Cass. Sez. III n. 45942 del 26 novembre 2012 (Ud. 8 nov. 2012)
Pres. Squassoni Est. Lombardi Ric. Centioni ed altro
Urbanistica. Costituzione di parte civile del privato confinante

Nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie, il privato confinante è legittimato a costituirsi parte civile, quando la realizzazione dell'abuso edilizio da parte del vicino non violi solo le norme poste a tutela del regolare assetto del territorio, ma anche le norme che impongono limiti al diritto di proprietà, che stabiliscono distanze, volumetria ed altezza delle costruzioni, previste dal cod. civ. e dai piani regolatori, violazioni produttive di un danno patrimoniale.  Ed, infatti, ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento danni proposta dalla parte civile costituitasi in un processo per reato urbanistico, è necessario che il giudice accerti la lesione di un diritto soggettivo della parte, a seguito della violazione di norme poste a tutela dello statuto proprietario di questa, non essendo idonea a tale effetto la violazione di norme che disciplinano la sfera della potestà amministrativa, e quindi rilevanti esclusivamente nei rapporti tra comune e privato.

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata la Corte di appello di L'Aquila, in accoglimento delle impugnazioni proposte dal P.M. e dalla parte civile avverso la sentenza del Tribunale di Teramo in data 18/06/2009, ha affermato la colpevolezza di C.S. e D. M.A. in ordine ai reati: a) di cui all'art. 110 c.p. e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); b) di cui agli artt. 81, 110 e 483 c.p., loro ascritti per avere eseguito, la prima in qualità di committente ed il secondo di progettista e direttore dei lavori, interventi di ristrutturazione edilizia di un edificio preesistente sulla base del permesso di costruire n. 35841/2003, ritenuto illegittimo, riguardando gli interventi parti del fabbricato già costruite abusivamente negli anni settanta e mai condonate, nonchè per avere, in concorso tra loro, redatto una relazione tecnica allegata alla domanda di permesso di costruire n. 35841/2003, attestante falsamente la preesistenza degli interventi di ampliamento dell'edificio all'epoca di effettiva realizzazione.

E' da precisare che la illegittimità del citato permesso di costruire n. 35841/2003 era stata contestata per la ragione sopra precisata e dell'ulteriore permesso n. 27/2006 per violazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, comma 1, punto due e delle NTA del PRG del Comune di Giulianova.

La sentenza di primo grado aveva escluso tale ultimo profilo di illegittimità dei permessi di costruire, non ritenendo applicabili le disposizioni che si assumevano violate in relazione alla natura degli interventi realizzati, mentre aveva affermato la sussistenza del primo profilo di illegittimità. Aveva, però, assolto il D. M. dal reato di cui al capo a) in base al rilievo che lo stesso, per la qualità di direttore dei lavori, era responsabile solo della conformità dell'opera al permesso di costruire ed escluso l'elemento psicologico dei reati di cui ai capi a) e b) in relazione agli altri imputati ed allo stesso D.M. per il capo b).

La sentenza impugnata ha sostanzialmente confermato quella di primo grado per quanto concerne il giudizio di illegittimità del permesso di costruire n. 35841/2003, solo per essere stata approvata la ristrutturazione di parti del fabbricato realizzate abusivamente, ed ha confermato la esclusione dell'ulteriore profilo di illegittimità per contrasto con le disposizioni del D.M. n. 1444 del 1968 e delle NTA. Ha, però, affermato la sussistenza dell'elemento psicologico dei reati da parte della C. e del D.M. e, con riferimento al reato di cui al capo a), ha tenuto conto anche della qualità di progettista delle opere rivestita da quest'ultimo.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi, tramite i difensori, la C. ed il D.M., che la denunciano con vari mezzi di annullamento.

