sentenza lexambiente Cass. Sez. III n. 20776 del 16 giugno 2006 (c.c. 13 gennaio 2006)
Pres. Vitalone Est. Fiale Ric. Polverino
Urbanistica – Ristrutturazione edilizia (nozione e limiti)
Sono sempre realizzabili con d.i.a le ristrutturazioni edilizie di portata minore quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la iniziale consistenza urbanistica. Gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, primo comma, lettera c) del T.U. edilizia (non di portata minore) sono subordinati a permesso di costruire ma, in alternativa, possono essere realizzati con d.i.a. se “portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d’uso”. Se peroò comportano la preventiva demolizione dell’edificio, il risultato finale deve coincidere nella volumetria e nella sagoma con l’edificio precedente.
La ricostruzione su ruderi costituisce sempre “nuova costruzione”.
La demolizione, per essere ricondotta anche alla nuova nozione legislativa di “ristrutturazione edilizia” deve essere contestualizzata temporalmente nell’ambito di un intervento unitario volto alla conservazione dell’edificio che risulti ancora esistente e strutturalmente identificabile al momento dell’inizio dei lavori


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Composta dagli Ill.mi Sigg.:

Dott. Claudio VITALONE

Dott. Pierluigi ONORATO
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI

Dott. Aldo FIALE

Dott. Giulio SARNO

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.

 

avverso l'ordinanza 7.10.2005 pronunziata dal Tribunale del riesame di Napoli nel confronto di POLVERINO Carlo, n. a Napoli il 24-4-1947.

 

Sentita la relazione fatta dal consigliere dr. Aldo FIALE.
Udito il Pubblico Ministero nella persona del dr. A. DI POPOLO, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.


 FATTO E DIRITTO

 

Con ordinanza del 7.10.2005 il Tribunale di Napoli accoglieva l'istanza di riesame proposta nell'interesse di Polverino Carlo avverso il decreto 9.8.2005 del G.I.P. di quello stesso Tribunale, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo di "un vecchio e preesistente manufatto di circa mq. 65, composto da seminterrato e piano rialzato", interessato da lavori edilizi, in relazione all'ipotizzato reato di cui all'art. 44, lett. b), T.U. n. 380/2001 (realizzazione di una ristrutturazione abusiva, perché in assenza del permesso di costruire) e revocava il sequestro medesimo, ordinando la restituzione dei manufatto all'avente diritto.


Rilevava il Tribunale che, sulla base delle indagini fino ad allora esperite, le opere in corso di realizzazione sul manufatto non apparivano integrare un intervento di "ristrutturazione edilizia", bensì risultavano coincidenti con quelle descritte dall'indagato nella procedura di denuncia di inizio di attività da lui legittimamente esperita, consistendo in "opere di consolidamento statico, snellimento e ricostruzione dei solai, nel rispetto delle quote, e nuove tramezzature nel rispetto delle caratteristiche costruttive e tipologiche originarie e senza variazione della destinazione d'uso".


Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il quale ha eccepito che, dalle risultanze del verbale di sequestro e dal rilievo fotografico in atti, emergerebbe che, nella specie, si sarebbe in presenza di una "nuova costruzione", non essendovi piena conformità tra la nuova struttura e lo status quo ante del manufatto originario, che si presentava in una condizione di totale abbandono, configurandosi. come vero e proprio rudere.

1. In punto di diritto deve rilevarsi che:


a) L'art. 3, 1° comma – lett. d), del T.U. n. 380/2001 – come modificato dal D.Lgs 27.12.2002, n. 301 – definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".


La ristrutturazione edilizia non vincolata, pertanto, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).


La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate analiticamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo.


b) L'art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia «che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici», ovvero si connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A).


c) L'art. 22, 3° comma - lett. a), dello stesso T.U., come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato — tali interventi possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività.


Dalle disposizioni legislative dianzi ricordate si deduce che sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio dell'attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte nell'art. 10, 1° comma — lett. c, che possono incidere sul carico urbanistico).


Il T.U. n. 380/2001 ha introdotto, in sostanza, uno sdoppiamento della categoria delle ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dall'art. 31, 1° comma — lett. d), della legge n. 457/1978, riconducendo ad essa anche interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume.


