Il d.l. sulla terra dei fuochi e sull'Ilva

di Alberto PIEROBON

 

E’ stato adottato (sembra in data 3 dicembre) dal Consiglio dei Ministri il decreto legge avente per oggetto “Disposizioni urgenti a tutela dell’ambiente, della salute, del lavoro e per l’esercizio di imprese di interesse di interesse strategico nazionale”.

 

Il provvedimento scaturisce dalle (anzi è stato provocato sulla scia delle) notizie apparse e divulgate dai mass media relativi al verbale (ora desecretato) di cui alla audizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone1; agli articoli apparsi sulla (e che hanno occupato la copertina della) rivista “L’Espresso”, del 21 novembre 2013 (col titolo: “Bevi Napoli e poi muori. Acqua contaminata ovunque, con tracce pericolose di uranio. Gas velenosi dal suolo. Diossina. Il dossier choc dei militari USA sui rischi dei rifiuti tossici in Campania. Nessuna zona è sicura”) e del 28 novembre 2013 (col titolo: “Non ci fanno cercare i veleni. I criteri dello studio americano su acqua, cibo e terreni in Campania sono quelli da adottare in tutto il Paese. Ma le leggi lo impediscono. Dopo le rivelazioni dell’espresso, arriva l’accusa dello scienziato che svelò la strage ILVA. E sul caso Napoli lettera aperta di Saviano a De Magistris”), donde una proliferazione di iniziative (da parte istituzionale e non) e di inchieste televisive, giornalistiche, di attivazione sociale e dei movimenti, eccetera, eccetera.

 

Sulla tematica della situazione in Campania (ma con spunti che riteniamo essere utili per meglio comprendere la legislazione emergenziale, quella sulla gestione dei rifiuti, quella sulla governance in materia ambientale; quella sui reati ambientali collegati agli altri e così’ via) sia consentito rinviare al nostro (corposo) scritto - di imminente pubblicazione, in più parti, in questa rivista - titolato “E’ vero, ma non ci credo!”.

 

Per l’intanto, riteniamo sia opportuno brevemente rassegnare le suddette, recentissime, disposizioni legislative che assumono, al solito, una valenza interpretativa (e pure applicativa: nuovo reato ambientale e altro) e sulla tendenza normativa in atto (di politica ambientale, sull’emergenzialità, sullo spostamento di ottica dai rifiuti verso i prodotti agroalimentari, etc.) interessante, si diceva, sotto plurimi profili.

 

Anzitutto – questa la nostra prima impressione - ancora una volta si cerca di perpetrare (Vedasi il Capo I- Disposizioni urgenti in materia di reati ambientali e per la tutela dell’ambiente, della salute e delle produzioni agroalimentari in Campania: artt. 1- 6 cit. d.l.) almeno per le bonifiche in Campania, una sorta di intervento “emergenziale-militarizzato” su situazioni e questioni che erano (pervero da molti anni) a conoscenza di tutti (in primis, delle istituzioni ivi preposte e/o competenti in materia)2.

 

La situazione sembra poi essere altrettanto perspicua per quanto concerne una altra questione “emergenziale”, ossia la nota vicenda dell’ILVA di Taranto (Vedasi il Capo II – Altre disposizioni urgenti per la tutela dell’ambiente, del lavoro e per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale: artt. 7-9 cit. d.l.).

 

Detto come va detto: come si fa a pretendere (in una situazione di assenza di risorse e in mezzo ad una “guerra di tutti contro tutti”) che un Commissario governativo porti a termine, con successo e rispettando i tempi e gli obiettivi anzitempo affidategli formalmente? Quantomeno con riguardo al cosiddetto risanamento ambientale?


Ciò, almeno, rileva sotto un duplice profilo problematico:

 

  1. del budget delle risorse acciò necessarie: budget che non è disponibile e che rimane sottratto al Commissario anche dal p.d.v. dei flussi finanziari già presenti, in quanto denaro sequestrato dall’autorità giudiziaria;

  2. dei procedimenti (plurimi e aggrovigliati) che rientrano nelle competenze di diversi soggetti, tutti funzionalizzati all’adozione di atti o provvedimenti connessi alla realizzazione di quanto già previsto nell’AIA,e che, per vari motivi, questi procedimenti “selvaggi” possono bloccare questo treno in corsa delle attività finalizzate all’AIA, se non di farlo deragliare….