Ricorso C.:

2.1 Vizi di motivazione in relazione all'affermazione di colpevolezza per il reato di cui al capo a).

La sentenza di appello non si è uniformata ai criteri che dovrebbero osservarsi in punto di motivazione nel caso rescissione del giudizio di primo grado. I giudici della Corte territoriale non hanno effettuato una rivisitazione delle prove indicate nella pronuncia riformata, per censurare il percorso argomentativo seguito nella loro valutazione, ma fondato il giudizio circa la sussistenza dell'elemento psicologico del reato su elementi presuntivi, quali il fatto che l'imputata avrebbe abitato con i genitori nel fabbricato oggetto degli interventi di ristrutturazione, all'epoca eseguiti dal padre, mentre, al contrario, risulta dalla certificazione anagrafica che la stessa fin dal 1958 abitava a (OMISSIS).

La illegittimità del permesso di costruire non poteva neppure evincersi dalla natura degli interventi in esso descritti, nè il comportamento successivo della imputata è indice della sua malafede, essendosi la stessa immediatamente uniformata all'ordinanza di sospensione dei lavori emessa dal dirigente dell'Ufficio tecnico comunale e, a seguito dei rilievi dell'Ufficio, ha provveduto a presentare un nuovo progetto.

2.2 Violazione degli artt. 43, 110 e 483 c.p., nonchè difetto totale di motivazione.

In sintesi vengono formulate analoghe censure in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato di falso ideologico commesso da privato.

2.3 Violazione dell'art. 157 c.p. con riferimento alla violazione edilizia. Avendo la Corte territoriale escluso i profili di illegittimità afferenti alla violazione delle norme urbanistiche, l'esecuzione di lavori abusivi doveva essere limitata a quelli eseguiti in base al permesso di costruire n. 35841/2003, che si sono conclusi nel 2005, con la conseguente applicabilità dei termini di prescrizione previsti dall'art. 157 c.p. prima della riforma di cui alla L. n. 251 del 2005.

2.4 Violazione di legge con riferimento alla condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

La condanna al risarcimento dei danni in favore del proprietario confinante può fare seguito solo alla violazione di norme urbanistiche, che nel caso in esame è stata esclusa dai giudici di merito, e non anche alla declaratoria di illegittimità del titolo edilizio per ragioni diverse.

3. Ricorso del D.M.:

3.1 Violazione dell'art. 521 c.p.p..

Al D.M., con riferimento al reato di cui al capo a), era stata contestata solo la qualità di direttore dei lavori, mentre ne è stata affermata la colpevolezza quale progettista dell'intervento edilizio incriminato.

3.2 Manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova con riferimento al reato di cui all'art. 483 c.p..

Nella relazione datata 22.12.2003 che è l'unica per la quale vi è stata affermazione di colpevolezza, il tecnico aveva indicato la datazione intorno agli anni cinquanta delle opere come probabile.

Nè poteva farsi carico al tecnico di non aver rilevato che dette opere erano state realizzate abusivamente. Nella successiva relazione datata 11.04.2005 il tecnico, raggiunta la certezza che prima non aveva, ha correttamente indicato l'epoca di realizzazione degli interventi aggiuntivi. La sentenza non ha fatto alcuna menzione di tale ultima relazione, rilevante ai fini dell'accertamento dell'elemento psicologico del reato.

3.3 Errata applicazione dell'art. 159 c.p..

Il rinvio del dibattimento all'udienza del 27.05.2008, pur essendo stato disposto sull'accordo delle parti, era stato determinato dalla assenza delle strutture tecniche per la fonoregistrazione ritenuta necessaria per l'assunzione delle deposizioni testimoniali, con la conseguenza che non poteva tenersi conto del periodo intercorso tra tale udienza e quella di rinvio come periodo di sospensione del decorso della prescrizione.

3.4 Violazione ed errata applicazione dell'art. 185 c.p.p. in relazione alla condanna al risarcimento dei danni.

Si svolgono argomentazioni analoghe a quelle dell'altra ricorrente in ordine alla mancata violazione di norme in materia di distanze o di realizzazione di una nuova costruzione.

