Presidente: Papa E. Estensore: Ianniello A. Imputato: Romano
(Annulla senza rinvio, Trib. Gela, 5 Aprile 2005)
EDILIZIA - IN GENERE - Opere in conglomerato cementizio armato - Legge 1089 del 1971 - Ambito di operatività - Individuazione.
In tema di opere in conglomerato cementizio armato, restano estranei all'ambito di applicazione della legge 5 novembre 1971 n. 1089 gli elementi strutturali che non svolgono la funzione di assicurare la stabilità del fabbricato o di parti di esso, o che svolgono una funzione poco rilevante in tale contesto. (In applicazione di tale principio la corte ha escluso la applicabilità della disciplina di settore ad un elemento di copertura del vano scala ed a un parapetto).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 05/07/2006
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 01309
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 003901/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) ROMANO MARIA ROSA, N. IL 23/11/1970;
avverso SENTENZA del 05/04/2005 TRIBUNALE di GELA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. IANNIELLO ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Geraci Vincenzo che ha concluso per inammissibile il ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5 aprile 2005, il Tribunale di Gela, in composizione monocratica, ha condannato Maria Rosa Romano alla pena di Euro 500,00 di ammenda, avendola riconosciuta colpevole del reato di cui all'art. 81 cpv. c.p., L. 5 novembre 1971, n. 1086, artt. 1, 2, 4, 13 e 14, per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, realizzato nel terrazzo di copertura del terzo piano della propria abitazione in Gela un torrino scala, un muro di protezione lungo il perimetro esterno dell'edificio ed un pilastro in cemento armato senza osservare la disciplina relativa alla costruzione di opere in cemento armato.
Come accertato il 3 agosto 2000.
Per la medesima costruzione, l'imputata era stata assolta dal reato di cui alla L. 28 febbraio 1095, n. 47, art. 20, lett. b) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e nei suoi confronti era stato dichiarato non doversi procedere per il reato di cui all'art. 81 cpv. c.p., L. 2 febbraio 1974, n. 64, artt. 17, 18 e 20, perché estinto per prescrizione.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione l'imputata, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
1 - l'erronea applicazione della legge penale incriminatrice, per avere il giudice di merito ritenuto ricorrere l'ipotesi contravvenzionale di cui alle norme citate della L. n. 1086 del 1971 indipendentemente dal fatto che le opere in conglomerato cementizio armato potessero nel caso di specie assolvere o meno ad alcuna funzione statica;
2 - Il difetto di motivazione e la violazione di norme processuali penali stabilite a pena di nullità, per non avere il Tribunale preso in considerazione elementi di valenza risolutiva ai fini della decisione che dimostravano che le opere in parola, non avendo valenza strutturale, in quanto non concorrono ad assicurare la stabilità globale dell'organismo portante, non potevano comunque costituire pericolo alcuno per la pubblica incolumità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
Il ricorso è fondato, in quanto il fatto di reato contestato alla ricorrente non sussiste.
Secondo la disposizione di cui alla L. 5 novembre 1971, n. 1086, art. 1, sono considerate, ai fini della disciplina contenuta in tale legge, opere in conglomerato cementizio armato normale quelle composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio ed armature che assolvono ad una funzione statica.
La giurisprudenza prevalente di questa Corte ridimensiona normalmente l'elemento della complessità e della composizione del dato strutturale dell'opera (cfr. Cass. 3 novembre 1995 n. 10847, diversamente da Cass. 23 novembre 1998 n. 12164) per valorizzarne maggiormente quello funzionale, di assicurazione della stabilità del fabbricato o di parti di esso (Cass. 7 febbraio 2001 n. 5220). Ne consegue, a giudizio del Collegio, che restano estranei all'ambito della definizione di cui al citato art. 1, gli elementi strutturali che non svolgono una tale funzione o ne svolgono una poco rilevante nel contesto statico dell'opera, quali coperture di limitati elementi costruttivi, parapetti, etc.
Nel caso in esame, la sentenza impugnata da atto che il torrino-scala non è altro che un elemento di copertura della scala, il muro di protezione non è altro che un parapetto lungo il perimetro esterno dell'edificio e che il terzo elemento contestato è un piccolo pilastro a sostegno della canna fumaria dell'edificio. Trattasi pertanto di elementi che, così come descritti in sentenza, assolvono una funzione di limitatissima importanza nel contesto statico dell'opera, per cui la loro esecuzione senza l'adempimento degli obblighi di cui alla L. n. 1086 del 1971 non realizza il fatto di reato contestato.