 

Il rischio, infatti, è che il Commissario governativo (ed i suoi vice, sub commissari o delegati che siano) cadano sotto la “mannaia” penale (dell’attentissima magistratura pugliese) per non aver correttamente adempiuto al loro incarico, ovvero per non essere stati in grado di fronteggiare la situazione ambientale accertata in quel sito, in quel stabilimento, per non aver attuato tutto – o parte di - quanto previsto dall’AIA e così via.

 

Ecco che, quindi, il decreto legge interviene:

  • Finanziando le (rectius, mettendo concretamente a disposizione delle) attività commissariali, attingendo (con certezza) dalle risorse dei titolari e/o soci di maggioranza dell’ILVA, non senza mancare di tenere presente il vincolo del sequestro e le eventuali future pretesi per danno erariale (non solo per i reati ambientali). In tal modo i commissari possono disporre di un budget per procedere a realizzare un “piano ambientale” (vedi sotto);

  • Sui procedimenti in corso e su quelli da avviarsi: evitando che le autorizzazioni e i procedimenti si paralizzino nel dedalo delle competenze e/o dei soggetti intervenienti a vario titolo. Vengono poi previste per “la progressiva adozione delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria” il rispetto (contestuale) di varie condizioni (qualità dell’aria, avvio degli interventi necessari ad ottemperare almeno il 70% del numero delle prescrizioni, etc.). Si richiama (e questo è un aspetto teorico interessante, posto che si tratta di una normativa speciale e derogatoria) l’applicazione del “generale principio di semplificazione procedimentale, al fine dell’acquisizione delle autorizzazioni, intese, concerti , pareri, nulla osta e assensi comunque denominati degli enti locali, regionali, dei ministeri competenti, e di tutti gli altri enti comunque coinvolti, necessari per realizzare le opere e i lavori previsti dall’autorizzazione integrata ambientale, dal piano delle misure di risanamento ambientale e sanitario, e dal piano industriale di conformazione delle attività produttive…:” etc. convocando apposita conferenza dei servizi, prevedendo tempistiche rigorose e strette (anche per le eventuali – motivate - sospensioni e proroghe)e stabilendo che la determinazione (del Ministro dell’Ambiente) conclusiva della conferenza dei servizi “costituisce variante ai piani territoriali e urbanistici, per la quale non è necessaria la valutazione ambientale strategica” etc.;

  • In buona sostanza: il “piano ambientale” condiziona e viene quindi prima del “piano industriale” (vedi anche il budget di cui sopra) di conformazione delle attività produttive: pertanto, la progressiva attuazione dell’AIA è necessaria fino all’approvazione del piano ambientale. Infatti, il successo dell’AIA, come viene riportato nella relazione illustrativa relativa all’art.7 del decreto legge, “rischia di essere vanificato a causa del groviglio di procedimenti amministrativi necessari a valle dell’a.i.a.,che richiedono i tempi più disparati”, si tratta di problemi pratici per esempio “la realizzazione di lavori o opere che a loro volta richiedono le più svariate autorizzazioni, permessi, nulla osta, (permesso di costruire, dia, scia, nulla osta paesaggistico, etc.).

Nel frattempo, va evidenziato - a chi abbia ancora a cuore il futuro del nostro Paese - la caduta della produzione di acciaio dell’ILVA che ha determinato una “crisi nazionale” nel settore, con una correlativa crescita delle importazioni italiane di acciaio e/o di materia similare dalla Cina e dalla Turchia (attraverso il porto di Venezia ed altri “portoni”). Si tratta di importazioni che sembrano alimentare la (qui davvero) “galoppante” attività delle medie e piccole industrie di trasformazione del triveneto, ma soprattutto della Lombardia (in particolare dei bresciani).

Per quanto riguarda la ormai nota (ma non ancora sviscerata) tematica della “terra dei fuochi” essa riguarda il contesto territoriale che abbraccia i comuni di Villaricca, Giugliano e Qualiano (ma anche i comuni limitrofi di Parete e Villa Literno).

