Cass. Sez. III n. 4758 del 2 febbraio 2024 (CC 20 dic 2023)
Pres. Ramacci Rel. Semeraro Ric. Petrazzuolo
Urbanistica.Demolizione e prescrizione

L'ordine di demolizione conseguente alla sentenza di condanna, previsto dall'art. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, anche se relativo ad interventi edilizi di prosecuzione e/o di completamento di un precedente abuso edilizio dichiarato estinto per prescrizione ed in relazione al quale il precedente ordine demolitorio era stato revocato, deve comunque essere eseguito sull'immobile considerato nella sua interezza.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 11 luglio 2023 il Tribunale di Napoli ha dichiarato inammissibili gli incidenti di esecuzione proposti da Gennaro Petrazzuolo avverso la R.E.S.A n.162/2012 revocando, nel contempo, l’ordinanza di sospensione dell’ordine di demolizione emessa nel procedimento n. 635/2023.

2. Il difensore del condannato ha proposto ricorso per cassazione avverso tale ordinanza deducendo il travisamento del fatto, la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 contestando la decisione della Corte di appello – recte del Tribunale – sulla carenza di interesse.
Ha premesso il ricorrente che Gennaro Petrazzuolo è stato condannato con la sentenza del 24 settembre 2009 dal Tribunale di Napoli per il reato ex art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, per la realizzazione, in prosecuzione, di lavori edilizi, privi di alcun titolo, su un immobile già illecitamente realizzato; con tale sentenza è stato disposto anche l’ordine di demolizione a cui la Procura della Repubblica ha dato esecuzione.
Nel processo relativo ai reati per i quali era stato eseguito il primo sequestro dell’immobile, la contravvenzione edilizia era stata dichiarata estinta per prescrizione.
Con l’incidente di esecuzione proposto dall’avv. Pennacchio e con la memoria del 28 giugno 2023 si contestò che l’esecuzione dell’ordine di demolizione riguardasse l’intero fabbricato; si eccepì la violazione del diritto all’inviolabilità del domicilio alla luce dei principi fissati dalla Corte Edu con la sentenza Ivanova del 21 aprile 2016 (nelle pagine 3-5 del ricorso si riporta la memoria su tali punti) segnalando, altresì, di aver richiesto al comune di Giugliano in Campania un alloggio alternativo; il silenzio inadempimento di tale comune sarebbe stato poi impugnato al Tar.
Non si comprenderebbe il motivo per cui il giudice dell’esecuzione abbia ritenuto privo di legittimazione processuale il ricorrente rispetto alla intervenuta revoca, da parte del comune di Giugliano in Campania, del provvedimento di acquisizione al patrimonio del comune, per l’omessa notifica alla proprietaria Raffaella Petrazzuolo.
La questione, che era stata dedotta con la memoria del 28 giugno 2023, si riferiva alla sussistenza dell’interesse del condannato a proporre l’incidente di esecuzione proprio per effetto della revoca del provvedimento di acquisizione al patrimonio del comune, in replica alle argomentazioni del Pubblico ministero nel proprio parere; tale revoca determinava la legittima disponibilità dell’immobile da parte del ricorrente e dei suoi familiari, non potendo il ricorrente procedere alla demolizione ordinata dal comune in assenza della notifica al proprietario dell’immobile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato laddove deduce il travisamento del fatto perché contrario al principio espresso da Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217 – 01, secondo il quale anche a seguito della modifica apportata all'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito.

2. Il ricorso è fondato quanto alla sussistenza dell’interesse alla proposizione dell’incidente di esecuzione.
2.1. Dagli atti risulta che il condannato ha proposto due diversi incidenti di esecuzione; uno avverso il provvedimento di sgombero emesso dal Procuratore della Repubblica; l’altro avverso l’esecuzione dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza irrevocabile.
2.2. Per quanto con la sentenza irrevocabile il ricorrente sia stato condannato quale proprietario e committente delle opere abusivamente realizzate, risulta dagli atti che: il proprietario dell’immobile è la figlia Raffaella; il ricorrente occupa uno dei tre immobili realizzati abusivamente; negli altri due vivono ciascuno dei suoi due figli.
