Cass. Sez. III n. 20844 del 28 maggio 2024 (UP 15 mag 2024)
Pres. Ramacci Est. Noviello Ric. Levak
Urbanistica.Carattere non precario di opera su ruote

La mera collocazione di un’opera su ruote non la sottrae di per sé al regime penalistico di cui al reato per cui è condanna, atteso che ciò che rileva per escludere la precarietà di un’opera non è la sua apposizione su ruote ma la sua stabile collocazione, che ben può derivare dalla forza di gravità che impone l’inserimento dell’opera sul terreno. E invero, integra il reato di costruzione edilizia abusiva (art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) la collocazione su un'area di una "casa mobile" con stabile destinazione abitativa, in assenza di permesso di costruire, perché quest'ultimo non è necessario, ai sensi dell'art. 3 del citato d.P.R. (come modificato dalla l. 3 agosto 2013, n. 98 e dalla l. 23 maggio 2014, n. 80), per i soli interventi in cui ricorrono contestualmente i requisiti di cui al comma primo, lett. e 5), del predetto art. 3 (collocazione all'interno di una struttura ricettiva all'aperto, temporaneo ancoraggio al suolo, conformità alla normativa regionale di settore, destinazione alla sosta ed al soggiorno, necessariamente occasionali e limitati nel tempo, di turisti)

RITENUTO IN FATTO 

    1. Con sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza del tribunale di Padova del 16/01/2023 con cui Levak Kevin e Hudorovic Arianna erano stati condannati in relazione ai reati ex art. 44 lett. c) del DPR 380/01 e 181 del Dlgs. 42/04 con riferimento ad una casa prefabbricata. 

    2. Avverso la predetta sentenza Levak Kevin e Hudorovic Arianna hanno proposto rispettivi ricorsi mediante il proprio difensore deducendo il primo due motivi di impugnazione e altrettanti la seconda. 

    3. Levak Kevin con il primo motivo deduce vizi di violazione di legge atteso che si tratterebbe di opera collocata su ruote come tale non infissa al suolo e priva di destinazione duratura e anche perché il ricorrente sarebbe solo il formale intestatario del terreno su cui insiste il prefabbricato, rientrante invece nella disponibilità della Hudorovic. 

    4. Con il secondo motivo deduce in rubrica la manifesta illogicità della motivazione, quindi la carenza della stessa e correlata violazione di legge in relazione all’art. 133 c.p. in ordine alla quantificazione della pena, contestando la mancata applicazione di una pena più mite. 

    5. Hudorovic Arianna con il primo motivo rappresenta il vizio di violazione di legge per essere i reati prescritti siccome risalenti ad epoca anteriore alla data di emissione di ordinanza sindacale del 3.5.2017. L’accertamento del 17.12.2020 avrebbe solo portato a verificare la mancata ottemperanza a tale ordinanza. 

    6. Con il secondo motivo deduce vizi di motivazione: la Corte da una parte non avrebbe superato il dubbio sula verosimiglianza della tesi alternativa difensiva, dall’altra avrebbe confermato la prima sentenza con motivazione illogica e contraddittoria. 

                    CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo proposto da Levak Kevin è inammissibile: innanzitutto perchè la mera collocazione di un’opera su ruote non la sottrae di per sé al regime penalistico di cui al reato per cui è condanna, atteso che questa Corte ha più volte rilevato come ciò che rileva per escludere la precarietà di un’opera non è la sua apposizione su ruote ma la sua stabile collocazione, che ben può derivare dalla forza di gravità che impone l’inserimento dell’opera sul terreno. E invero, integra il reato di costruzione edilizia abusiva (art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) la collocazione su un'area di una "casa mobile" con stabile destinazione abitativa, in assenza di permesso di costruire, perché quest'ultimo non è necessario, ai sensi dell'art. 3 del citato d.P.R. (come modificato dalla l. 3 agosto 2013, n. 98 e dalla l. 23 maggio 2014, n. 80), per i soli interventi in cui ricorrono contestualmente i requisiti di cui al comma primo, lett. e 5), del predetto art. 3 (collocazione all'interno di una struttura ricettiva all'aperto, temporaneo ancoraggio al suolo, conformità alla normativa regionale di settore, destinazione alla sosta ed al soggiorno, necessariamente occasionali e limitati nel tempo, di turisti) (Sez. 3, n. 41067 del 15/09/2015 Rv. 264840 – 01). Inoltre, la Corte ha valorizzato plurimi dati dimostrativi della stabile collocazione, (tra cui la creazione di una base in ghiaia, la durevole destinazione abitativa, l’assenza di rimorchio, la realizzazione di interventi strumentali all’utilizzo costante della struttura) 