 

Già Roberto SAVIANO aveva affermato, nel suo best seller Gomorra, che:

 

“La zona più colpita dal cancro del traffico di veleni si trova tra i comuni di Grazzanise, Cancello Arnone, Santa Maria La Fossa, Castelvolturno, Casal di Principe – quasi trecento chilometri quadrati di estensione – e nel perimetro napoletano di Giugliano, Qualiano, Villaricca, Nola, Acerra e Marigliano. Nessun’altra terra nel mondo occidentale ha avuto un carico maggiore di rifiuti, tossici e non tossici, sversati illegalmente. Grazie a questo business, il fatturato piovuto nelle tasche dei clan e dei loro mediatori ha raggiunto in quattro anni quarantaquattro miliardi di euro”!3

 

Come è stato ricordato in varie sedi, esistono diversi studi scientifici4 che forniscono un quadro drammatico sugli eccessi di mortalità per varie sedi tumorali, in particolare, appunto, verificatesi nel ‘triangolo della morte’ (zona tra Nola, Marigliano ed Acerra nella parte nord-orientale della provincia di Napoli)5.

 

Anche qui (a nostro modesto avviso) servono lucidità e freddezza, piuttosto che facili slanci umorali od emotivi, ma nemmeno servono provvedimenti all’insegna del buonismo, che sembrano confezionati, tra altro, per tacitare le preoccupazioni (quelle sociali, quelle non controllabili) del territorio, oltre che per apparire (nei giornali, in televisione, etc.) in veste di ….. “salvatori della patria”!

 

Allora che fa (o che vuole fare) il nostro Governo con questo decreto legge?

 

Sostanzialmente, il Governo ripete che occorre acquisire la mappatura del territorio (anche con sistemi innovativi: aereoplani dotati di sonde per rilevare rifiuti interrati fino a 20 metri; droni telerilevanti il territorio, con monitorazione continua, superando le “sentinelle” fisiche incaricate dalle organizzazioni criminali, che impediscono di accedere al territorio o di cogliere in flagranza gli autori degli incendi e/o degli sversamenti abusivi; etc.6) dove insistono queste problematiche, provvedendo ad accertare lo stato di inquinamento dei terreni, classificando i suoli secondo criteri di pericolosità per la salute umana dei prodotti agroalimentari (considerando che l’allarme sociale conseguente alle notizie di cui sopra, ha comportato la drastica riduzione degli acquisti – da parte della popolazione campana, ma pure nei mercati nazionali ed esteri - dei prodotti agricoli e alimentari prodotti in Campania).

 

In tal senso vengono innovati organi e procedure: cfr., in particolare, il nuovo comma 3-bis all’art.129 del D.Lgs. 28 luglio 1989, n.271 sulle informazioni nel corso di azioni penali a vari organi ed enti7; le decisioni in ordine ai terreni di produzione agroalimentare; gli indirizzi relativi alle azioni e agli interventi che verranno stabiliti da un apposito Comitato interministeriale; il programma straordinario e urgente per le bonifiche dei siti e la rivitalizzazione economica dei territori; il budget da costituire con varie fonti di finanziamento: dai fondi europei (non solo POR) ad appositi stanziamenti; etc.).

Anzitutto viene previsto (pensando così di eliminare il problema degli incendi) con l’art. 1 del d.l., il “reato di combustione illecita di rifiuti”, che viene introdotto con il nuovo art. 256-bis del TUA (D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152). Eccone il testo:

 

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni.

2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, in funzione del successivo abbruciamento dei rifiuti.

3. Se i delitti di cui al comma precedente sono commessi nell'ambito dell'attività di un'impresa, o comunque di un'attività organizzata, la pena é aumentata di un terzo.

4. La pena è aumentata se i fatti di cui al comma primo sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

5. Se per la commissione dei delitti di cui al comma 1 sono utilizzati mezzi di trasporto, si applica la confisca di cui all'articolo 259, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato, la quale provi la propria buona fede in ordine all’uso del bene, avvenuto a sua insaputa e non collegabile ad un suo comportamento negligente. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

6. Se le condotte di cui al comma 1 hanno ad oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e), si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255.».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 acquistano efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

Nella relazione illustrativa al predetto articolo, leggiamo che:

 

