Pres. Vitalone Est. Amoroso Ric. Zenti ed altro
Urbanistica. Esclusione della condonabilità delle opere non residenziali (fattispecie: muro di contenimento)
le opere a destinazione non residenziale sono eslcuse dal condono edilizio. Per la realizzazione di un terrapieno costituito da un muro con funzione di contenimento di notevoli dimensioni è necessario il permesso di costruire
SENTENZA N. 160
REG. GENERALE n. 46649/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. Claudio
Vitalone
Presidente
1. Dott. Vincenzo
Tardino
Consigliere
2. Dott. Mario
Gentile
Consigliere
3. Dott. Giovani
Amoroso
Consigliere
4. Dott. Santi
Gazzarra
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Zenti Vladimiro n. a Roma il 21 aprile 1951 e da Foti Vincenza n. a Melito di Porto Salvo il 15.10.1955.
avverso la sentenza del 23 giugno 2006 della Corte d'appello di Roma.
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni
Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Angelo Di
Popolo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito l'avv. Polizzi di Sorrentino in sostituzione dell'avv. Augusto
Colatei che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Zenti Vladimiro e Foti Vincenza erano imputati: a) del reato p. e p.
dall' artt. 110 C.P., 20 lettera b), legge n. 47 del 1985 per aver
realizzato, in concorso tra loro e in assenza della prescritta
concessione edilizia le seguenti opere: muro di contenimento in cemento
armato avente una lunghezza di mt. 17,50 ed un'altezza variabile da mt.
2,20 a mt. 3,80; installazione di un box in lamiera sagomata delle
dimensioni di mt. 5,00 e mt. 2,50 con altezza di mt. 2,20 al colmo in
aderenza ad una tettoia aperta; installazione di un prefabbricato in
pannelli coibentati delle dimensioni di mt. 2,00 x mt. 1,20 con altezza
di mt. 2,00, adibito a servizi igienici; b) reato p. e p. dagli artt.
110 C.P., 1, 3, 17, 18, 20 legge n. 64 del 1974 per avere eseguito i
lavori relativi alle opere di cui al capo a) in zona sismica senza
avere rispettato le norme e le prescrizioni tecniche contenute nei
decreti ministeriali vigenti, omettendo di depositare, prima
dell'inizio dei lavori, gli atti progettuali presso l'Ufficio del Genio
Civile competente; c) reato p.e p. agli artt. 110 C.P., 1, 2, 4, 13, 14
legge n. 1086 del 1971 per avere realizzato le strutture in cemento
armato descritte al capo a) senza il progetto esecutivo, senza previa
denuncia dei lavori al Genio Civile e senza la direzione dei lavori da
parte di un tecnico competente (reati accertati in Guidonia, il
5.7.2002).
2. Con sentenza in data 9-5-2005 Tribunale di Tivoli dichiarava gli
imputati colpevoli e li condannava ad un mese e giorni 4 di arresto e
€5500 di ammenda.
3. Avverso tale sentenza ha interposto appello il difensore degli
imputati, censurando l'errata interpretazione della legge sul condono
edilizio operata dal giudicante.
La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 23 giugno 2006, in riforma
della sentenza del Tribunale di Tivoli, dichiarava non doversi
procedere nei confronti dei predetti in ordine al reato di cui al capo
B) perché estinto per prescrizione ed eliminava la relativa
pena; determinava la residua pena nella misura di mesi uno giorni due
di arresto ed € 5.000 di ammenda; confermava nel resto
l'impugnata sentenza.
4. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma gli imputati
hanno proposto ricorso per cassazione con tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è manifestamente infondato e quindi
inammissibile.
1.1. Il primo motivo del ricorso, con cui i ricorrenti denunciano la
violazione della normativa sul condono ritenuto, dall'impugnata
sentenza, inapplicabile in ragione del carattere non residenziale
dell'opera, è destituito di fondamento.
Questa Corte (Cass., Sez. III, 6 aprile 2004 – 7 maggio 2004,
n. 21679) ha già affermato che in materia di reati edilizi,
la sospensione di cui all'art. 44 della legge 28 febbraio 1985 n. 47
non è automatica e non va applicata a tutti i procedimenti
per reati urbanistici astrattamente interessati al condono, ma solo a
quelli aventi ad oggetto opere che abbiano oggettivamente i requisiti
per la condonabilità ex art. 32 del D.L. 30 settembre 2003
n. 326 (nella specie l'opera abusiva non risultava suscettibile di
sanatoria, in quanto costruzione di tipo non-residenziale, realizzata
in assenza del titolo abilitativo). Cfr. anche Cass., Sez. III, 17
febbraio 2004 – 24 marzo 2004, n. 14436, secondo cui i
procedimenti penali per violazioni edilizie relative a nuove
costruzioni non residenziali non possono essere sottoposti, durante la
pendenza dei termini di presentazione del cd. condono edilizio, alla
sospensione prevista dall'art. 44 della legge 28 febbraio 1985 n. 47,
cui rinviano le disposizioni di cui al decreto legge 30 settembre 2003
n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326, atteso che l'art.
32 del citato decreto n. 289 limita l'applicabilità del
condono edilizio alle sole nuove costruzioni residenziali (Conf. Cass.,
Sez. 3, 18 novembre 2003 – 29 gennaio 2004, n. 3358).
Né rileva la conservazione degli effetti penali
perché comunque non risulta un'oblazione ritualmente
perfezionata con il pagamento della somma dovuta.
1.2. Anche il secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti
contestano che la realizzazione del muro di contenimento richieda il
titolo concessorio, è infondato.
In proposito questa Corte (Cass., Sez. III, 17 giugno 1999 –
29 settembre 1999, n. 11126) ha già affermato che la
costruzione di un terrapieno, costituito da un muro con funzione di
contenimento con notevoli dimensioni (così come nella
specie) non è soggetta alla semplice denuncia di inizio dei
lavori, ai sensi dell' art. 4 del D.L.. 5 ottobre 1993 n. 398,
convertito in L. 4 dicembre 1993 n. 493, come sostituito dall'art. 2,
comma 60, della legge 23 dicembre 1996 n. 662. Nella specie il muro di
contenimento era di notevoli dimensioni essendo stato realizzato in
cemento per una lunghezza di mt. 17,50 ed un'altezza variabile da mt.
2,20 a mt. 3,80. In ogni caso a quest'opera si aggiungeva anche
l'installazione di un box in lamiera sagomata delle dimensioni di mt.
5,00 e mt. 2,50 con altezza di mt. 2,20 al colmo in aderenza ad una
tettoia aperta; nonché l'installazione di un prefabbricato
in pannelli coibentati delle dimensioni di mt. 2,00 x mt. 1,20 con
altezza di mt. 2,00, adibito a servizi igienici.
3. Il terzo motivo, con cui i ricorrenti censurano la mancanza di un
preciso avvertimento nel decreto di citazione in ordine alla
possibilità dei riti alternativi, è infondato
essendo di tutta evidenza che il riferimento contenuto nel decreto di
citazione a giudizio alla facoltà di chiedere i riti
alternativi "prima della dichiarazione del dibattimento di primo grado"
non poteva intendersi altrimenti che come "prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado".
4. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.
Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono
elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità", alla declaratoria
dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art.
616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento in solido
nonché quello del versamento di una somma, in favore della
Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00 (mille)
ciascuno.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in
solido al pagamento delle spese processuali e, ciascuno di loro, al
versamento di euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2007