2.3. L’ordine di esecuzione è stato correttamente disposto nella sentenza irrevocabile nei confronti del condannato quale committente delle opere, per altro in rapporto di fatto con l’opera edilizia abusiva. Per Sez. 3, n. 41586 del 15/10/2021, Mantova, Rv. 282797 – 01, in tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione può essere emesso nei soli confronti del proprietario delle opere abusive o di colui che, disponendone materialmente, è in condizione di adempiere, ma non può essere disposto nei confronti di soggetti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, che abbiano concorso alla realizzazione del reato in virtù di un rapporto obbligatorio con il titolare del diritto reale o del potere di fatto sul terreno o sull'immobile preesistente, in quanto tale rapporto personale risulta autonomo rispetto a quello che lega all'opera abusivamente realizzata il proprietario o il committente. 
2.4. La sussistenza dell’interesse ad impugnare deriva dall’essere il ricorrente il condannato – che è il primo destinatario dell’ordine di demolizione, che ha natura reale – ed anche il possessore di parte dell’immobile, di proprietà di terzo soggetto.
Poiché è incontroverso che il provvedimento di acquisizione al patrimonio del comune - disposto a seguito dell’inadempimento dell’ordine di demolizione emesso dal Comune - è stato revocato, in assenza della notifica dell’ordine di demolizione al proprietario, sussiste allo stato la legittimazione e l’interesse del condannato a proporre l’incidente di esecuzione avverso l’ordine di demolizione.
Si è affermato, in tema di reati edilizi, che dopo l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, il condannato può chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell'abuso (Sez. 3, n. 7399 del 13/11/2019, dep. 2020, Calise, Rv. 278090 – 01).
2.5. Il ricorrente ha dimostrato di aver dedotto due questioni su cui il giudice dell’esecuzione non ha dato risposta e rispetto alle quali sussiste l’interesse alla decisione, essendo il ricorrente il destinatario dell’ordine di demolizione: quella dell’oggetto di tale provvedimento, tenuto conto della precedente sentenza di prescrizione, e quella relativa all’applicazione dei principi della sentenza Ivanova e sulla proporzionalità.
Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Napoli, sussistendo l’interesse del condannato ricorrente alla decisione su tali questioni dedotte.
2.6. Nel giudizio di rinvio dovrà essere valutata la situazione di fatto esistente, quanto all’occupazione effettiva dell’immobile, e dovranno essere applicati i seguenti principi.
2.7. Quanto all’oggetto dell’ordine di demolizione, va ricordato che l’art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che «Per le opere abusive di cui al presente articolo …», cioè per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, «… il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita». 
2.7.1. Secondo la giurisprudenza, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, con effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l'autore dell'abuso, con la conseguenza che non può ricondursi alla nozione convenzionale di «pena» nel senso elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU (Sez. 3, n. 3979 del 21/09/2018, dep. 2019, Cerra Srl, Rv. 275850).
2.7.2. Va ricordato che secondo la giurisprudenza, cfr. Sez. 3, n. 870 del 2024, Velluso, non massimata, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall'art. 31, comma 9, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l'edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all'esercizio dell'azione penale e/o alla condanna, atteso che l'obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell'originaria costruzione (tra le tante, Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016, dep. 2017, Rv. 268831- 01; di recente, si v. anche Sez. 3, n. 43236 del 11/10/2023, La Menza ed altro, non massimata).
Si rimanda alla motivazione della sentenza Velluso, per ragioni di sintesi, quanto al rapporto con la giurisprudenza amministrativa (pag. 10 e ss.). Secondo la sentenza Velluso, l'ordine di demolizione conseguente alla sentenza di condanna, previsto dall'art. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, anche se relativo ad interventi edilizi di prosecuzione e/o di completamento di un precedente abuso edilizio dichiarato estinto per prescrizione ed in relazione al quale il precedente ordine demolitorio era stato revocato, deve comunque essere eseguito sull'immobile considerato nella sua interezza.
2.7.3. A tale conclusione si giunge anche ove si valuti che l’ordine di demolizione deve essere collegato al fatto per cui è intervenuta la condanna: la demolizione ordinata dal giudice riguarda, in primo luogo, l'immobile oggetto del procedimento che ha dato vita al titolo esecutivo.