“ La necessità dell’incriminazione scaturisce dall’inadeguatezza dell’attuale sistema sanzionatorio che inquadra l’illecita combustione dei rifiuti e le propedeutiche condotte di abbandono e deposito incontrollato quali violazioni prive di rilevanza penale, ovvero incriminate a titolo contravvenzionale, quando commesse dai titolari di imprese. E’ palese l’inadeguatezza della risposta sanzionatoria a fronte dei concreti rischi di contaminazione delle matrici ambientali e pregiudizio per la salute umana che le emissioni prodotte dalle combustioni dei rifiuti sono suscettibili di produrre. Non si presta a una più efficace repressione la fattispecie di incendio contemplata dall’art. 423 del codice penale che dottrina e giurisprudenza consolidate riservano ai casi nei quali sia appiccato un fuoco distruggitore, di notevole portata diffusiva e di difficile estinzione. Requisiti questi che, calibrati sul bene giuridico pubblica incolumità, non si prestano a colpire il fenomeno nelle sue concrete manifestazioni, caratterizzate dalla combustione di rifiuti anche pericolosi, in terreni pubblici e privati, anche isolati, con emissioni nocive suscettibili di propagarsi a colture e a centri densamente abitati. Le incriminazioni si aggiungono a quelle di cui agli articoli 255 e 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (abbandono di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata) e mirano a colpire (anche attraverso la confisca obbligatoria del mezzo utilizzato per la commissione del reato) il preoccupante fenomeno dei roghi di rifiuti, al quale conseguono immediati danni all’ambiente ed alla salute umana, con la dispersione in atmosfera dei residui della combustione, incluso il rischio di ricadute al suolo di diossine”.

 

Torniamo al punto di partenza: servono (o non) queste modifiche sanzionatorie? Nel mondo (in particolare nei Paesi cosiddetti “emergenti”) la bruciatura dei rifiuti è, al di là dei nostri giudizi di valore e/o delle nostre giuste preoccupazioni per l’ambiente, una prassi costante e usualmente ammessa (per esempio in africa, non solo nei villaggi, ma pure nelle cittadine popolose, come pure nelle discariche, nei bordi delle strade più importanti, entro le cave di pietra o in caverne naturali, anche marine, e così via) ciò avviene anche (si badi) nella pratica agronomica. Allora, a noi pare che con questa “secca” previsione, laddove essa venga applicata in modo occhialuto e piatto, si rischi, ancora una volta, che siano i soliti “poveracci” a diventare gli alibi (e le vittime) della situazione, e questo senza andare al succo del fenomeno criminale…...

 

Infatti, nella “terra dei fuochi” – ove non si cambino radicalmente le tecniche investigative e la volontà del legislatore, governativo e/o parlamentare - poco cambierà: al più si coglieranno in flagranza di reato gli zingari, gli extracomunitari e la manovalanza che viene arruolata dai clan e prontamente viene “sacrificata” agli eventuali organi di polizia (e alla pubblica opinione di altre regioni).

 

La realtà è senza dubbio (almeno per chi conosce quei territori e/o quelle dinamiche) più complessa, e merita ulteriori e più coraggiose riflessioni (in proposito si rinvia, ancora, al nostro “E’ vero, ma non ci credo!”).

 

Inoltre, si rischia di ricadere nel solito (e coltivato ad arte) stereotipo della criminalità p.c.d. “operaia”: è bensì vero che la criminalità dei clan è sempre più condotta con le tecniche dei “colletti bianchi”, vieppiù sofisticatesi con l’alta consulenza di prezzolati studi professionali (anche internazionali), e questo avviene soprattutto intersezionandosi (se non commistionandosi) con le istituzioni e non solamente con il tessuto socio-economico di riferimento.

 

Le bonifiche costituiscono (e costituiranno) molto probabilmente un “affare”, ma per essere efficaci esse bonifiche dovranno essere condotte fuori dalle solite logiche e dalle solite imprese e/o lobbies (si veda, per esempio, quanto riporta il WEB essere accaduto sulla bonifica di Bagnoli), perché, diversamente, a noi pare, sarà facile creare una ulteriore occasione, per qualcuno, di profittare del denaro pubblico per ….“ingrassare” i “soliti ignoti” (oltre ai “soliti noti”).

