013