Il Tribunale, nel pronunciare la demolizione, ha fatto riferimento alle opere «per cui è processo» e che sono quelle indicate nell’imputazione realizzate ed accertate il 9 e 27 dicembre 2005, il 10 e 11 marzo 2006 sull’immobile già abusivamente realizzato, tanto che risulta la condanna anche per il reato di violazione di sigilli.
2.7.4. La giurisprudenza ha sempre affermato, in tema di reati edilizi, che la prosecuzione di lavori edili su manufatti abusivamente realizzati concretizza una nuova condotta illecita, a prescindere dall'entità dei lavori eseguiti ed anche quando per le condotte relative alla iniziale edificazione sia maturato il termine di prescrizione, atteso che i nuovi interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall'opera principale alla quale strutturalmente ineriscono (Sez. 3, n. 30673 del 24/06/2021, Saracino, Rv. 282162 – 01).
Qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l'abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell'attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l'edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente (Sez. 3, n. 48026 del 10/10/2019, Casola, Rv. 277349).
Si veda anche Sez. 3, n. 41079 del 20/09/2011, Latone, Rv. 251290 - 01,
per cui integra il reato contravvenzionale previsto dall'art. 44, comma primo, lett.
b), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la prosecuzione dell'attività edilizia vietata in
vista dell'ultimazione dei lavori eseguita successivamente al dissequestro e alla
restituzione dell'immobile abusivo all'indagato, ciò a prescindere dall'entità degli
interventi eseguiti (in applicazione di tale principio la Corte ha disatteso la tesi
difensiva secondo cui nessun reato era ipotizzabile in quanto gli interventi eseguiti
per l'ultimazione dei lavori non necessitavano del permesso di costruire).
2.8. Quanto alla questione relativa alla sentenza Ivanova della Corte Edu ed al principio di proporzionalità, dovranno essere applicati i principi espressi da Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022, D'Auria, Rv. 282950 – 01, secondo cui, in tema di reati edilizi, il giudice, nel dare attuazione all'ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona, è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria del 21/04/2016 e Kaminskas c. Lituania del 04/08/2020, valutando la disponibilità, da parte dell'interessato, di un tempo sufficiente per conseguire, se possibile, la sanatoria dell'immobile o per risolvere, con diligenza, le proprie esigenze abitative, la possibilità di far valere le proprie ragioni dinanzi a un tribunale indipendente, l'esigenza di evitare l'esecuzione in momenti in cui sarebbero compromessi altri diritti fondamentali, come quello dei minori a frequentare la scuola, nonché l'eventuale consapevolezza della natura abusiva dell'attività edificatoria. 
Nel caso esaminato dalla sentenza D'Auria, la Corte ha ritenuto corretta la decisione di rigetto dell'istanza di revoca dell'ingiunzione a demolire un immobile abusivo, rilevando che i ricorrenti avevano commesso numerose contravvenzioni urbanistiche e paesaggistiche e più delitti di violazione dei sigilli, avevano potuto avvalersi di plurimi rimedi per la tutela in giudizio delle proprie ragioni, avevano beneficiato di un congruo tempo per individuare altre situazioni abitative e non avevano indicato specifiche esigenze che giustificassero il rinvio dell'esecuzione dell'ordine di demolizione onde evitare la compromissione di altri diritti fondamentali.
Tali principi sono stati ribaditi anche da Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, Esposito, Rv. 284627 – 01, secondo cui in tema di reati edilizi, l'Autorità giudiziaria, nel dare esecuzione all'ordine di demolizione di un immobile abusivo costituente l'unica abitazione familiare, è tenuta a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e della Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, a condizione che chi intenda avvalersene si faccia carico di allegare, in modo puntuale, i fatti addotti a sostegno del suo rispetto. In motivazione, la Corte ha precisato che tali fatti, ove allegati dall'autore dell'abuso, non possono dipendere dalla sua inerzia ovvero dalla volontà sua o del destinatario dell'ordine, non potendo il condannato lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza, posto che l'ingiunzione a demolire trova causa proprio dalla sua inerzia.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.
Così deciso il 20/12/2023.