 

Si badi, è già successo nel tempo in quel di Napoli (e territori limitrofi): prima con i fondi stanziati in seguito all’epidemia di colera del 1973; poi col terremoto del 23 novembre 1980; poi con gli interventi per l’acqua e la depurazione del 1981; e, ancora, con ben 14 anni di regime commissariale sui rifiuti che hanno portato alla situazione che conosciamo tutti. Ogni flusso di denaro arrivato dalle casse pubbliche è diventato per molti una lauta occasione di profitto attraverso appalti, subappalti, truffe, corruzioni, accordi e collusioni, etc. etc.. Ma, (attenzione) ciò non vale solo, in senso generale, per la imprenditoria (criminale e non) locale, ma altresì per la burocrazia (romana e non), come pure per la politica (campana e non), cosiccome per le industrie del Nord. Tutto questo (è leggibile in documenti ormai ampissimi) sembra essersi ripetuto in ogni singola vicenda, che è diventata l’ennesima occasione di facili guadagni: vedasi, sintomaticamente le emergenze: terremoti, crisi nei rifiuti, alluvioni, costruzioni di grandi opere, etc..

 

Insomma un dejà vu che, sembra, non insegnare nulla a nessuno, quasi che si voglia far credere (presupponendo una cittadinanza fatta di gonzi) ancora a …babbo natale!.

 

E, ora, forse che le bonifiche diventeranno una ennesima emergenza? Oltre la doverosità e la necessità degli interventi? Massimamente dopo la consapevolizzazione della popolazione circa la agghiacciante situazione di salute e ambientale che esiste in quel territorio disgraziato?

 

A noi sommessamente pare (lo ripetiamo da tempo) che necessitino diverse logiche e diverse discipline, ma che, soprattutto, servano “uomini” diversi8: più credibili e meno condizionabili da chicchessia (anche dalla politica e dai circoli massonici, che esistono, eccome!) e meno propensi a rilasciare interviste e/o a presenziare alla televisione e/o nei salotti dei soliti club (che siano di destra o di sinistra qui poco importa, cosiccome poco importa che questi “piacioni” si vestano da ambientalisti o da tutori della sicurezza pubblica), con l’ intento principale di veicolare e di creare intorno a sé una immagine ed un consenso (una opinione pubblica) favorevoli alla propria persona (e agli incarichi cui aspirano)9.

1 verbale della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (XIII legislatura) della seduta di martedì 7 ottobre 1997 (parte segreta: ora declassificato ex art.18 del Regolamento dell’archivio storico. Deliberazione dell’Ufficio di Presidenza n. 50 in data 31 ottobre 2013 e decreto del Presidente della Camera dei Deputati n. 383 in data 31 ottobre 2013) Presidenza Massimo Scalia, presenti il deputato Gianfranco Saraca, i senatori Giovanni Lubrano di Ricco, Roberto Napoli e Giuseppe Specchia. Nel 1992 Carmine Schiavone fu arrestato e, come si legge a pag. 8 del verbale “da quel momento in poi non so come siano andate le cose”….

2 Ma sulla specifica questione, ancora, si concesso il rinvio alla disamina contenuta nel contributo “E’ vero, ma non ci credo!”. In generale, sulla disciplina rifiuti, sua governance, tecnica, etc. si veda (a cura di A. PIEROBON), Nuovo manuale di diritto e gestione dell’ambiente, Sant’Arcangelo di Romagna, 2012.

3 R.SAVIANO Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra, Milano, 2006, pag. 311.

Ex multis si vedano: A. LAMBERTI, La terra avvelenata, in (a cura di L.CORI e V. PELLEGRINO), Corpi in trappola. Vite e storie tra i rifiuti, Roma, 2011; A. IACUELLI, Le vie infinite dei rifiuti. Il sistema campano, Roma, 2008; I. BERNI, Pattumiere Pepite e Pistole. Affare e malaffare all’ombra delle discariche, Milano, 1998.

4 in proposito sia permesso, rinviare, sempre al nostro scritto “E’ vero, ma non ci credo!”.

5 “Il triangolo della morte: orrifico neologismo mutuato dalla celebre rivista britannica The Lancet Oncology , che pubblicò uno studio sull’altissima incidenza di alcune patologie tumorali nell’area fra Nola, Acerra e Marigliano. Per tumori riconducibili all’inquinamento da diossina, ad esempio quella al fegato, l’età media degli ammalati è scesa ai 30 anni, con picchi sino ai 12, contro una media nazionale di circa 50. E’ sono centinaia le persone in questa zona che soffrono di patologie sconosciute, per lo più alle vie respiratorie, al fegato e al cervello” nel “glossario di neologismi immondi” di E. ANGELINI, (a cura di E. ANGELINI, G. DI GENNARO, R.SANTORO), Spazzanapoli, Napoli , 2008, pag. 117.