La sentenza va pertanto annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
Tale pronuncia, prevale, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, su quella di estinzione del reato di prescrizione, intervenuta in data 3 ottobre 2005, ai sensi del combinato disposto dell'art. 157 c.p., comma 1, n. 5, artt. 159 e 160 c.p.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2006.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2006
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 05/07/2006
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 01309
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 003901/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) ROMANO MARIA ROSA, N. IL 23/11/1970;
avverso SENTENZA del 05/04/2005 TRIBUNALE di GELA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. IANNIELLO ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Geraci Vincenzo che ha concluso per inammissibile il ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5 aprile 2005, il Tribunale di Gela, in composizione monocratica, ha condannato Maria Rosa Romano alla pena di Euro 500,00 di ammenda, avendola riconosciuta colpevole del reato di cui all'art. 81 cpv. c.p., L. 5 novembre 1971, n. 1086, artt. 1, 2, 4, 13 e 14, per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, realizzato nel terrazzo di copertura del terzo piano della propria abitazione in Gela un torrino scala, un muro di protezione lungo il perimetro esterno dell'edificio ed un pilastro in cemento armato senza osservare la disciplina relativa alla costruzione di opere in cemento armato.
Come accertato il 3 agosto 2000.
Per la medesima costruzione, l'imputata era stata assolta dal reato di cui alla L. 28 febbraio 1095, n. 47, art. 20, lett. b) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e nei suoi confronti era stato dichiarato non doversi procedere per il reato di cui all'art. 81 cpv. c.p., L. 2 febbraio 1974, n. 64, artt. 17, 18 e 20, perché estinto per prescrizione.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione l'imputata, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
1 - l'erronea applicazione della legge penale incriminatrice, per avere il giudice di merito ritenuto ricorrere l'ipotesi contravvenzionale di cui alle norme citate della L. n. 1086 del 1971 indipendentemente dal fatto che le opere in conglomerato cementizio armato potessero nel caso di specie assolvere o meno ad alcuna funzione statica;
2 - Il difetto di motivazione e la violazione di norme processuali penali stabilite a pena di nullità, per non avere il Tribunale preso in considerazione elementi di valenza risolutiva ai fini della decisione che dimostravano che le opere in parola, non avendo valenza strutturale, in quanto non concorrono ad assicurare la stabilità globale dell'organismo portante, non potevano comunque costituire pericolo alcuno per la pubblica incolumità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
Il ricorso è fondato, in quanto il fatto di reato contestato alla ricorrente non sussiste.
Secondo la disposizione di cui alla L. 5 novembre 1971, n. 1086, art. 1, sono considerate, ai fini della disciplina contenuta in tale legge, opere in conglomerato cementizio armato normale quelle composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio ed armature che assolvono ad una funzione statica.
La giurisprudenza prevalente di questa Corte ridimensiona normalmente l'elemento della complessità e della composizione del dato strutturale dell'opera (cfr. Cass. 3 novembre 1995 n. 10847, diversamente da Cass. 23 novembre 1998 n. 12164) per valorizzarne maggiormente quello funzionale, di assicurazione della stabilità del fabbricato o di parti di esso (Cass. 7 febbraio 2001 n. 5220). Ne consegue, a giudizio del Collegio, che restano estranei all'ambito della definizione di cui al citato art. 1, gli elementi strutturali che non svolgono una tale funzione o ne svolgono una poco rilevante nel contesto statico dell'opera, quali coperture di limitati elementi costruttivi, parapetti, etc.
Nel caso in esame, la sentenza impugnata da atto che il torrino-scala non è altro che un elemento di copertura della scala, il muro di protezione non è altro che un parapetto lungo il perimetro esterno dell'edificio e che il terzo elemento contestato è un piccolo pilastro a sostegno della canna fumaria dell'edificio. Trattasi pertanto di elementi che, così come descritti in sentenza, assolvono una funzione di limitatissima importanza nel contesto statico dell'opera, per cui la loro esecuzione senza l'adempimento degli obblighi di cui alla L. n. 1086 del 1971 non realizza il fatto di reato contestato.
La sentenza va pertanto annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
Tale pronuncia, prevale, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, su quella di estinzione del reato di prescrizione, intervenuta in data 3 ottobre 2005, ai sensi del combinato disposto dell'art. 157 c.p., comma 1, n. 5, artt. 159 e 160 c.p.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2006.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2006