    2. Quanto al secondo motivo, è anche esso inammissibile sia perché generico nella illustrazione delle ragioni giustificatrici di una pena più mite, fondata su una assertiva affermazione di un avvenuto comportamento collaborativo, sia perché la corte, seppure sinteticamente, ha mostrato di ritenere adeguata una pena che ha evidenziato essere alquanto ridotta, pari ad un sesto del massimo e quanto alla pena pecuniaria di poco superiore al minimo. Minimo invero erroneamente calcolato nella misura di euro 15.493 atteso che i giudici non hanno considerato che  il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto (con l'art. 32, comma 47) che "le sanzioni pecuniarie di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono incrementate del cento per cento".

    3. Con  riferimento al primo motivo dedotto da Hudorovic Arianna, i giudici hanno spiegato, senza che sul punto intervenga una specifica confutazione, che l’ordinanza del 3 maggio 2017 aveva riguardato solo un edificio inagibile, non contestato, di cui con il predetto provvedimento era stato ordinato lo sgombero; e che solo il 17.12.2020 si accertò la collocazione anche di due roulottes e di una casa prefabbricata cui fecero seguito altri interventi accertati l’11.5.2021. Per cui è corretta la decorrenza del termine di prescrizione in epoca diversa da quella invocata dalla ricorrente e risalente, secondo la stessa, al 2017.  Si tratta quindi di motivo manifestamente infondato.

    4. Quanto al secondo motivo, è assolutamente infondato siccome del tutto generico laddove sostiene, senza spiegarlo, il mancato superamento della tesi difensiva – anche essa non illustrata – nonché la intervenuta redazione di una motivazione illogica e contraddittoria, anche in tal caso senza illustrare le ragioni di tale censura. 

    5. Deve tuttavia rilevarsi, seppur d’ufficio, la erronea qualificazione del fatto in termini di lottizzazione materiale, come effettuata dai giudici di merito. Come noto, il reato di lottizzazione ex art. 44 lett. c) del DPR 380/01 presuppone un'illegittima trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, da intendersi come trasformazione di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull'assetto urbanistico della zona, sia nel senso d'intervento innovativo sul tessuto urbanistico, che sotto il profilo della necessità dell'esecuzione di nuove opere d'urbanizzazione o di potenziamento di quelle già esistenti. (Sez. 4, Sentenza n. 33150 del 08/07/2008 Rv. 240970 – 01). Circostanza che non appare emergere nel caso in esame, relativo ad un mero prefabbricato la cui realizzazione in zona vincolata, senza titolo, implica, piuttosto, il diverso reato ex art. 44 lett. c) del DPR 380/01 inerente la realizzazione di opera edilizia senza titolo. Consegue che va riqualificato il reato di lottizzazione in quello di esecuzione di lavori in assenza di permesso di costruire in zona paesaggisticamente vincolata, con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla confisca, che va eliminata. Tale riqualificazione è realizzabile in questa sede atteso il principio per cui, in tema di correlazione tra accusa e sentenza, la diversa qualificazione giuridica del fatto effettuata in sentenza dalla Corte di cassazione senza preventivamente renderne edotte le parti non determina alcuna compressione o limitazione del diritto al contraddittorio, in conformità dell'art. 111, comma 2, Cost. e dell'art. 6 CEDU, secondo l'interpretazione della giurisprudenza della Corte EDU nella sentenza 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia, ove non avvenga a sorpresa, allorchè l'imputato e il suo difensore siano stati posti in condizione sin dall'inizio del processo di interloquire sulla questione, ed il fatto storico non sia radicalmente trasformato nei suoi elementi essenziali rispetto all'originaria imputazione; come accaduto in questo caso, in cui i fatti rimangono corrispondenti a quelli contestati e rispetto ai quali le parti hanno sempre potuto interloquire. Tanto più che il contestato reato ex art. 44 lett. c) del DPR 380/01 fa riferimento sia al reato di lottizzazione che al mero reato edilizio in zona vincolata (cfr. sez. 5, n. 27905 del 03/05/2021 Rv. 281817 – 03). Con dichiarazione altresì di inammissibilità dei ricorsi nel resto. 

P.Q.M.

riqualificato il reato di lottizzazione in quello di esecuzione di lavori in assenza di permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca, che elimina. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi. 
Così deciso, il 15.05.2024.