6 Invero, è da anni che sono in corso iniziative in tal senso: si veda, ad esempio il progetto (approvato nel 2011) c.d. “MIAPI” (Monitoraggio delle aree potenzialmente inquinate) che è (leggiamo dalla relazione tecnica al decreto legge) “uno strumento per la mappatura del territorio ai fini della realizzazione delle carte del rischio, attività di ripristino delle stesse e tutelare la salute pubblica. Il Progetto MIAPI è stato realizzato per avviare una mappatura del territorio basata su nuovissimi sistemi di acquisizione ed elaborazione. Infatti tale iniziativa prevede, attraverso la collaborazione con importanti referenti del mondo accademico, una mappatura del territorio con tecniche di Magnetometria (Fusti Sepolti), Spettrometria Raggi Gamma e Termico (Radioattività). Attraverso queste tecniche è possibile individuare anomalie magnetiche fino ad una profondità di 20 metri dal piano campagna, e quindi individuare fusti interrati o qualunque altro contenitore metallico all’interno del quale, prima di sotterrarlo, siano stati occultati materiali nocivi per la salute”.

7 Ed ecco il nuovo comma 3-ter dell’art.129 del D.Lgs. 28 luglio 1989, n.271:

“Quando esercita l'azione penale per i reati previsti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ovvero per i reati previsti dal codice penale implicanti un pericolo o un pregiudizio per l'ambiente, il pubblico ministero informa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Regione nel cui ambito si assume che i fatti si siano verificati. Qualora i reati di cui al primo periodo arrechino un concreto pericolo alla tutela della salute o alla sicurezza agroalimentare, il pubblico ministero informa anche il Ministero della salute o il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il pubblico ministero invia l’informazione contenente l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate anche quando il soggetto sottoposto ad indagine per i reati indicati nel periodo precedente è stato arrestato o fermato ovvero si trova in stato di custodia cautelare. All’esito del processo, le sentenze o i provvedimenti definitori di ciascun grado di giudizio sono trasmessi per estratto, a cura della cancelleria del giudice che ha emesso i provvedimenti medesimi, alle amministrazioni indicate nel primo periodo del presente comma”.

 

8 E’ stato scritto che “Le persone fanno le cose’ e questo vale per la qualità dell’impresa e delle organizzazioni in generale come nella vita. Le persone si organizzano e gestiscono i processi per gli obiettivi che si sono fissati così come le stesse persone possono decidere di accelerare la velocità in automobile con il rischio di uscire fuori strada e fare del male a se stessi e ai passeggeri. La responsabilità è un fatto di preparazione tecnica ma anche di consapevolezza legate non solo alla formazione e all’accademia. Saper scegliere le persone giuste, quelle che non solo hanno la visione ma che poi la sappiano articolare per la sua realizzazione” così l’EURISPES,RI 2013. 25° rapporto Italia, Roma, 2013, pag.209.

9 Si tratta di una tendenza riscontrabile non solo in molti politici, ma pure (se non soprattutto) in coloro che ricoprono ruoli di vertice nelle istituzioni e in aziende pubbliche (financo nelle ex municipalizzate). Queste persone (amministratori, dirigenti, direttori, managers, burocrati, consulenti, etc.) sembrano “tarantolati” da una ricerca spasmodica (se non “concordata”, dovendosi, per così dire… essi farsi “blindare” – se non “benedire” - nel loro percorso dagli accordi tra diversi partiti, dovendosi imporre alla opinione pubblica del territorio di riferimento, dovendosi riportare una sorta di “accettazione” – o di consenso - da parte delle comunità accademiche-scientifiche e delle associazioni categoriali locali; etc.) per ottenere “promozioni”, “incarichi” o “conferme” in ruoli (presidenti, amministratori delegati, direttori, etc. etc.) presso aziende pubbliche o degli enti locali, oppure per ricevere altri tipi di prebende (dirette o indirette che siano). Povera Italia!