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Cass. Sez. III sent.10907 del 21 marzo 2005
Pres. Zumbo Est. Sarno imp. Sacco

Su un immobile oggetto di istanza di condono edilizio non definita le uniche attività lecite di prosecuzione dei lavori sono quelle avviate con la procedura ex art. 35 della L. 47/85 ed effettuate nel rispetto delle condizioni indicate dalla medesima disposizione.

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Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il procuratore della repubblica presso il tribunale di Napoli ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa in data 15.10.04 dal tribunale di Napoli con il quale, nell'ambito del procedimento penale nei confronti di Sacco Alfonso, indagato per i reati di cui agli artt. 44 D.P.R. 380/01,163 D.L.vo 493/99, veniva ordinato il dissequestro di un capannone.

Il pubblico ministero eccepisce la violazione di legge e l'omessa motivazione per travisamento del fatto.

Osserva, infatti, il procuratore ricorrente che il tribunale, omettendo qualsiasi notazione in ordine alla lettura degli atti di indagine della PG, ha erroneamente censurato la tesi del GIP che correttamente, invece, aveva qualificato gli interventi sul capannone quale prosecuzione dei lavori. Aggiunge anche che, erroneamente il Tribunale aveva ritenuto insussistenti le esigenze cautelari, in quanto non solo la mera pendenza di una domanda di condono non esclude le esigenze cautelari stesse ma l'opera realizzata non poteva comunque rientrare nel condono stante l'avvenuta prosecuzione dei lavori nel 2004.

Il ricorso deve essere accolto.

Va, anzitutto, premesso al riguardo che, come più volte ribadito da questa Corte, in materia edilizia la nozione di ultimazione assume un diverso significato se prospettata ai fini della individuazione del momento di cessazione della permanenza del reato edilizio ovvero del condono! edilizio.

Nel primo caso deve ritenersi esistente detto requisito quando siano state eseguite anche le rifiniture. In materia di condono trova invece applicazione il concetto stabilito dall'art. 31 della legge 28 febbraio 1985 n. 47; tale norma considera ultimato uno stabile qualora sia completato il rustico ed eseguita la copertura (Sez. 3, n. 7140 del 15/06/1998 Rv. 211212; n. 11484 del 28/11/1995 Rv 203019).

Va anche ricordato che, dopo la presentazione dell'istanza di condono, la costruzione può essere proseguita soltanto nel rispetto della procedura stabilita dall'art. 35, comma 15, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (che prevede, decorsi 120 giorni dal versamento della seconda rata la notifica al

Comune dell'intendimento di proseguire i lavori, con allegazioni di una perizia giurata o di una documentazione equipollente sullo stato dei lavori abusivi, i quali possono essere ripresi dopo 30 giorni dalla suddetta notificazione); in difetto, la prosecuzione dei lavori configura un nuovo ed autonomo reato urbanistico. Sez. 3, Ord. n. 3530 del 01/12/2000 Rv 218001.

Questa premessa serve a chiarire che, nella specie, si rendeva senz'altro necessario, a differenza di quanto sostenuto nelle motivazioni del tribunale del riesame, verificare anzitutto l'esistenza della procedura di sanatoria dell'abuso e, soprattutto, della sua conclusione.

Ribadite le argomentazioni supra riportate sul concetto di ultimazione del manufatto, va indubbiamente condiviso, infatti, il rilievo del procuratore della Repubblica ricorrente secondo il quale qualsivoglia intervento su opere  abusive mai  condonate integra comunque  una prosecuzione di interventi edilizi anche essi illeciti.

Il che, come noto, muta profondamente anche il quadro di riferimento in tema di esigenze cautelari.

In presenza di eventuale sanatoria si sarebbe, poi,  dovuta verificare anche la tipologia dei lavori sanati verificando la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 35 l. n. 47/85 per gli interventi successivi alla richiesta di condono.

Solo da questo accertamento poteva derivare, infatti,  un elemento di riscontro valido per verificare la portata dei nuovi interventi, prodromico alla verifica della compatibilità degli stessi alle disposizioni vigenti in materia edilizia, ma anche ambientale, stante la contestazione dell'art. 163 D. Lgs 493/99.

Il provvedimento del tribunale del riesame deve essere, pertanto, annullato dovendo intervenire sul punto una nuova valutazione che tenga  conto dei principi indicati.