Deve ritenersi, però, che le modifiche del "volume", ora previste dall'art. 10 del T.U., possono consistere in diminuzioni o traslazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti, poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costruzione".


1.1 In materia di ristrutturazione edilizia previa integrale demolizione, il legislatore ha introdotto una disciplina espressa soltanto con l'art. 3, 1° comma — lett. d), del T.U. n. 380/2001, che, nella sua formulazione originaria, riconduceva nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia "anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volume, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica" (per la ricostruzione dell'interpretazione giurisprudenziale della disciplina previgente vedi Cass., Sez. III, 4.2.2003, Pellegrino).


Il D.Lgs. 27.12.2002, n. 301 ha modificato tale disposizione, comprendendo tra gli interventi di ristrutturazione edilizia "anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica".


E' stato eliminato, dunque, il riferimento alla "fedele" ricostruzione ed è stato specificato che la ricostruzione costituisce ristrutturazione se il risultato finale coincide nella volumetria e nella sagoma con il preesistente edificio demolito.


L'identità della volumetria e della sagoma non costituisce, invece, un limite per gli interventi di ristrutturazione che non comportino la previa demolizione dell'edificio.


1.2 Può concludersi, allora - quanto agli interventi di ristrutturazione di cui all'art. 10, 1° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002 (non di portata minore) - che essi sono subordinati a permesso di costruire ma, in alternativa, possono essere realizzati medianti denuncia di inizio attività:


- se "portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d'uso";


- se, però, comportino la preventiva demolizione dell'edificio, il risultato finale deve coincidere nella volumetria e nella sagoma con l'edificio precedente.


1.3 In ogni caso, la ricostruzione su ruderi costituisce sempre "nuova costruzione", in quanto il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, cioè di un organismo edilizio dotato delle murature perimetrali, strutture orizzontali e copertura. In mancanza di tali elementi strutturali non è possibile valutare l'esistenza e la consistenza dell'edificio da consolidare ed i ruderi non possono che considerarsi alla stregua di un'area non edificata [vedi Cass., Sez. III: 4.2.2003, Pellegrino e 20.2.2001, ric. Perfetti; nonché C. Stato, Sez. V: 28.5.2004, n. 3452; 15.4.2004, n. 2142; 1.12.1999, n. 2021; 4.8.1999, n. 398; 10.3.1997, n. 240].


La demolizione - per essere ricondotta anche alla nuova nozione legislativa di "ristrutturazione edilizia" - deve essere contestualizzata temporalmente nell'ambito di un intervento unitario, volto, nel suo complesso, alla conservazione di un edificio che risulti ancora esistente p strutturalmente identificabile al momento dell'inizio dei lavori (c.d. principio della contiguità temporale).


2. Tanto premesso in punto di diritto, deve rilevarsi che, nelle fattispecie in esame, non risulta anzitutto che si verta in ipotesi di ricostruzione previa integrale demolizione del manufatto preesistente.


II Tribunale, come si è detto dianzi nella parte espositiva, ha rilevato che i lavori in corso di esecuzione consistevano in "opere di consolidamento statico, snellimento e ricostruzione dei solai, nel rispetto delle quote, e nuove tramezzature nel rispetto delle caratteristiche costruttive e tipologiche originarie e senza variazione della destinazione d'uso".


Il ricorso del P.M. - che si limita a confutare tale ricostruzione della vicenda - deve essere dichiarato pertanto inammissibile, perché svolge censure in fatto del provvedimento impugnato, non proponibili in sede di legittimità, tenuto conto che il giudice del procedimento incidentale ha adeguatamente valutato l'entità dei lavori in corso (quale descritta nel processo verbale di sequestro e raffigurata dalla documentazione fotografica) ed ha concluso - con deduzioni coerenti ed immuni da vizi logico-giuridici - che, allo stato, non appare ravvisabile un'ipotesi di ricostruzione su ruderi, sottratta in quanto tale al regime della denuncia di inizio dell' attività.


Le censure concernenti asserite carenze argomentatine sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi di prova acquisiti, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito del provvedimento impugnato.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arti. 127 e 325 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso del P.M.


Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 13.1.2006.