3.5 Nella parte motiva della sentenza si afferma che gli imputati sono meritevoli dei benefici di legge, mentre il dispositivo non contiene la disposizione corrispondente.

4. Con note di udienza depositate il 05/11/2012 la difesa della parte civile ha contestato la fondatezza dei ricorsi, chiedendone la declaratoria di inammissibilità o il rigetto.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere i reati ascritti agli imputati estinti per prescrizione.

Per quanto riguarda la violazione edilizia, infatti, pur tenendosi conto della data in cui è avvenuto il sequestro dell'immobile (07/06/2006), la prescrizione del reato si è verificata ai sensi degli art. 157, 160 e 161 c.p., nella formulazione attualmente vigente, il 03/07/2011.

Anche con riferimento all'imputazione di cui all'art. 483 c.p. si è verificata la prescrizione del reato, rilevandosi dalla sentenza che la affermazione di colpevolezza si riferisce alla sola falsa attestazione della preesistenza delle opere oggetto di ristrutturazione, contenuta nella relazione tecnica del 22/12/2003, allegata al progetto afferente al permesso di costruire n. 3584/03, con la conseguenza che la prescrizione si è verificata ai sensi degli articoli citati, sia nella formulazione previgente alla L. n. 251 del 2005, che in quella attualmente vigente, in data 22/06/2011.

Per completezza di esame si rileva che non sussistono elementi per il proscioglimento degli imputati con formula più favorevole, nè cause di inammissibilità del ricorso, considerata, in ogni caso, la fondatezza dell'ultima doglianza del D.M. e delle censure di entrambi gli imputati in ordine alla condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Costituisce consolidato principio di diritto, reiteratamente affermato da questa Corte che nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie, il privato confinante è legittimato a costituirsi parte civile, quando la realizzazione dell'abuso edilizio da parte del vicino non violi solo le norme poste a tutela del regolare assetto del territorio, ma anche le norme che impongono limiti al diritto di proprietà, che stabiliscono distanze, volumetria ed altezza delle costruzioni, previste dal cod. civ. e dai piani regolatori, violazioni produttive di un danno patrimoniale, (sez. 3, Sentenza n. 21222 del 04/04/2008, Chianese, Rv. 240044; conf. n. 11526 del 1982 Rv. 156439; n. 8579 del 1983 Rv. 160752; n. 12766 del 1991 Rv. 188735).

Ed, infatti, ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento danni proposta dalla parte civile costituitasi in un processo per reato urbanistico, è necessario che il giudice accerti la lesione di un diritto soggettivo della parte, a seguito della violazione di norme poste a tutela dello statuto proprietario di questa, non essendo idonea a tale effetto la violazione di norme che disciplinano la sfera della potestà amministrativa, e quindi rilevanti esclusivamente nei rapporti tra comune e privato, (cit. sez. 3, Sentenza n. 12766 del 08/11/1991, Maffa ed altro, Rv. 188735).

Orbene, nel caso in esame, i giudici di merito di entrambi i gradi del giudizio hanno escluso la illegittimità dei permessi di costruire ottenuti dalla C. quale conseguenza della violazione di norme edilizie di carattere generale ovvero stabilite dagli strumenti urbanistici locali, ma esclusivamente, secondo la sentenza di appello, per essere afferente quello n. 35841/2003 a interventi di ristrutturazione di parti di un immobile preesistente realizzate abusivamente negli anni settanta.

Tale profilo di illegittimità del provvedimento e dei lavori consequenziali non si palesa però lesivo dei diritti della costituita parte civile, nè dalla motivazione della sentenza emergono elementi indicativi dell'esistenza di un danno subito dalla stessa quale conseguenza dell'intervento edilizio ritenuto abusivo.

Anche le statuizioni civili della sentenza, pertanto, devono essere annullate senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i reati sono estinti per prescrizione, nonchè le statuizioni civili della sentenza.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2012.